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Martin G R R - Le torri di cenere

(GRRM: A Retrospective, 2003), 1ª parte, traduzione di Giusi Valent e Guido Lagomarsino, ed. Mondadori, 2007, 18.00 €, 324 pagg., edizione originale: (Subterranean Press: 125.00, 40.00 $, 1283 pagg.)

Questa antologia, una sorta di "il meglio di", in originale raccoglie ben 32 racconti, più due sceneggiature televisive. Al momento, di questa traduzione, sono usciti due volumi, questo e "I re di sabbia", 2008. Ce dovrebbe essere, quindi, almeno un altro, se non due.
Comunque. Il Martin, ultimamente, è osannato per il suo ciclo del Gelo e del Fuoco, col quale è diventato famoso. Ma noi ben sappiamo che è molto più bravo a scrivere racconti. E, quindi, questi, sono infinitamente meglio, di quell’enorme romanzo.
Certo, per chi leggesse Sf da tempo, in questi primi, prevalgono le ristampe, ma, per i successivi, solamente tre, sui restanti diciassette, saranno ristampe.
La qualità della scrittura, del Martin, è risaputa. E, come abbiamo detto, si esalta molto meglio nel racconto, quasi mai breve. E, qui, davvero, la qualità è notevole.

-"L'eroe" (The Hero, ’71; originariamente in "Galaxy", febbraio; pagg. 7-21)-l’Uomo ha ormai raggiunto da tempo le stelle, e ha incontrato, anche, un’altra razza intelligente, e molto bellicosa. Con la quale è in guerra da decenni.
L’eroe del titolo, però, è stanco, e vuole andare in congedo, sulla Terra. Che non ha mai visto, se non in documentari.
Gli spiegano che, la Terra, ha la metà della gravità a cui è abituato, e che la droga che prende per combattere, e a cui è assuefatto, là è illegale.
Ma lui è irremovibile.
Quando parte, però, lo uccidono. Gli umani (?) modificati per combattere non possono, andare sulla Terra.

-"L'uscita per Santa Breta" (The Exit to San Breta, ’71; originariamente in "Fantastic", febbraio; pagg. 22-37)-ghost story fantascientifica. In un futuro nel quale le macchine sono state sostituite da elicotteri e zaini a propulsione individuali, su un’autostrada ormai abbandonata si aggira una vecchia auto anni ’70, un’ auto fantasma, che ripete da anni l’incidente nel quale ne morirono tutti gli occupanti.
Davvero molto buono, vi si riesce a creare un’atmosfera di sospesa meraviglia, che viene alla fine chiarita dalla tipica spiegazione finale della maledizione di quell’auto.

-"Solitudine di secondo tipo" (The Second Kind of Loneliness, ’72; originariamente in "Analog", dicembre; anche in "La casa dei mille mondi", "Nova Sf*" n. 26, nella traduzione di Ugo Malaguti, col titolo "Un'altra solitudine", pagg. 235-255; pagg. 38-56)-un uomo, solo, a guardia del buco nero che da accesso ad un’altra porzione di spazio dove l’Uomo ha insediato una colonia, impazzisce.
Ha deliberatamente distrutto l’astronave che portava il suo sostituto; e ha totalmente rimosso il fatto.
E scrive un diario, dicendo che stà per arrivare. Ma, anche, annotandovi i suoi stati d’animo, i suoi incubi, i suoi pensieri. Fra i quali quello del titolo: "…a volte è doloroso essere soli in mezzo alle stelle. Ma è più doloroso ancora sentirsi soli a una festa, molto di più." (pag. 45).
Poi rinsavisce, momentaneamente, ricorda ciò che ha fatto… per poi tornare a quella condizione psicotica.

-"Al mattino cala la nebbia" (With Morning Comes Mist-fall,’73; originariamente in "Analog", maggio; anche in "Robot" n. 27, "Raccolta Robot" n. 13, ed. Armenia, ’78, ‘79, nella traduzione di Paolo Busnelli, col titolo di "Al mattino calano le nebbie", pagg. 127-143; pagg. 57-78)-su uno dei tanti mondi abitabili scoperti dall’Uomo c’è una fittissima nebbia che avvolge tutto che, solamente la sera lascia libere le montagne più alte. E degli spettri. O, almeno, la loro leggenda.
È il racconto dello scontrarsi della mentalità scientifica, razionalistica, con quella poetica, filosofica. Uno scienziato va là, per sfatare definitivamente quella leggenda: "Una volta che lui e i suoi simili l’avranno spuntata, non ci sarà più un mistero in tutto l’universo... Il sogno resiste, e con esso sopravvivono lo spirito d’avventura e la fantasia." (pag. 65).
Ma non per molto. Lo scienziato non trova nulla, e la leggenda scompare. Ma l’Uomo non ha solo bisogno di conoscenza, ma: "…anche di mistero, di poesia, di avventura. Penso che occorrano domande senza risposta, che facciano riflettere e stupire." (pag. 77).

