un racconto di Ian McDonald - Illustrazioni Antonio Folli
Fratello Innocenza è fuori sulla sua barca che solca le acque, che solca le
onde del mare. Con la canna e la lenza e l'abilità e l'immobilità sta cacciando
il pesce che nuota nelle acque fredde attorno all'isola alla fine del mondo.
Tutto è tremolio, tutto è luccichio, tutto è immobilità. Fratello Innocenza
aspetta. Fratello innocenza ascolta. Può sentire la sensazione del grosso pesce
laggiù, nell'acqua fredda. L'amo attende, la lenza, il rampone. Immobile.
Vicino. Vieni, pesce, vieni.
Poi sente il suono. Il suono di un veicolo volante che viene attraverso le
acque alla fine del mondo. Fratello Innocenza ne ascolta il battito nel cielo.
La caccia è dimenticata. Il grande pesce nuota via. Salvo, per oggi. I remi
toccano l'acqua e portano il currach sulle onde verso la riva. Osserva
l'approccio del veicolo volante. E' del nuovo tipo, di quelli che cambiano
forma. Così gli è stato permesso di nuovo di fare macchine che cambiano forma.
Mentre attraversa l'acqua ne osserva la forma che cambia; le ali che si
ritraggono dentro a dei mozziconi arrotondati, le eliche che ruotano verso
l'alto prolungandosi nei rotori. Il veicolo è nuovo per Fratello Innocenza, ma
il logo yin-yang della Sanità Mondiale sui fianchi gli è familiare. Così succede
di nuovo. Un altro sopravvissuto da osservare e da proteggere e da
accompagnare nelle grigie Terre delle Ombre.
Il mezzo aereo tocca terra alla
fine della spiaggia vicino alle grosse rocce che assomigliano a balene grigie
tirate in secca. Un ragazzo scende giù sulla sabbia. Si rifugia tra le rocce a
forma di balena mentre il veicolo si libera dell'isola alla fine del mondo.
Dalle sue rocce il ragazzo guarda fino a che la vista e il rumore
dell'elicottero non sono scomparsi. Poi si mette giù a sedere sulle rocce grigie
a forma di balena con la testa tra le mani.
Fratello Innocenza non fa nessuna
mossa verso il ragazzo. Attende. Ascolta. Ascolta nel modo in cui possono
ascoltare in pochissimi, un ascolto che l'ha posto in disparte rispetto a tutte
le altre persone e l'ha portato sulla sua isola alla fine del mondo. Per ora non
può sentire niente. Lo farà. Più tardi.
Questo ragazzo, questo sopravvissuto,
questo uno-su-centomila... com'è?Trasandato. Jeans consunti diventati verdi per
gli anni. Maglione a collo alto lacero. Piedi scalzi. Glieli mandano sempre coi
piedi scalzi. Non gli avranno detto niente. Fratello Innocenza li disprezza per
tutto questo. Nonostante tutti i loro veicoli mutanti e gli emblemi gloriosi,
sono dei codardi. Fratello Innocenza spinge il suo currach sulla spiaggia.
Ancora non va dal ragazzo. Ma sente la risonanza della sua mente. E' come
argento vivo, un'eco, un'immagine speculare della forma simile ad una mente che
prima di afferrarla è già fuggita, come i delfini d'argento vivo che si
immergono nelle acque gelide della fine del mondo. Non è là quasi per niente, ma
è un inizio. Fratello Innocenza sale lungo il sentiero pietroso verso casa sua;
una rosa di oratori e mediatorium col tetto di torba. Quando le sue devozioni di
mezzogiorno sono incominciate da un bel po' arrivano ad esplodere nelle sue
contemplazioni le prime impressioni sparse come gabbiani litigiosi: solitario
sotto le spalle di roccia grigia a forma di balena: sussurri di vento negli aghi
di pino: mare come acciaio e argento, specchio del freddo alle ossa: solo, solo.
E' pronto, dunque.
Sotto un cielo del colore delle uova
di pavoncella, Fratello Innocenza accende il fuoco. Lo prepara con cura,
circondandolo colle pietre, riparandolo dal vento affinchè le fiamme non si
spengano in carboni incrostati di cenere bianca. Pulisce e sventra una spigola.
Fa scivolare il pesce su uno spiedo d'agrifoglio e lo cuoce a fuoco vivo sui
carboni. Chiude gli occhi. Vede: se stesso. Vecchio rannicchiato presso il
bagliore d'un piccolo fuoco sotto il cielo sconfinato della fine del mondo.
"Ti piace il pesce?" chiede Fratello
Innocenza senza sollevare lo sguardo dal fuoco.
"Odio il pesce," risponde il ragazzo.
Appare sorpreso.
"E' un peccato," dice Fratello
Innocenza, continuando a non sollevare lo sguardo. Toglie via la sabbia portata
dal vento dal suo pesce con una penna di gabbiano. "Finirai con l'essere
abbastanza affamato qui."
"Sono già affamato," risponde il
ragazzo.
"Non lo metto in dubbio."
"Non hai nient'altro oltre al pesce?"
"Un po' di formaggio. Dello yogurt.
Verdure e uova... là, a casa," dice Fratello Innocenza.
"Odio il formaggio, non sopporto lo
yogurt, detesto le verdure e le uova mi fanno vomitare," dice il ragazzo. Ma
comunque si avvicina.
Durante la notte c'è una tempesta. La
prima delle grandi tempeste d'autunno. Arriva senza preavviso. Tutto d'un tratto
si scaglia sull'isola alla fine del mondo come se la volesse strappar via e
gettarla nel mare. Ma questa capanna costruita a secco ha visto così tante
burrasche autunnali e nel calore d'un fuoco di torba e pigne c'è conforto e
sicurezza e, in un certo senso, amicizia.
"Non è che parli molto," dice il
ragazzo. Si chiama Daniel.
"Il silenzio mi si addice," risponde
Fratello Innocenza. "E' un dono per me il silenzio."
"Che vuoi dire?" Daniel si allunga
sulle pelli di pecora presso il fuoco, il mento appoggiato alle nocche. Ha
ascoltato abbastanza la voce della tempesta. E' una voce umana quella che vuole
sentire, e anche storie umane. Ma Fratello Innocenza non vuole impegnarsi. Il
suo compito è di ascoltare, non di raccontare. Dato che Fratello Innocenza è
soddisfatto del proprio silenzio, Daniel alla fine scivola nel sonno. La
tempesta scuote l'isola alla fine del mondo e Daniel sogna. Fermo nella sua
sedia, Fratello Innocenza ascolta il sogno.
