Genetic Moonshine
Data: Martedì 19 ottobre 2004
Argomento: Narrativa


Un racconto di Jim Cowan

Genetic Moonshine


La suoneria del telefono era un aspro sferragliare elettronico. Intorpidito dal sonno l'ispettore Scopes, classe 2214 della Polizia Pasteur, si voltò nel buio e bofonchiò: "Scopes, pronto?"

"Mi spiace svegliarla," Anche alle quattro di mattina la voce del commissario Bolt era disinvolta ed educata. "Abbiamo un problema da Prima Legge, Scopes. Due sospettati e il solito armamentario: uso illegale di geni alieni, ingegneria contraria del genoma umano. Ma la loro giustificazione è abbastanza originale: miglioramento creativo, per quello che possa significare."

"Hu, huh." Ma che cavolo l'aveva svegliato a fare Bolt? Non era niente altro che il solito progetto strampalato di migliorare l'umanità, un altro giochetto che poteva aspettare fino all'alba.

"Scopes, queste persone sono degli esperti. Sono transbiologi che lavorano per la General Genes su un pianeta che si chiama Meadow."

"Meadow. E' un Biomondo," fece Scopes, espirando lentamente quasi volesse far volar via microbi alieni dalle proprie labbra che procuravano febbre etica, tremori da squassare le ossa, flemmi verdi che soffocavano e vomito sanguinolento, tutti germi che sui Biomondi uccidevano una persona in poche ore.

"L'aggiornerò nel mio ufficio. Venga subito. E prepari qualche abito. La mando su Meadow." Bolt riappese.

Scopes scese faticosamente dal letto a una piazza e si diresse a passi felpati verso il bagno. Era la paura a procurargli la nausea? O era il disgusto? Davanti al lavandino, cercando di mettere a fuoco il proprio viso, non poteva certo dirlo. Studiò il riflesso del proprio corpo ossuto, dei suoi capelli color sabbia, i delicati lineamenti celti e alla fine osservò la guancia sinistra. Era raggrinzita per via di una vecchia ferita da battaglia che non voleva scomparire. Inesorabilmente strofinò la cicatrice con un movimento lento anche se era un'abitudine che non gli piaceva. La barba di un giorno gli raspò sotto le dita. Stamattina non si sarebbe rasato. Il non radersi era una vecchia superstizione alla PP prima di un lavoro da Sezione Sei, e di certo questo lo sarebbe stato.

In fondo al ripostiglio trovò l'ultima camicia pulita. Stava armeggiando con i bottoni quando scorse il vecchio berretto bianco da cadetto, impolverato e dimenticato sullo scaffale. Quanti anni? Quindici? Prese il berretto con la punta delle dita e soffiò via la polvere. Il distintivo con le PP d'argento era tutto macchiato: Salvare per Sterilus: Salvezza attraverso Sterilità. Ributtò il berretto sullo scaffale. Solo la morte poteva liberarlo dal suo giuramento.

Il corridoio era buio. Fece rotolare la bicicletta arrugginita nel vicolo e strizzò gli occhi contro i mulinelli di rifiuti che volteggiavano cogli interminabili venti di Coriolis di Hermes. Le strade dell'isola abitativa curvavano sei chilometri sopra la sua testa, una coperta di oscurità trapunta da piccole luci. Scopes pedalò ostinatamente controvento e la sua figura curva e solitaria passo lentamente attraverso le pozze gialle di luce sotto i lampioni di città. Stava spuntando l'alba artificiale di Hermes quando arrivò al quartier generale della Polizia Pasteur.

L'ufficio a mansarda di Bolt era un guscio tranquillo di legno scuso e finta pelle increspata. Delle portefinestre si affacciavano su un brillante giardino sul tetto, arredato con sedie in ferro battuto e un bel tavolo bianco. Il Commissario, alto magro e curvo era nell'ombra di fronte al tavolo da lavoro spronando un insetto robotico posato sul cristallo della scrivania. Quando raccolse lo scarabeo in metallo, ai suoi polsi brillarono dei gemelli d'oro. Una volta aveva detto a Scopes che erano fatti con delle krugerrand. Monete d'oro da un vecchio paese che ammirava.

"Ah, Scopes, felice di vederla così presto. Non c'è stato tempo per radersi, vedo. Molto bene."

Bolt mosse un braccio in segno di invito e disse: "Andiamo fuori, è una mattina magnifica."

Passeggiarono uno accanto all'altro nel giardino della soffitta, calpestando il ghiaione. Bolt s'abbassò e posò su un'aiuola lo scarabeo. Il piccolo robot scappò precipitosamente a nascondersi.

"Sa che quel modello può scovare singoli mammiferi solo dall'odore?"

"Si," rispose Scopes. Aveva lavorato su molti Biomondi, gli scarabei erano essenziali per l'esplorazione di quelle biosfere ostili.

"A casa, tutto a posto, vero?"

"Sì, abbastanza bene, grazie," rispose Scopes pensando al letto singolo sfatto che lo avrebbe accolto al suo ritorno. La sua solitudine lo fece guardare in su, alla linea della città che si curvava, sei chilometri sopra la testa, in cerca del piccolo spruzzo di verde che era l'Accademia Pasteur. Su quei prati levigati, 15 anni fa, lui e Blu e gli altri del corso, spalle indietro e testa in alto, avevano giurato di difendere le Leggi sui Geni Umani e, una volta posti in libertà, avevano festeggiato rumorosamente e buttato per aria i berretti bianchi.

Bolt trascinò due sedie fino al tavolino bianco. Scopes si sedette. Nel giardino di Bolt c'erano viole e rose, madreselva e belladonna, che provenivano dalle banche-geni della vecchia Terra. Ma queste piante fiorivano tutto l'anno, fioriture eterne e forti fragranze realizzate con geni alieni selezionati da piante di un centinaio di Biomondi. Scopes respirò profondamente, gustando l'odore fantastico. Questa era transbiologia al suo meglio.

Bolt passeggiava avanti e indietro. "Che cosa sa di un uomo chiamato Foster? Un transbiologo, un nero, mi è stato detto che da giovane ha fatto un buon lavoro."

Scopes si stese impazientemente. "Foster ha scoperto i geni fissa-ozono in piante aliene rare che fissava l'azoto libero nell'atmosfera. Ha aggiunto questi geni a piante provenienti dalla Terra e ha inventato la moderna idrocoltura. E' per questo che si mangia così bene nelle isole abitative."

"Oh, sì. Mi sembra di ricordare qualcosa dell'azoto. Lei ha una memoria ottima per quanto riguarda questi dettagli scientifici, Scopes, quasi la invidio. E' proprio una fortuna che lei sia l'uomo sul campo e io il burocrate."

"Foster lavorava su Lumena quando c'ero anch'io, ma non l'ho incontrato mai."

"Siete stato assegnato su Lumena? L'avevo dimenticato."

"In segreto. Ho insegnato Bio-legge per due semestri. E' stata una perdita di tempo."

"Bene, Foster ha infranto le Leggi Geniche. Dice che sta cercando di rendere la mente umana più inventiva, più creativa con un gene alieno che crea la codificazione per nuovi percorsi nel cervello." Bolt scosse la testa. "E' una chiara violazione della Prima Legge. Lei lo sa, Scopes, non ho mai creduto a quella gente di Lumena col loro governo organico. Scemenze! Tutta l'isola abitativa mancava di disciplina, autorità, struttura. Ma le cose sono andate per il meglio. Dopo quello che le hanno fatto dovrebbe essere d'accordo." Bolt stava guardando la cicatrice di Scopes e Scopes sentì la propria guancia che avvampava com'era avvampata dieci anni prima quando il laser gli aveva bruciato il viso.

