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Shield Harper (II° Parte) (Tratto da "La Massa Mancante", Pablo Palazzi, 2006)
di: quarks
Inserito : 09-11-2006 @ 05:25 pm

Shield Harper (II parte)

17.

‘E’ vietato sostare davanti alla vetrina, non verrano trasmesse informazioni sulla missione Shield Harper’.
Non c’è anima viva davanti a Bowl Electronics. Eppure non hanno levato quel cartello. I monitor sono tutti spenti e c’è una gran puzza d’arrosto bruciato che arriva dai tombini.
Dove sono tutti? Perché non c’è nessuno in giro?
Jilles Yves indossa un montone, la giornata è parecchio fredda. Da anni non si ricordava una giornata così fredda a Manhattan. Questo non vuol dire che durerà a lungo, anzi, tra un paio d’ore si potrebbero tranquillamente raggiungere i 45° di temperatura percepita al suolo. In quel caso Jilles farebbe ritorno a casa per cambiarsi. A nessuno da fastidio cambiarsi e fare questo genere di cose, anzi, mettono per così dire una certa euforia addosso. Il punto adesso per Jilles Yves è questo: dove diavolo è finita tutta la gente?
Jilles è già stato sulla 77th quella mattina a cercare il suo amico Jack Mallory. Prova davvero qualcosa per quell’omone che dormiva sulla 77th. Parlando con lui deve ammettere che ha avuto circostanziati momenti d’eccitazione. Nessuna erezione però dell’organo genitale. Non sa ancora che si è segato il viso in due e che il suo corpo giace accanto a due biglietti New York-La Rioja validi per Lunedì questo.
Cammina per qualche chilometro in un silenzio di rottami e solitudine. In quei momenti c’è solo una melanconica sindrome nella sua mente. E’ uno spiffero di debolezza che lo costringe a pensare ossessivamente allo spazio. Prova, di contro, ad infilare le immagini di Shwan nel cervello. Si sforza. Non ne ricorda neppure il viso. Sono momenti tremendi. Le immagini diventano un rullo di diapositive che scattano nel pensiero.

18.

La sindrome ha i ‘suoi’ pensieri.
Inquadrature di sconosciuti planetar che scivolano nelle galassie imperscrutabili. Disparati dettagli ravvicinati: distese di sabbia vulcanica, gaiser bollenti oppressi da cieli gassosi, raccapriccianti turbolenze atmosferiche dai colori e delle forme più disparate. Galassie senza stelle e materie traslucide che vibrano facendo apparire anime opalescenti. Il Sole si sta spaccando in croste che appaiono come distinte protuberanze di una piovra che prende forma. Il pianeta Terra è una bilia di vetro che sta precipitando nel nulla come fosse caduta nella tromba delle scale di un palazzo buio, disabitato e senza fondamenta. Non orbita più intorno al sole, ma intorno a qulacosa che ha una massa più grande di Dio e della sua mente. Il sole visto da vicino ha esattamente lo sguardo di una mostruosa piovra colpita a morte, con folle violenza allunga i suoi tentacoli, che si stanno rinsecchendo e morendo, verso qualsiasi cosa. Prende il pianeta Venere e l’ingoia emettendo un grido. Il pianeta Saturno, sganciato da ogni forza e da ogni piano dimensionale, si squaglia in un poltiglia ed i suoi anelli schizzano via segando in due mezzelune Prometheus e Pandora, Enceladus s’abbraccia mortalmente a Titano creando uno spettacolo d’agghiaccanti filiformi gas cristallizzati come le sculture del teologo assasinato Mars Godsvien. Tutti questi detriti che la piovra solare non riesce a mangiare volano giù nella tromba delle scale dell’universo ad una velocità inaudita. Gli esseri umani si staccano dalla terra e scivolano nel buio sembrando chicchi di sabbia con degli occhi enormi marchiati dall’inquietudine. Non c’è mente umana che possa immaginare un’avvenimento più immenso di questo, né una tale assenza di compassionevole pietà nel senso di questa apocalisse. Ma ciò a cui si assiste non è che un brusio remoto di qualcosa che si concluderà senza lasciare alcuna traccia.

19.

“Jilles sei qui? Quando sei tornato?”
“Jilles mi sei mancato…”
“Quanto tempo è passato Shwan?”
“Che vuoi dire? Oh mio Dio…ma che ti è successo? Vieni tirati su...”
“Mi sento a pezzi…dove sei stata? Perché ci hai messo tanto?”
Shawn lo stringe a sé, in ginocchio. La voce di Jilles sembra una cicatrice del tempo che sanguina.
“Quanto tempo Shwan…Quanto tempo è passato?”
“Quando crescerai finalmente? Tu sei malato. Jilles, tu devi guarire. Smetti. Smetti di pensare a me.”
“Mi senti? Hallo? Sei ancora lì?”

20.

“Helios Mauri ha cominciato a trasmettere oggi dalla Cintura di Kuiper. I dati che stiamo ricevendo sono dello Shield Harper. Si tratta dei file media sul campo di libellula e sul Crunch Hole.”

21.

