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Data: Lunedì 13 settembre 2004
Argomento: Narrativa


un racconto di Ian McDonald - Illustrazioni Antonio Folli

Fratello Innocenza è fuori sulla sua barca che solca le acque, che solca le onde del mare. Con la canna e la lenza e l'abilità e l'immobilità sta cacciando il pesce che nuota nelle acque fredde attorno all'isola alla fine del mondo. Tutto è tremolio, tutto è luccichio, tutto è immobilità. Fratello Innocenza aspetta. Fratello innocenza ascolta. Può sentire la sensazione del grosso pesce laggiù, nell'acqua fredda. L'amo attende, la lenza, il rampone. Immobile. Vicino. Vieni, pesce, vieni.

Poi sente il suono. Il suono di un veicolo volante che viene attraverso le acque alla fine del mondo. Fratello Innocenza ne ascolta il battito nel cielo. La caccia è dimenticata. Il grande pesce nuota via. Salvo, per oggi. I remi toccano l'acqua e portano il currach sulle onde verso la riva. Osserva l'approccio del veicolo volante. E' del nuovo tipo, di quelli che cambiano forma. Così gli è stato permesso di nuovo di fare macchine che cambiano forma. Mentre attraversa l'acqua ne osserva la forma che cambia; le ali che si ritraggono dentro a dei mozziconi arrotondati, le eliche che ruotano verso l'alto prolungandosi nei rotori. Il veicolo è nuovo per Fratello Innocenza, ma il logo yin-yang della Sanità Mondiale sui fianchi gli è familiare. Così succede di nuovo. Un altro sopravvissuto da  osservare e da proteggere e da accompagnare nelle grigie Terre delle Ombre.

Il  mezzo aereo tocca terra alla fine della spiaggia vicino alle grosse rocce che assomigliano a balene grigie tirate in secca. Un ragazzo scende giù sulla sabbia. Si rifugia tra le rocce a forma di balena mentre il veicolo si libera dell'isola alla fine del mondo. Dalle sue rocce il ragazzo guarda fino a che la vista e il rumore dell'elicottero non sono scomparsi. Poi si mette giù a sedere sulle rocce grigie a forma di balena con la testa tra le mani.

Fratello Innocenza non fa nessuna mossa verso il ragazzo. Attende. Ascolta. Ascolta nel modo in cui possono ascoltare in pochissimi, un ascolto che l'ha posto in disparte rispetto a tutte le altre persone e l'ha portato sulla sua isola alla fine del mondo. Per ora non può sentire niente. Lo farà. Più tardi.

Questo ragazzo, questo sopravvissuto, questo uno-su-centomila... com'è?Trasandato. Jeans consunti diventati verdi per gli anni. Maglione a collo alto lacero. Piedi scalzi. Glieli mandano sempre coi piedi scalzi. Non gli avranno detto niente. Fratello Innocenza li disprezza per tutto questo. Nonostante tutti i loro veicoli mutanti e gli emblemi gloriosi, sono dei codardi. Fratello Innocenza spinge il suo currach sulla spiaggia. Ancora non va dal ragazzo. Ma sente la risonanza della sua mente. E' come argento vivo, un'eco, un'immagine speculare della forma simile ad una mente che prima di afferrarla è già fuggita, come i delfini d'argento vivo che si immergono nelle acque gelide della fine del mondo. Non è là quasi per niente, ma è un inizio. Fratello Innocenza sale lungo il sentiero pietroso verso casa sua; una rosa di oratori e mediatorium col tetto di torba. Quando le sue devozioni di mezzogiorno sono incominciate da un bel po' arrivano ad esplodere nelle sue contemplazioni le prime impressioni sparse come gabbiani litigiosi: solitario sotto le spalle di roccia grigia a forma di balena: sussurri di vento negli aghi di pino: mare come acciaio e argento, specchio del freddo alle ossa: solo, solo. E' pronto, dunque.


Sotto un cielo del colore delle uova di pavoncella, Fratello Innocenza accende il fuoco. Lo prepara con cura, circondandolo colle pietre, riparandolo dal vento affinchè le fiamme non si spengano in carboni incrostati di cenere bianca. Pulisce e sventra una spigola. Fa scivolare il pesce su uno spiedo d'agrifoglio e lo cuoce a fuoco vivo sui carboni. Chiude gli occhi. Vede: se stesso. Vecchio rannicchiato presso il bagliore d'un piccolo fuoco sotto il cielo sconfinato della fine del mondo.

"Ti piace il pesce?" chiede Fratello Innocenza senza sollevare lo sguardo dal fuoco.

"Odio il pesce," risponde il ragazzo. Appare sorpreso.

"E' un peccato," dice Fratello Innocenza, continuando a non sollevare lo sguardo. Toglie via la sabbia portata dal vento dal suo pesce con una penna di gabbiano. "Finirai con l'essere abbastanza affamato qui."

"Sono già affamato," risponde il ragazzo.

"Non lo metto in dubbio."

"Non hai nient'altro oltre al pesce?"

"Un po' di formaggio. Dello yogurt. Verdure e uova... là, a casa," dice Fratello Innocenza.

"Odio il formaggio, non sopporto lo yogurt, detesto le verdure e le uova mi fanno vomitare," dice il ragazzo. Ma comunque si avvicina.

Durante la notte c'è una tempesta. La prima delle grandi tempeste d'autunno. Arriva senza preavviso. Tutto d'un tratto si scaglia sull'isola alla fine del mondo come se la volesse strappar via e gettarla nel mare. Ma questa capanna costruita a secco ha visto così tante burrasche autunnali e nel calore d'un fuoco di torba e pigne c'è conforto e sicurezza e, in un certo senso, amicizia.

"Non è che parli molto," dice il ragazzo. Si chiama Daniel.

"Il silenzio mi si addice," risponde Fratello Innocenza. "E' un dono per me il silenzio."

"Che vuoi dire?" Daniel si allunga sulle pelli di pecora presso il fuoco, il mento appoggiato alle nocche. Ha ascoltato abbastanza la voce della tempesta. E' una voce umana quella che vuole sentire, e anche storie umane. Ma Fratello Innocenza non vuole impegnarsi. Il suo compito è di ascoltare, non di raccontare. Dato che Fratello Innocenza è soddisfatto del proprio silenzio, Daniel alla fine scivola nel sonno. La tempesta scuote l'isola alla fine del mondo e Daniel sogna. Fermo nella sua sedia, Fratello Innocenza ascolta il sogno.