Questo era dieci anni prima, fuori Lumena, L'Isola della Luce. Due milioni di persone che nel giro di una settimana avevano sanguinato fino a morire. La storia ufficiale era che l'incuria e la scarsa tecnica avevano lasciato passare un'epidemia aliena da un Biomondo. Ma c'erano altre voci. Bolt aveva mandato centinaia di PP. Come sempre Scopes e Blu lavoravano nello stesso gruppo. Bolt aveva detto che il loro compito era un affare di quarantena e di risanamento igienico. Qualche mese dopo l'aveva definito un successo.

Bolt si volse e attraverso la nebbia mattutina guardò alle spire distanti di Hermes. Scopes toccò appena la sua cicatrice poi con uno scatto strinse le mani alle ginocchia e si sforzò di riportare il pensiero sul crimine di Foster. "La creatività maggiorata sembra un'idea intrigante. Forse Foster sta cercando di modificare la sua mente?"

"E' uno scenario faustiano, Scopes, ma temo non sia corretto. Foster non sta armeggiando con se stesso. Ha alterato i circuiti neurali dell'altro transbiologo di Meadow, una ragazza di nome Maria Mataya."

Maria Mataya. Trovò istantaneamente il suo viso nel cimitero della sua memoria: zigomi alti e occhi come pozze marroni luminose al di là del tavolo durante le conversazioni profonde ai bar del campus di Lumena. Ma quella Maria era stata una dei due milioni; Bolt stava di sicuro parlando di qualcun altro.

Un tramestio tra i fiori lo fece girare alle spalle. Lo scarabeo di Bolt correva attraverso la ghiaia, afferrando un topo che si dibatteva debolmente tra le tenaglie. Bolt estrasse dalla tasca un telecomando e premette un bottone. Lo scarabeo strinse la presa. Ci fu un suoni spiaccicato e crepitante. Dalle orbite del topo schizzarono fuori sangue e cervella.

"Strabiliante," disse Bolt, ma Scopes s'era girato, arrabbiato e disgustato.

Lo scarabeo seppellì con cura il topo tra la pacciamatura. Bolt raccolse l'insetto meccanico e rimosse il modulo della memoria. "Non potrebbe essere più accorto," disse. Scopes lo seguì all'interno.

Bolt raccolse dei documenti dalla scrivania. Guardò a Scopes. "Ho una colazione di lavoro alla General Genes su quest'affare di Meadow. Un drone-mercantile parte alle dieci per Meadow. Viaggiando col carico sarà là per stanotte. In nottata la seguirò anch'io."

Scopes annuì in modo cupo. "Sezione Sei?"

Bolt gli porse un data-disk etichettato col logo della General Genes: doppia G e doppia elica, rossa e bianca. Sotto, Bolt vi aveva scritto Dati Personali: Foster & Mataya.

"Sì, Sezione Sei. Foster è un criminale e Mataya ha un genoma contaminato. Non c'è altra strada."

Mentre Scopes scendeva con l'ascensore verso la metropolitana, pensò al topo e si chiese se Bolt era nato così o se aveva passato troppo tempo alla Polizia Pasteur. Eppure Bolt aveva ragione. Salvare per Sterilus. Non c'era altra strada. L'Homo Sapiens era la specie di maggior successo nell'universo conosciuto e i tentativi di miglioramento erano andati a male. Le Leggi dei Geni bloccavano i transbiologhi come Foster dal fare macelli col genoma umano. La Polizia difendeva le Leggi operando attraverso l'autorità di un codicillo segreto: Sezione Sei, Esecuzione Sommaria.

Dopo l'Accademia il suo secondo caso era stato una Sezione Sei, due studenti bocciati e il loro patetico laboratorio nero. Fu allora che iniziò a vedere il lavoro di polizia per quello che realmente era: brutale e disgustoso. Avrebbe dovuto lasciare anni prima, ma aveva fatto un giuramento e poi se avesse abbandonato la Polizia di certo non sarebbe più riuscito a trovare un lavoro.

La metropolitana puzzava d'urina e il pavimento sotto i piedi era appiccicoso, se si stesse camminando sul velcro. In fondo al marciapiede, nascosto dalla folla inerte di operai con la tuta della GG, qualcuno stava suonando un sassofono.

Scopes si fece strada in modo scontroso verso la musica. Un ragazzo stracciato stava soffiando con lena nel sax mentre un uomo emaciato con una maglietta bianca lo controllava. L'uomo annuiva, sorrideva e a volte aggrottava le ciglia al ragazzo. L'uomo stava là spesso. Scopes lo conosceva bene. Si chiamava Blumenthal. Quando erano tutti e due degli sconosciuti, Scopes per scherzare lo aveva chiamato Capitan Blu. Blu veniva da Lumena, era un po' più anziano e aveva moglie e un figlio. Capitan Blu. Il nome l'aveva imbarazzato. Scopes ripensò ai berretti bianchi buttati per aria, come un gruppo di colombe che s'alzano in volo, e a come caddero velocemente quei berretti per rimanere sparsi nella polvere.

Il ragazzo finì e la gente gettò una manciata di monetine. Blu si piegò per bisbigliare qualcosa all'orecchio del ragazzo che lo fece sorridere, prese il sax e suonò una strofa o due, mostrandogli come venivano meglio. Scopes osservò tranquillo, augurandosi che fosse il padre.

Poi Blu lo vide e iniziò a suonare. La musica cristallina si fece strada attraverso l'aria cupa della metropolitana e salì come un uccello verso il soffitto a volta, una celebrazione gloriosa della vita. La folla dai visi grigi si fece istantaneamente silenziosa, attenta come se venisse offerta una speranza. Il ragazzo stracciato rimase incantato. Scopes sorrise per Blu aveva scelto bene: un piccolo scherzo scritto da Bach per sdegno una domenica mattina allorché la figlia prediletta gli era morta di scarlattina.

Due minuti ed era finito. Blu ignorò la pioggia di denaro. Fissò Scopes e fece un gesto lento. Era un movimento enigmatico, parte accenno, parte saluto.

Sì, Blu si era comportato bene. Alla fine aveva fatto il suo dovere, anche quando gli avevano chiesto di fare la cosa peggiore che uno potesse fare. Poi aveva lasciato e se ne era andato a testa alta e a spalle indietro e aveva scelto un modo differente per vivere.

Scopes prese il treno per il molo spaziale su a nord, fissando la propria immagine sul vetro del finestrino. Forse sarebbe riuscito a far sì che fosse l'ultima missione. Avrebbe fatto il lavoro che aveva giurato di fare, non importava cosa lo aspettava su Meadow, ma questa sarebbe stata l'ultima volta. Di ritorno a casa avrebbe smesso. In qualche modo sarebbe vissuto.

A bordo del mercantile portò la propria attrezzatura nella stiva del cargo e appese una branda a caduta libera agli anelli d'ancoraggio. Dormì attraverso l'iperspazio. Quando il mercantile decelerò nell'orbita di Meadow la branda andò a sbattere contro una paratia e si svegliò, era fresco e calmo.

