un racconto di Mario Mancini
(Senza pace)
Alle tre dei mattino di
domenica in un monolocale dei centro
storico incassato tra altri
appartamenti, unica apertura oltre alla porta una bocca
di lupo attraverso la quale e possibile
vedere, se non ci sono panni stesi
nei loro involucri plastici, alcune
stelle. Lo ionizzatore-depuratore
dell'aria avrebbe bisogno di una messa
a punto, ma Trash non ha disponibile
quello di riserva e vuole conservare
la maschera per un'eventuale uscita
finale. La soluzione più ovvia per
prendere tempo sarebbe diminuirne la
potenza, cercare di arrivare a lunedì,
chiamare un
tecnico che non voglia essere pagato subito
oppure si accontenti
di una manciata di pillole. Intanto lavorare
e non pensarci.
Colpi di tosse. Il
problema e il tempo a disposizione.
Trash ripassa la traccia
del sax, un paio di alterazioni di
troppo, le elimina ma le note in
chiave risultano banali. Le toglie.
Così e vuota. Ne rimette una, il fa.
Orribile. Cambia sistema.
Passa la traccia del sax insieme ai violini
e alla fine opta per
mantenere il fa diesis. Chirurgia musicale,
la mano tremante sul
bisturi elettronico.
Led-Telefono.
-Sì?
-Lorenza. Come va?
-Lo ionizzatore si sta
guastando...
-Avevi detto che lo
cambiavi, ti sta bene. Il pezzo?
-Mancano un paio di
tracce.
-Mandami quello che hai
fatto.
-Ma...
-Ho detto mandami quello
che hai fatto, Trash.
C'e gente
qui
che non ha tempo da perdere... Potrai
aggiungere il resto più
tardi.
-Okay.
-Bene. Ciao.
Trash toglie dal
documento la traccia dei sax e invia
il resto. Riattacca il sax e si
rimette a lavoro. L'aria e viziata e lui ha voglia
di fumare.
(Rumori)
C'e solo il vento a
muovere barattoli nei vicoli di Roma
con questo freddo. Strascicare di
passi dal piano di sopra.
Incontinenze notturne o risvegli nel colore
allucinato dell'alba. II
suo sbuffare il fumo della sigaretta e le
dita tra i pochi capelli.
Il bollitore dell'acqua per il te col
ronzio del computer, il
periodico tac dello ionizzatore guasto con la
goccia nel lavandino,
un cane randagio rauco e morente col generatore
condominiale.
Anche il chiarore del giorno in
arrivo fa rumore. Trash rimette la
cuffia. Sente di averne ancora per
poco.
(Freddo)
Vorrebbe stare sotto le
coperte, addormentarsi leggendo
una rivista col notiziario internazionale via
satellite sullo sfondo.
Invece batte i denti mentre inserisce una
scala pentatonica dalla
sottodominante in un paio di misure povere.
Richiama gli strumenti non usati.
Scorre veloce e si ferma di colpo:
flauto dolce. Niente male.
E' quasi alla fine.
Lascia le cuffie ma solo per ascoltare
il silenzio
mentre guarda per l'ultima volta il video.
Certo la bidimensionalita non rende, gli ha detto Lorenza,
ma e ugualmente una sensazione
forte.
(Video)
Potrebbe essere una
mucosa bronchiale vista al microscopio
elettronico o la ripresa dal satellite di una
zona a pioggia acida. Fatto sta che
nei toni di grigio s'insinuano lentamente
delle linee di colori vividi,
quasi insostenibili, che poi diventano
sfere di cristallo all'apparenza ma
soffici e penetrabili in realtà(?).
Una
mano ossuta ne afferra una e la schiaccia.
Esplosione.
Orde di uomini
inseguiti. Hanno facce cotte dal sole, nei primi
piani trattati e potrebbe dire "virati
seppia", da una vecchia
canzone a lui molto cara. Poi c'e tanta neve,
bianco furente che
lascia attoniti, qui dove la musica esplode
in accordi di quarta...
(Risveglio)
Grigio del famoso
canale morto. Ha dormito dieci minuti
al massimo e si sente stupido e
svuotato. Chiude tutto, baracca e
burattini. Osserva un attimo quel
disco sottile nella sua mano dalla
pelle vecchia e sottile, solcata da venuzze da alcolista: lì c'e un paio di
mesi di affitto, la riparazione dello
ionizzatore e forse alcune serate
divertenti da Madame. Poi si vedrà. E'
anche possibile che stasera incontri
qualcuno con un lavoro pronto per
lui.