Il Controllo della Comunicazione ha dato la notizia in diretta ai soli stati della costa East. Il resto degli Stati Uniti così come il resto del pianeta Terra non sono stati volutamente informati. E’ prevista per questa restante porzione del mondo una trasmissione differita di 24 o 48 ore. C’è un dipartimento intero che sta valutando come modificare o alterare il senso del messaggio da trasmettere. Ad esempio in questo momento il CSD, Dipartimento Simulazione delle Comunicazioni (che fa parte del più ampio Dipartimento Controllo Simulazioni Globali) sta determinando il valore ottimale dei parametri ed i punti critici o bottlenecks. E’ un momento che bisogna saper leggere in prospettiva futura e nessuno si permetterà ovviamente il lusso di una decisione alla leggera.
Poteva quindi accadere che mentre Jack Mallory comprava sulla 6th avenue due biglietti New York-La Rioja (che non avrebbe mai utilizzato personalmente), una fiumana di uomini adulti veniva attratta da qualcosa. Le prime immagini sul campo di libellula e sul Crunch Hole venivano proiettate all’interno del nuovo Space Dome, che era stato terminato proprio qualche mese prima su quell’ecatombe virale che s’era fatta Central Park.
Lo Space Dome ha venticinquemilacinquecento posti a sedere, per cui sono state programmate proiezioni della durata di soli quindici minuti ciascuna, sebbene l’intera visione dei dati giunti dalla Cintura di Kuiper necessiterebbe di più di dodici ore. Si prevede di esaudire le richieste di prenotazioni per il Dome entro i prossimi venti giorni. Le proiezioni andranno avanti 24 ore al giorno e il cordone di sicurezza intorno alla zona sarà il più imponente degli ultimi mesi. Questi i freddi dati superficiali noti a tutti. Ciò che suscita invece interesse presso altri è la modalità con cui è stato estrapolato il mélange di quindici minuti tra dati ed immagini da una documentazione complessiva di dodici ore. Secondo alcuni verrranno trasmesse immagini e dati in modo random, ossia ogni gruppo di venticinquemila persone vedrà per lo più immagini diverse. Secondo quanto si sente invece dire tutto intorno al Dome, è stato fatto un condensato percettivo che verrà propinato a tutti indistintamente come fosse un unico gusto di una buona zuppa calda. Immagini e dati non dovranno essere dunque interpretati ma arriveranno già come un piatto precotto. Infine c’è chi la pensa in modo diverso. Gilles Yves, per esempio, avendo contribuito in modo sostanziale alla diffusione negli ambienti intellettuali di New York City delle idee di Svend Tveskæg circa la Simulazione Globale, sa che le cose andranno sostanzialmente in un altro modo. Questo è uno dei motivi per cui Jilles Yves in quei concitati attimi non sta dando la caccia come tutti ad un biglietto per lo Space Dome. Gli altri motivi invece sembrano essere apparentemente oscuri.

22.

Svend Tveskæg non aveva ricevuto che un’educazione modesta quando per la prima volta ascoltò una lezione del corso di laurea in Modelli e Sistemi di Simulazione. Per la prima volta i concetti di modeling e di variabili di stato del sistema entrarono a far parte del suo scarno dizionario. Fu il suo amico Thorn Tellory, che divideva con lui un passionevole orgoglio di tragiche memorie per le comuni origini scandinave, a mandargli i soldi per il viaggio da Vancouver a Tacoma. Alla State University of Tacoma il modesto e ambizioso studente Tellory era regolarmente iscritto da tre anni al prestigioso corso di laurea in Simulazione. Anni in cui invece Svend Tveskæg s’era guadagnato da vivere accompagnando quella benestante donna di mezz’età di Minneapolis che rispondeva al nome di Madame Flaire. Su e già tra Canada, gli stati del nord e le isole Yemshard. Proprio alle isole Yemshard, famose per i loro mari freddissimi e le coste nebbiose, Madame Flaire possedeva una specie di civico bordello per donne in cui si vantava d’esibire il fisico opalescente del giovane Svend.

Quando Thorn Tellory iniziò, nel quarto anno, a masticare il linguaggio informatico P04-Yasp per la creazione di silumazioni psicologiche su scala sociale, il suo amico Svend Tveskæg aveva già chiuso nella sua mente il cerchio complessivo della Teoria della Simulazione Globale. L’anno dopo, in un magazzino d’amianto della periferia di Philadelphia, incontrava in segreto Chester Pahalank, colui che in seguito avrebbe dato vita al codice che permise alla Teoria della Simulazione Globale di ‘girare’ su delle macchine quasi domestiche.
Ventitre anni dopo Svend Tveskæg vide per la prima volta Jilles Yves al Manhattan Care Center. Jilles stava consegnando ad una lunga coda un documento circa gli effetti del Tantrax sul sistema neurovegetativo. Svend Tveskæg era uno dei tanti in coda per ricevere il farmaco.
Fu così che Jilles Yves e Svend Tveskæg incominciarono ad intrecciare le loro idee e i loro minacciosi propositi. Ma nonostante il grande affiatamento che raggiunsero in quei due anni, Jilles non gli disse mai che per quel documento sugli effetti del Tantrax si era basato su un unico fattore: la sua immaginazione.
A Chester Pahalank andò assai peggio visto che fu assassinato a Philadephia nell’anno in cui venne resa pubblica la statistica sulla pratica dei rapporti sessuali e della masturbazione negli Stati Uniti. Quella notizia rese all’improvviso drammatica realtà quello che ormai per tutti era un tragico, imbrazzante sospetto: negli ultimi sei mesi questo tipo di rapporti erano calati dell’ottanta per cento nella popolazione maschile adulta e del trenta per cento in quella femminile. Da lì a pochi mesi quella statistica divenne un flagello che annunciava l’arrivo della ‘sindrome’.

23.