Il sogno è una grande pianura di
grano. Al centro della grande pianura c'è una piccola città. In quella città ci
sono madri e padri e predicatori e insegnanti e sorveglianti ai distributori e
gente della polizia e gente dei vigili del fuoco e gente dei magazzini e gente
della legge e i contadini che coltivano il grano giallo. Non succede mai niente
in questa città, che poi è proprio quello che piace alle persone che vivono in
città come queste. Finchè una notte i venti asciutti d'estate non portano una
spora della Peste Lucente dalle città morte del litorale occidentale attraverso
montagne e vallate e pianure di grane, e arriva quella mattina in cui un terzo
delle persone che volevano che la propria città rimanesse così com'era sono
morte, mucchi di cristalli neri lucenti.
Nel sogno c'è una riunione di tutti
gli anziani della città. Dietro le porte sbarrate della sala del consiglio
raggiungono una decisione terribile. Già prima che gli elicotteri neri della
Sanità Mondiale scendano dal cielo, la gente sceglie di mettersi in quarantena.
In modo stretto. Assoluto. Non un'anima che entri. Non un'anima che esca. "Non
ci occorrono i vostri soldati e i vostri fucili, grazie," dicono gli
anzianidella citta. "Possiamo badare a noi stessi. Sigilleremo la peste
all'interno della piccola città sulle grandi pianure e quelli che vivranno
vivranno e quelli che moriranno moriranno." Così gli elicotteri tornarono nel
cielo e quando apparvero di nuovo, gli scienziati nelle tute isolanti d'argento
trovarono duemila cumuli di cristallo nero per le strade.
Un'intera città è morta.
Tutti tranne uno. La squadra della
Sanità Mondiale lo trova legato al letto con fazzoletti stracciati. E' emaciato,
disidratato, insanguinato laddove s'è stracciato alle legature. Ma è vivo. E'
sopravvissuto. E' l'uno-su-diecimila.
Col mattino la tempesta si dirada.
Nuova luce riempie il bordo mattutino del mondo, sole rosso che sale sopra le
nubi temporalesche stracciate, basse lungo l'orizzonte. Illumina Fratello
Innocenza che passeggia lungo la linea della marea. E' preoccupato per quello
che ha visto nei sogni e nei ricordi di Daniel. La grande moria che continua là,
giù oltre l'orizzonte, lo disturba. I gabbiani volteggiano e si tuffano sopra la
sua testa abbassata. Il suo bastone ficcanaso va cercando i tesori della linea
della tempesta. Niente da trovare. Qualcuno ha ripulito questa spiaggia prima di
lui. In lontananza, lungo la sabbia, un contorno nero si inginocchia.
Panico che colpisce, Fratello
Innocenza chiude gli occhi, passa in rassegna le partecipazioni personali. Le ha
trovate? E' stato là? Sollievo. Il ragazzo non è andato oltre le rocce nere
della punta. Allora che ha trovato? Musica! Ascolta! Mani occupate a
costruire. I suoni hanno la propria architettura; la conchiglia contiene la
canzone del mare, la pietra la canzone della terra, l'albero, la penna bianca
del gabbiano, la canzone del vento.
Cos'è quello che sta costruendo?
![](../images/articles/ascolta.jpg)
Schemi di conchiglie infilate a testa
in giù nella sabbia, un labirinto impenetrabile di spirali principali e
secondarie interconnesse. Al centro di ogni spirale c'è un'incastellatura a
colonna di sabbia sgocciolata e sormontata dai relitti marini provenienti dal
fronte della tempesta. Un sonaglio di penne nere di corvo. Un paio di chele di
granchio disseccate. Un osso sbiancato dal sale. Una bottiglia di plastica
incrostata d'olio sabbioso. Un pezzo dell'asse di una nave dipinto di blu col
nome 'Amelia'. Il coccio di una bottiglia di vetro sfregato dalla sabbia, verde
e opaco come il mare stesso. Fratello Innocenza entra in questo mandala di
conchiglie e relitti del mare.
"No!" strilla il ragazzo. Grido
piatto, acuto come lo schiocco di una balena che balza fuor d'acqua. "Devi farlo
in questo modo. Seguire le spirali." Stupefatto, Fratello Innocenza entra nel
labirinto di spirali dentro alle spirali intorno alle spirali e le spirali lo
spingono a spirale, lo spingono avanti verso il sanctum centrale dove Daniel è
accoccolato, in attesa, le dita posate sulla sabbia fredda increspata dal mare.
"L'ho sentito stanotte," spiega.
"All'inizio non ero sicuro che fosse là, iniziai a perderlo nella tempesta, ma
più ascoltavo più potevo sentire e più potevo sentire più dovevo sapere cosa
fosse, da dove venisse. Così ho aspettato che la tempesta fosse passata e sono
uscito e ho sentito che mi chiamava, lungo la spiaggia, verso questo posto dove
sembrava che tutto giungesse assieme, fosse a fuoco, per trasformarsi in
qualcos'altro."
Portato dalle spirali, Fratello
Innocenza raggiunge Daniel nel fuoco del labirinto.
"Ascolta," dice Daniel, "la senti?"
"Sentire cosa?" chiede Fratello
Innocenza.
"La musica," dice Daniel.
Ma Fratello Innocenza sente solo il
suono del vento nell'erba delle dune.
Di nuovo Daniel dice, "Ascolta."
Ma Fratello Innocenza sente solo il
grido dei gabbiani e l'abbaiare delle foche, fuori, sul mare.
Per la terza volta Daniel dice,
"Ascolta."
E Fratello Innocenza ascolta con
tutta la disciplina di un contemplativo. Con tutta la ricettività del suo
talento. Sospiro di vento sdrucciolio di sabbia sonnecchiare di mare, vento
nelle penne vento nelle ossa vento nelle pigne vento che borbotta attraverso le
linee di flusso di una lente di vetro tra mare e terra. E lo sente. E' tutte
quelle cose. Non è nessuna di esse. E' una nota. Un'armonia, un canto modellato
da vento e tempesta che trascende ogni origine materiale. E' inspiegabilmente
bello. E' inspiegabilmente terribile. Ed è scomparso.