Led-ambiente. Bisogna
uscire. La maschera ha un tre ore di
autonomia e i suoi trenta sacchi
residui gli consentono la speranza
giornaliera di vita in un paio di bar
prima che faccia sera.
Led-trillo-telefono. Di
nuovo Lorenza. Sì, il lavoro e
finito, ci vediamo alla festa.
(Angelus)
E' il suono di mille
organi da chiesa. II giaccone di alpaca
sbottonato, all'interno dei piccolo
chiosco bar sotto le colonne.
-Caffè corretto.
Dolce, la musica, come
la sensazione di aver finito un
lavoro e potersi lasciare cullare da
quegli accordi maestosi, traccia di
sublimi recessi mentali. Lui non
potrebbe mai arrivare a tanto.
Dolce la mattina d'inverno e l'aria pulita del
chiosco.
Intorno, attraverso i
vetri del locale, può vedere sciamare i
pellegrini, erano mesi che voleva
farlo. Gli costa un terzo del suo
budget quotidiano ma ne vale la pena. E' gente che
si affretta, corre a
raggiungere i propri simili gia
assiepati nella piazza trionfale,
pronti ad ascoltare la parola, comunicando
a gesti la
propria emozione,
Trash
intuisce gli
occhi brillanti dietro le maschere. I
diffusori sono al massimo, ognuno dei locali
del colonnato e collegato al sistema audio-video
centralizzato.
Nell'attesa musica sacra e primi piani di pellegrini. Trash sposta
lo sguardo dalla vetrina al video, ogni
tanto cattura il volto di un
corpo fisico che ha visto passare accanto a
lui, dietro il vetro.
Mancano sette minuti,
la folla e in fibrillazione, Trash
accende una Gauloise
e
si gioca altri otto sacchi per un fernet.
Entrano
due pellegrini nel chiosco, senza maschera.
Sulla sessantina, spagnoli, lei in
evidente debito d'ossigeno. Lui e scocciato di non
poter stare nella piazza, lei lo rassicura,
può stare lì da sola, vada
pure con gli altri, chissà se mai ricapiterà
un'occasione simile...
-Señor,
bisogna consumar...
Il pellegrino apre di
malavoglia il suo borsellino e tira
fuori le monete per un cappuccino.
-It's very expansive...
Trash distoglie
l'attenzione dalla coppia e guarda sul
video la ricomposizione del Papa.
Silenzio. Secoli di saggezza e ortodossia
frantumati in pixel significanti. Paga ed
esce: e il fremito dei fedeli
che lo interessa, a questo punto, e può spenderci
una
mezz'ora di autonomia dei respiratore.
La musica sfuma tutto
intorno a lui.
-Fratelli...
L'ovazione copre ogni
altro suono possibile, ogni altro senso.
Cominciano ad arrivargli parole amplificate, quelle che
superano la muraglia sonora dei fedeli,
mentre lo sguardo a
faticasi separa dall'immagine tridimensionale del
papa defunto:
-Le tribolazioni dei
popoli a noi così vicini...
Per cercare significati
nei volti dei pellegrini, rapiti
nell'estasi senza maschera. Invocano
nomi, il papa buono appare col suo
sorriso semplice.
Trash comprende la sua mancanza
e si toglie
il respiratore. Una donna lo guarda tossire,
annuendo.
-Pace... Buona
volontà...
Trash ha il cuore gonfio.
Qualcuno lo prende per mano.
Trash piange. Non sente più parole,
soltanto la maestosa
pienezza della folla. La sua follia. Scappa via.
(1970)
Per molto tempo fu uno
dei suoi giochi prediletti. "Cosa
faro fra due anni?" "Tre anni fa
avrei mai pensato di trovarmi qui a
fare questo?" Pensare il futuro.
Comincio a scrivere bigliettini con
le sue previsioni e a nasconderli in
libri che regolarmente perdeva
o dimenticava. O magari saltavano fuori nel
momento sbagliato. Insomma non
riusciva comunque a fare i conti con le sue
aspettative.
Quella spiaggia però
continuava a ricordarla, a ricordare la
sua fantasia di una vecchiaia in un capanno sul mare con un pianoforte a
mezza coda nero opaco. II mare limpido e la sabbia bianca.