Il sogno è una grande pianura di grano. Al centro della grande pianura c'è una piccola città. In quella città ci sono madri e padri e predicatori e insegnanti e sorveglianti ai distributori e gente della polizia e gente dei vigili del fuoco e gente dei magazzini e gente della legge e i contadini che coltivano il grano giallo. Non succede mai niente in questa città, che poi è proprio quello che piace alle persone che vivono in città come queste. Finchè una notte i venti asciutti d'estate non portano una spora della Peste Lucente dalle città morte del litorale occidentale attraverso montagne e vallate e pianure di grane, e arriva quella mattina in cui un terzo delle persone che volevano che la propria città rimanesse così com'era sono morte, mucchi di cristalli neri lucenti.

Nel sogno c'è una riunione di tutti gli anziani della città. Dietro le porte sbarrate della sala del consiglio raggiungono una decisione terribile. Già prima che gli elicotteri neri della Sanità Mondiale scendano dal cielo, la gente sceglie di mettersi in quarantena. In modo stretto. Assoluto. Non un'anima che entri. Non un'anima che esca. "Non ci occorrono i vostri soldati e i vostri fucili, grazie," dicono gli anzianidella citta. "Possiamo badare a noi stessi. Sigilleremo la peste all'interno della piccola città sulle grandi pianure e quelli che vivranno vivranno e quelli che moriranno moriranno." Così gli elicotteri tornarono nel cielo e quando apparvero di nuovo, gli scienziati nelle tute isolanti d'argento trovarono duemila cumuli di cristallo nero per le strade.

Un'intera città è morta.

Tutti tranne uno. La squadra della Sanità Mondiale lo trova legato al letto con fazzoletti stracciati. E' emaciato, disidratato, insanguinato laddove s'è stracciato alle legature. Ma è vivo. E' sopravvissuto. E' l'uno-su-diecimila.


Col mattino la tempesta si dirada. Nuova luce riempie il bordo mattutino del mondo, sole rosso che sale sopra le nubi temporalesche stracciate, basse lungo l'orizzonte. Illumina Fratello Innocenza che passeggia lungo la linea della marea. E' preoccupato per quello che ha visto nei sogni e nei ricordi di Daniel. La grande moria che continua là, giù oltre l'orizzonte, lo disturba. I gabbiani volteggiano e si tuffano sopra la sua testa abbassata. Il suo bastone ficcanaso va cercando i tesori della linea della tempesta. Niente da trovare. Qualcuno ha ripulito questa spiaggia prima di lui. In lontananza, lungo la sabbia, un contorno nero si inginocchia.

Panico che colpisce, Fratello Innocenza chiude gli occhi, passa in rassegna le partecipazioni personali. Le ha trovate? E' stato là? Sollievo. Il ragazzo non è andato oltre le rocce nere della punta. Allora che ha trovato? Musica! Ascolta! Mani occupate a costruire. I suoni hanno la propria architettura; la conchiglia contiene la canzone del mare, la pietra la canzone della terra, l'albero, la penna bianca del gabbiano, la canzone del vento.

Cos'è quello che sta costruendo?

Schemi di conchiglie infilate a testa in giù nella sabbia, un labirinto impenetrabile di spirali principali e secondarie interconnesse. Al centro di ogni spirale c'è un'incastellatura a colonna di sabbia sgocciolata e sormontata dai relitti marini provenienti dal fronte della tempesta. Un sonaglio di penne nere di corvo. Un paio di chele di granchio disseccate. Un osso sbiancato dal sale. Una bottiglia di plastica incrostata d'olio sabbioso. Un pezzo dell'asse di una nave dipinto di blu col nome 'Amelia'. Il coccio di una bottiglia di vetro sfregato dalla sabbia, verde e opaco come il mare stesso. Fratello Innocenza entra in questo mandala di conchiglie e relitti del mare.

"No!" strilla il ragazzo. Grido piatto, acuto come lo schiocco di una balena che balza fuor d'acqua. "Devi farlo in questo modo. Seguire le spirali." Stupefatto, Fratello Innocenza entra nel labirinto di spirali dentro alle spirali intorno alle spirali e le spirali lo spingono a spirale, lo spingono avanti verso il sanctum centrale dove Daniel è accoccolato, in attesa, le dita posate sulla sabbia fredda increspata dal mare.

"L'ho sentito stanotte," spiega. "All'inizio non ero sicuro che fosse là, iniziai a perderlo nella tempesta, ma più ascoltavo più potevo sentire e più potevo sentire più dovevo sapere cosa fosse, da dove venisse. Così ho aspettato che la tempesta fosse passata e sono uscito e ho sentito che mi chiamava, lungo la spiaggia, verso questo posto dove sembrava che tutto giungesse assieme, fosse a fuoco, per trasformarsi in qualcos'altro."

Portato dalle spirali, Fratello Innocenza raggiunge Daniel nel fuoco del labirinto.

"Ascolta," dice Daniel, "la senti?"

"Sentire cosa?" chiede Fratello Innocenza.

"La musica," dice Daniel.

Ma Fratello Innocenza sente solo il suono del vento nell'erba delle dune.

Di nuovo Daniel dice, "Ascolta."

Ma Fratello Innocenza sente solo il grido dei gabbiani e l'abbaiare delle foche, fuori, sul mare.

Per la terza volta Daniel dice, "Ascolta."

E Fratello Innocenza ascolta con tutta la disciplina di un contemplativo. Con tutta la ricettività del suo talento. Sospiro di vento sdrucciolio di sabbia sonnecchiare di mare, vento nelle penne vento nelle ossa vento nelle pigne vento che borbotta attraverso le linee di flusso di una lente di vetro tra mare e terra. E lo sente. E' tutte quelle cose. Non è nessuna di esse. E' una nota. Un'armonia, un canto modellato da vento e tempesta che trascende ogni origine materiale. E' inspiegabilmente bello. E' inspiegabilmente terribile. Ed è scomparso.