Salì sul ponte. Il mercantile attraccava con uno shuttle orbitale. Sulle ali e sull'alettone dello shuttle il logo GG brillava nel sole alieno. Al di sotto, Meadow era un globo verde-blu striato di nuvole bianche. Tutti i Biomondi apparivano a quel modo e abbondavano di vita a base di carbonio: animali alieni, piante e microbi mortali.

Il commlink si mise a suonare. Il viso da falco di Bolt apparve sullo schermo e l'ufficio pannellato riempì lo sfondo. "Scopes, la sua missione è più importante di quanto pensassi. La General Genes le pagherà un extra per una risoluzione veloce." Disse una cifra. "Credo che sia sufficiente per ritirarsi. Buona fortuna. Sarò là stanotte tardi." Ed era già scomparso in uno scoppio di rumori statici.

Con decisione Scopes tirò fuori il data-disc dalla sacca d'equipaggiamento e lo inserì nel computer del ponte. Avrebbe affrontato subito Foster e Mataya e applicato la Sezione Sei. Con un po' di fortuna avrebbe finito coi documenti già prima che arrivasse Bolt. Digitò alcuni tasti per selezionare i dati di Mataya. Fissò lo schermo e rimase sbalordito. Stava osservando il viso familiare di lei, i suoi zigomi alti e i suoi occhi scuri, l'espressione interrogativa che lei aveva quando faceva domande durante la lezione. Scopes rimase seduto davanti allo schermo per un bel po'. Non c'era via d'uscita. Si massaggiò la cicatrice.

Un'ora dopo lo shuttle incrociò una costa con delle creste che si dirigevano verso una spiaggia appartata e una vasta savana. Ad ovest un sole fiero si abbassava su una catena di montagne innevate; nella savana un grappolo di cupole brillava nella luce morente, le ombre erano lunghe ellissi attraverso la pianura.

Dalle cupole giunse la telemetria. Un abitante: Foster. Temperatura 98.8F; conto globuli bianchi e differenziale normali..., linfociti nominali, colture ematiche tre volte negative, sonde per DNA alieni tutte negative. Bene. Così Foster non aveva infezioni aliene. Ma Maria dov'era?

Lo shuttle fece una sosta presso la cupola maggiore. Scopes si mise addosso una tuta gialla ingombrante, si abbassò l'elmetto sulla testa e assicurò i fermi. File di luci luccicarono ai confini del campo visivo. Qualche verde acceso brillava a sinistra: sigilli a pressione intatti. Spie blu e gialle lampeggiavano a destra: sistemi di sopravvivenza e riciclaggio normali.

S'incamminò nel biancore uniforme della camera di assetto dello shuttle. La porta interna si chiuse dietro di lui col tonfo aspirante della transgomma sul cromo. Le pompe tuonarono sotto il pavimento nebulizzandolo di dioxicloruro per uccidere i microbi che passeggiavano sulla sua tuta. La contaminazione dei Biomondi era sempre decisamente vietata. Le spranghe massicce della porta esterna si ritirarono, l'aria di nuovo sterile fischiò via e il portello si aprì. Scopes si incamminò nella savana pericolosa di Meadow. Camminò pesantemente attraverso l'erba che gli arrivava alla vita e che gli frusciava sulla tuta. Il cielo serale era colmo di costellazioni aliene.

All'interno della camera di assetto della cupola gli spruzzi minuti di dioxicloruro lo lavarono di nuovo. Quando le pompe si arrestarono sgusciò fuori dalla buffa cosa gialla e attese che si aprissero le porte. Molto presto avrebbe applicato la Sezione Sei su di un vecchio pazzo che un tempo era stato un genio, e avrebbe fatto la stessa cosa con una ragazza che aveva conosciuto e che aveva conosciuto e che, forse, se il suo lavoro non lo avesse storpiato, avrebbe potuto imparare ad amarla. L'odore del dioxicloruro rimase debolmente nell'aria, era un odore acre e battericida che gli faceva venire le lacrime agli occhi.

Sentì una debole musica nell'aria, come l'odore di una donna che se n'è andata. Ascoltò con attenzione, distinse una tromba che si levava al di sopra di una banda, una jazz band di New Orleans. Un ritornello di 12 battute finì e quello successivo era sottilmente diverso, meravigliosamente innovativo. Questo era il tipo di musica di Blu.

La musica si fece più forte quando si aprì la porta interna della camera di assetto. Foster lo aspettava: un nero, sottile, più basso di Scopes, con dei globi oculari gialli per l'età. I capelli sulle tempie erano bianchi e tagliati molto corti. Sulla testa c'erano delle macchie di pelle più chiara che sembravano dei continenti alieni.

"Ispettore Scopes, Polizia Pasteur." Scopes si aspettava che il terrore apparisse sul viso di Foster, ma Foster si limitò a stringergli appena la mano e dire, "Entrate, mi fa piacere che siate arrivato così velocemente."

A bocca aperta Scopes entrò nel vestibolo imbiancato di Base Meadow. "Aspettava me?"

"Be', non esattamente voi, ma qualcuno dalla Polizia sì. Avevamo chiesto un controllo scientifico. Desideriamo un esonero ufficiale dalle Leggi Geniche."

Si diressero verso i quartieri di Foster. C'era un letto ad una piazza accuratamente rifatto, un divano, alcune sedie e delle camicie pulite erano appese a un filo nel bagno. La cucina era immacolata. Era la casa di una persona autosufficiente.

Con un cenno Foster gli indicò il divano. "Che ne pensa del nostro progetto?"

"Be', non sono sicuro di aver compreso appieno il vostro lavoro," disse Scopes con cautela.

"Abbiamo fatto la scoperta definitiva: abbiamo scoperto il segreto della scoperta stessa. Abbiamo trovato un modo per rendere la mente umana più innovativa, per aiutare le persone a pensare in modi a cui prima non avevano mai creduto. Ma siamo stati attenti a non infrangere le Leggi Geniche e ci occorre una dispensa per poter andare avanti."

Foster lo osservava con attenzione, forse per giudicare la sua reazione. Scopes rimase impassibile e chiese soltanto: "Cosa volete esattamente dalla Polizia Pasteur?"

"Dobbiamo aspettare che torni Maria," disse Foster. "La storia è più sua che mia. Si trova in una stazione esterna a sud, ma torna stanotte. Ha preso l'hovercraft." Guardò l'orologio. "Circa un'ora."

Prenderli tutti e due assieme, pensò Scopes, mentendo a se stesso, pensando a Maria che guidava attraverso il mare d'erba oscuro e pericoloso di Meadow. Si starà sporgendo verso il parabrezza come il pilota di qualche bombardiere antico col riverbero degli strumenti che le illuminavano il viso.

"Whisky?" Foster gli stava chiedendo se voleva bere. Scopes annuì. Foster andò in cucina. Scopes udì i cubetti di ghiaccio che tintinnavano nei bicchieri. Foster tornò con due bevande. "Andrebbe un po' di jazz?" Chiese.

"Certo. Un mio amico all'Accademia suonava il sax."

"Ottimo. Sono stato a New Orleans sapete, dopo le maree." Aveva preso un'astronave per la Vecchia Terra, sceso lungo l'Elevatore Orbitale fino a Porto Santana, preso un volo per Denver, su nelle Rockies, e fatto un noioso viaggio in treno di quattro giorni fino a New Orleans. "Ci sono rimaste ormai solo poche persone che raspano, come galline, tra le rovine. La città vecchia è sepolto sotto tre metri di fango. Ho portato con me uno scarabeo, era programmato per scavare nel fango in cerca di lacche. Sotto il fango, in una cantina a Ursulines Street (sa, il vecchio quartiere Francese) lo scarabeo ha trovato l'oro. Centinaia di 78 giri dimenticati. Deve essere stata qualche casa di un collezionista. Erano tutti rotti, ci saranno stati migliaia di pezzi."