Poi il futuro era
arrivato sul serio.
(Strade)
La musica della strada
non bada alla melodia. Sono complicate strutture armoniche a reggere
l'immensa sinfonia, non necessariamente
stonate tra foro, ad ascoltarle con attenzione.
Si scoprono intervalli regolari, clacson in tonica e rombi in
sopradominante, fateci caso. E settime blues
di qualche skateboard ad iniezione.
Trash barcolla nelle
ultime centinaia di metri che lo separano
dal locale dove ha intenzione di pranzare con la sua tessera di
musicista. Se ha fortuna potrà anche avere
una ricarica parziale dei filtri. E' uno straccio di cazzo di vita, la sua, si
dice. Questo marciapiede é invecchiato insieme a lui, potrebbe riconoscere le
sue impronte nella polvere e gli schizzi di pozzanghere sui suoi
stivali. Contro quel palo ruppe la sua prima
tastiera.
(Jingle pub)
-Due crostini al
sedici!
Non c'e più rispetto,
questo é il problema. Le casse mandano
un suo lavoro di tre mesi fa e nessuno che gli dica ciao. Di
buono c'e che sono del tutto assenti quei
terribili schermi. Sistemato a un
tavolino singolo, ha davanti a sé una zuppa di tutto, fumante e odorosa. Non si
é mai chiesto cosa ci sia nella zuppa di tutto, é soltanto il piatto per i
clienti a tessera. Ascolta.
-Avevo un gran voglia
di rompergli la faccia a quel porco!
-Perché non l'hai fatto
allora?
-Gia...
(incomprensibile) Quel vecchio...
(incomprensibile) Trash distoglie lo
sguardo, torna a fissare la zuppa. Il guaio
é che non c'e rispetto.
(Maschere)
All'inizio furono gli
occhiali da sole, Trash
ricorda che ne
aveva da giorno, da notte e da concerto. Considerato che gia le
parole dicevano poco, tolti pure gli sguardi
l'espressione resto affidata per lo più ai vestiti, all'acconciatura e al
modo di camminare. Ci si riconosceva e questo
gia bastava. Fin che gli occhiali da
sole furono indispensabili per la maggior parte delle
persone per difendersi da qualsiasi fonte di
luce naturale o artificiale. A parte
pochi originali gli altri si adeguarono. E alcuni
ci fecero un sacco di soldi.
Le emissioni nelle città
imposero le mascherine. E gli stilisti
imposero i loro modelli e le compagnie i
loro prezzi. Multicolori,
leggerissime, al carbonio attivo o alla clorofilla, segnarono un
altro punto a vantaggio della comunicazione,
erano un altro elemento di riconoscimento.
E intanto il rumore era
sempre più feroce. I musicisti per primi
cominciarono ad usare i paraorecchie, le cuffiette di silenzio. La
maschera era pronta, bisognava solo assemblarla.
E ai giovani piace
questo fatto di schizzare veloci con la loro brava casco-maschera, si sentono
parte di questa mutazione. Il loro
presente coincide col futuro di Trash
molto più di quanto non fosse
accaduto per le precedenti generazioni. Accelerazione
esponenziale.
Comunque lui resta
affezionato a questo suo vecchio modello e con la mezza carica rimediata nel
locale é ormai sicuro che arriverà ai confini della città e quindi alla festa.
(Top sequencer)
Quando é stato, una
quindicina di anni fa? Forse più. Hai
voglia a dire: "Qualsiasi strumento o mezzo
tecnologico può essere usato bene o male, dipende dall'operatore, dall'artista
che c'e dietro..."
Trash aveva lasciato gia il suo ultimo gruppo, anche perché si era davvero
stancato dei tours
e di quel genere di stronzate come l'energia
che si libera nei concerti dal vivo. Dal vivo? Tre o quattro operatori-musicisti
impasticcati sommersi da macchinari,
il tutto sovrastato da luci e
immagini prepotenti. Multimedialità.
In realta, aveva deciso, la musica può
resistere soltanto come esperienza individuale, almeno intima se non mistica. E,
visto che un nome ce l'aveva, si era messo a comporre e produrre
musica d'accompagnamento: in beata solitudine
creava suoni che altri avrebbero fruito nelle medesime condizioni: musica per
ambiente privato, colonne sonore per
video, musica da passeggio.