Fratello Innocenza rimane scosso nel fuoco del labirinto di Daniel. poi, fracassando conchiglie, pestando nella sabbia pigne, sassi vetrosi, penne di corvo, ossa d'uccello... riduce in pezzi a forza di calci il posto d'ascolto.

"Non avvicinarti più a questo posto, capito?" urla a Daniel. "Non voglio che torni in questo punto della spiaggia."

Troppo alto. Troppo lontano. Troppo presto. Soprattutto, troppo vicino. Fratello Innocenza ha paura per il suo protetto. Fratello Innocenza ha paura per se stesso. Lui ha sentito.


Alla sera l'alta marea ha portato via le conchiglie e le spirali. Daniel non torna giù verso quel punto della spiaggia. Ma quello non è il limite della zona d'ascolto. Ci sono altri luoghi dove trova che gli elementi naturali sono focalizzati in qualcosa di straordinario. Luoghi di pietra e di legno e di spirito. Tumuli e archi e cerchi di pietre impilate sulla cima calva di una collina che mettono a fuoco la la luce nell'ombra di qualche altro luogo dove strane entità geometriche girano vorticosamente, semi-intraviste più che comprese. Una stretta valle boscosa segreta dove le instabilità delle foglie e dei rami e delle bacche piega la gravità fino a che, in modo impossibile, gli alberi non sembrano di essere sul punto sia di spezzarsi tutt'attorno che di liberarsi dalla terra per saltare nel cielo. Reti di pescatori spezzate e galleggianti vetrosi e bottiglie sistemate sul retro delle rocce grigie a forma di balena che in qualche modo attraggono le foche e i delfini e gli uccelli marini che volteggiano per fermarsi in adorazione. Tabernacoli, li chiama Daniel, figlio di credenti nella Bibbia. Fratello Innocenza si meraviglia. Per la prima volta si permette di sperare. Nessuno degli altri aveva mai potuto portare le cose dalla propria mente fuori, nel mondo reale. Forse Daniel è lui, l'autentico sopravvissuto. E poi arrivano le paure: e se non lo fosse?

Le speranze e le paure portano Fratello Innocenza a fare qualcosa che ha fatto solo una volta in passato. Di notte, quando Daniel è addormentato, apre le ali della sua mente per ascoltare assieme ai suoi confratelli. Non è una cosa che quelli della sua specie possano fare facilmente. Volgere una mente che ascolta verso una mente che ascolta è come mettere due specchi faccia a faccia. Riflessi di riflessi di riflessi. Ci si può perdere negli infiniti regressi della propria mente. Ma Fratello Innocenza è vecchio e saggio. Racchiuso nel santuario del proprio oratorio, apre la mente per racchiudere un mondo intero. Nell'oscurità bruciano le luci, il bagliore delle anime di altri come lui.

Contatto...

La screziatura danzante di foglie in una radura persa nella grande foresta dove il giovane vive col suo tutore.

Il vento nell'erba gialla mentre la donna vecchia e curva lascia la propria casadi terra scavata dentro le pianure per andare a prendere acqua per il proprio protetto che sta morendo.

La stretta banda blu che è tutto l'universo che l'uomo che vive nel canyon profondo ed ombroso riesce a sopportare.

Il freddo respiro dei ghiacciai alti sopra le montagne dove la giovane donna ha costruito la propria casetta.

Con ognuno condivide le proprie speranze e le proprie paure e le cose che ha visto e che ha udito, e chiede: "E' lui?" Poi, quando il caleidoscopio di impressioni di senso che si riflettono mutuamente minaccia di inghiottirlo, arriva la risposta. "Aspetta. Aspetta. Aspetta." Fratello Innocenza tocca una mente e un'altra e un'altra e da ognuna riceve la stessa risposta: "Aspetta. Aspetta. Aspetta." Per ultimo, Fratello Innocenza contatta la luce che brilla tutta sola nel grande deserto bianco. Sente la forza del sole sopra le spalle della donna in cima alla colonna di pietra rossa. Un tempo si conoscevano, dai giorni dell'Unità quando lei, attaccandosi ad una piccola irritazione del discorso, gli dette il suo nome Fratello In-A-Sense. Accomunano le anime. Lei legge il suo cuore. Poi, per risposta, lei accomuna con lui le sue speranze, le sue paure. Prendono la forma di una visione; dei lampi finali dopo che Fratello In-A-Sense e quelli come lui se ne sono andati.

Cinquanta di loro. Cinquanta sono tutti coloro che esistono. Alcuni hanno attraversato un continente per venire a questo incontro in un luogo deserto. Nessuno è arrivato a mani vuote. Tutti hanno portato qualcosa, qualche oggetto che in qualche modo simbolizzi la gente che sono venuti a venerare. Sotto un sole perverso sistemano i propri oggetti e trovano cose e sventolano dentro a fuori dalle cose naturali di questa alta terrazza rocciosa in uno schema sottile e intricato. Non è un compito che viene portato a compimento in modo facile e veloce. E' buio per quando la pietra finale viene sistemata al proprio posto. Ma come la pietra completa lo schema, la terrazza risuona di potere. Fasci di luce sgorgano lungo i canali sottili e intricati del grande disegno. Intrecciati all'interno della rete di luci, parlano. Il loro linguaggio è solo in parte verbale, ci sono dimensioni di spirito e di posa e di profumo e di luogo, che vanno oltre la comprensione normale. Ma Fratello Innocenza, condivisore d'anime, comprende.

Uno per uno parlano.

"Generazione effimera," dicono, e Fratello Innocenza ha immagini di farfalle, di effimere e di papaveri rossi nel deserto. "Ponti tra due evoluzioni che non portano da nessuna parte," dice un altro, in visioni di archi del deserto, arcobaleni dopo le tempeste di primavera. "Sapevi che potevi essere soltanto lo stadio intermedio," dice un altro e un quarto continua, "Eppure sterile, senza prole, condannato all'obsolescenza, ci hai amato, ci hai guidato fedelmente." "E per questo ti ringraziamo," dice ancora un altro.

"E per questo ci addoloriamo con te," dicono tutti, tutti questi sopravvissuti, questi eredi, e il vento scaccia via le parole.