Fratello Innocenza rimane scosso nel
fuoco del labirinto di Daniel. poi, fracassando conchiglie, pestando nella
sabbia pigne, sassi vetrosi, penne di corvo, ossa d'uccello... riduce in pezzi a
forza di calci il posto d'ascolto.
"Non avvicinarti più a questo posto,
capito?" urla a Daniel. "Non voglio che torni in questo punto della spiaggia."
Troppo alto. Troppo lontano. Troppo
presto. Soprattutto, troppo vicino. Fratello Innocenza ha paura per il suo
protetto. Fratello Innocenza ha paura per se stesso. Lui ha sentito.
Alla sera l'alta marea ha portato via
le conchiglie e le spirali. Daniel non torna giù verso quel punto della
spiaggia. Ma quello non è il limite della zona d'ascolto. Ci sono altri luoghi
dove trova che gli elementi naturali sono focalizzati in qualcosa di
straordinario. Luoghi di pietra e di legno e di spirito. Tumuli e archi e cerchi
di pietre impilate sulla cima calva di una collina che mettono a fuoco la la
luce nell'ombra di qualche altro luogo dove strane entità geometriche girano
vorticosamente, semi-intraviste più che comprese. Una stretta valle boscosa
segreta dove le instabilità delle foglie e dei rami e delle bacche piega la
gravità fino a che, in modo impossibile, gli alberi non sembrano di essere sul
punto sia di spezzarsi tutt'attorno che di liberarsi dalla terra per saltare nel
cielo. Reti di pescatori spezzate e galleggianti vetrosi e bottiglie sistemate
sul retro delle rocce grigie a forma di balena che in qualche modo attraggono le
foche e i delfini e gli uccelli marini che volteggiano per fermarsi in
adorazione. Tabernacoli, li chiama Daniel, figlio di credenti nella
Bibbia. Fratello Innocenza si meraviglia. Per la prima volta si permette di
sperare. Nessuno degli altri aveva mai potuto portare le cose dalla propria
mente fuori, nel mondo reale. Forse Daniel è lui, l'autentico sopravvissuto. E
poi arrivano le paure: e se non lo fosse?
Le speranze e le paure portano
Fratello Innocenza a fare qualcosa che ha fatto solo una volta in passato. Di
notte, quando Daniel è addormentato, apre le ali della sua mente per ascoltare
assieme ai suoi confratelli. Non è una cosa che quelli della sua specie possano
fare facilmente. Volgere una mente che ascolta verso una mente che ascolta è
come mettere due specchi faccia a faccia. Riflessi di riflessi di riflessi. Ci
si può perdere negli infiniti regressi della propria mente. Ma Fratello
Innocenza è vecchio e saggio. Racchiuso nel santuario del proprio oratorio, apre
la mente per racchiudere un mondo intero. Nell'oscurità bruciano le luci, il
bagliore delle anime di altri come lui.
Contatto...
La screziatura danzante di foglie
in una radura persa nella grande foresta dove il giovane vive col suo tutore.
Il vento nell'erba gialla mentre
la donna vecchia e curva lascia la propria casadi terra scavata dentro le
pianure per andare a prendere acqua per il proprio protetto che sta morendo.
La stretta banda blu che è tutto
l'universo che l'uomo che vive nel canyon profondo ed ombroso riesce a
sopportare.
Il freddo respiro dei ghiacciai
alti sopra le montagne dove la giovane donna ha costruito la propria casetta.
Con ognuno condivide le proprie
speranze e le proprie paure e le cose che ha visto e che ha udito, e chiede: "E'
lui?" Poi, quando il caleidoscopio di impressioni di senso che si riflettono
mutuamente minaccia di inghiottirlo, arriva la risposta. "Aspetta. Aspetta.
Aspetta." Fratello Innocenza tocca una mente e un'altra e un'altra e da ognuna
riceve la stessa risposta: "Aspetta. Aspetta. Aspetta." Per ultimo, Fratello
Innocenza contatta la luce che brilla tutta sola nel grande deserto bianco.
Sente la forza del sole sopra le spalle della donna in cima alla colonna di
pietra rossa. Un tempo si conoscevano, dai giorni dell'Unità quando lei,
attaccandosi ad una piccola irritazione del discorso, gli dette il suo nome
Fratello In-A-Sense. Accomunano le anime. Lei legge il suo cuore. Poi, per
risposta, lei accomuna con lui le sue speranze, le sue paure. Prendono la forma
di una visione; dei lampi finali dopo che Fratello In-A-Sense e quelli come lui
se ne sono andati.
Cinquanta di loro. Cinquanta sono
tutti coloro che esistono. Alcuni hanno attraversato un continente per venire a
questo incontro in un luogo deserto. Nessuno è arrivato a mani vuote. Tutti
hanno portato qualcosa, qualche oggetto che in qualche modo simbolizzi la gente
che sono venuti a venerare. Sotto un sole perverso sistemano i propri oggetti e
trovano cose e sventolano dentro a fuori dalle cose naturali di questa alta
terrazza rocciosa in uno schema sottile e intricato. Non è un compito che viene
portato a compimento in modo facile e veloce. E' buio per quando la pietra
finale viene sistemata al proprio posto. Ma come la pietra completa lo schema,
la terrazza risuona di potere. Fasci di luce sgorgano lungo i canali sottili e
intricati del grande disegno. Intrecciati all'interno della rete di luci,
parlano. Il loro linguaggio è solo in parte verbale, ci sono dimensioni di
spirito e di posa e di profumo e di luogo, che vanno oltre la comprensione
normale. Ma Fratello Innocenza, condivisore d'anime, comprende.
Uno per uno parlano.
"Generazione effimera,"
dicono, e Fratello Innocenza ha immagini di farfalle, di effimere e di papaveri
rossi nel deserto. "Ponti tra due evoluzioni che non portano da nessuna
parte," dice un altro, in visioni di archi del deserto, arcobaleni dopo le
tempeste di primavera. "Sapevi che potevi essere soltanto lo stadio
intermedio," dice un altro e un quarto continua, "Eppure sterile, senza
prole, condannato all'obsolescenza, ci hai amato, ci hai guidato fedelmente."
"E per questo ti ringraziamo," dice ancora un altro.
"E per questo ci addoloriamo con
te," dicono tutti, tutti questi sopravvissuti, questi eredi, e il vento
scaccia via le parole.