E proprio allora uscì il
top sequencer. Non serviva neanche un cesso di tastiera perché avevi a
disposizione la possibilità di
combinare i suoni di un'orchestra o di un quartetto di sax o di venti
chitarre elettriche, se volevi. La mattina
fischiettavi una cosa e, se ti
piaceva, registravi il fischio e mentre facevi colazione il top
sequencer ti sfornava l'arrangiamento
selezionato. I prezzi competitivi
misero in ginocchio i produttori di strumenti tradizionali e poi, col tempo, la
gente si accorse che con quell'aggeggio a
disposizione non aveva più bisogno di
acquistare musica da altri. I
musicisti erano fottuti.
(Mare)
II treno rallenta nei
pressi del porto. Protette da reticolati ad alta tensione, le banchine
automatiche caricano sui porta-containers i
rifiuti tossici per i paesi dell'est. L'acciaio scintilla
nella luce funebre del tramonto, fulgido
portatore di benessere per popoli
lontani, che potranno così abbeverarsi alla fonte dei
consumi.
Trash comincia ad
essere contento di essere vecchio e il
mare sembra essere d'accordo. Con le ultime
lire ha comprato una fiaschetta di vodka coreana sotto i quaranta gradi, vede
che nello scompartimento la gente comincia a togliersi le maschere.
Il treno accelera e anche
lui
si libera e beve l'alcol. Una coppia
di ragazze per bene siede su un sedile lì
vicino. Si accorge che distolgono lo
sguardo da lui, schifate. Essere vecchio significa
fregarsene, non desiderare di piacere. La vita é un rotolo di
nastro adesivo: il suo sta per arrivare al
cartoncino e
non attacca
più tanto bene.
Le rotaie corrono lungo
la costa in modo oltraggioso, ma il mare mantiene la calma, abituato a ben altri
oltraggi. Insistentemente una frase
musicale ritorna nei circuiti neuronali di Trash,
senza che lui riesca a capire se si tratta
di qualcosa di nuovo o di un pezzo gia
sentito o gia composto. Del resto quale importanza può avere? Velocemente prende nota di quelle otto
battute sul suo vecchio quadernetto di carta
pentagrammata che apre solo per
scrivere e mai per rileggersi. La data sulla
prima pagina é di più di vent'anni fa.
Il mare si confonde col
cielo ed é tutto quello di cui Trash
ha
ora bisogno.
(Tranquillità)
Alla stazione di arrivo
lo aspetta Lorenza con un vestito
nuovo per lui. II microclima dei villaggio permette ai turisti bagni
in piscina e partite a golf. In una stanza
d'albergo Trash
si fa un
bagno, si rade e si cambia. Lorenza gli fa
portare uno snack in camera. Gli
sorride mentre mangia.
-Hai fatto un ottimo
lavoro- la sua voce di giovane donna
carezza le sue orecchie come un'aringa il suo palato. -Mentre ti
lavavi ho sentito la versione definitiva,
davvero bravo.
-Per quello che
serve...
-Non dire così, non si
può mai sapere. Tieni, questo é l'assegno.
Trash controlla la
cifra. Lorenza ha sempre quel sorriso un
po' diverso.
-Ma é molto di più di
quello che mi avevi detto... Cos'e
successo?
-Non lo so, vecchio...
-anche la sua voce ride. -Devi avere qualche ammiratore segreto. lo adesso me ne
devo andare, ho delle installazioni
da curare a Dresda. Qui é tutto pagato.
-Pensi che mi
cambieranno l'assegno al bureau?
-Certo. Ma non bere
troppo. Verrà una macchina tra un'ora
per portarti alla festa.
Un piccolo bacio.
-Ciao bambina.
-Ciao papà.
(Cancelli e porte)
La limousine scivola sull'asfalto con la grazia di un felino e Trash si
liscia il vestito nuovo, controlla il denaro nella tasca, accarezza il
dischetto. E' una sensazione strana sentirsi importante per una volta ancora.
Tutto quello che sa é il nome della compagnia che ha commissionato
l'installazione a Lorenza con l'invito a servirsi proprio di suo padre per la
musica. La firma sull'assegno era qualcosa come Ross
o Strass o insomma non
si ricorda gia più.
DATA-LEAN.