Non si sente neppure il brusio di una cartaccia trascinata dal vento. Tutto è fermo, immobile. Non c’è traccia di vita né un segno qualunque del passare del tempo. Pare tutto bloccato ad un preciso momento in cui ci si può muovere solo con la mente.
E’ desolante la visione che Jilles ha di Curson Avenue dalla finestra dell’appartamento. Si rende conto presto che neppure all’interno le cose sono come le ricordava lui. Tutto è così nuovo, così diverso. Non ha probabilmente mai visto un appartamento così pulito e luccicante e nello stesso tempo così impalpabile. Immagina che l’arredamento scarno e spigoloso sia una copia del design essenziale di Zimmer che era in vendita a buon mercato da Stity’s qualche anno prima. Si sente un estraneo in quella abitazione, nonostante tutti quei ricordi che dovrebbe avere.
Il frigo è pieno di confezioni di Tantrax e bottiglie d’acqua del Montana. Non c’è traccia di cibo. Il frigo stesso sembra uno dei serbatoi interni delle vasche mercuriali dello Shield Harper. Nel lettore sullo schermo trova ancora inserito il chip della video sorveglianza interna. Si sdraia nella copia della famosa ‘piattaforma di Zimmer’, una specie di strati di gas dalle molecole instabili rifoderate da una pelle bianca accecante. Con il segnale remoto aziona il chip e lo schermo. Le immagini, così come le voci, sono nitide. Ma la scena che si appresta a vedere sembra un sogno irreale così come gli era apparsa Curson Avenue vista da quella finestra. “Jilles sei qui? Quando sei tornato?”
“Jilles mi sei mancato…”
“Quanto tempo è passato Shwan?”
“Che vuoi dire? Oh mio Dio…ma che ti è successo? Vieni tirati su...”
“Mi sento a pezzi…dove sei stata? Perché ci hai messo tanto?”
“Quanto tempo Shwan…Quanto tempo è passato?”
“Quando crescerai finalmente? Tu sei malato. Jilles, tu devi guarire. Smetti. Smetti di pensare a me.”
“Mi senti? Hallo? Sei ancora lì?”

24.

‘E’ vietato sostare davanti alla vetrina, non verrano venduti biglietti per lo Space Dome’.
Da Malone’s si può ancora mangiare della carne a quell’ora del mattino. La carne una volta era una tra le migliori routine contro la paura. Scegliere un tavolo, aprire il menu, decidere con quale contorno accompagnare la carne, erano tutte routine, nient’altro. C’è una discreta confusione da Malone’s, voglio dire che non si sente quel solito silenzio d’assestamento perenne ma neppure si deve assistere al fastidioso spettacolo di gente che s’ammazza all’improvviso nel mezzo di un pasto.
“Penso che prenderò una bistecca argentina”
“Ma non credo che ne abbiano più”
“Qui sul menu c’è ancora”
“Sì lo vedo anch’io. Ma non credo che ne abbiano più, faceva venire il polpo al colon”
“Ahh…che schifo. L’avrò mangiata tre o quattro volte io, cazzo avrò il polpo al colon anch’io?”
“Non credo. Se avessi il polpo al colon ti uscirebbe il duodeno dal culo. Io prendo la solita bistecca di carne caraibica, è quella che mi da più fiducia.”
“Va bene facciamo due”
Jilles si rivolge al cameriere – “Due caraibiche con datteri e uva secca”.
“Svend va bene per te datteri e uva vero?”
A Svend Tveskæg fanno schifo, così come a Jilles, sia i datteri che l’uva, ma è buona abitudine mischiare il proprio piatto preferito con qualcosa che si trova disgustoso. Serve a stimolare alcune aree del cervello che altrimenti si atrofizzerebbero poiché nessuno ha più veramente capacità gustative, il gusto è in verità una routine come il tavolo da scegliere o la piega del tovaiolo.
“Allora sei riuscito a cavar fuori qualcosa da quel tale…come si chiama…quello che mi dicevi potrebbe rientrare nelle liste per rimpiazzare qualcuno alle codifiche di materia.”
“Jack Mallory. Non ancora, prende troppo Tantrax.”
Jilles si gira, poi abbassa lo sguardo.
“Tutto qui? Che c’é?”
“Parlando con Jack Mallory ho provato qualcosa…non so esattamente, una specie d’eccitazzione sessuale.”
“Va bene, d’accordo, non c’è nulla di strano. Se stavate parlando delle codifiche di materia poteva succedere eccome.”
“E’ questo il punto. Non stavamo parlando di quello ma di altro, cose assulutamente non pertinenti alla situazione dello spazio”.
“Ah sì? E cos’altro potrebbe essere allora? Sono curioso…”
“Una cosa strana che mi sta capitando. Una specie di sogno…”
“Un sogno? Ma che dici? E da quando avresti ripreso a sognare? Non mi dire che ti sei fatto prescrivere il Tablon in capsule per il tuo problema di salivazione? Perché il Tablon in capsule lo sai che…“
“No, ti dico che non c’entra. E’ una cosa diversa, non è un sogno vero e proprio. E’ come se ci sia una ragazza che prima mi stava cercando, poi sono io che l’aspetto, o almeno credo d’aspettarla nel mio vecchio appartamento nell’East Side.”
“E chi sarebbe?”
“Ti dico che è una cosa strana, perché all’inzio era tutto confuso e non conoscevo affatto questa persona, poi è come se…come posso spiegarti…come se stessi conoscendola avvolgendomi in un nastro. E la cosa bizzarra è che sento in modo parteciapato, in modo intenso, che lei sa davvero chi sono. Anche quello che mi dice, insomma…”
“E cosa ti direbbe?”

25.

“Quando crescerai finalmente? Tu sei malato. Jilles, tu devi guarire. Smetti. Smetti di pensare a me.”
“Mi senti? Hallo? Sei ancora lì?”

26.