Aveva riportato tutti gli spicchi delle lacche e mostrò a Scopes come ne aveva fatto delle immagini digitalizzate, messo diligentemente assieme gli spicchi, riassemblando i dischi sullo schermo.

"Ora osservate," disse e un puntino rosso seguì la scanalatura nell'immagine del 78 giri. Iniziò una debole musica scricchiolante. "Questo è quello con cui ho iniziato." Aveva usato tecniche di intelligenza artificiale per rimuovere il fischio, aggiunto armoniche perse e riempito anche spicchi mancanti. "Lo sa, c'è gente che pensava che tutta questa roba fosse andata perduta per sempre nell'inondazione."

Ascoltarono seduti fianco a fianco sul divano. Scopes sorseggio il suo whisky steso all'indietro e a occhi chiusi. Si trovava a New Orleans, in un piccolo cortile con una lunetta a forma di semi ellisse e dove le pietre erano umide di pioggia. Stava con la mano sulla ringhiera di una scala curva e mentre aspettava che scendesse qualcuno guardava attraverso la carreggiata arcata del cortile coi cancelli in ferro battuto. Fuori, lungo la strada marciava una banda jazz. Una piccola folla danzava lungo le pietre bagnate. Il funerale era finito e stavano tornando tutti dal cimitero. La musica era trionfante.

"Roba buona," fece Scopes, pensando alla musica, ma Foster stava guardando il suo bicchiere vuoto e propose di prenderne un altro.

"Di sicuro," disse Scopes.

"Picchia duro."

"Lo faccio in laboratorio. Lo chiamavano moonshine, distillato alla macchia." Foster riempì i bicchieri. Maria sarebbe arrivata presto. Scopes realizzò d'essere felice-

"Nuove connessioni, è questo il segreto della creatività," disse Foster. "Il jazz è un buon esempio: melodie europee e ritmi africani complessi. Da nuove connessioni arrivano sempre nuove idee."

Scopes fece vorticare l'whisky nel bicchiere e lo sorseggiò con attenzione. "La creatività è data da nuove connessioni?"

"Certo, le connessioni che realmente contano sono quelle nel cervello umano. Quelle sono le basi fisiche per nuove idee. Parlo dei dendriti, Scopes, di quei piccoli filamenti che crescono tra i neuroni. Nuove dendriti significano nuove idee." Stava osservando attentamente Scopes. Scopes sorseggiò il suo moonshine lentamente e annuì per mostrare che aveva capito.

"Maria ed io abbiamo una proteina che stimola la crescita dei dendriti di un migliaio di volte: Dendritic Growth Factor, DGF. Abbiamo anche il gene per sintetizzarla."

"Avete trovato questa proteina su Meadow?"

"No. L'ho avuta da un amico, uno che si chiama Sour Belly, un transbiologo dissidente, se mai ce n'è stato uno. Comunque legale. Anni fa Sour Belly fece un sacco di soldi, registrò un gene. Si comprò una nave e ci installò il miglior laboratorio di bordo che abbia mai visto. Per quattro anni gironzolato per i confini dell'universo conosciuto esplorando i Biomondi al di fuori della portata della General Genes.

"Desiderava qualcosa del primo Satchmo, le registrazioni Hot Fine del 1927. Sapeva che le avevo trovate a New Orleans. Le ho scambiate per il DGF. Sono dei classici." Dopo un momento Foster aggiunse pensieroso: "Anni fa Sour Belly voleva che mi unissi a lui, mi offrì l'acquisto di una piccola parte della nave. Se fossi stato furbo avrei dovuto fare anche quello."

Scopes fece roteare l'whisky nel bicchiere e disse, "Mi piace l'idea di essere il capo di se stesso là fuori lungo la frontiera." Guardò dritto negli occhi di Foster. "Mi creda, ci sono modi peggiori per un uomo per farsi una vita."

La radio gracchiò e si sentì la voce di Maria, disturbata nella banda stretta, che diceva, "ETA in cinque minuti." Si scoprì impaziente, ansioso, affamato.

"Possiamo aspettare sul molo d'attracco," disse Foster. Scopes si sforzò di camminare adagio. La musica si dissolse dietro di loro.

Aspettarono sul ponte d'osservazione dietro una parete di vetro spesso e guardarono attraverso il molo d'attracco nella notte. Scopes si sforzò di scorgere la macchia bianca che sarebbe stato il primo avviso dell'hovercraft che tornava. Dietro di lui un interruttore si chiuse con rumore; una luce dura inondò il molo e l'ammasso di merci polverose. L'hovercraft, bianco brillante con le rosse GG sui lati, arrivò sollevando nella notte le nubi turbinose di polvere. Il veicolo virò attraverso la catasta e si appoggiò al molo prima di porsi sul bordo ondeggiante.

La porta della cabina si aprì e una figura con una tuta a pressione gialla sgraziata saltò giù sul molo e si avviò verso la camera di assetto. Nonostante la tuta Scopes la riconobbe. Camminava in modo orgoglioso, come una ballerina stanca che torna a casa dopo la lezione. Era ancora piena di grazia, piena di grazia come lo era stata da giovane con lui.

Aspettò impaziente fuori della camera di assetto fino a che le pompe mugolanti non s'azzittirono. Si aprì la porta interna e lei venne fuori e di nuovo lui vide gli zigomi alti, i capelli ancora neri e i profondi occhi marroni.

"Scopes!" gridò, ridendo per la sorpresa e forse per la gioia. "Di tutta la gente che avevano hanno mandato proprio te!" Lo abbracciò e lui si asciugò qualche lacrima dagli occhi.

"E' quel dannato dioxicloruro," disse un po' imbarazzato.

Lo strinse di nuovo e sorrise e disse a Foster: "Scopes è più sensibile di quanto creda. Lo è sempre stato."

La tenne stretta. La sua camicia di cotone blu era così soffice al tocco e lei era così bella e lui aveva giurato di ucciderla.

"Hei, Scopes, non essere così triste," gli disse tenendolo a un braccio di distanza per guardarlo meglio. "Ma che diavolo t'è successo alla guancia?"

Si toccò la cicatrice. "Non è niente, solo una ferita alla pelle," rispose. "E' accaduto sul lavoro."

"Dovresti trovarti un lavoro migliore."

In che modo crudele aveva ragione! Ma Bolt l'avrebbe uccisa comunque e così, in modo difensivo, rispose, "La PP è tutto quello che conosco. Inoltre ho fatto un giuramento, ti ricordi?"

Gli sorrise e scosse la testa. Si sforzò di pensare a qualcosa da dire per tornare all'allegria dell'incontro. Lei si girò per riprendere la borsa dell'attrezzatura.

"E allora cosa avete fatto nel laboratorio?"

"Glielo mostreremo," disse Foster e fece strada attraverso passaggi di bianco levigato verso il laboratorio di Maria. Era un caos di attrezzature, soprattutto sequenziatori del DNA e analizzatori di funzione dei geni. Scopes aveva familiarità con l'arte della transbiologia; era un confronto noioso di migliaia di coppie di base, una ricerca di somiglianze, idoneità, modi possibili di usare un gene da un mondo per modificare la funzione di un gene da un altro. Il lavoro richiedeva una conoscenza enciclopedica della biologia di molti mondi. Occorreva la testa di un maestro di scacchi per vedere combinazioni, possibilità, opportunità. Il lavoro era straordinariamente noioso. Ma al centro del laboratorio di Maria c'era un sintetizzatore musicale e quattro altoparlanti.