II cancello si apre e il viale alberato é
così bello.
-Potrebbe rallentare per
favore?- azzarda.
Docile, l'automobile
rallenta, quasi a passo d'uomo. Trash
abbassa il finestrino e respira. Respira,
stordito. Avrebbe lavorato anche solo
per questo, era convinto che non ne esistessero più di posti così. Almeno per
lui, naturalmente.
La villa e illuminata
debolmente, non sembra ci sia una festa.
Un altro cancello si apre sullo spiazzo rinfrescato da una fontana,
l'auto si ferma e l'autista apre la
portiera a Trash,
lo accompagna per stanze e corridoi deserti,
fino a un piccolo studio dove lo
attende un giovane uomo, in tunica verde e a piedi nudi. Un
classico manager.
-Sono l'amministratore delegato della Data-Clean,
signor
Trash.
-Lietissimo...- si
sente subito in imbarazzo quando lo chiamano
signore. Al limite Maestro...
-II Presidente mi ha
incaricato di condurla alla festa. -Bene. Dov'e?
-A circa duo ore di
volo da qui, signore. In un'isola artificiale
a largo delle Azzorre. Se vuole favorirmi il dischetto con l'opera
completa provvederò ad inviarla subito all'isola.
(Cielo)
Trash dorme sul jet
della compagnia. Sulle prime e rimasto
sconcertato, poi si e emozionato come un
bambino perché e tantissimo tempo che non sale più in quota. Ma alla fine, come
gli capitava quando volava cinque giorni a
settimana, si e addormentato mentre il
pilota inclinava l'apparecchio per meglio
consentirgli la visuale sulle luci di Barcellona.
Smettere di volare fu
una delle cose che gli dispiacque di più quando capì che il suo lavoro non
sarebbe stato più lo stesso e soprattutto che non sarebbe stato più così ben
retribuito. Salire su di un aereo, addormentarsi e ritrovarsi di colpo in
un'altra città, in un altro paese, era
questo un lato davvero eccitante del
mestiere.
Pero non si butto giu
più di tanto. Non fece come i tanti che
diventarono programmisti por le industrie di musica automatica o
cambiarono del tutto attività. Ripeteva agli amici la vecchia
frase di Chet
Baker: "lo so suonare e
cantare, e soltanto questo posso
fare". Ma all'inizio fu durissima, in poco tempo i risparmi
finirono, sua moglie lo lascio e si porto
via Lorenza. Ma dopo qualche anno passato nei
clubs di nostalgici dei suono,
anche il grande pubblico comincio ad accorgersi che mancava qualcosa
nella musica del top sequencer, o più
probabilmente c'erano da trovare
nuovi sbocchi al mercato (che poi e lo stesso). Insomma,
magari sotto forme diverse, questo e vero, ma
si ricomincio a fare musica sul
serio.
Ed ora eccolo qui,
sdraiato in un jet a seimila metri, quando il pilota inizia la discesa e nei
suoi sogni c'e un nuovo inizio, in
questo cielo sereno, come quando scrivevamo ancora poesie.
(Isola)
Dall'anello esterno
estrude una lunga striscia sottile, la pista
d'atterraggio. Una barca a vela porta il passeggero attraverso la prima
laguna verso il centro dell'isola, brillante di luci e colori.
L'anello interno e un orto botanico che
nasconde bungalows discreti per
residenti e visitatori. Con una piccola imbarcazione a pedali
Trash
si avvia da solo verso l'installazione
progettata dallo studio di Lorenza. Tutto quello che aveva visto nel suo
monitor domestico non ha in effetti niente a
che fare con la sontuosa opera che
comincia ad aprirsi ai suoi occhi. E la sua
musica ne e il magico velo sonoro.
Trash e concentrato sul
suo respiro mentre cammina all'interno di questo tempio pagano, tra gente in
eleganti tenute da spiaggia da sera.
Prende un cocktail da un vassoio ai piedi di una
montagna innovata che si trasforma nel volto di Greta Garbo. Uomini
primitivi attraversano il suo corpo, un fungo nucleare si innalza insieme a un
coro di voci bianche. Pietre, architetture,
abissi. E la sua musica e lì. Riconosce la conclusione del
secondo movimento e l'installazione
interrompe il suo flusso, si
cristallizza in una marea umana. Ora si muove soltanto chi e
dotato di vita propria, saranno un centinaio di persone perse
nella folla del tempo.