Poi Fratello Innocenza pone la
propria domanda: "E' lui?"
"Un giorno ce ne dovrà pur essere
uno."
"Perchè? Una pestilenza non può
essere una pestilenza?
"Perchè questa condanna a morte la
razza intera. Perchè nega la speranza. In noi stessi. Nel nostro futuro."
Di nuovo: "Pensate che sia lui?"
"Pero di sì."
Lei crede nell'evoluzione umana, nel
miglioramento umano. Fratello Innocenza crede solo negli uomini. E' per questo
che ha paura. E spera. Ma non è solo nella propria speranza, e questo è bene. E'
il momento, pensa, di dire la verità. Gentilmente. Le dure verità devono essere
dette gentilmente. Inizia con la propria storia. Attende una notte di tempesta,
di vento e di pioggia e un'oscurità così grande che sembra inghiottire tutta
l'isola alla fine del mondo, una notte per le voci e per le storie. E questa è
la storia che racconta, la storia dell'uomo che sentiva troppo.
Per trentatrè anni l'uomo che sentiva
troppo aveva vissuto in una delle grandi città della costa occidentale in quei
giorni felici prima che la pestilenza trasformasse quelle città luminose in
obitori. Nei suoi trentatrè anni aveva guadagnato un'educazione, un lavoro nel
vendere pubblicità e una donna che sapeva che lo avrebbe reso felice per il
resto della vita. E non era né più né meno straordinario di qualsiasi altro uomo
di trentatrè anni. Finchè un pomeriggio, mentre si riposava da una tirata di
acquisti in un caffé tranquillo in un angolo di un grosso centro commerciale,
tutto d'un tratto non saltò in piedi stringendosi forte la testa e strillando
loro di smetterla smetterla e andarsene; barcollando, incespicando, battendo
contro i tavoli, le sedie, i carrelli della spesa... versando caraffe di caffé
bollente sopra i bambini nei carrozzinie sempre strillando basta basta basta Oh
Dio Oh Dio silenzio silenzio! Finché non cadde in ginocchio battendo i pugni
sulle piastrelle del pavimento con tutti gli acquirenti del sabato pomeriggio
che spingevano i carrelli attorno a lui senza neanche guardarlo o chiedersi
checavologlisuccede? cheha? s'èsbronzato? Ma quello che nessuno dei
frequentatori del centro di quel sabato pomeriggio poteva mai intuire, neppure
la dolcissima donna che lo avrebbe reso felice per il resto della sua vita, era
che Dio o Karma o il Destino o Chissà Che Altro, aveva aperto ciascuno dei suoi
sensi alla vita di ognuno dei tremila compratori del Todos Santos Mall in quel
sabato pomeriggio e che lui stava affogando nell0oceano delle loro esperienze:
pensieri, sentimenti, emozioni, sensazioni, paure, speranze... tutto quello che
toccavano gustavano odoravano sentivano vedevano, si riversava su di lui come
un'inondazione di voci scroscianti.
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Silenzio. Silenzio! chiese di
essere reso cieco, sordo, insensibile. Silenzio. Per favore.
Ma nell'ospedale dove lo portarono
non c'era silenzio.
E non c'era silenzio nel reparto
speciale dove quelli della Sanità Mondiale, da poco fondata, lo portarono per
studiare quello che chiamavano il suo 'fenomeno'.
E non c'era silenzio nell'unità
speciale con gli altri che presentavano questo 'fenomeno'. Là era peggio. Perchè
non solo sentiva quelle altre venti menti, ma i riflessi di venti volte venti
volte venti. Alcuni diventarono pazzi, ma qualcuno resse. E alcuni impararono a
padroneggiarlo. Non fu fino a che l'elicottero non lo abbandonò sui lidi
dell'isola alla fine del mondo, non fu fino a che non divenne un barlume di
polvere nel cielo che conobbe silenzio e pace.
"Tu sei un empata," dice Daniel.
Pigne resinose che bruciano; ombre della fiamma saltellano sui muri di pietra
sbiancata.
"E' uno dei nomi per noi. Piuttosto,
la Sanità Mondiale con te si sarà riferita a una cosa come Ricevitore di Campo
Magnetico a Frequenze Molto Basse, che è più accurato e meno mistico, ma è un
po' troppo roboante. In un certo senso siamo tutti inondati con queste
radiazioni elettromagnetiche ad onda molto lunga; sai qualcosa sulla frequenza e
la lunghezza d'onda e tutto il resto? Sembra che il nostro cervello le generi
semplicemente pensando. Quello che è speciale, riguardo a noi empati, è che, in
un certo senso, siamo come ricevitori radio, captiamo le radiazioni che libera
il cervello come i rabdomanti captano le oscillazioni elettromagnetiche nel
terreno per trovare l'acqua. Apparecchi radio umani. Rabdomanti dell'anima, in
qualche modo."
E questa è una domanda evasa. La più
gentile. Ne rimangono altre due. Prima: che cos'è la pestilenza? Questa è una
domanda più crudele. Seconda: Perchè sono qui? Questa è la domanda più crudele
di tutte.
Tutto a suo tempo. Fratello Innocenza
ascolta e attende. E' molto bravo in questo. Poi, durante una sporca giornata di
nuvole grigie e umide e una pioggerella trista, pone e soddisfa la prima
domanda. L'uomo e il ragazzo stanno ripulendo la stalla delle capre quando dice
senza preamboli:
"E' una cosa fatta dall'uomo. Tu
probabilmente già lo sai. Ma non è una cosa viva. Può sorprenderti, ma è vero.
La pestilenza non è un organismo. E' un manufatto. Una macchina, diresti tu.
Originalmente, la Terza Rivoluzione Industriale. Non sapevo che c'era stata una
Seconda Rivoluzione Industriale tra la Prima e la Terza ma, comunque, è qui, la
rivoluzione della nanotecnologia. E' la manifattura di macchine delle dimensioni
delle cellule viventi che, come le cellule, possono creare delle copie
specializzate di se stesse per svolgere funzioni diverse. Possono riprodursi
come cellule viventi, se c'è a loro disposizione materia grezza da cui
costruire, e tutte si legano assieme, come le cellule del corpo umano, in una
macchina completa. Prendi una spora troppo piccola da potersi vedere e da essa
puoi far crescere automobili, aerei, televisori... tutto nell'arco di pochi
minuti. Per di più, puoi programmare le tue nanomacchine in modo che
ricostruiscano ciò che hanno già fatto. Se non ti piace la tua automobile la
puoi cambiare in un frigorifero, o in un ultraleggero. Mutanti, diresti tu.