Poi Fratello Innocenza pone la propria domanda: "E' lui?"

"Un giorno ce ne dovrà pur essere uno."

"Perchè? Una pestilenza non può essere una pestilenza?

"Perchè questa condanna a morte la razza intera. Perchè nega la speranza. In noi stessi. Nel nostro futuro."

Di nuovo: "Pensate che sia lui?"

"Pero di sì."

Lei crede nell'evoluzione umana, nel miglioramento umano. Fratello Innocenza crede solo negli uomini. E' per questo che ha paura. E spera. Ma non è solo nella propria speranza, e questo è bene. E' il momento, pensa, di dire la verità. Gentilmente. Le dure verità devono essere dette gentilmente. Inizia con la propria storia. Attende una notte di tempesta, di vento e di pioggia e un'oscurità così grande che sembra inghiottire tutta l'isola alla fine del mondo, una notte per le voci e per le storie. E questa è la storia che racconta, la storia dell'uomo che sentiva troppo.


Per trentatrè anni l'uomo che sentiva troppo aveva vissuto in una delle grandi città della costa occidentale in quei giorni felici prima che la pestilenza trasformasse quelle città luminose in obitori. Nei suoi trentatrè anni aveva guadagnato un'educazione, un lavoro nel vendere pubblicità e una donna che sapeva che lo avrebbe reso felice per il resto della vita. E non era né più né meno straordinario di qualsiasi altro uomo di trentatrè anni. Finchè un pomeriggio, mentre si riposava da una tirata di acquisti in un caffé tranquillo in un angolo di un grosso centro commerciale, tutto d'un tratto non saltò in piedi stringendosi forte la testa e strillando loro di smetterla smetterla e andarsene; barcollando, incespicando, battendo contro i tavoli, le sedie, i carrelli della spesa... versando caraffe di caffé bollente sopra i bambini nei carrozzinie sempre strillando basta basta basta Oh Dio Oh Dio silenzio silenzio! Finché non cadde in ginocchio battendo i pugni sulle piastrelle del pavimento con tutti gli acquirenti del sabato pomeriggio che spingevano i carrelli attorno a lui senza neanche guardarlo o chiedersi checavologlisuccede? cheha? s'èsbronzato? Ma quello che nessuno dei frequentatori del centro di quel sabato pomeriggio poteva mai intuire, neppure la dolcissima donna che lo avrebbe reso felice per il resto della sua vita, era che Dio o Karma o il Destino o Chissà Che Altro, aveva aperto ciascuno dei suoi sensi alla vita di ognuno dei tremila compratori del Todos Santos Mall in quel sabato pomeriggio e che lui stava affogando nell0oceano delle loro esperienze: pensieri, sentimenti, emozioni, sensazioni, paure, speranze... tutto quello che toccavano gustavano odoravano sentivano vedevano, si riversava su di lui come un'inondazione di voci scroscianti.

Silenzio. Silenzio! chiese di essere reso cieco, sordo, insensibile. Silenzio. Per favore.

Ma nell'ospedale dove lo portarono non c'era silenzio.

E non c'era silenzio nel reparto speciale dove quelli della Sanità Mondiale, da poco fondata, lo portarono per studiare quello che chiamavano il suo 'fenomeno'.

E non c'era silenzio nell'unità speciale con gli altri che presentavano questo 'fenomeno'. Là era peggio. Perchè non solo sentiva quelle altre venti menti, ma i riflessi di venti volte venti volte venti. Alcuni diventarono pazzi, ma qualcuno resse. E alcuni impararono a padroneggiarlo. Non fu fino a che l'elicottero non lo abbandonò sui lidi dell'isola alla fine del mondo, non fu fino a che non divenne un barlume di polvere nel cielo che conobbe silenzio e pace.

"Tu sei un empata," dice Daniel. Pigne resinose che bruciano; ombre della fiamma saltellano sui muri di pietra sbiancata.

"E' uno dei nomi per noi. Piuttosto, la Sanità Mondiale con te si sarà riferita a una cosa come Ricevitore di Campo Magnetico a Frequenze Molto Basse, che è più accurato e meno mistico, ma è un po' troppo roboante. In un certo senso siamo tutti inondati con queste radiazioni elettromagnetiche ad onda molto lunga; sai qualcosa sulla frequenza e la lunghezza d'onda e tutto il resto? Sembra che il nostro cervello le generi semplicemente pensando. Quello che è speciale, riguardo a noi empati, è che, in un certo senso, siamo come ricevitori radio, captiamo le radiazioni che libera il cervello come i rabdomanti captano le oscillazioni elettromagnetiche nel terreno per trovare l'acqua. Apparecchi radio umani. Rabdomanti dell'anima, in qualche modo."

E questa è una domanda evasa. La più gentile. Ne rimangono altre due. Prima: che cos'è la pestilenza? Questa è una domanda più crudele. Seconda: Perchè sono qui? Questa è la domanda più crudele di tutte.


Tutto a suo tempo. Fratello Innocenza ascolta e attende. E' molto bravo in questo. Poi, durante una sporca giornata di nuvole grigie e umide e una pioggerella trista, pone e soddisfa la prima domanda. L'uomo e il ragazzo stanno ripulendo la stalla delle capre quando dice senza preamboli:

"E' una cosa fatta dall'uomo. Tu probabilmente già lo sai. Ma non è una cosa viva. Può sorprenderti, ma è vero. La pestilenza non è un organismo. E' un manufatto. Una macchina, diresti tu. Originalmente, la Terza Rivoluzione Industriale. Non sapevo che c'era stata una Seconda Rivoluzione Industriale tra la Prima e la Terza ma, comunque, è qui, la rivoluzione della nanotecnologia. E' la manifattura di macchine delle dimensioni delle cellule viventi che, come le cellule, possono creare delle copie specializzate di se stesse per svolgere funzioni diverse. Possono riprodursi come cellule viventi, se c'è a loro disposizione materia grezza da cui costruire, e tutte si legano assieme, come le cellule del corpo umano, in una macchina completa. Prendi una spora troppo piccola da potersi vedere e da essa puoi far crescere automobili, aerei, televisori... tutto nell'arco di pochi minuti. Per di più, puoi programmare le tue nanomacchine in modo che ricostruiscano ciò che hanno già fatto. Se non ti piace la tua automobile la puoi cambiare in un frigorifero, o in un ultraleggero. Mutanti, diresti tu. Quell'elicottero che t'ha portato è una nanomacchina. E' solo adesso, dopo trent'anni, che siamo arrivati finalmente alla Terza Rivoluzione Industriale. Per tutto quello che potrà farci di bene. Ma le prime nanomacchine, allora, non potevano non essere che i nanocomputer che avrebbero potuto in seguito programmare tutte le altre per far fare quello che avrebbero dovuto.