L’anno in cui venne resa pubblica la prima statistica sulla pratica dei rapporti sessuali e della masturbazione negli Stati Uniti, la Century Digital dichiarò il fallimento lasciando senza lavoro circa centottantamila dipendenti sparsi tra gli stabilimenti minori di Messico, Perù, Guatemala e quello principale di Nairobi, che venne in seguito distrutto da una rudimentale bomba che contaminò gli esseri umani e la natura per un raggio di settecento chilometri.
La presa di coscienza che si risvegliò negli attoniti animi umani con la deflagrazione di Nairobi chiuse definitivamente la Grande Rivoluzione Digitale. Per decenni avevano preannunciato la fine completa ed assoluta della fisicità in ogni suo aspetto. Avevano fatto diventare il sesso digitale il feticcio incontrastato dell’energia del pianeta. Il combustibile della mente e dell’ordine del cosmo. L’abbaglio pornografico moltiplicato avrebbe chiuso, nei loro propositi, la mente in un circolo neuronale senza via d’uscita.
Ma la realtà supera sempre l'immaginazione. Questo è uno dei pochi punti fermi del pensiero umano, una delle poche certezze che si possano nutrire. Neppure Chester Pahalank, che s’era venduto l’anima (e con essa il programma di simulazione adattato sul modello della corteccia limbica di Hasselbanck) alla Century Digital, poteva prevedere le imponderabili variabili dell’oscuro futuro. Ma non fu affatto per questa faccenda che venne assassinato. Ironicamente Chester Pahalank venne accoltellato dalla figlia undicenne di sua sorella mentre se la stava sodomizzando alla missionaria. Simmerline non aveva digerito il fatto che Chester avesse svariate relazioni sessuali con ragazze assai più giovani di lei. Ma questa è un’altra storia che non ha nulla a che vedere con ciò che veramente fece sparire ogni desiserio di natura sessuale, fosse esso legato a situazioni reali o a rivisitazioni elettroniche.
L’arrivo della Sindrome fu tanto devastante quanto inattesa ed imprevedibile (anche se poi vedremo che il modello di Simulazione di Svend Tveskæg ne annunciava il quadro globale). Quando il ministero della sanità degli Stati Uniti si degnò per la prima volta d’accennare ad un quadro clinico specifico che si stava diffondendo in Europa, gli ospedali di tutti gli stati erano ormai colmi di gente che, pur non presentando anomalie fisiche, diceva d’aver paura. Anzi, d’essere terrorizzata.
Quest’ansia logorante si stava insinuando nelle ramificazioni dei pensieri dentro ai cervelli dell’intera umanità. La paranoia causata dalla Sindrome spazzò via in pochi mesi il desiderio di natura sessuale sostituendolo con il più sublimato dei desideri: quello di non pensare più. Con la messa in commercio di farmaci come il Lebron prima e del Tantrax in seguito, si poté tornare ad uno scenario meno catastrofico, quello attuale. Ma prima d’arrivare qui si era lasciato avvenire quello che realmente avvenì.
Ma cos’è realmente la Sindrome? E quale ne fu la causa?

27.