Quell'elicottero che t'ha portato è una nanomacchina. E' solo adesso, dopo
trent'anni, che siamo arrivati finalmente alla Terza Rivoluzione Industriale.
Per tutto quello che potrà farci di bene. Ma le prime nanomacchine, allora, non
potevano non essere che i nanocomputer che avrebbero potuto in seguito
programmare tutte le altre per far fare quello che avrebbero dovuto.
"Una compagnia chiamata Mach NanoTek
registrò il prototipo di nanocomputer; era una spora designata a costruire
computer modellati su come funziona il cervello umano; non facendo, cioè una
cosa per volta, come facevano i vecchi computer, ma facendo tutte assieme tutte
le diverse specie di cose, come tu che cammini e mastichi la gomma e palleggi e
ascolti la radio... tutto allo stesso tempo. E tutto questo alla supervelocità
dei moderni computer. Un cucciolo, fu il Mark One Mach Nanocomputer." Fratello
Innocenza smuove il letame delle capre col forcone sui ciottoli del cortile
zuppi di pioggia. "Be', ora sai cosa successe. Il prototipo sfuggì. Ho sentito
qualcuno dire che fu rilasciato deliberatamente e che si inventarono anche
qualche pazzo che si crede l'abbia fatto. Io non so niente, non penso che
qualcuno sarebbe tanto pazzo o tanto malvagio. In ogni caso... sfuggì. Nel giro
di due anni dalla fuga dalla Mach NanoTek, si era diffuso nella forma non attiva
di spora in ogni parte del mondo. E poi la gente iniziò a morire. Uno o due,
all'inizio, poi città intere." Carapaci cristallini stipati in strade
spazzate dal vento. "La Sanità Mondiale cercò di contenerlo con la
quarantena; fu una mossa buona, ma tutto ciò che ottenne fu di rallentarlo un
po'. Sai, è latente nell'ottanta per cento della popolazione della terra, e
quello che occorre è un caso attivo per rendere attiva un'intera popolazione
infetta, così come per infettare quelli precedentemente non infetti."
"Il quarantotto per cento dei casi
infetti diventa attivo," dice Daniel.
"E' vero. In un certo senso è proprio
il suo successo come pezzo di ingegneria a renderlo tanto mortale. Era stato
designato a mimare il cervello umano e nel sistema nervoso centrale del suo
ospite trova il modello perfetto. Così quando diventa attivo inizia a depositare
cristalli di silicio attraverso il sistema nervoso centrale delle vittime.
Filtra minerali e rintraccia elementi del corpo dell'ospite per fornirsi di
materiale grezzo. Il mangiare la terra è un sintomo comune negli ultimi stadi,
ma di solito la vittima muore prima che il processo di silicizzazione arrivi
così lontano."
"Di solito," dice Daniel il
sopravvissuto.
"Di solito," dice Fratello Innocenza.
Ma nelle lunghe notti, allorché le
costellazioni invernali pendono d'appresso nel cielo, Fratello Innocenza cammina
lungo i panorami dei sogni di Daniel. Ci sono luoghi alieni: il parassita nel
cervello di Daniel sta distorcendo la sua mente. La canzone degli atomi. La vita
segreta delle rocce. Il sacramento dell'acqua. Il mistero della luce. E i
Tabernacoli, con i loro spiriti d'albero e pietra e vento e mare fatti
incarnare, sono mezzi per capire questi misteri. Notte dopo notte, Daniel lotta
con gli angeli sotto la cupola del proprio teschio e Fratello Innocenza guarda.
E attende. Comprensione troppo grande perchè una singola mente la contenga.
L'alieno dentro. Già per dodici volte Fratello Innocenza ha visto quelli sotto
la sua custodia arrivare a questo punto di confronto con l'alieno dentro di
loro.
E' l'alba del solstizio d'inverno. E
Fratello Innocenza si sveglia all'improvviso, a pezzi, dal sonno leggero degli
uomini vecchi. Impressioni di freddo, orme fresche lungo una spiaggia lavata
dalla marea. Nuvole. Vento. Stelle. Un mare che chiama. Daniel, andato. (Lenzuola
ancora tiepide e sgualcite) Andato? Dove? No. Non là. Non là. Vecchie ossa
che protestano, vecchi piedi freddi come sassi, pesanti come sassi, mentre il
vecchio corre lungo la spiaggia. La luna è bassa. L'orizzonte è tracciato in
grigio. Forse, forse, non è andato là...
Avrebbe dovuto dirglielo. Non avrebbe
dovuto aspettare di essere gentile. Ma non poteva sopportare di sentire il
dolore di Daniel. Un rimorso da vecchio mentre corre, boccheggiando, soffrendo,
lungo una spiaggia gelata.
La piccola gola tra le rocce nere è
piena di ombre. Ombre e cristalli neri che luccicano. Non vive più niente in
quella piccola gola. Soltanto cristalli. Dove un tempo c'era l'erba: blocchi di
cristallo. Dove un tempo c'era stato un albero raschiato dal vento: rami di
cristallo, tronco di cristallo. Felci: spirali di cristallo. Fiori, erica,
cespugli di ginestra, perfino il lichene che forma la crosta delle pietre:
cristallo. Fratello Innocenza scende nella gola. Cristalli si spezzano e cadono
in polvere sotto i piedi. In una vallata di ombre Daniel è un'oscurità solida
nel rifugio della grande roccia. Ai suoi piedi, le tombe. Dodici tombe. I nomi
sulle crude tabelle di testa in pino sono quasi obliterati dalla massa di
cristalli in scalata. "E' per questo che sono qui, non è vero?" dice. "Per
andare a finire a questo modo."
"No," risponde Fratello Innocenza.
"Non è così, Daniel."
"Non mentire!" urla Daniel. "Non
mentirmi, vecchio!"