"Una compagnia chiamata Mach NanoTek registrò il prototipo di nanocomputer; era una spora designata a costruire computer modellati su come funziona il cervello umano; non facendo, cioè una cosa per volta, come facevano i vecchi computer, ma facendo tutte assieme tutte le diverse specie di cose, come tu che cammini e mastichi la gomma e palleggi e ascolti la radio... tutto allo stesso tempo. E tutto questo alla supervelocità dei moderni computer. Un cucciolo, fu il Mark One Mach Nanocomputer." Fratello Innocenza smuove il letame delle capre col forcone sui ciottoli del cortile zuppi di pioggia. "Be', ora sai cosa successe. Il prototipo sfuggì. Ho sentito qualcuno dire che fu rilasciato deliberatamente e che si inventarono anche qualche pazzo che si crede l'abbia fatto. Io non so niente, non penso che qualcuno sarebbe tanto pazzo o tanto malvagio. In ogni caso... sfuggì. Nel giro di due anni dalla fuga dalla Mach NanoTek, si era diffuso nella forma non attiva di spora in ogni parte del mondo. E poi la gente iniziò a morire. Uno o due, all'inizio, poi città intere." Carapaci cristallini stipati in strade spazzate dal vento. "La Sanità Mondiale cercò di contenerlo con la quarantena; fu una mossa buona, ma tutto ciò che ottenne fu di rallentarlo un po'. Sai, è latente nell'ottanta per cento della popolazione della terra, e quello che occorre è un caso attivo per rendere attiva un'intera popolazione infetta, così come per infettare quelli precedentemente non infetti."

"Il quarantotto per cento dei casi infetti diventa attivo," dice Daniel.

"E' vero. In un certo senso è proprio il suo successo come pezzo di ingegneria a renderlo tanto mortale. Era stato designato a mimare il cervello umano e nel sistema nervoso centrale del suo ospite trova il modello perfetto. Così quando diventa attivo inizia a depositare cristalli di silicio attraverso il sistema nervoso centrale delle vittime. Filtra minerali e rintraccia elementi del corpo dell'ospite per fornirsi di materiale grezzo. Il mangiare la terra è un sintomo comune negli ultimi stadi, ma di solito la vittima muore prima che il processo di silicizzazione arrivi così lontano."

"Di solito," dice Daniel il sopravvissuto.

"Di solito," dice Fratello Innocenza.


Ma nelle lunghe notti, allorché le costellazioni invernali pendono d'appresso nel cielo, Fratello Innocenza cammina lungo i panorami dei sogni di Daniel. Ci sono luoghi alieni: il parassita nel cervello di Daniel sta distorcendo la sua mente. La canzone degli atomi. La vita segreta delle rocce. Il sacramento dell'acqua. Il mistero della luce. E i Tabernacoli, con i loro spiriti d'albero e pietra e vento e mare fatti incarnare, sono mezzi per capire questi misteri. Notte dopo notte, Daniel lotta con gli angeli sotto la cupola del proprio teschio e Fratello Innocenza guarda. E attende. Comprensione troppo grande perchè una singola mente la contenga. L'alieno dentro. Già per dodici volte Fratello Innocenza ha visto quelli sotto la sua custodia arrivare a questo punto di confronto con l'alieno dentro di loro.

E' l'alba del solstizio d'inverno. E Fratello Innocenza si sveglia all'improvviso, a pezzi, dal sonno leggero degli uomini vecchi. Impressioni di freddo, orme fresche lungo una spiaggia lavata dalla marea. Nuvole. Vento. Stelle. Un mare che chiama. Daniel, andato. (Lenzuola ancora tiepide e sgualcite) Andato? Dove? No. Non là. Non là. Vecchie ossa che protestano, vecchi piedi freddi come sassi, pesanti come sassi, mentre il vecchio corre lungo la spiaggia. La luna è bassa. L'orizzonte è tracciato in grigio. Forse, forse, non è andato là...

Avrebbe dovuto dirglielo. Non avrebbe dovuto aspettare di essere gentile. Ma non poteva sopportare di sentire il dolore di Daniel. Un rimorso da vecchio mentre corre, boccheggiando, soffrendo, lungo una spiaggia gelata.

La piccola gola tra le rocce nere è piena di ombre. Ombre e cristalli neri che luccicano. Non vive più niente in quella piccola gola. Soltanto cristalli. Dove un tempo c'era l'erba: blocchi di cristallo. Dove un tempo c'era stato un albero raschiato dal vento: rami di cristallo, tronco di cristallo. Felci: spirali di cristallo. Fiori, erica, cespugli di ginestra, perfino il lichene che forma la crosta delle pietre: cristallo. Fratello Innocenza scende nella gola. Cristalli si spezzano e cadono in polvere sotto i piedi. In una vallata di ombre Daniel è un'oscurità solida nel rifugio della grande roccia. Ai suoi piedi, le tombe. Dodici tombe. I nomi sulle crude tabelle di testa in pino sono quasi obliterati dalla massa di cristalli in scalata. "E' per questo che sono qui, non è vero?" dice. "Per andare a finire a questo modo."

"No," risponde Fratello Innocenza. "Non è così, Daniel."

"Non mentire!" urla Daniel. "Non mentirmi, vecchio!"