Sono passate poco più di ventiquattro ore e già centomila persone hanno assistito ai quindici minuti di proiezione allo Space Dome. Questo significa che ci sono centomila persone che se ne vanno in giro per la città di New York avendo un’idea, seppur limitata, di cosa sia realmente il campo di libellula e il Crunch Hole. O forse sarebbe meglio dire, usando le parole dei Ltn. Goeffry White e Ashley Marshall, che ci sono centomila persone che vanno in giro comprendendo il perché sia meglio essere ingoiati all’interno del Crunch Hole piuttosto che continuare a vivere. Di per sé sembrerebbe una cosa davvero scioccante. Ma forse, come sostiene Jilles, le cose non stanno andando proprio così. Forse questo viaggio spirituale dell’anima, quest’enorme circo impietoso che è diventato lo Space Dome, altro non è che una manovra pilotata dal Controllo. Non ci sarebbe da stupirsi, né da scandalizzarsi se, dopo ciò che è capitato con la Sindrome, adesso si operi davvero con estrema cautela. E’ così che Svend spiega il suo scenario a Jilles, mentre entrambi camminano fianco a fianco sulla 67th, completamente deserta. Hanno intenzione di camminare fino alla 74th e Culver. Lì, anche se è mattino presto, potranno sicuramente mangiare una bistecca da Malone’s.
“Cautela. Massima cautela. In parole schiette: simulazione. Ecco cos’è avvenuto. Allo Space Dome non si assiste altro che al prodotto della simulazione. Poi si vedrà. Decideranno in base ad una seconda simulazione con i dati che avranno accumulato dai vari centri di controllo: ospedali, banche, locali controllati, statistiche sui farmaci e sui tassi di suicidio, percentuali di conversione dell’energia psichica in stretti tabulati: sentimenti principali (non sono che una decina rilevanti per la simulazione), sessualità, comportamenti violenti e di antagonismo, eccetera, è inutile che ti dica cose che già sai.”
“Quindi dici che i quindici minuti trasmessi al Dome non sono affatto le immagini del campo di libellula e del Crunch Hole”.
“Ma sì, in un certo senso lo sono. Se è quello che gli avevano promesso, gli avranno dato quello. La simulazione avrà prodotto dati ed immagini più conformi con le aspettative della massa ed ovviamente più conformi con le aspettative del Controllo. E’ ragionevole pensare che non si potesse operare diversamente con quella spada di Damocle che rappresenta la sindrome. Una delusione dell’aspettativa a questo punto sarebbe stata fatale. Il Tantrax ci avrebbe fatto una pippa a questa nuova paranoia nel cervello.”
“Perché tu parti dal presupposto che i dati e le immagini arrivate da Helios Mauri non costituiscano affatto un qualcosa di positivo.”
“Qualunque cosa sia arrivata dalla Cintura di Kuipfer, e mi premetto di dubitare che sia realmente arrivato qualcosa, non sarebbe stato presentato comunque. Hanno la simulazione, e se non posssono estenderla ancora alla vita globale, sicuramente la utilizzeranno fino a spremere le macchine sui cui gira. E le Autov a ventimila megahertz si lasciano spremere bene, te lo assicuro.”
“E’ probabile allora che attendino un nuovo dispaccio dallo Shield Harper, magari al di là del Crunch Hole, per uscire dal campo della simulazione. Ma, se mai accadesse, ci vorrebbero anni. Probabilmente hai ragione, anche se – devo dirtelo – qualcosa non mi convince del tutto.” “Per esempio?”
“Se non sbaglio, secondo la Teoria della Simulazione Globale, ci sono una serie di punti critici in cui la sovrapposizione di simulazioni tende alla fine a formare scenari realistici. La simulazione non tende forse ad un limite che ri-rappresenta lo scenario reale?”
“Certo, ma siamo ben lontani da quel limite. Ad ogni modo bastrebbe aumentare i parametri presi in esame dalla simulazione per allontanare quel limite ancora per chissà quanto tempo ed evitare permutazioni. Tu hai sempre questa fissazzione concettuale con il termine ‘realtà’, tipica degli artisti del resto”.
“A me invece sembra che tu abbia confuso la vita reale con una serie di simulazioni. Del resto entrambi sappiamo che non hai mai fatto uso di Tantrax perché ti tieni su simulando costantemente possibili scenari da ormai dieci anni.”
“Nemmeno tu ne fai uso, cosa dovrei dire? Che ti tieni su riformulando costantemente i paradossi del reale da vent’anni? Atteniamoci ad i fatti. I fatti sono che l’unico nostro obiettivo è quello di organizzare una rete capace di accedere alle informazioni essenziali prima del Controllo, e di fargli arrivare le nostre informazioni già trattate dai nostri simulatori. La nostra organizzazzione dovrà essere il controllo del Controllo, e le loro simulazioni dovranno divenire simulazioni di simulazioni. Non è attraverso questo che abbiamo deciso d’ottenere la nostra salvezza?”
“Non credo più in quella salvezza. Io voglio vedere i veri file dello Shield Harper. Se esistono davvero, io devo vederli.”
“Stai diventando paranoico, prenditi un Lebron. Questa è una guerra di nervi Jilles, una battaglia subdola di simulazioni per la conquista di nuovi ‘stati d’apparenza’, nient’altro. La realtà non è un nostro obiettivo, la realtà non si può raggiungere in questo mondo.”
Jilles nota la vetrina di Bowl Electronics.
“Guarda là, hanno già cambiato il cartello. E’ vietato sostare davanti alla vetrina, non verrano venduti biglietti per lo Space Dome. Bastardi.”
“Oh, non fartene una malattia caro mio. Pensa che ora ci faremo una bella bistecca da Malone’s. Godiamocelo finché c’è. Ah, a proposito tieni.”
Svend gli passa un fascicolo di una trentina di pagine.
“Cos’è?”
“Le nuove liste. Ci sono un sacco di posti disponibili, le categorie protette stanno venendo giù come petali di rosa rinsecchiti. Ci sono ottimi posti per avvicinarsi ai centri di codifica. E’ ora di agire. In questi ultimi giorni ho potuto simulare l’andamento delle liste dei posti dispobili nei prossimi mesi. A breve potremo mettere qualcuno dei nostri, o noi stessi, nei punti chiave del sistema. Speriamo solo che al Controllo non abbiamo già fatto questa simulazione essi stessi. Il mondo è una fottuta, infinita simulazione!”

28.

Poco prima d’entrare da Malone’s vengono entrambi perquisiti. Vedendo Svend che sorride beffardamente durante la perquisizione, Jilles Yves si pone quattro domande, la cui impossibilità di trovarne le risposte nell’immediato, lo gettano nello sconforto.
La prima: Svend Tveskæg è forse impazzito?
La seconda: Esistono davvero le reali immagini del Crunch Hole?
La terza: Che fine ha fatto Jack Mallory?
La quarta: Il desiderio che provo per Shwan è davvero reale?

29.