"Non ti ho mai mentito," dice
Fratello Innocenza. "Ma almeno sappi tutto ciò che c'è da sapere prima di
giudicarmi. Infatti non ti ho detto tutto sulla pestilenza. Mi spiace. Sono
stato un codardo. Noi empati tendiamo ad essere codardi; non possiamo sopportare
di sentire il dolore che causiamo negli altri. Volevo essere gentile, ma non mi
è permesso. Mi spiace. Così, la verità. La verità è che non è per niente una
pestilenza. E' un organismo che vive in simbiosi. Così, ti chiederai, un
organismo che vive in simbiosi e che uccide il partner? La Sanità Mondiale crede
che, se collegati con successo in simbiosi, gli umani rappresentino un gradino
evolutivo verso l'umanità del futuro, in un certo senso una simbiosi tra uomo e
macchina. La cosa va così: come l'umanità si espande nel cosmo, in regni
d'esperienza e di comprensione infinitamente più grandi di qualsiasi altra cosa
mai immaginata, così la sua coscienza, la sua consapevolezza, in un certo senso
deve essere resa capace di ricezione di ciò che trova là fuori. La teoria è che
dalla fusione di umano e nanomacchina, neurone e virone, arrivino nuove
percezioni, nuove comprensioni, nuovi modi di processare l'informazione; una
coscienza totalmente nuova.
"Personalmente non sono d'accordo con
tutto ciò: ho vissuto su quest'isola per trent'anni e ho visto la pestilenza
diffondersi nella mia terra per cancellare metà dell'umanità. Sono vecchio e i
vecchi hanno un'inclinazione naturale verso il cinismo. Ci sono altri empati che
credono di cuore nel miglioramento dell'uomo; per quanto mi riguarda crederò
nella nuova umanità quando vedrò la nuova umanità."
"Così pensi che io sia uno degli
uomini nuovi?"
"Mi lasci perplesso, mi spiace. Fai
sperare un vecchio cinico. Vedi cose che nessun altro ha mai visto, senti cose
che nessun altro ha mai udito."
"E' come una pressione nella testa,
tutti questi pensieri, che si muovono, si muovono. Finché sento che sto per
esplodere. Devo farli uscire, devo cercare di dar loro on senso. E' per questo
che costruisco i Tabernacoli, per cercare di dare un senso a quello che provo."
"E li fai uscire dal mondo invisibile
in quello visibile. I tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, resi visibili non solo
qui," il vecchio si tocca il cuore, "...ma qui," e si tocca gli occhi, le
orecchie, le labbra.
Poi è come se Daniel si ricordasse
che ci sono dodici tombe ai suoi piedi.
"E loro? Anche loro erano gli uomini
nuovi?"
"Erano dei sopravvissuti. Come te. Li
ho osservati come ho osservato te, li ho osservati mentre lottavano con questa
nuova coscienza. Li ho osservati che fallivano. E qui," si tocca di nuovo il
cuore, "li ho sentiti bruciare e morire. E' quello che la Sanità Mondiale mi ha
mandato a fare qui. Per andare con loro, per andare con te, verso la morte il
più possibile per poter tornare indietro. E per riportare ciò che ho scoperto là
per aiutare quelli che vengono dopo." "Dopo di me? E' quello che vuoi dire? Sono
stato portato qui per morire?"
"Noi speriamo. Ci deve essere un
primo."
"Ci dovrebbe essere?"
Il sole è sorto ora. La luce
enfatizza solo il freddo acuto.
"Ti odio," dice Daniel.
Fratello Innocenza annuisce. Là,
nelle acque fredde le foche si chiamano l'una con l'altra.
La conclusione è vicina ora. Fratello
Innocenza può sentirla. Dalle forme vaste come continenti in movimento ruotano
nei pensieri di Daniel. Lotta per comprendere. Fallisce. Lotta di nuovo.
Fallisce. Fratello Innocenza non sii azzarda più ad entrare nel suo oratorio per
contemplare. Le sue meditazioni e le sue discipline dello spirito sono infestate
dalla desolazione. Vecchio pazzo per aver sperato. Vecchio crudele per aver
allungato quella scintilla di speranza a Daniel. Desolazione. Freddo. Troppo
alto. Troppo lontano. Troppo presto. Come è sempre stato. A piedi nudi nel gelo.
Daniel fa appello ai suoi Tabernacoli perchè gli portino la rivelazione. Niente.
Il Tabernacolo Definitivo; è il nome
che gli ha dato Daniel. Tre giorni senza sonno, senza riposo, senza pausa...
nemmeno per cibo o acqua: nella sua fame di simbiosi il virone parassita porta
Daniel ad una iperattività frenetica. Cofane casseruole cuscini; stivali
sfilatini spazzole, sacchi di plastica di mangime per polli; cacio calici
coltelli. Fratello Innocenza è un uomo che ha rinunciato a tutti i possedimenti,
ma quei pochi che sono necessari a mantenersi in vita sull'isola alla fine del
mondo sono presi da Daniel e fusi nel suo Tabernacolo Definitivo. Fratello
Innocenza osserva con meraviglia le giustapposizioni e i bilanciamenti attenti,
le sospensioni e le rotazioni, la creazione di catene complesse di connettività
tra oggetti con nessuna connessione terrena possibile, assicurati con spezzoni
di spago verde per imballaggio: la connessione finale delle cose al potere
strano e senza provenienza che lentamente fa girare le ruote e gli ingranaggi e
i caroselli e gli elevatori; lentamente sulle prime, ma che guadagna velocità,
accelera, accelera, finchè il congegno inverosimile non canta per movimento e
vita.
E' una cosa di luce solare, Realizza
Fratello Innocenza, svegliandosi con l'alba, dopo aver dormito tutta la notte. E
quando i pallidi raggi d'inverno sono pieni, è una libellula delicata di
mormorii e ronzii, di orbite e roteazioni complesse che abbracciano Daniel
all'interno delle proprie roteazioni e conversioni. Ore, giorni, siede a gambe
incrociate tra pentole e tegami volanti e caroselli vorticosi di scarpe e
piante, muovendosi dalle proprie meditazioni solo per accordare un perno qua,
girare così una pianta in vaso là, stringere una stringa, avviare un nottolino.
E ancora non mangia, non dorme. Beve ciò che la rugiada gli pone sulle labbra.
Come il suo Tabernacolo, deve essere qualcosa di luce solare. La comprensione di
Fratello Innocenza è solo fugace, non si azzarda a guardare nella mente di
Daniel troppo a lungo per paura che ciò che vede là lo possa bruciare. Ma una
cosa che afferra dal fuoco mentale è che in tutta la loro mondanità, tutta la
loro banalità, le scarpe i piatti e le pale e le tegole del Tabernacolo
Definitivo sono una lente attraverso cui Daniel magnificherà la sua coscienza
per abbracciare la sua rivelazione di un nuovo universo.