-Amici. Benvenuti.
Un applauso sobrio
saluta l'anziano uomo in tenuta da
spiaggia da sera blu dei capitani d'industria. Ci vuole qualche
secondo ma poi
Trash lo riconosco. E' proprio
il vecchio Mister
Clean.
-Ho voluto questa festa
per poter salutare i miei amici. D'ora
in poi questo luogo sarà la mia casa e non avremo molte
occasioni per rivederci tutti insieme. Come
sapete ho fatto molti soldi nella mia
vita, ho dato occasioni e dispiaceri ai membri della
mia specie animale, ma so di aver messo
sempre tutto me stesso nel mio
lavoro. Questo e un principio generale che ha
informato la mia esistenza. Ora siamo alla
fine della storia e metterò tutto me
stesso anche in questo. Vi ringrazio tutti e
soprattutto ringrazio una persona che ha
contribuito in modo decisivo, pur se inconsapevolmente, a questo mio progetto.
Un applauso, prego, a un vero artista. All'autore della musica che
accompagnerà i miei giorni futuri. Signore e
signori, Mister Trash!
Trash ringrazia, stringe
mani, cammina verso il suo vecchio
collega, amico, nemico, rivale.
-Bello scherzetto...
-La musica e splendida.
Grazie Trash.
-Non vedo Anna...
-La vedrai...
(Mister Clean e Mister
Trash)
II locale e pieno di
fumo
Saranno le tre, tiriamo
avanti ancora un po'
Le mani sudate scivolano
sulle corde
I sorrisi sudati
scivolano sulla sbornia
Ma Anna sta sempre lì
Ogni tanto fa uno
schizzo sul suo album
Quando sarete famosi vi
faro le copertine
Per ora sbadiglia e ci
manda un bacetto
Per ora sbadiglia e
disegna
(Finale)
Molti invitati sono
partiti, altri dormono nei bungalow.
Nella
semplice, forse monastica dimora, al confine
dell'installazione, due anziani
uomini si riparlano. Non molto distante da loro, su una sedia a rotelle, Anna
muove ogni tanto la mano davanti a sé, su un inesistente cavalletto. Capelli
corti bianchi intorno al suo viso
ancora bellissimo, i suoi occhi vuoti sono nella direzione del
mare piatto.
CLEAN
-
Arrabbiato?
TRASH
-
Dopo quarant'anni?... Andiamo... Sorpreso, questo sì. E anche triste.
CLEAN -
La tristezza e soltanto nostra. E' nostro il dolore. Lei
non sente assolutamente nulla. Mi sono
risolto a credere che in qualche modo e addirittura felice. Sarebbe comunque
felice a vederci parlare adesso.
TRASH
-
Che farà, dopo?
CLEAN
-
Lei non può fare nulla, amico mio. Ma e tutto sotto controllo. Vivrà qui e non
le mancheranno cure e attenzione. Per
lei non cambierà nulla.
TRASH
- ...
No, non credo di potermi permettere piagnistei.
Abbiamo vissuto da padroni del mondo, le nostre scelte le
abbiamo fatte e non le abbiamo mai
rimpiante. Non avrei mai potuto
vivere come hai vissuto tu.
TRASH
- Contraccambio.
CLEAN
-
Lo so, vecchio mio, lo so.
Colui che si faceva chiamare Mister Clean
preme un paio di tasti
del suo telecomando.
CLEAN
-
Ho un regalo per te. Mi sono ricordato di una cosa.
La piccola spiaggetta di
fronte alla casa si illumina
gradatamente di una luce lieve, riflessa dal candore della sabbia. Ma non brilla
il nero opaco dei pianoforte a mezza coda. Trash
si accomoda il sedile, apre il suo quadernetto sul leggio, guarda
il mare, si stira le dita. Respira e
appoggia il primo accordo.
Clean crede di scorgere
un piccolo sorriso sulle labbra di
Anna, o
vuole vederlo: entrambi sapevano gia che sarebbe stato
un Sol minore settima.
Pagina dopo pagina,
Trash
scorre la sua vita su carta
pentagrammata, respira il suono acustico
insieme alla salsedine, vive questo
presente che e il futuro dei suo passato.
Potrebbe star qui a
suonare sempre. Potrebbe all'alba
morire. Potrebbe tornarsene a Roma.