Si sente un urlo provenire da Curson Avenue. Jilles rimane immobile a fissare la tenda azzurrina della finestra. Non riesce a pensare a nulla, a mettere a fuoco una qualsiasi cosa materiale o spirituale che lo riguardi, o che riguardi chichessia. Nell’appartamento torna un silenzio che gli ricorda il suono dei ‘cristalli attraversati da laser’, così come nell’opera dello scultore paraguaiano José Harmones Vuelso. Nel frigo non ci sono che bottiglie d’acqua del Montana e Tantrax. C’è un solo libro fuori posto nella libreria, deve essere stato letto di recente, anche se in quell’appartamento sembra mancare da anni una presenza umana. Jilles lo raccoglie e legge la pagina su cui è stato lasciato un segnalibro di petali di rose plastificate.
“L’amore sembra essenzialmente il modo buono e giusto per occupare la mente dal pensiero. Lo trovo opprimente e claustrofobico. Trovo che sia una malattia della psiche, una specie di brutto scerzo che ci hanno fatto. Il pensiero che deve cancellare è questo: la vita è infelicità poiché nella vita non si arriva mai ad essere Dio (e neppure a pensare come Dio). Invece ci si barcamena, nella vita, tra miasmi di confini, di domande irrisolte e di conseguente dolore. Il dubbio nell’anima è un dolore insopportabile. Il fatto è che ogni Dio ammette, per una questione puramente matematica, un Dio che gli è superiore, ed è ora di farsene una ragione. Essere Dio equivarrebbe al rirpodursi della malinconia e dell’abbruttimento tipico degli essere umani poiché ogni Dio s’intristisce nel constatare di non poter essere “l’altro Dio”, quella sfera che lo sovrasta e lo ingloba. E’ in quest’ottica universale che la Luna vive nella disgraziata ed ombrosa inquietudine guardando la Terra, che a sua volta s’immagina un bagherozzo ammassato in una luce uscita dal culo della costellazione d’Orione, che a sua volta sembra solo un filamento ingabbiato nella matassa a spirale della Via Lattea, lei povera scorreggia di un supercluster di miliardi di galassie denominato MH556Z, che a sua volta sembra il cereale di una grossa ciambella ovale che chiamiamo universo, la cui immensità scompare a confronto della stringa pluridimensionale a cui non è stato dato neppure il nome, ma che altro non è che il ricamo d’una lunga tenda che copre una finestra su un davanzale che appare vuoto solo finché non ci si affaccia e ci rende conto d’essere in un impressionante grattacielo d’infiniti davanzali e così via. Bisogna amare, amare in modo incosciente. Farsi ferire mortalmente dall’amore e sanguinare di felicità. Solo così ci si libera da quel pensiero paranoico, che come abbiamo visto, è puramente un limite matematico, destinato a riproporre il dilemma come un irrimediabile cancro al pancreas. Altro che beato paradiso eterno dei sensi!
Non mi pare un caso che pure l’amore faccia così paura, nel senso che si ha paura che finisca, si ha il terrore d’esserne privati all’improvviso e senza ragione. Paura di sprofondare nuovamente nel regno delle tristi domande irrisolte. Ecco così che mi pare spontaneo il paragone tra gli Dei che sovrastano gli Dei, gli universi dentro agli universi, e le poche o tante fiche che ci hanno tolto dalla testa ‘il pensiero’. Ricambiandoci misteriosamente. Bisogna divenire degli Dei leccando delle passere, innumerevoli Dei rincoglioniti nell’arco di una vita che durante queste attese sarà solo miserabile.
Che cos’è la salvezza?”

30.

“Che cos’è la salvezza?”

31.

Le sculture di José Harmones Vuelso si diffusero negli appartamenti di Manhattan pochi anni prima che venisse concepita la missione dello Shield Harper. Non fu l’unico artista mediocre a godere in quegli anni di un successo spropositato. Tutte le forme d’arte che in qualche modo riproponevano e rivisitavano concetti come ‘la perfezione dello spazio’, ‘l’eleganza dell’universo’, ‘le possibilità quantiche’, avevano grande probabilità di successo. I ‘cristalli attraversati da laser’ di José Harmones Vuelso erano solo una delle migliaia di rivisitazioni del suono del cosmo. Come in tutte le forme d’arte moderna c’era, anche nei cristalli di Vuelso, un lato paradossale e stupido: i cristalli attraversati dai numerosi laser non facevano alcun suono. Il silenzio dello spazio come metafora dell’armonia e della purezza. Un silenzio che non doveva però far credere all’assenza di movimento e di vita nel cosmo, ecco perché i laser e le rifrazioni nei cristalli rappresentavano il lavorio oscuro dell’universo, il suo silenzio macchinoso.
Quando fu chiaro ed inevitabile che si pensasse alla missione Shield Harper come fonte di salvezza, i ‘cristalli attraversati da laser’ di José Harmones Vuelso erano già spariti da molto tempo da tutti gli appartamenti che li avevano ospitati. Distrutti, presi a bastonate, gettati dai piani alti dei grattacieli di Medison Avenue, ammassati e bruciati in un rogo solenne a Union Square. Lo stesso Vuelso, che s’era tremendamente arrichito ad una velocità impressionante, dovette lasciare New York e gli Stati Uniti per non rischiare il linciaggio. Da armonioso silenzio che purificava gli ambienti domestici, le sue sculture erano diventate l’occulto sibilo d’angoscia che impestava le dimore nutrendo la sindrome di pazzia spaziale come farebbe un cane rimpinzando di sangue la zecca che ha nell’orecchio.

32.