-"Canzone per Lya" (A Song for Lya, ’74; originariamente in "Analog", giugno; anche in "Robot" n. 10, "Raccolta Robot" n. 5, ed. Armenia, ’77, ‘78, nella traduzione di Abramo Luraschi, pagg. 56-111, in "I premi Hugo 1955-1975" (The Hugo Winners voll. 1, ’62, 2, ’71, 3, ‘77), a cura di Isaac Asimov, "Grandi opere" n.4, ed. Nord, ’78 e "Grandi scrittori di fantascienza" n. 6, anno 1°, e. Euroclub, ’80, poi in parte in "I premi Hugo 1974-75", "Classici Urania" n. 233, ed. Mondadori, ’96, pag. 94, nella traduzione di Roberta Rambelli, col titolo di "Un canto per Lya", pagg. 871-920; pagg. 79-153)-unanimemente riconosciuto come uno dei più bei racconti di Sf, dice dell’Amore. E in maniera affatto banale.
Su un pianeta alieno in cui l’Uomo ha stabilito una base commerciale, cominciano a verificarsi molti casi di conversione al culto locale. E vengono chiamati dei Talenti, persone dotate di poteri psi. Una coppia, che si ama da anni. Molto affiatata.
Solo che la lei legge, nelle menti degli umani, e degli indigeni, che hanno accettato l’Unione, un Amore così grande, così completo, che decide di Unirsi anch’essa.
Quello che sembrava essere un’incomprensibile suicidio di un’intera razza sembra essere, invece, qualcosa che appaghi uno dei bisogni primari degli esseri senzienti, quella ricerca di un qualcosa che lenisca il "…timore di essere da soli nel cosmo.", percui "…cercano, provano a stabilire un contatto, a raggiungere gli altri oltre il vuoto.". "L’Unione è una mente di massa, immortale: molti in un solo, unico amore." (pagg. 149-50).   
L’Amore, sia quello psichico che quello carnale, vi viene detto molto bene, ma è, ancora, la solitudine, il suo vero fulcro. La solitudine esistenziale, che, qui, trova davvero il suo essere detta nella maniera più piena.

-"Questa torre di cenere" (This Tower of Ashes, ’76; originariamente in "Analog Annual" (Pyramyd); anche in "Canzoni d'ombre e di stelle", "Robot" n. 34, "Raccolta Robot" n. 19, ed. Armenia, ‘79, ’80, nella traduzione di Giancarlo Tarozzi, col titolo di "Torre di ceneri", pagg. 8-25; pagg. 154-176)-l’antica storia del triangolo, lei che si mette con un altro, e lui che cade nella depressione più nera, in un contesto fantascientifico davvero notevole.
Ambientato su un pianeta alieno, il lui lasciato va a vivere da solo nella foresta; una foresta aliena in tutto, e trovando una torre che sembra essere un manufatto, alieno,
La lei, col nuovo lui, però, va a trovarlo.
Altro racconto nel quale, al centro, c’è la contrapposizione razionalità/poesia; il nuovo lui è: "…insensibile, materialista…" (pag. 167), mentre il lasciato è un sognatore: "Sognare… è spesso meglio che essere svegli, e le storie sono più interessanti della vita." (pag. 176).

-"...e ricordati sette volte di non uccidere mai l'uomo" (And Seven Times Never Kill Man, ’75; originariamente in "Analog", luglio; anche in "Canzoni d'ombre e di stelle", op. cit., nella traduzione di Giancarlo Tarozzi, col titolo di "E sette volte non uccidere l'uomo", pagg. 163-196; pagg. 177-221)-sf classica, con un pianeta invaso da un popolo di fanatici religiosi infervorati da un credo bellicoso. E gli indigeni che, invece, seguono una religione della non-azione, un po’ sullo stampo del buddismo.
Alla fine prevaranno, a sorpresa, i secondi; il loro non agire, alla fine, in un modo appunto imprevedibile, porterà, praticamente, gli invasori ad impazzire, e a comportarsi in maniera autolesionistica.