"Daniel, vieni dentro ora?"
"Daniel, qualcosa da mangiare?"
"Daniel, prendi questa zuppa, è
buona, dai... provala."
"Daniel, almeno mettiti addosso
questa coperta."
Inutile. Troppo lontano. Troppo alto.
Troppo presto. Di gran lunga, di gran lunga troppo presto.
"Non voglio perderlo!" urla Fratello
Innocenza al cielo e al mare e alle pietre. "Non farlo! Non posso vederne altri,
ho già visto troppo." Ma tutto quello che Fratello Innocenza può fare è di
attendere. Ed ascoltare. Come ha sempre fatto. E quando arriverà, è sicuro che
lui lo vedrà arrivare. Tutto il giorno la mente del ragazzo è stata riempita di
forme corvine oscure e volteggianti che Fratello Innocenza ha paura di nominare,
tanto più di toccare. Quando arriva, arriva di notte. L'urlo sveglia Fratello
Innocenza dal suo sogno di vecchio. Se l'aspettava. Si veste velocemente, con
roba calda e va nel cortile.
Il cuore agitato per la paura.
Il Tabernacolo Definitivo... è pazzo.
Forsennato. Ruota senza controllo. Più veloci più veloci più veloci ruote girano
manovelle vanno su e giù pistoni si sollevano, più veloci, più veloci, cigolando
fracassando fremendo.
Non è più una cosa di luce solare. Ha
trovato un'altra fonte di potere, Daniel stesso. Intrappolato da ruote che
falciano e sfregiano, Daniel si va prosciugando completamente mentre Fratello
Innocenza osserva. Chiama il nome del ragazzo, due, cinque, dieci volte. Ma
Daniel è stato preso dall'organismo che vive in simbiosi. Perduto. Non sa
neppure che cosa il suo Tabernacolo Definitivo gli stia facendo. Cristalli neri
scintillano sulla punta delle dita, nelle pieghe degli occhi.
"Daniel!" Non può raggiungere il
ragazzo. Non così. Ma c'è un altro modo. Fratello Innocenza respira
profondamente, chiude gli occhi. Si apre a ricevere. Questa volta non c'è
nessuna disciplina insegnata dall'Unità. Questa volta non ci sono barriere, non
ci sono ostacoli. Fratello Innocenza si getta nella tempesta emotiva ed è
spazzato via.
Inizia nel buio. Un niente, a livello
di gno, un gno-on, l'unità fondamentale di conoscenza, più fine dell'unità di
lunghezza più fine, più breve del più piccolo istante di tempo. Crescendo.
Sviluppando. Esplodendo. Sgorgando dall'oscurità nella trinità dei quark e di
tutte le loro stranezze e del loro fascino: crescendo: ora si è lasciato
indietro il dominio della fisica dei quark per avvicinarsi furtivamente alla
giugla quantistica di particelle reali e particelle virtuali e particelle
temporali e particelle spirituali. Davanti a lui si profilano le ruote
probabilistiche dietro alle ruote dietro alle ruote dell'atomo; crescendo più
veloce, fracassa le proprie orbite contemplative nel passare nel reame di
molecole ed elementi, dove le leggi sono più semplici e più strette della grande
incoerenza della teoria quantistica. Crescendo, espandendo: il suo gno-on
ardente di spirali di coscienza lungo catene di molecole verso i composti
complessi e le regioni selvagge delle sostanze chimico organiche ai confini
della vita. Più veloce, ora, ancora più veloce: il pellegrinaggio da prione a
virus a battere a cellula non è che il batter di un occhio. In una corsa
abbagliante si espande per riempire il proprio corpo... E se lo lascia indietro.
Di fuori: le due vite
sono ridotte a puntini sulla loro isola stecchita e sassosa alla fine del mondo,
quell'isola è un puntino nell'oceano scuro, quell'oceano è uno sputo sulla
faccia del pianeta Terra; quella terra è un bulbo oculare, una biglia, la sua
luna per un attimo un teschio bianco e rotondo, una graniglia di mica bianca
quello successivo: abbandonato, dimenticato. Di fuori, di fuori: si dilata per
abbracciare l'intero sistema solare... e oltre. Le nuvole solitarie di comete in
attesa. E le stelle; vicine, stelle familiari, i loro sistemi solari, i loro
pianeti, si precipitano nella frangia della sua coscienza, più veloci più veloci
si affollano su di lui fino a che il gruppo locale della Terra non è che una
distesa di perle perse nell'oscurità. Si allunga dietro quell'oscurità e per
quella che sembra un'eternità viaggia attraverso nuvole di stelle senza forma.
Poi, in modo brillante, in modo terrificante, riesce a liberarsi e la grande
ruota della galassia ruota sotto di lui. E ancora più fuori; saltando nel vuoto
più grande tra le galassie. La galassia della Terra e le sue sorelle di clan
sono inghiottite, e la federazione di clan consanguinei che costituiscono i
supersciami: un migliaio di supersciami, il megasciame, un migliaio di
megasciami... con la velocità dell'immaginazione, Fratello Innocenza si avvicina
al bordo dell'esistenza. Sotto di lui particelle di polvere di sabbia e luce di
stelle, un universo che ruota. Davanti a lui il vuoto. Con un ruggito Daniel
getta la mente verso quel vuoto dove Fratello Innocenza non osa andare. In
quell'istante la coscienza di Daniel vacilla sul bordo, Fratello Innocenza
spezza l'anello empatico.
Oscurità.
Il Tabernacolo
Definitivo ha vorticato fino a distruggersi. E nel trascinare vorticosamente la
coscienza di Daniel verso il bordo della comprensione lo ha prosciugato fino
all'osso. Carne grigia, pallida, sbiancata, fredda come pietra nella luce
albeggiante.
Oscurità.
Fratello Innocenza è
in cerca di vita. Un battito di pulsazione. Uno spirito di respiro. Un barlume
di coscienza.
Oscurità... aspetta.
Una scintilla. Fioca.
Fredda. Una brace della vita. Che si spegne. Che si affievolisce fin quasi ad
estinguersi. Ma viva. Estinzione: sopravvivenza. Per trent'anni Fratello
Innocenza ha atteso ed ascoltato. Ora le scelte spettano a lui.