"Non ti ho mai mentito," dice Fratello Innocenza. "Ma almeno sappi tutto ciò che c'è da sapere prima di giudicarmi. Infatti non ti ho detto tutto sulla pestilenza. Mi spiace. Sono stato un codardo. Noi empati tendiamo ad essere codardi; non possiamo sopportare di sentire il dolore che causiamo negli altri. Volevo essere gentile, ma non mi è permesso. Mi spiace. Così, la verità. La verità è che non è per niente una pestilenza. E' un organismo che vive in simbiosi. Così, ti chiederai, un organismo che vive in simbiosi e che uccide il partner? La Sanità Mondiale crede che, se collegati con successo in simbiosi, gli umani rappresentino un gradino evolutivo verso l'umanità del futuro, in un certo senso una simbiosi tra uomo e macchina. La cosa va così: come l'umanità si espande nel cosmo, in regni d'esperienza e di comprensione infinitamente più grandi di qualsiasi altra cosa mai immaginata, così la sua coscienza, la sua consapevolezza, in un certo senso deve essere resa capace di ricezione di ciò che trova là fuori. La teoria è che dalla fusione di umano e nanomacchina, neurone e virone, arrivino nuove percezioni, nuove comprensioni, nuovi modi di processare l'informazione; una coscienza totalmente nuova.

"Personalmente non sono d'accordo con tutto ciò: ho vissuto su quest'isola per trent'anni e ho visto la pestilenza diffondersi nella mia terra per cancellare metà dell'umanità. Sono vecchio e i vecchi hanno un'inclinazione naturale verso il cinismo. Ci sono altri empati che credono di cuore nel miglioramento dell'uomo; per quanto mi riguarda crederò nella nuova umanità quando vedrò la nuova umanità."

"Così pensi che io sia uno degli uomini nuovi?"

"Mi lasci perplesso, mi spiace. Fai sperare un vecchio cinico. Vedi cose che nessun altro ha mai visto, senti cose che nessun altro ha mai udito."

"E' come una pressione nella testa, tutti questi pensieri, che si muovono, si muovono. Finché sento che sto per esplodere. Devo farli uscire, devo cercare di dar loro on senso. E' per questo che costruisco i Tabernacoli, per cercare di dare un senso a quello che provo."

"E li fai uscire dal mondo invisibile in quello visibile. I tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, resi visibili non solo qui," il vecchio si tocca il cuore, "...ma qui," e si tocca gli occhi, le orecchie, le labbra.

Poi è come se Daniel si ricordasse che ci sono dodici tombe ai suoi piedi.

"E loro? Anche loro erano gli uomini nuovi?"

"Erano dei sopravvissuti. Come te. Li ho osservati come ho osservato te, li ho osservati mentre lottavano con questa nuova coscienza. Li ho osservati che fallivano. E qui," si tocca di nuovo il cuore, "li ho sentiti bruciare e morire. E' quello che la Sanità Mondiale mi ha mandato a fare qui. Per andare con loro, per andare con te, verso la morte il più possibile per poter tornare indietro. E per riportare ciò che ho scoperto là per aiutare quelli che vengono dopo." "Dopo di me? E' quello che vuoi dire? Sono stato portato qui per morire?"

"Noi speriamo. Ci deve essere un primo."

"Ci dovrebbe essere?"

Il sole è sorto ora. La luce enfatizza solo il freddo acuto.

"Ti odio," dice Daniel.

Fratello Innocenza annuisce. Là, nelle acque fredde le foche si chiamano l'una con l'altra.


La conclusione è vicina ora. Fratello Innocenza può sentirla. Dalle forme vaste come continenti in movimento ruotano nei pensieri di Daniel. Lotta per comprendere. Fallisce. Lotta di nuovo. Fallisce. Fratello Innocenza non sii azzarda più ad entrare nel suo oratorio per contemplare. Le sue meditazioni e le sue discipline dello spirito sono infestate dalla desolazione. Vecchio pazzo per aver sperato. Vecchio crudele per aver allungato quella scintilla di speranza a Daniel. Desolazione. Freddo. Troppo alto. Troppo lontano. Troppo presto. Come è sempre stato. A piedi nudi nel gelo. Daniel fa appello ai suoi Tabernacoli perchè gli portino la rivelazione. Niente.


Il Tabernacolo Definitivo; è il nome che gli ha dato Daniel. Tre giorni senza sonno, senza riposo, senza pausa... nemmeno per cibo o acqua: nella sua fame di simbiosi il virone parassita porta Daniel ad una iperattività frenetica. Cofane casseruole cuscini; stivali sfilatini spazzole, sacchi di plastica di mangime per polli; cacio calici coltelli. Fratello Innocenza è un uomo che ha rinunciato a tutti i possedimenti, ma quei pochi che sono necessari a mantenersi in vita sull'isola alla fine del mondo sono presi da Daniel e fusi nel suo Tabernacolo Definitivo. Fratello Innocenza osserva con meraviglia le giustapposizioni e i bilanciamenti attenti, le sospensioni e le rotazioni, la creazione di catene complesse di connettività tra oggetti con nessuna connessione terrena possibile, assicurati con spezzoni di spago verde per imballaggio: la connessione finale delle cose al potere strano e senza provenienza che lentamente fa girare le ruote e gli ingranaggi e i caroselli e gli elevatori; lentamente sulle prime, ma che guadagna velocità, accelera, accelera, finchè il congegno inverosimile non canta per movimento e vita.

E' una cosa di luce solare, Realizza Fratello Innocenza, svegliandosi con l'alba, dopo aver dormito tutta la notte. E quando i pallidi raggi d'inverno sono pieni, è una libellula delicata di mormorii e ronzii, di orbite e roteazioni complesse che abbracciano Daniel all'interno delle proprie roteazioni e conversioni. Ore, giorni, siede a gambe incrociate tra pentole e tegami volanti e caroselli vorticosi di scarpe e piante, muovendosi dalle proprie meditazioni solo per accordare un perno qua, girare così una pianta in vaso là, stringere una stringa, avviare un nottolino. E ancora non mangia, non dorme. Beve ciò che la rugiada gli pone sulle labbra. Come il suo Tabernacolo, deve essere qualcosa di luce solare. La comprensione di Fratello Innocenza è solo fugace, non si azzarda a guardare nella mente di Daniel troppo a lungo per paura che ciò che vede là lo possa bruciare. Ma una cosa che afferra dal fuoco mentale è che in tutta la loro mondanità, tutta la loro banalità, le scarpe i piatti e le pale e le tegole del Tabernacolo Definitivo sono una lente attraverso cui Daniel magnificherà la sua coscienza per abbracciare la sua rivelazione di un nuovo universo.