-"Le città di pietra" (The Stone City, 77; originariamente in "New Voice in Science Fiction" (Macmillan); pagg. 222-265)-ancora Sf classica, ma nella quale è l’illusione, a predominare. Un po’ alla "Ubik", un intero equipaggio umano di un’astronave, per un guasto all’apparecchiatura per il viaggio nell’iperspazio aliena che avevano imprudentemente tentato di usare, si ritrovano su un pianeta deserto, un tempo crocevia dei viaggi interstellari di infinite razze aliene.
Solamente che, là, lo spazio-tempo non funziona normalmente, e vivono in un’immensa illusione, che li fa credere che sia ancora come ai tempi del suo splendore.
Davvero notevole, vi si ricalca molto sul sense of wonder delle razze aliene, dei mondi lontani, dei miti e delle leggende che possono nascere in un Universo così stracolmo di vita.

-"Fioramari" (Bitterblooms, ’77; originariamente in "Cosmos", novembre; pagg. 266-296)-science fantasy, inizia come una vera e propria fiaba, per poi, lentamente, inserire degli elementi science, che ne fanno capire lo scenario.
Una bambina si trova sola nell’inverno che dura anni del proprio pianeta, essendole morto il compagno-padre-amante col quale viaggiava. Ma, quando già pensava di morire, assalita da un vampiro, ecco che si ritrova in una casa fatata. Nella quale vive esperienze incredibili, anche se sempre col dubbio che siano solamente illusioni, memore di una… fiaba che le avevano raccontato da piccola.
Ma, poi, saprà trovare la magia giusta per essere lasciata andare, cosa che le era sempre stato impossibile. E vivrà una vita normale, piena di avventura e di figli, per poi tornare a morire là, dove scoprirà che, quella maga che l’aveva salvata e tenuta prigioniera, era una persona normalissima, e noi, che lo avevamo già intuito, abbiamo una conferma che, quel posto, era uno "…spazioporto…" (pag. 295), e la casa fatata un’astronave che non aveva più la possibilità di alzarsi in volo. Le magie erano videoregistrazioni, e altri ritrovati tecnologici.

-"Le solitarie canzoni di Laren Dorr" (The Lonely Song of Laren Dorr, ’76; originariamente in "Fantastic", maggio; anche in "Canzoni d'ombre e di stelle", op. cit., nella traduzione di Giancarlo Tarozzi, col titolo di "I canti solitari di Laren Dorr", pagg. 74-89 e in "Fantasy estate 1994. La legione degli eroi", "Fantasy" n. 3, ed. Mondadori, ‘94, nella traduzione di Marzia Jori, col titolo di "Un canto solitario per Laren Dorr", pag. 245; pagg. 297-318)-altro science fantasy, ma nel quale prevalgono decisamente gli elementi fantasy. Portali dimensionali, e cieli che cambiano a seconda di dove il mondo si trovi.
E la solitudine. Che ne è decisamente al centro. Così come l’Amore.
Due immortali, ognuno per una propria ragione, si trovano in un Mondo nel quale… non c’è nessun altro. Lui esilato là per una colpa che non ricorda neppure più, lei alla ricerca dell’amato che le è stato portato via.
Ma è la poeticità della prosa che vi si usa, il vero protagonista. Uno dei racconti nei quali la qualità della scrittura del Martin più si esalta.

I temi della poetica del Martin, dunque, sono, prevalentemente, quello della solitudine, una solitudine esistenziale profonda, che è la malattia dell’Uomo, e quello della contrapposizione razionalità/fantasia. Martin, prevalentemente, è un umanista, e, dell’Uomo, quindi, coglie quelli che, in effetti, sono i due aspetti più importanti.
La solitudine di base, l’essere "solo, sul cuore della terra…", e il suo continuo dibattersi fra l’istanza raziocinante e quella che vorrebbe, anche, un po’ di sogno, un po’ di poesia.
E, questo, aggiunto alla qualità della sua prosa, che, spesso, arriva a toccare punte di poeticità, appunto, davvero notevoli, fa si che, questa raccolta, sia davvero un’ottima cosa. Una lettura piacevole senza che si smetta di pensare. Anzi.
Peccato solamente che, questa traduzione, abbia tralasciato le introduzioni alle varie parti nelle quali era suddivisa, che, anche, sono saltate. Qui, per dire, si traduce per intero la seconda, la terza trane un racconto, e due della nona. Là c’erano, anche, un’introduzione del Dozois, e una bibliografia di Leslie K. Swigart.

Aggiunto: April 14th 2008
Recensore: Marcello Bonati
Voto:
Hits: 1223
Lingua: italian

  

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