Venerdì pomeriggio.
Jilles ha appena fatto avanti ed indietro la 77th tre volte. Non c’è traccia del suo amico Jack Mallory. Ha un gran bisogno di parlare con qualcuno di Shwan, e quel qualcuno può essere solo Jack Mallory.
Ha un appuntamento con lei quella notte in un appartamento e la cosa lo rende nervoso. Vorrebbe capire, parlare con Jack Mallory dei suoi sentimenti e delle sue paure.
E’ davvero possibile provare una paura che non sia la paura causata dalla sindrome?
Si tratta di una paura causata dallo ‘stato d’apparenza’ a cui Jilles pensava d’essere immune?
Ha parecchie domande su di sé, è da tre giorni che la sua mente s’occupa di formulare domande che non dovrebbero più esistere in un uomo del suo lignaggio morale e del suo intelletto. Eppure si sente sempre più vicino alla massa che vaga indispettita intorno al vecchio Central Park alla ricerca di biglietti per lo Space Dome.
All’improvviso sente una voce urlare: “Stanno vedendo dei biglietti all’angolo tra la 67th e Raymond Street!”
La gente corre. Jilles si fa da parte e si lascia passare ai fianchi uno stanco plotone d’uomini sfibrati. Quando quel gruppetto sparisce dietro alla 66th, improvvisamente comincia a correre lui stesso.
Quando arriva all’angolo tra la 67th e Raymond Street non è affatto sorpreso né deluso nel constatare che non c’è proprio nessuno che abbia dei pass da vendere, ma lo spettacolo che si ritrova davanti è veramente inusuale. Ci sono centinaia di donne, forse un migliaio mischiate agli uomini. Non quelle solite donne che lavorano per il Controllo e che si vedono in giro per le vie migliori di Manhattan nei pomeriggi o al mattino, ma quelle reali, quelle disumanizzate divenute scheletri d’uomini maschi o lesbiche feroci. Non ne aveva mai veduto in giro così tante e tutte insieme. Facevano impressione, come se si fossero organizzate in selvagge tribù. Il desiderio d’assistere ai quindici minuti allo Space Dome era stato più forte del desiderio d’imbottirsi di Tantrax o di strofinarsi i clitoridi fino a renderli delle protuberanze callose. Uomini e donne tutti insieme avevano dopo tanto tempo uno sguardo in cui si leggeva chiaro e limpido il desiderio per qualcosa.
Jilles s’insinuò, non certo con poco timore, tra i gruppetti che si erano formati all’angolo della strada. Jilles Yves, nonostante tutte quelle domande ch’aveva in testa, non aveva nulla a che vedere con questa gente. Questa gente, queste mucche marchiate dalle forme umane, non amavano di certo i complessi sofismi di gente come Jilles Yves o Svend Tveskæg, né potevano essere certo solidali con il loro progetto sociale che non li vedeva in alcun modo protagonisti e neppure gregari. La massa era un insieme di numeri associati a delle variabili e il loro destino era un’insieme di calcolatori che, simili a lavatrici, ripulivano i dati non rilevanti e producevano l’ipotesi del mondo attraverso la Simulazione.
Possibile, si chiede Jilles, che tra tutta questa gente non ci sia uno solo che abbia già assistito ai quindici minuti d’immagini concessi allo Space Dome?
Nessuno che possa raccontare o che abbia sentito o parlato con qualcuno che ne ha già preso visione?

33.

“Dov’erano finite quelle duecentomila persone ch’erano entrate ed uscite dallo Space Dome in questi due giorni?”

34.

Alla notte Curson Avenue non esiste. Basta spostare la tenda azzurrina ed affacciarsi alla finestra dell’appartamento al ventunesimo piano per assistere ad un’oscurità totale priva di qualunque punto di riferimento spaziale.
Jilles apre il frigo, non c’è altro che bottiglie d’acqua del Montana e confezioni di Tantrax. Accanto alla lampada, un’ottima copia della lampada di Zimmer, c’è un foglio con l’ultima poesia di Jilles. Quando spegne anche quella luce, l’appartamento sprofonda in un silezioso buio alto duecentotrenta metri.
04:33. “Jilles! Jilles sei sveglio? Sei in casa?”
L’oscurità viene aperta da un sottile fascio di luce che esce dal frigo.
“Jilles sei qui? Quando sei tornato?”
Acqua del Montana e Tantrax, non c’è altro in frigo.
“Jilles mi sei mancato…”
La luce fiacca della finta lampada di Zimmer.
“Lei era ormai uno spettro con gli occhi di un piccione. E’ questo, vero, il titolo dell’ultima poesia che hai scritto?”
Acqua del Montana e Tantrax, non c’è davvero, assolutamente altro in frigo.
“Jilles? E’ quello il titolo? Jilles…perché rimani ancora in silenzio?”

35.

‘Siete pregati di rimanere ad almeno tre metri dalla vetrina, le immagini inviate dallo Shield Harper verranno trasmesse a mezzogiorno’.
Incurante di quella scritta Jilles Yves si avvicina alla vetrina di Bowl Electronics spostando una donna con una dolce carezza sulla schiena. Nello sguardo di lei c’è una grande, enorme speranza e fiducia.

36.

“Che cos’è la salvezza?”

37.

“Ho pensato molto a te, davvero. Davvero molto.”
“Pensi che questo ti farà star meglio. E’ questo che pensi? Nella tua voce si nasconde un’euforia strana che mi preoccupa…”
C’è un solo libro fuori posto nella libreria, deve essere stato letto di recente, anche se in quell’appartamento sembra mancare da anni una presenza umana. Lei lo raccoglie e guarda la pagina su cui è stato lasciato un segnalibro di petali di rose plastificate.
Legge nella sua anima l’ultima riga di quella pagina. La sua anima è così pura che quelle parole sembrano risuonare nell’appartamento come il silenzio dei ‘cristalli attraversati da laser’ di José Harmones Vuelso.
“Che cos’è la salvezza?”

38.

Mezzogiorno davanti a Bowl Electronics.

39.

Lunedì, 12,45. Aeroporto internazionale di New York City.
Uno dei monitor all’interno dell’ala partenze F404 si spegne e si riaccende immediatamente. Una scritta lampeggia in rosso: il volo New York-La Rioja (che a quest’ora dovrebbe già essere in fase di decollo) partirà con sei ore di ritardo.
La sala d’attesa per il volo New York-La Rioja è deserta. Non c’è né lo staff della compagnia, né – a ben vedere attraverso la vetrata – l’aeromobile della compagnia.
“Non c’è traccia qui di Jack, bisognerà chiedere a qualcuno”
Svend Tveskæg ha la barba incolta, il viso assonnato e una vecchia maglietta dei Tacoma Flags con una macchia orrenda d’unto che copre il simbolo della squadra.
“Sei sicuro che c’era il nome di questo Jack Mallory nella lista che ti hanno dato?”
“Jack vive nella 77th e paga in contanti. Questa è l’unica traccia concreta che abbiamo su di lui” – gli spiega Yves mentre con lo sguardo si volge alla ricerca del personale della compagnia.
“C’erano solo due posti prenotati su questo volo” – continua – “ed entrambi riservati a nome Jack Mallory”.
“Cosa mai poteva andare a fare a La Rioja?”
Jilles scuote il capo. “Una vacanza forse…”
“Sì certo, quasi quasi ci vado anch’io in quel pantano di La Rioja. Mi apro un bar e servo cocktail di gin e fosfato di potassio. Una volta arrichito magari torno a New York e metto su famiglia a Coney Island.”
Jilles si muove incuriosito dal tabellone elettronico al centro dei bracci snodati.
“Guarda. Guarda lassù, stanno sospendendo tutti i voli in partenza da New York. Ecco guarda! Hanno soppresso ora il volo per La Rioja.”
Nel giro di pochi istanti tutti voli da New York vengono soppressi. Le sale d’attesa sono vuote, il personale dei bar ed in seguito quello dei check in lasciano l’areoporto. Il loro modo di sparire è davvero inusuale, impercettibile. Tanto che sia Jilles che Svend hanno l’impressione d’essere entrati in un areoporto di fantasmi senza essersene accorti.
“E’ stata fatta una simulazione” – è il commento serio e laconico di Svend.