"Non permetterò che
ti abbiano," dice. Si dirige in sé stesso verso un posto segreto. Ha sempre
saputo che quel posto era là, ma ha sempre avuto paura di toccarlo. Non è un
posto per ricevere. E' un posto per dare. Esce con esso per prendere la brace di
vita. Energia vitale, la sua energia, la sua vita, esce da sé come un grande
vento per soffiare su quella scintilla per trasformarla in fiamma. Si svuota; dà
e dà e dà finché non può più star dritto. Finché il sangue non ruggisce nelle
orecchie come mare. E dà ancora. E dà. E dà.
Non è abbastanza. La
brace della vita guizza, brilla. Ma l'oscurità attorno ad essa è troppo forte e
fredda. E Fratello Innocenza è vecchio e stanco e non ha più nulla da dare.
-Aiutatemi, prega.
Aiutatemi!
La preghiera
attraversa tutto il mondo. Nella spianata della foresta, nei casotti di terra e
nei canyon pieni d'ombre e nelle valli di montagna e nelle mesa del deserto i
luoghi solitari dove gli empati sono fuggiti per ascoltare e attendere, essi
sollevano gli sguardi dalle loro preoccupazioni. Ascoltano. Vedono. Tutto il
resto è dimenticato. Tutti si calano in quella stessa parte segreta di sé che
hanno sempre temuto di toccare e si allungano verso Fratello Innocenza sulla sua
isola ai confini del mondo.
Il vecchio
boccheggia, rabbrividisce mentre un centinaio di vite si incanala attraverso la
sua. Il potere lo spinge a mettersi in piedi, lo spinge ad incespicare tra i
detriti sparsi del Tabernacolo Definitivo. Culla la testa di Daniel tra le dita
e sente l'oscurità, gli aghi oscuri del cristallo. Strilla ad alta voce mentre
il potere esce fuori da lui. E' un'agonia. E' una gioia. Una forza simile
potrebbe spegnere la fiamma della vita che cova se non venisse temperata da
Fratello Innocenza. Cerca un battito cardiaco... Sì! Respiro che frulla nei
polmoni: Sì! Sì! Nella mente brilla una grande luce, una luce così pura, così
sacra che Fratello Innocenza non può avvicinarla. Cellula e cristallo, neurone e
virone, umano e nanomacchina, sono uno, fusi, in simbiosi e bruciano di luce.
"Fratello
Innocenza..." La voce è un sospiro devastato. "Io so... Io sono..."
"Sì, figliolo," dice
Fratello Innocenza. "Sì."
Arriveranno presto,
pensa Fratello Innocenza mentre guarda verso l'orizzonte dove le basse nuvole
invernali si raccolgono nel giallo e nel blu. Presto gli uomini della Sanità
Mondiale arriveranno nei loro elicotteri che cambiano forma. Non vorrebbe che
arrivassero. C'è così tanto da imparare, così tante domande da fare. Dovrebbe
chiedere... la mente di Daniel è ora chiusa per lui, impenetrabile dietro la
luce bruciante.
"Non so se riesco a
spiegartelo in modo esatto," gli dice Daniel. "E' come il vecchio problema di
cercare di spiegare il colore ad un uomo che è nato cieco. Io ho ancora questi
cinque sensi, ma è come se potessero vedere in altre dimensioni che prima gli
erano vietate. E' come se potessi vedere tutto, tutto in una volta, completo,
intero..." Lo perde di nuovo, nonostante tutti i suoi doni d'ascolto, Fratello
Innocenza è l'uomo nato cieco. A Daniel piace portare i suoi nuovi cinque sensi
lungo i sentieri da capra che attraversano l'isola alla fine del mondo, per
affilarli e indurirli su cose familiari prima di poterli volgere verso il mondo
esterno della Peste Lucente. Insieme, lui e Fratello Innocenza, arrivano ad un
Tabernacolo abbandonato, un luogo di canne ed aria tratte da cannelli sospesi
da ronchi di vecchie cataste di legno infilati a terra. "Ricordi che dovevo
fare quelle cose per vedere e sentire e provare? Ora non più. E' dappertutto
ora, la musica, la visione. Non penso di potertelo spiegare meglio di così." Fa
tintinnare le canne, ma tutto quello che producono è soltanto rumore. Il canto è
terminato, la visione è scomparsa, la musica e la luce sono andate all'interno,
dove Fratello Innocenza non può più percepirle.
Passeggiando lungo la
spiaggia con i gabbiani della sera che si affollano sopra le loro teste, Daniel
dice, "In un certo senso l'esplosione finale di coscienza è stato il rito di
passaggio. Sono diventato un tutt'uno con l'universo, col tutto, dall'oscurità
dentro all'oscurità esterna, l'ho toccata completamente, l'ho capita
completamente. E sarei rimasto là per sempre, credo, se non fossi stato
richiamato di nuovo alla vita reale. E' stato dove tutti gli altri hanno
fallito, l'oscurità li ha inghiottiti, non c'era nessuno a dar loro la forza per
tirarsi indietro dall'orlo. Puoi capirci qualcosa?"
"In un certo senso,"
dice Fratello Innocenza. Insieme camminano lungo la spiaggia, verso la valle di
cristallo e le dodici tombe che sono là.
E poi, fuori, sul
curruch di Fratello Innocenza, cacciando il pesce che nuota nelle acque gelide
attorno all'isola alla fine del mondo, sentono un suono. Il suono dei motori del
veicolo aereo che viene attraverso le acque.
"Non devi dirglielo,"
dice Daniel.
"Temo di sì,"
risponde Fratello Innocenza.
"Devo sbarazzarmi di
loro? Potrei, soltanto che tu voglia che non vada."
"Potresti farlo?"
"Facile come battere
gli occhi."
"E' meglio di no,"
dice Fratello Innocenza. Daniel sorride e affonda la mano nell'acqua gelida.
"Suppongo che sia
meglio che vada con loro," Dice. "Ci sono un sacco di cose che devo fare."
Fratello Innocenza sorride e si piega sui remi e assieme arrivano alla spiaggia,
cavalcando l'acqua gelida, cavalcando le onde del mare.
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Titolo originale
Listen - © Ian McDonald
Traduzione Italiana
Danilo Santoni