"Daniel, vieni dentro ora?"

"Daniel, qualcosa da mangiare?"

"Daniel, prendi questa zuppa, è buona, dai... provala."

"Daniel, almeno mettiti addosso questa coperta."

Inutile. Troppo lontano. Troppo alto. Troppo presto. Di gran lunga, di gran lunga troppo presto.

"Non voglio perderlo!" urla Fratello Innocenza al cielo e al mare e alle pietre. "Non farlo! Non posso vederne altri, ho già visto troppo." Ma tutto quello che Fratello Innocenza può fare è di attendere. Ed ascoltare. Come ha sempre fatto. E quando arriverà, è sicuro che lui lo vedrà arrivare. Tutto il giorno la mente del ragazzo è stata riempita di forme corvine oscure e volteggianti che Fratello Innocenza ha paura di nominare, tanto più di toccare. Quando arriva, arriva di notte. L'urlo sveglia Fratello Innocenza dal suo sogno di vecchio. Se l'aspettava. Si veste velocemente, con roba calda e va nel cortile.

Il cuore agitato per la paura.

Il Tabernacolo Definitivo... è pazzo. Forsennato. Ruota senza controllo. Più veloci più veloci più veloci ruote girano manovelle vanno su e giù pistoni si sollevano, più veloci, più veloci, cigolando fracassando fremendo.

Non è più una cosa di luce solare. Ha trovato un'altra fonte di potere, Daniel stesso. Intrappolato da ruote che falciano e sfregiano, Daniel si va prosciugando completamente mentre Fratello Innocenza osserva. Chiama il nome del ragazzo, due, cinque, dieci volte. Ma Daniel è stato preso dall'organismo che vive in simbiosi. Perduto. Non sa neppure che cosa il suo Tabernacolo Definitivo gli stia facendo. Cristalli neri scintillano sulla punta delle dita, nelle pieghe degli occhi.

"Daniel!" Non può raggiungere il ragazzo. Non così. Ma c'è un altro modo. Fratello Innocenza respira profondamente, chiude gli occhi. Si apre a ricevere. Questa volta non c'è nessuna disciplina insegnata dall'Unità. Questa volta non ci sono barriere, non ci sono ostacoli. Fratello Innocenza si getta nella tempesta emotiva ed è spazzato via.


Inizia nel buio. Un niente, a livello di gno, un gno-on, l'unità fondamentale di conoscenza, più fine dell'unità di lunghezza più fine, più breve del più piccolo istante di tempo. Crescendo. Sviluppando. Esplodendo. Sgorgando dall'oscurità nella trinità dei quark e di tutte le loro stranezze e del loro fascino: crescendo: ora si è lasciato indietro il dominio della fisica dei quark per avvicinarsi furtivamente alla giugla quantistica di particelle reali e particelle virtuali e particelle temporali e particelle spirituali. Davanti a lui si profilano le ruote probabilistiche dietro alle ruote dietro alle ruote dell'atomo; crescendo più veloce, fracassa le proprie orbite contemplative nel passare nel reame di molecole ed elementi, dove le leggi sono più semplici e più strette della grande incoerenza della teoria quantistica. Crescendo, espandendo: il suo gno-on ardente di spirali di coscienza lungo catene di molecole verso i composti complessi e le regioni selvagge delle sostanze chimico organiche ai confini della vita. Più veloce, ora, ancora più veloce: il pellegrinaggio da prione a virus a battere a cellula non è che il batter di un occhio. In una corsa abbagliante si espande per riempire il proprio corpo... E se lo lascia indietro.

Di fuori: le due vite sono ridotte a puntini sulla loro isola stecchita e sassosa alla fine del mondo, quell'isola è un puntino nell'oceano scuro, quell'oceano è uno sputo sulla faccia del pianeta Terra; quella terra è un bulbo oculare, una biglia, la sua luna per un attimo un teschio bianco e rotondo, una graniglia di mica bianca quello successivo: abbandonato, dimenticato. Di fuori, di fuori: si dilata per abbracciare l'intero sistema solare... e oltre. Le nuvole solitarie di comete in attesa. E le stelle; vicine, stelle familiari, i loro sistemi solari, i loro pianeti, si precipitano nella frangia della sua coscienza, più veloci più veloci si affollano su di lui fino a che il gruppo locale della Terra non è che una distesa di perle perse nell'oscurità. Si allunga dietro quell'oscurità e per quella che sembra un'eternità viaggia attraverso nuvole di stelle senza forma. Poi, in modo brillante, in modo terrificante, riesce a liberarsi e la grande ruota della galassia ruota sotto di lui. E ancora più fuori; saltando nel vuoto più grande tra le galassie. La galassia della Terra e le sue sorelle di clan sono inghiottite, e la federazione di clan consanguinei che costituiscono i supersciami: un migliaio di supersciami, il megasciame, un migliaio di megasciami... con la velocità dell'immaginazione, Fratello Innocenza si avvicina al bordo dell'esistenza. Sotto di lui particelle di polvere di sabbia e luce di stelle, un universo che ruota. Davanti a lui il vuoto. Con un ruggito Daniel getta la mente verso quel vuoto dove Fratello Innocenza non osa andare. In quell'istante la coscienza di Daniel vacilla sul bordo, Fratello Innocenza spezza l'anello empatico.

Oscurità.

Il Tabernacolo Definitivo ha vorticato fino a distruggersi. E nel trascinare vorticosamente la coscienza di Daniel verso il bordo della comprensione lo ha prosciugato fino all'osso. Carne grigia, pallida, sbiancata, fredda come pietra nella luce albeggiante.

Oscurità.

Fratello Innocenza è in cerca di vita. Un battito di pulsazione. Uno spirito di respiro. Un barlume di coscienza.

Oscurità... aspetta.

Una scintilla. Fioca. Fredda. Una brace della vita. Che si spegne. Che si affievolisce fin quasi ad estinguersi. Ma viva. Estinzione: sopravvivenza. Per trent'anni Fratello Innocenza ha atteso ed ascoltato. Ora le scelte spettano a lui.