"Quello a che serve?" chiese indicando il sintetizzatore. "Te lo faccio vedere." Si sedette alla tastiera e lui si mise dietro di lei a guardare da sopra la spalla sentendo l'odore di fresco dei suoi capelli. Al polso aveva un braccialetto d'argento, alcune maglie pesanti, un serpente articolato che tintinnava ogni volta che inseriva un data-disk e premeva un tasto.

Una musica fischiante, profonda e lamentosa riempì il laboratorio, melodie intrecciate in una nota minore, armonie toccanti che conducevano ad un'ultima nota triste. La solitudine si diffuse nel laboratorio silenzioso e Maria rimase seduta lla tastiera, testa piegata, mani posate semplicemente in grembo. Il sistema di supporto vitale si mise a ronzare. Lei annuì a se stessa e guardò verso Scopes con la testa piegata in un angolo interrogativo. "Questa è la musica dei geni di una balena che viveva sulla Terra."

"Stupendo," disse Scopes.

"E' una scoperta di Maria," disse Foster. "DNA nella musica. L'orecchio umano è un grande strumento per il riconoscimento delle strutture, molto più dell'intelletto. Ha programmato un processore neuro-analogico per modulare l'uscita del sequenziatore del DNA con paradigmi musicali."

Lei prese un disco e lesse l'etichetta, "Neuroni umani / fase di crescita". Questa musica era un canto gregoriano: ragazzi soprano che cantavano all'unisono, in modo lento e stupendo, echi in una cattedrale immensa. "Questi siamo noi umani che pensiamo," disse. "Che creiamo nuovi dendriti, uno ad uno."

Inserì un altro disco. "DGF". Timpani puri, tamburi energici, ritmi multipli che ondeggiavano avanti e indietro, arrivando assieme e divergendo, sempre affascinanti.

Foster le allungò un ultimo disco e lei in silenzio mostrò a Scopes l'etichetta scritta a mano: Neuroni umani con aggiunta DGF. Lo inserì.

Un'onda di suono si riversò su di lui. La musica era una sommossa di armonia e ritmo, uno scoppio di rumore, una enorme fuga pulsante in otto, 16, 32 voci… perse il conto. La fuga portava verso una risoluzione armonica ma sempre modulata ad un'altra nota in una magnifica combinazione di controllo e invenzione.

Maria fermò la musica. Il braccialetto tintinnò nel silenzio. Disse, "DGF farà pensare meglio la gente, pensare in modo diverso."

Ora capiva perché Bolt e la General Genes volessero un lavoro da Sezione Sei. Maria e Foster non erano criminali genetici, erano vessilli viventi che sventolavano un'idea pericolosa. Scopes provò nel cervello un'infiltrazione fredda, umida, disperata. Non sarebbe mai riuscito a persuadere Bolt di lasciarli andare e anche se lui avesse infranto il proprio giuramento e li avesse aiutati a fuggire, la PP li avrebbe cacciati come si fa con le bestie.

"Ho sintetizzato la proteina DGF," disse Foster, "e l'ho iniettata nel sangue di Maria. Vive poco nel sangue umano, solo pochi minuti, ma a Maria è bastato per scrivere il programma che trasforma le strutture del DNA in paradigmi musicali."

"Quello che hai appena ascoltato," disse lei, "è il primo prodotto del DGF. Ho spedito a Sour Belly una copia del mio software DNA-in-musica per fargli vedere cosa avevamo fatto col gene che aveva scoperto."

"Così voi due non avete violato le Leggi Geniche?" chiese Scopes.

"No di certo," disse Maria. "Sappiamo tutto della Sezione Sei."

Scopes la ignorò. "Avete iniettato la proteina per un breve test, ma non avete inserito il gene DGF nei cromosomi?"

"Giusto," disse Foster.

"Devo inviare u rapporto su Hermes." Forse poteva convincere Bolt. "Non posso fare niente fino all'alba."

"In questo caso me ne vado a letto." Foster sbadigliò e sorrise. "E' tardi per una persona anziana." Se ne andò.

Di colpo Scopes fu totalmente cosciente di trovarsi solo con Maria nel laboratorio silenzioso, ma prima che potesse dire una sola parola lei gli si era avvicinata e gli toccava la cicatrice. "Per favore, raccontami cosa t'è successo."

"Lumena. L'epidemia emorragica nel 2219, ti ricordi, la gente che sanguinava dappertutto, si dissanguava, moriva nel giro di pochi minuti?"

Lui annuì, "Mi ricordo."

"Ero di posto su Hermes. Inviarono un reparto distaccato intero di PP, dissero che era una questione di quarantena. Io lavoravo col mio compagno, di nome faceva Blumenthal ma lo chiamavamo Capitan Blu. Avevamo un rimorchiatore di salvataggio e ci dissero di saldare i portelli. C'erano due milioni di persone dentro l'isola abitativa e noi saldammo i portelli." La guardava fissa in viso, in cerca di disgusto, ma lai era impassibile.

"Mentre eravamo al lavoro alcune persone si introdussero attraverso una piccola chiusura di manutenzione. Ricordo che uno tossì quando mi arrivò vicino e il sangue si sparpagliò per tutto l'interno della visiera. Erano disperati, cercavano di rubare la nave, cercavano di fuggire. Uno mi acchiappò col laser. La cicatrice è niente, ma un dito più vicino all'occhio…" Si strinse nelle spalle. "Blu mi stava cercando, li uccise col cannone Bofors, mi salvò la vita."

"Sei stato fortunato che fosse tuo amico." Disse.

"Eravamo assieme all'accademia. Era il mio compagno. Stava attento che non mi succedesse niente anche se là aveva la moglie e il figlio. Erano su Lumena, voglio dire." Scopes si grattò la cicatrice e la guardò come un animale in gabbia, cercando la sua riprovazione, ma lei scosse semplicemente la testa.

"Continua."

"Passammo un'altra settimana dentro quel rimorchiatore puzzolente, urlando sopra il rombo dei motori finché non riuscimmo a fermare Lumena. Per allora erano tutti morti, tutti e due i milioni. Lumena era una carcassa, una bara. La spingemmo a spirale verso il sole e tornammo a casa. Ma niente fu più come prima. Blu abbandonò il giorno stesso che tornammo su Hermes. Da allora non ha fatto più nulla, va avanti in qualche modo, fa il suonatore ambulante nella metropolitana."

"Niente è più come prima," disse lei e fece girare la sedia per lavorare al proprio terminale. Estrasse la foto di una bambina delicata coi capelli neri che stava sulla porta di una capanna di canne. All'interno, nell'ombra, c'era un piccolo televisore a colori su un tavolo di plastica economico. Dietro la capanna dei ruderi maya bianchi si alzavano al di sopra della giungla verde. "Sono io a dieci anni. Avevano appena chiamato da Lumena per dire ai miei genitori che avevo vinto una borsa di studio.

