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Inflazione. (La Massa Mancante, 2006 - Pablo Palazzi) Inserito : 10-08-2006 @ 02:04 am |
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Inflazione.
Quell’amore fu talmente grande che oggi potremo forse chiamarlo un amore infinito. Ma infinito, alla fine sapremo, non fu. Certo fu indescrivibile. Talmente indescrivibile che in quel tempo assai remoto, in cui questa storia ebbe inizio e fine, non ci fu nessuno che osò neppure sussurrarlo.
Non si amava affatto allora, di certo non nel modo in cui siamo stati abituati a conoscere nel corso delle nostre più recenti epoche.
L’amore in quei tempi lontani si comportava come uno specchio nel fondo di un lago.
L’amore era una magnificente illusione che si propagava, si rifletteva ovunque. Era una luce a cui nulla poteva sottrarsi. Inebriava e stordiva. Non era un atto di volontà né tanto meno un atto di unicità. Amore e coscienza erano un’unica entità non privata.
Eppure, anche in quel regno di straordinaria pace, qualcosa d’apparentemente illogico accadde. Fu quell’amore, unico e irripetibile, che non ebbe regole o ragione, e che diede vita a quella disperata, sospesa passione.
Non è detto sapere con esattezza il momento in cui si convinse d’amarla in modo assai diverso da come era abituato ad amare tutto il resto. E neppure si sa con esattezza se questa passione fosse nata prima o dopo di quella scoperta che fece. Ma comunque sia andata davvero, tutto si può dire nacque dalla sua inusuale curiosità. Inusuale davvero, tanto che nessuno si seppe spiegare cosa avesse potuto dar vita a quella curiosità così irragionevole e fuori luogo. In quel mondo, apparentemente perfetto, si può dire fosse nata una crepa. Cercare di capire il perché non è il compito di questa storia. Già, come ho detto, ebbe inizio per via di una curiosità: i pozzi neri.
Si sapeva che ce ne erano disseminati a migliaia di pozzi neri ma nessuno li aveva mai visti, e a quanto sembra nessuno sapeva a cosa servissero esattamente. Si sapeva però che dovevano essere da qualche parte tra quelle immense praterie luminescenti e che, casomai qualcuno ci si fosse imbattuto contro per caso, doveva tenersene alla larga e a d’ogni buon conto di certo non si doveva affacciare nel pozzo, perché quello scuro fondo buio l’avrebbe per sempre segnato come una maledizione.
Qualunque fu il motivo che lo spinse in quell’angolo remoto di prateria esso non sarebbe comunque sufficiente a spiegare il perché s’imbatté proprio lui in quel pozzo nero. Talmente vasti erano quei luoghi d’armonici colori filamentosi che una tale scoperta poteva essere avvenuta solo per un casuale avvenimento, quello che oggi forse chiameremo destino.
Ebbene quando ebbe guardato nel pozzo nero e visto quell’imperscrutabile orizzonte del nulla, non ci fu più alcunché che poté dissuaderlo dal portare a termine il suo unico, incomprensibile corteggiamento amoroso.
Si convinse infatti che l’unico modo per mostrarle l’unicità del suo amore e di persuaderla della reale possibilità di questo fosse di metterla di fronte a quello spettacolo inaudito. Non il pozzo nero in sé, quanto ciò che all’interno lui avrebbe sparato: fuochi d’artificio. Ne esistevano disseminati per le praterie in enorme quantità, come se fossero fiori dalle iridescenze luminescenti. Bastava correre per i prati che s’alzavano scintillanti colori che creavano spettacoli meravigliosi. Ma nessuno, fino a quel momento, s’era mai neppure immaginato di raccoglierne così tanti da lasciare quasi spoglia un’intera collinetta.
E quando finalmente ebbe messo tutto dentro ad un grosso sacco la prese per mano e la portò in quel luogo. Nella sua immensa ed ingenua bellezza ella non comprendeva proprio cosa spingesse costui, che pur ben conosceva, a compiere quel gesto. Ella ancora non lo amava, se non come aveva amato tutto il resto indistintamente. E con quella verginale ingenuità si lasciò condurre sul ciglio del pozzo nero dove lui s’apprestava a rovesciare il sacco pieno di fuochi d’artificio. In quel momento la volle guardare un’ultima volta prima che quell’inusuale colpo d’occhio le cambiasse per sempre lo sguardo. Condividere quello sconsiderato spettacolo privato, pensò, li avrebbe legati per sempre e finalmente in un modo unico, privato. Nemmeno lui sapeva esattamente che cosa questo potesse davvero significare, ma come ho detto fu probabilmente quella inusuale curiosità che lo spinse a volerlo scoprire.
Immaginò comunque che nessuno lo avrebbe mai potuto sospettare o tanto meno scoprire. Una volta che i fuochi d’artificio avessero esaurito il pirotecnico spettacolo, il pozzo – pensò – sarebbe tornato buio ed imperscrutabile come prima. Nessuno lo avrebbe mai scoperto.
Aprì il sacco e con quell’ingenuità che ancora faceva parte di lui gettò tutte quelle scintillanti cariche elettriche, a cui oggi daremo probabilmente il nome di qualche particella, dentro al pozzo nero.
Lo scoppio che ne derivò li accecò per un attimo, poi assistettero storditi ed increduli a quell’irripetibile spettacolo.
Non si sa con esattezza quanto tempo rimasero affacciati a quel pozzo, ma fu assai di più di quanto lui stesso si fosse mai potuto sognare. Quello spettacolo, come quell’amore, durò per certi versi un solo istante e per altri l’eternità. Qualcosa d’inaspettato, di davvero imprevedibile era accaduto. Dopo quell’immenso, caotico boato i fuochi d’artificio s’erano, per così dire, mescolati l’uno all’altro in un modo ordinato e preciso, dando vita a neutroni, protoni, nuclei e poi atomi d’idrogeno ed elio. Come se vi fosse stata una sorta di regola fino a quel momento del tutto sconosciuta. E se quell’abbagliante luce iniziale s’andò via via esaurendo, questo non arrestò affatto lo straordinario spettacolo che si stava aprendo ai loro occhi: quello che rimaneva dei fuochi d’artificio s’espanse nel pozzo nero creando ogni sorta di spettacolare colore e forma. Guardando quelle spirali azzurre che s’allontanavano soavi nel pozzo si resero conto di quanto profondi erano davvero i pozzi neri.
Ebbene quello spettacolo sembrò davvero catturarli in una sorta d’indisturbata eterna spirale d’amore. Ed in effetti forse non si sarebbero mai staccati dal ciglio di quel pozzo nero se qualcosa o qualcuno non li avesse letteralmente colti sul fatto. Qualcosa o qualcuno che doveva essere uscito da quel profondo imbuto oscuro e che non videro mai perché, distratti dallo svolgersi del loro amore, furono colti alle spalle ed entrambi spinti giù nel pozzo.
Si racconta che il pozzo fu coperto e sigillato da quello straniero che li aveva buttati al suo interno, e che sopra a questo pozzo quello stesso straniero abbia poi issato una specie di grosso fazzoletto con disegnate tante stelline su uno sfondo blu ed un numero imprecisato di strisce bianche e rosse.
Ultimo aggiornamento il 10-08-2006 @ 02:04 am
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