40.

Le vetrine di Bowl Electonics sono frantumate, i pezzi dei monitor giacciono scomposti sulla strada come fossero installazzioni di Marcel Vaillant. Accanto ci sono cadaveri insanguinati che la luce del cielo fa sembrare delle macchie oniriche.
E’ praticamente impossibile riuscire a mangiare una bistecca da Malone’s quel pomeriggio. Non dà affatto un bello spettacolo di sè il noto ristorante di Manhattan, questo è certo.

41.

La teoria secondo cui il mondo sarebbe stato condotto alla salvezza attraverso una Simulazione Globale continuata si basa sul concetto che la salvezza non esiste nel mondo reale ma solo in quello della simulazione. La teoria afferma che la simulazione ha maggior diritto d’essere della realtà stessa. La realtà è il male poiché costringe la mente umana a considerare l’idea del limite. Il limite è il male assoluto, è quello che ha creato la sindrome. La sindrome ha reso l’umanità disumanizzata. L’umanità ridotta all’essenziale finisce per non provare alcun desiderio se non quello per un’astratta liberazione. La liberazione, in assenza di teorie, viene spesso identificata con la morte. La teoria libera, ne è capace. La teoria simulata è l’essenza di liberazione.
La perfezione si attua quando il Controllo diventa un processo automatico di una simulazione capace di considerare un numero di variabili tendenti all’infinito.
La sindrome finirà. Il giorno della sua fine è già stato deciso.

42.

“Jilles! Jilles sei sveglio? Sei in casa?”
“Ho pensato molto a te, davvero. Davvero molto.”
“Pensi che questo ti farà star meglio. E’ questo che pensi? Nella tua voce si nasconde un’euforia strana che mi preoccupa…”
Poi c’è un silenzio di filiformi fruscii di perline. C’è un tale buio che l’appartamento sembra non aver più confini.
La donna si sdraia nel letto accanto a Jilles. Indossa solo un paio di mutandine bianche che aderiscono perfettamente al ventre ed ai glutei. I seni invece sono nudi. Jilles li sfiora con una mano mentre si gira per accarezzarle il collo. La sua pelle sembra sempre più giovane ogni giorno che passa, ma non fa alcuna differenza in fondo. O forse fa una grande differenza. Lei gli concede un bacio sul braccio e poi gli rivolge la schiena con l’evidente intento di dormire. Jilles le osserva il sedere che prende forma dalle mutandine bianche che brillano nel buio. Allunga una mano e gliele strappa tirandole verso sé.
“Quando crescerai finalmente?”
Jilles sia alza. Si sentono i suoi passi ben distinti nel buio della notte.
L’oscurità viene aperta da un sottile fascio di luce che esce dal frigo.
Acqua del Montana e Tantrax. Jilles prende tre capsule e le ingoia. Quel raggio di luce gli illumina il volto.
“Tu sei malato. Jilles, tu devi guarire.”
Lo dice senza neppure voltarsi. Lo dice senza aver bisogno di guardarlo. Evidentemente lo conosce, lo conosce forse troppo. O mai abbastanza.
Si sentono i passi di Jilles. Non sono diretti verso il letto.
“Smetti. Smetti di pensare a me.” – dice lei prima di rigirarsi ancora nel letto. I passi di Jilles sono diretti verso la tenda azzurrina.
La notte è buia e silenziosa come il suono dei ‘cristalli attraversati da laser’ di José Harmones Vuelso. In quelle notti Curson Avenue, che pure dovrebbe essere a duecentotrenta metri da quel davanzale, non esiste affatto.
Solo sporgendosi fuori, prima con la testa e poi con l’intero corpo, ci si rende conto d’essere in un impressionante grattacielo d’infiniti davanzali.
Bisogna avere sempre una visione d’insieme, seppur quell’insieme, si sa, è sempre un limite matematico.
Jilles Yves sa che un artista porta con sé onori e oneri. La sfida dell’artista ha sempre qualcosa d’insensato e di dolce, tanto che sembra un salto nel buio.
Si sente un fruscio, come di una tenda che si gonfia.
Poi si sentono solo le parole di lei.
“Mi senti? Hallo? Sei ancora lì?”

43.

Helios Mauri ha trasmsso oggi dalla Cintura di Kuipfer un nuovo dispaccio dallo Shield Harper. E’ un messaggio difficile da interpretare.
Il segnale, in assenza d’interferenze e di controlli, è stato irradiato dalla base di Conver nel circolo polare artico in tutto il pianeta Terra.

44.

“Che cos’è la salvezza?”



Shield Harper (II parte) - Tratto da "La Massa Mancante", Pablo Palazzi - 2006

www.pablopalazzi.com
www.sxho.it

Ultimo aggiornamento il 09-11-2006 @ 05:37 pm


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