"I miei genitori vennero con me su Lumena perché ero troppo piccola. Mio padre ci trovò lavoro, il primo vero lavoro che avesse mai avuto. Vivevamo su Lumena e ci piaceva, ma in estate io tornavo nello Yucatàn per stare coi nonni. Ero là nell'estate del '19, nello Yucatàn. Ma i miei erano rimasti su Lumena, solo due persone tra le tante, quando avete sigillato le uscite."

Scopes nascose il viso nelle mani. Non poteva guardarla. Sentì che doveva piangere ma non ci riusciva. Si sentiva distrutto, incapace di sfuggire alla sua carriera infame. Alla fine sollevò lo sguardo su di lei e disse ciò che era vero. "Non lo sapevo."

"Hai fatto quello che si doveva fare. La colpa non era la tua. Quando tutto fu finito, per ricordo alla memoria dei miei genitori, giurai di fare del mio meglio per liberare la gente da questa minaccia orribile e costante dell'infezione aliena. Il DGF è la mia migliore possibilità. Ascolta."

Lei tirò fuori un altro disco. Sistema immunitario umano: modificato. Questa musica genica era simile al jazz, roca, spensierata, una marcia brillante suonata da una banda che un tempo avrebbe potuto avanzare impettita per una strada umida di New Orleans.

Lasciò che la musica suonasse per un minuto o due. "L'ho fatto con la proteina DGF nel mio sangue. Posso vedere come modificare il sistema immunitario umano, velocizzare la sua risposta, farlo improvvisare e reagire con qualsiasi cosa i Biomondi abbiano in serbo per noi." Lo guardò con fervore. "Voglio liberare la gente dalle isole abitative, voglio che la gente possa passeggiare per quei Biomondi stupendi e che il sole possa brillare sui loro visi e che il vento possa soffiare tra i loro capelli."

E di colpo lui capì cosa avrebbe fatto. "Ti aiuterò. Mi hanno mandato per applicare la Sezione Sei su di te e anche su Foster. Ma non lo farò. Infrangerò il mio giuramento."

"Scopes, lo sapevamo che t'avevano mandato per la Sezione Sei. Sapevamo che avrebbero mandato qualcuno, ma non mi aspettavo te. Ma questo non importanza. Occorre che tu faccia quello che hai giurato di fare."

"Non posso," disse. "Non posso più farlo." Seppellì il viso nelle mani quasi a nascondere la propria vergogna.

"Allora rovineresti tutto," disse lei incalzante. "Devi tener fede al tuo giuramento, devi seguire gli ordini che ti sono stati dati. Contiamo su quello. Solo così potrai rendere reali i miei sogni." Gli prese la mano. "Sono anche i tuoi sogni, Scopes. Ricordi?"

Si ricordò delle discussioni profonde nel centro studentesco e sorrise e le strinse la mano e disse: "Sì, mi ricordo. E' per questo che mi devi lasciarti salvare."
"No, Scopes. Siamo legati a giuramenti diversi. Il tuo (salvare per Sterilus) porta alla morte. Il mio porta verso la vita. Salvare per Sacrificius: Salvezza per mezzo del sacrificio."

Si allungò per toccargli di nuovo la cicatrice. "Tutti e due dobbiamo essere fedeli a noi stessi. La verità è la sola base per il futuro che vogliamo." Fece scorrere il dito lungo tutta la cicatrice e sulle sue labbra. Il tocco era così leggero che lui sentiva a malapena il calore del polpastrello. Lo baciò, sorprendendolo quando gli fece passare la lingua attraverso le labbra, lasciando che la passione di lei fluisse in lui come una potente corrente elettrica.

Più tardi, mentre le stelle aliene ruotavano lentamente sopra il suo letto, lei dormì tra le sue braccia, il respiro caldo sulla sua pelle e i capelli scuri arruffati sulla sua spalla.

Lui restò immobile, confuso e arrabbiato, ripensando alle vecchie dicerie della PP su Lumena: che l'epidemia aliena era una cosa deliberata, che la Costituzione per la Libertà di Lumena era una minaccia troppo grossa per la General Genes, che la corporazione aveva sparso deliberatamente l'isola abitativa con l'infezione aliena.

Pensò al ruolo che aveva svolto nell'assassinio dei genitori di lei, e anche della moglie e del figlio di Blu. Pensò ad Hermes, alla metropolitana che puzzava, alle folle di impiegati con le uniformi della GG e a Bolt nel suo ufficio che sminuiva in modo ignorante la genialità di Foster. Pensò alle speranze distrutte della vita di Blu, e a Maria col suo Giuramento segreto ai genitori morti e al suo discorso sul sacrificio. Alla fine si stese per baciarle gentilmente il viso addormentato. Non sapeva che altro fare.

Sulla sua testa un doppio scoppio sonico spazzò il cielo notturno. Lo shuttle si allineò e voltò nel suo approccio finale. Bolt si stirò nel sedile si sporse verso le cupole addormentate. Infilò la mano nella tasca della giacca e accarezzò amorevolmente il modulo di memoria dello scarabeo.

Bolt uscì a grandi passi dalla camera di compensazione aggiustandosi i polsini mentre ascoltava il rapporto di Scopes. Quando Scopes terminò Bolt disse: "Così questa proteina DGF migliora la crescita dendritica. Quando la proteina è stata iniettata a Mataya lei ha avuto molte nuove idee. Ora vogliono inserire il gene DGF nel suo genoma così da poter modificare il sistema immunitario umano. Così tutti vivranno felici e contenti sui Biomondi. Naturalmente mi sto soffermando solo sui punti principali."
"Sì. Lei e Foster non hanno infranto le Leggi Geniche."
"E non si applica la Sezione Sei. E' qui il punto? E' per questo che sono ancora vivi?"
"Sì. Io non l'autorità."
"Ha ragione. Lei è un buon uomo sul campo, Scopes. Lei non ha nessuna autorità riguardo alla Sezione Sei. Ma ora ci ritroviamo con un difficile problema."
Scopes sentì irrigidirsi i muscoli del viso, sentì la bocca serrarsi.
Mi lasci spiegare, Scopes. La nostra società è pura e stabile, i conflitti del passato se ne sono andati per sempre. Le politiche sono morte e governa l'economia. Viviamo in un mondo di commercio interstellare che è scorrevole, stabile e omogeneo. Perfino le nostre case nelle isole abitative sono costruite per ottimizzare la salute della nostra specie."

Questa era propaganda standard della PP. Ma la voce di Bolt andava perdendo la brillantezza acculturata. "Iper-immunità!" Sputò fuori la parola. "Cosa può significare per il futuro della nostra specie? Il suo tono s'era fatto duro e gutturale. "Significa che gli uomini potranno vivere liberamente su tutti i Biomondi e ci sono milioni di questi pianeti nella galassia. Significa che il linguaggio e la cultura umani e certamente anche la Biologia umana, divergeranno senza limiti, proprio quello che noi alla Polizia Pasteur abbiamo giurato di prevenire." Allungò il dito contro il petto di Scopes. "Controllare la biologia vuol dire controllare la società. Lei è uno strumento, Scopes, semplicemente uno strumento creato per controllare la Biologia, creato per preservare la purezza della nostra specie. Salvare per Sterilus."

Riprese fiato e disse in tono tranquillo: "Ci troviamo di fronte ad una minaccia seria e altamente insolita. Il mio lavoro, in qualità di funzionario, è di trovare una soluzione elegante ai problemi insoliti. Soluzioni legali ma efficienti. Per esempio ho portato qualche nuova attrezzatura per un test sul campo."