"Non permetterò che ti abbiano," dice. Si dirige in sé stesso verso un posto segreto. Ha sempre saputo che quel posto era là, ma ha sempre avuto paura di toccarlo. Non è un posto per ricevere. E' un posto per dare. Esce con esso per prendere la brace di vita. Energia vitale, la sua energia, la sua vita, esce da sé come un grande vento per soffiare su quella scintilla per trasformarla in fiamma. Si svuota; dà e dà e dà finché non può più star dritto. Finché il sangue non ruggisce nelle orecchie come mare. E dà ancora. E dà. E dà.

Non è abbastanza. La brace della vita guizza, brilla. Ma l'oscurità attorno ad essa è troppo forte e fredda. E Fratello Innocenza è vecchio e stanco e non ha più nulla da dare.

-Aiutatemi, prega. Aiutatemi!

La preghiera attraversa tutto il mondo. Nella spianata della foresta, nei casotti di terra e nei canyon pieni d'ombre e nelle valli di montagna e nelle mesa del deserto i luoghi solitari dove gli empati sono fuggiti per ascoltare e attendere, essi sollevano gli sguardi dalle loro preoccupazioni. Ascoltano. Vedono. Tutto il resto è dimenticato. Tutti si calano in quella stessa parte segreta di sé che hanno sempre temuto di toccare e si allungano verso Fratello Innocenza sulla sua isola ai confini del mondo.

Il vecchio boccheggia, rabbrividisce mentre un centinaio di vite si incanala attraverso la sua. Il potere lo spinge a mettersi in piedi, lo spinge ad incespicare tra i detriti sparsi del Tabernacolo Definitivo. Culla la testa di Daniel tra le dita e sente l'oscurità, gli aghi oscuri del cristallo. Strilla ad alta voce mentre il potere esce fuori da lui. E' un'agonia. E' una gioia. Una forza simile potrebbe spegnere la fiamma della vita che cova se non venisse temperata da Fratello Innocenza. Cerca un battito cardiaco... Sì! Respiro che frulla nei polmoni: Sì! Sì! Nella mente brilla una grande luce, una luce così pura, così sacra che Fratello Innocenza non può avvicinarla. Cellula e cristallo, neurone e virone, umano e nanomacchina, sono uno, fusi, in simbiosi e bruciano di luce.

"Fratello Innocenza..." La voce è un sospiro devastato. "Io so... Io sono..."

"Sì, figliolo," dice Fratello Innocenza. "Sì."


Arriveranno presto, pensa Fratello Innocenza mentre guarda verso l'orizzonte dove le basse nuvole invernali si raccolgono nel giallo e nel blu. Presto gli uomini della Sanità Mondiale arriveranno nei loro elicotteri che cambiano forma. Non vorrebbe che arrivassero. C'è così tanto da imparare, così tante domande da fare. Dovrebbe chiedere... la mente di Daniel è ora chiusa per lui, impenetrabile dietro la luce bruciante.

"Non so se riesco a spiegartelo in modo esatto," gli dice Daniel. "E' come il vecchio problema di cercare di spiegare il colore ad un uomo che è nato cieco. Io ho ancora questi cinque sensi, ma è come se potessero vedere in altre dimensioni che prima gli erano vietate. E' come se potessi vedere tutto, tutto in una volta, completo, intero..." Lo perde di nuovo, nonostante tutti i suoi doni d'ascolto, Fratello Innocenza è l'uomo nato cieco. A Daniel piace portare i suoi nuovi cinque sensi lungo i sentieri da capra che attraversano l'isola alla fine del mondo, per affilarli e indurirli su cose familiari prima di poterli volgere verso il mondo esterno della Peste Lucente. Insieme, lui e Fratello Innocenza, arrivano ad un Tabernacolo abbandonato, un luogo di canne ed aria tratte da cannelli sospesi da ronchi di vecchie cataste di legno infilati a terra. "Ricordi che dovevo fare quelle cose per vedere e sentire e provare? Ora non più. E' dappertutto ora, la musica, la visione. Non penso di potertelo spiegare meglio di così." Fa tintinnare le canne, ma tutto quello che producono è soltanto rumore. Il canto è terminato, la visione è scomparsa, la musica e la luce sono andate all'interno, dove Fratello Innocenza non può più percepirle.

Passeggiando lungo la spiaggia con i gabbiani della sera che si affollano sopra le loro teste, Daniel dice, "In un certo senso l'esplosione finale di coscienza è stato il rito di passaggio. Sono diventato un tutt'uno con l'universo, col tutto, dall'oscurità dentro all'oscurità esterna, l'ho toccata completamente, l'ho capita completamente. E sarei rimasto là per sempre, credo, se non fossi stato richiamato di nuovo alla vita reale. E' stato dove tutti gli altri hanno fallito, l'oscurità li ha inghiottiti, non c'era nessuno a dar loro la forza per tirarsi indietro dall'orlo. Puoi capirci qualcosa?"

"In un certo senso," dice Fratello Innocenza. Insieme camminano lungo la spiaggia, verso la valle di cristallo e le dodici tombe che sono là.

E poi, fuori, sul curruch di Fratello Innocenza, cacciando il pesce che nuota nelle acque gelide attorno all'isola alla fine del mondo, sentono un suono. Il suono dei motori del veicolo aereo che viene attraverso le acque.

"Non devi dirglielo," dice Daniel.

"Temo di sì," risponde Fratello Innocenza.

"Devo sbarazzarmi di loro? Potrei, soltanto che tu voglia che non vada."

"Potresti farlo?"

"Facile come battere gli occhi."

"E' meglio di no," dice Fratello Innocenza. Daniel sorride e affonda la mano nell'acqua gelida.

"Suppongo che sia meglio che vada con loro," Dice. "Ci sono un sacco di cose che devo fare." Fratello Innocenza sorride e si piega sui remi e assieme arrivano alla spiaggia, cavalcando l'acqua gelida, cavalcando le onde del mare.


 

Titolo originale Listen - © Ian McDonald

Traduzione Italiana Danilo Santoni

 







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