Un'ora dopo, all'alba, Scopes se ne stava nel fresco della camera di compensazione, l'elmetto tra le braccia, e si sporse attraverso l'oblò della porta massiccia. Fuori la vasta savana di Meadow era grigia e scura. Un branco di paracervi si era spostato nella nebbia mattutina per pascolare attorno alle cupole. Evitò il riflesso del proprio viso sfigurato e con la barba lunga.

Dietro di lui Bolt chiuse la cerniera della tuta pressurizzata dai piedi al mento con una sola tirata e sigillò il casco. I display luminosi del pannello di controllo erano riflessi sulla visiera di Bolt; i colori gli coprivano il viso come una cruda maschera di un sacerdote tribale. Bolt estrasse una ad una dalla rastrelliera in lega grigio smorto quattro pistole elettriche webley SC-4. Scopes fu contento di vedere che lasciava appeso il lanciafiamme, una taniche di metallo che scintillava tra tubi disordinati.

Foster era seduto in un angolo che ricontrollava con attenzione l'equipaggiamento. Delle perline di sudore gli coprivano lo scalpo nero come se una nebbia si fosse posata sul pavimento umido di qualche antica città fluviale. Senza dire niente prese una webley da Bolt e sigillò la tuta.

Maria era accanto alla serratura che legava indietro i capelli con un nastrino bianco. Portava la solita camicia di cotone scolorito tanto soffice al tatto. Il bottone della tasca era attaccato a un filetto bianco. Infilò una confezione di blister in tasca e ficcò dentro la pattina. Prima di sigillare la tuta tirò di nascosto un bacio a Scopes. Tirò giù la cassa dello scarabeo nero da sopra la serratura. Fecero tutti i cicli della chiusura e uscirono nella savana. I paracervi, sorpresi, si allontanarono scuotendo in modo insolente le code.

Il sole che sorgeva aveva lavato via le stelle aliene e aveva sbiancato il cielo fino a farlo diventare un blu pallidissimo, come la camicia di Maria. L'aria era immobile e gli insetti silenziosi e intorpiditi aspettavano il bianco sole di Meadow per catalizzare i loro processi chimici. Tutte le lame d'erba alte quanto la vita erano prostrate in preghiera, la testa arcuata da una pallina di rugiada e ogni goccia di rugiada era un prisma toccato dal sole. Un vento di zeffiro colpì l'erba e la vasta savana luccicò e lampeggiò, brillante, cromatica, viva. Scopes si piegò a cogliere un piccolo fiore blu tirando il gambo carnoso con la mano guantata. Voleva darlo a Maria. Lei camminava facendo dondolare la cassa dello scarabeo nero, spigliata e piena di grazia, appariva felice. Il fiore gli appassì davanti agli occhi e lo gettò nell'erba aggrovigliata.

Dopo una mezz'ora stavano salendo su una scogliera. Il sole scottava alle spalle e i paragrilli cantavano, piccoli campanelli che tintinnavano con urgenza prima di una bufera.

Scopes aveva regolato il termostato della tuta troppo alto e sudava. Poteva sentire il sudore colare sotto le ascelle e non c'era modo di fare qualcosa per il gocciolare irritante. Riprogrammò il termostato: LED blu e gialli gli lampeggiarono sulla visiera, accettando il comando.

Di fronte a lui Bolt teneva pronta la pistola, con le braccia rigide nella posizione sgraziata approvata dagli istruttori giù ad Hermes, mentre Foster e Maria se ne andavano dinoccolati con le armi slacciate ai fianchi.

Dalla cima della scogliera guardarono giù all'ampia curva del fiume. L'acqua di un marrone lucido scorreva via veloce dal loro lato mentre rallentava in mulinelli tortuosi nell'altra riva dove mammiferi e rettili bevevano fianco a fianco, fermi nell'acqua bassa, con gli uccelli posati sulle spalle. Una fitta nuvola di insetti volteggiava sopra la mandria e si spostava come fosse fumo.

La mandria si sparpagliò; un pennacchio di polvere procedette a fatica attraverso la confusione e si fermò di colpo. Un paracervo era steso di fianco che scalciava debolmente mentre una transtigre gli squarciava il ventre. Grosse formiche-avvoltoio alate scendevano a spirale dal cielo battendo l'aria con le ali chitinose iridescenti. Bolt osservò con attenzione. Scopes fece scorrere la sicura alla webley e sentì un migliaio di ampere che si riversavano nella canna. Il raggio laser brillò rosso anche nella vivida luce del sole, la ma la paratigre non ci fece attenzione mentre masticava la carcassa sanguinolenta del cervo.

"Faremo qui il test," disse Bolt.

Maria aprì la cassa che portava e estrasse lo scarabeo. Accese la piccola macchina che si mise a ronzare e per un po' dimenò le zampette. Tenendolo come un bambino tiene una tartaruga lei si diresse verso il limite della scogliera. La tuta a pressione non poteva nascondere la schiena diritta o la curva dei fianchi, aveva ancora la grazia di una ballerina stanca.

Posò lo scarabeo. Attraverso il fiume la transtigre sollevò la testa insanguinata e guardò verso di lei. Scopes afferrò la pistola.

Maria girò le spalle allo scarabeo e tornò indietro. L'andatura era disinvolta e spensierata. Scopes udì un ronzio e il graffiare di zampe di metallo, vide il sorriso di Maria mutarsi in terrore. Corse verso di lui urlando. "Toglimelo dalla schiena!"

Si arrestò e si voltò. Lo scarabeo aveva tagliato la tuta da cima a fondo. I lembi del protocotone della tuta sventolavano nella brezza. Lo scarabeo si staccò dalla schiena di Maria e scappò.

Come un antico congegno ad orologeria che si mette in moto traballando, Foster sollevò la webley e fece saltare con un solo colpo lo scarabeo colpevole. Scopes corse verso Maria e la prese tra le braccia. La macchiolina rosso vivo di un mirino laser gli lampeggiò attraverso la tuta, un avvertimento di Bolt. Scopes si volse sempre sorreggendola e vide Bolt che disarmava Foster.

Bolt disse: "Foster! La manutenzione dello scarabeo, i test… di chi era il compito?"

"Mio." Disse Foster.

"Abbiamo avuta una disfunzione fatale dello scarabeo. L'accuso di negligenza colposa. E' un peccato che abbia distrutto le prove, non potrete difendervi davanti ai giudici. Metto i sigilli al vostro laboratorio. Siete consegnato nei vostri quartieri. Domani vi condurrò su Hermes per gli interrogatori."

"Brucerete all'inferno," disse Foster.

Maria si sfilò il casco ormai inutile, tirò il nastrino bianco dei capelli e li fece ondeggiare liberi nell'aria. "Siete una feccia," disse rivolta a Bolt. "Una feccia che ha ammazzato i miei su Lumena, una feccia che se potesse ucciderebbe tutto ciò che è umano. Non vinverete mai."

Si volse verso Foster, gli fece un gesto col pollice alzato con tutte e due le mano. "Abbiamo fatto del nostro meglio. Ci siamo andati proprio vicino."

"Più vicino di quanto possa pensare," rispose Foster. Le fece un segno con la mano, quasi un saluto. "Sei la migliore."

Si volse e si diresse verso la cupola. Non c'era bisogno di una scorta, non c'era nessun posto dove scappare, ma Bolt lo seguì da vicino con la webley appoggiata nella piega del braccio come fosse un cacciatore di galli cetroni in qualche brughiera scozzese.

"Scopes, finisca la faccenda," urlò mentre se ne andava. Maria scosse la testa per il disgusto. Sgusciò fuori dalla tuta spaccata e svolazzante e si liberò dell'involucro vuoto color giallo elettrico. "Penso che andrò giù al fiume. Vieni con me, Scopes." E scesero dalla scogliera, tenendosi per mano, le piccole dita affusolate di lei che si perdevano nel guanto sgraziato di lui. Affondavano i talloni nel fango lungo la discesa sabbiosa e dei rivoli di sabbia correvano davanti a loro fino all'acqua.

In fondo lei si arrestò e inalò profondamente. "Questi mondi sono dei nuovi Paradisi Terrestri," disse. Raccolse un fiore, lo annusò, sorrise. "Credimi, profuma di buono."

"Ho fatto quello che hai voluto tu," disse disperato. "Avremmo potuto rubare lo shuttle, fuggire. Se solo me lo avessi lasciato fare."

"Per andare dove? Sono una minaccia troppo grossa per loro. Bolt mi avrebbe braccata e uccisa, anche se gli ci fossero voluti degli anni. No. Questa era l'unica strada."

"Per morire senza combattere?"

"la morte senza opporsi, è questo che significa sacrificio. Scegliere di morire per lasciare il posto a qualcosa di nuovo, qualcosa di migliore, l'unica cosa che Bolt non può fare, che non può neppure concepire."

"Fare posto a che cosa? A questo?" Scopes rise in modo sarcastico.

"Vieni," disse prendendo la mano guantata e iniziando a guadare il fiume con l'acqua lucente e marrone che roteava attorno alle cosce, si sedettero fianco a fianco su una roccia piatta, Maria con la maglietta scolorita, i jeans scuri e bagnati che socchiudeva gli occhi per il riverbero danzante del sole sull'acqua, Scopes impacciato nella tuta gialla.

Lei si spogliò e nuotò nel fiume, a stile libero contro corrente, lasciandosi riportare dalla corrente verso Scopes, sorridendogli e spruzzandogli la visiera.

Più tardi prese i vestiti e si sedettero sulla spiaggia. Lui accese un fuoco coi detriti perché lei iniziava a tremare. La circondò con un braccio e avrebbe desiderato tanto avere una coperta.

Si mise di nuovo a tremare irrigidendosi del tutto e il respiro si fece affannoso, una specie di polmonite fulminante, pensò. I polpastrelli e le labbra erano blu. Il respiro lu usciva con dei grugniti.

"Nella tasca," disse con affanno. "C'è la pillola." Nella fretta strappò il bottone lento ma trovò il flaconcino. Hipercianuro. Le fece posare la testa tra le braccia.

"Babbo, stammi vicino," sussurrò.

"Sì," disse, ignorando il suo delirio.

"Grazie." Sorrise e chiuse gli occhi. Fece scivolare la capsula sotto la lingua e nel giro di venti secondi era morta. La posò sulla sabbia e le chiuse la bocca delicata con la mano guantata.

Qualcosa stava scendendo dalla scogliera dietro di lui. Un robot, mandato dalla cupola, che portava qualche attrezzo, non poteva vedere cosa fosse. Su in alto c'era lo sbattere delle ali chitinose e un breve oscurarsi del cielo.

Il robot arrivò. Bolt lo aveva mandato col lanciafiamme, un richiamo al fatto che la contaminazione dei Biomondi era vietata.

Quando Scopes ebbe terminato c'era solo una macchia fumante di terra. Nel tornare indietro vide il bottone staccato e lo sotterrò con rabbia tra i rifiuti. Per la rabbia fece roteare il lanciafiamme in un ampio arco verso il cielo e colpì con la fiamma gialla una formica-avvoltoio. La creatura urlò di terrore e cadde verso terra, un ammasso fumante di carne e piume.

Tornò arrancando verso la cupola con soltanto la propria ombra per compagnia. Passò attraverso le procedure irritanti di decontaminazione con la mente vuota e gli occhi asciutti.

Bolt lo aspettava nel modulo di comando. "Ho posto sotto sigillo il laboratorio di Foster. Nessun equipaggiamento, nessun dato può lasciare questo pianeta. Niente. Per sempre."

Foster stava firmando un rapporto.

"Dovrebbe leggerlo prima di firmarlo," disse Bolt, sempre da burocrate.

"A che pro? Lo cambierebbe se non fossi d'accordo?" Bolt gli tolse il foglio, studiò la firma, piegò la carta e se la infilò in una tasca della giacca.

"Va bene se vado in camera mia?" chiese Foster. "Ho un sacco di moonshine che non vorrei fare andare a male. Forse ne dovrebbe provare un po', commissario. Le farebbe bene sciogliersi un po'."

"Oh, no, grazie, non è il mio tipo di bevanda," rispose Bolt con tatto.

"E voi, Scopes?"

Un'ora dopo, dopo aver finito con le scartoffie, Scopes rattristato si diresse lungo il passaggio per la stanza di Foster dove la musica era forte e veloce, la tromba marciava salda in testa alla banda, ritornello dopo ritornello, infinitamente inventiva, ardita, trionfante. Spinse la porta. Foster gli rivolse un ampio sorriso e afferrò un disco dal tavolo.

"Questo è qualcosa per lei. Un regalo," disse. "Non è jazz, ma credo che le piacerà. Moonshine music. Di contrabbando. La migliore merce in tutto l'universo conosciuto." Inserì il disco. La musica era saltellante, a volte briosa, a volte piena di grazia (come una ballerina stanca che torna a casa dopo la lezione) e una volta si sentì un tintinnio vivace che a Scopes ricordò un braccialetto d'argento sbalzato. "L'originale era grande," disse Foster, "ma mi perdoni, ho aggiunto alcune battute." Il battere puro di alcuni timpani era quello che aveva aggiunto. Poi iniziò la magnifica fuga infinita di invenzioni.

Il genoma di Maria, DGF inserito.

Lanciò il disco a Scopes. Lo porti a Sour Belly. Saprà cosa farci. Musica nel DNA."

Scopes guardò in silenzio il disco che teneva in mano. Sorridendo Foster disse, "E' contro le Leggi Geniche, lo sa. Geni alieni, clonazione, tutta quella roba."

"Vadano a farsi fottere le Leggi Geniche."

Foster rimise il disco jazz e la musica aspra riempì la mente di Scopes con quel cortile umido di New Orleans, con la luce graziosa dei lampioni e la scalinata incurvata. Stavolta una ragazzina saltellò giù per i gradini a prendergli la mano e il palmo era soffice e caldo nel suo. Passeggiarono assieme attraverso il lastricato lucido e al di là del cancello in ferro battuto sulla strada. Si tenevano per mano e guardavano la banda passare. Un berretto bianco, perduto, stava tra le pietre del selciato. Era macchiato. La piccola Maria lo raccolse e lo dette a lui. Soffiò via lo sporco e con accortezza lo rigirò per guardarci dentro. Il nome che c'era scritto era Blumenthal. Si piegò per sollevare la bambina tra le sue braccia. Lei lo abbracciò e gli premette il viso caldo contro la guancia sinistra. La guancia era liscia.


[Jim Cowan, Genetic Moonshine, Intertext vol.5 n°3; tr.it. Danilo Santoni]







Questo Articolo proviene da IntercoM Science Fiction Station
http://www.intercom-sf.com

L'URL per questa storia è:
http://www.intercom-sf.com/modules.php?name=News&file=article&sid=97