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Una K sull'America


di Luca Curino


Il clima è quello cupo dei Paesi dell'Est ma l'azione si svolge in America. Anzi, in Amerika, con un cambio di consonante che sa tanto di «fattore K», di Cremlino, di comunismo. E, infatti, siamo nel 1997. Le truppe sovietiche controllano gli Stati Uniti, invasi dieci anni prima (in pratica oggi: la scelta della data conferisce un senso di agghiacciante attualità alla vicenda).

In questa Amerika sottomessa e squallida, con un fin troppo facile ripescaggio dei luoghi comuni in materia, scarseggiano i viveri, dilagano le malattie, la libertà è limitata e la democrazia calpestata, con tanto di gulag per i dissidenti, terapie di condizionamento e deprogrammazione degli individui. Il potere politico, svuotato d'ogni autorità, vegeta nella connivenza con gli occupanti; agli occupati non resta che organizzare la resistenza.

Non è difficile immaginare lo sgomento che devono aver provato quei 70 milioni di americani che lo scorso 15 febbraio hanno assistito alla prima puntata di «Amerika», il Kolossal prodotto dall'ABC che ha già tanto fatto discutere in tutto il mondo. A sette mesi di distanza, preceduto dalle polemiche, arriva in Italia grazie a Canale 5, che lo manderà in onda in prima serata (quattro puntate settimanali da un'ora e 40 l'una) a partire da domenica. La versione originale dura quattordici ore e mezzo ed è costata 35 milioni di dollari, più di 45 miliardi di lire. Le riprese sono durate tre anni.

Il protagonista è Devin Milford, interpretato da Kris Kristofferson (già indimenticabile ribelle nei panni di Billy the Kid), ex senatore degli Stati Uniti appena uscito da un campo di deprogrammazione.

Devin torna a casa, a Milford, cittadina immaginaria del Middle West che prende il nome dalla sua, un tempo ricca, famiglia. L'accoglienza, però, è ostile. In particolare quella del padre, che lo ritiene responsabile delle disgrazie familiari: la casa è stata requisita, le terre anche. La moglie, infine, lo ha tradito per un generale russo, diventando ufficiale del governo e abbandonando i due figli, dispersi a Chicago.

In questo stato di cose l'unico scopo di Devin è ritrovare i figli. Perciò una notte scappa da Milford e parte per un viaggio verso la metropoli degno della migliore tradizione «on the road» americana, nascosto come un «hobo» nel carro merci di un treno. Intanto l'attività della resistenza, di cui Devin conosce alcuni elementi, s'intensifica e così le ritorsioni dell'esercito sovietico, che mette Milford a ferro e fuoco. Denunciato da uno dei figli ritrovati, Devin finisce nelle mani dei torturatori della polizia segreta, ma riesce a scappare e si unisce ai partigiani.

Sullo sondo di questo America in ginocchio s'intrecciano altre storie.

Non potevano mancare amori, tradimenti, riconciliazioni e intrighi vari fra buoni (quasi tutti gli americani) e cattivi (sempre comunisti). Alla fine l'amore per la patria calpestata dai rossi convoglierà gli oppositori nella resistenza.

Un'>America così non la si vedeva da «The day after», di cui "Amerika" in un certo senso è la continuazione. In realtà il legame con la pellicola fantanucleare dell'83 è anche più profondo: l'idea di questo "after the day after" venne quattro anni fa al columnist conservatore Ben Stein, che suggerì il soggetto alla ABC incontrando l'immediato interesse dei dirigenti dell'emittente televisiva. L'argomento, peraltro, era stato più volte proposto durante gli anni del maccartismo; oggi, mostrare agli americani gli effetti di un'eventuale occupazione sovietica ferisce e provoca il nazionalismo reaganiano.

Di qui le polemiche e le manifestazioni che hanno fatto di «Amerika» lo sceneggiato più controverso della storia televisiva statunitense. Secondo i conservatori il prodotto è denigratorio dello spirito nazionale, mostrando gli Stati Uniti depressi e sottomessi.

Per i progressisti, invece, non è altro che l'ennesima proiezione dell'incubo paranoico degli americani dell'avvento del comunismo.

Kris Kristofferson ha confessato che «spesso mi sveglio la notte in un bagno di sudore e mi chiedo se questa non sarà una colpa che mi trascinerò fino alla tomba», mentre l’Onu ha protestato per il fatto che le forze di pace vengano dipinte come forze d'oppressione, ottenendo il taglio di alcune sequenze e l'introduzione in apertura di ogni puntata di un messaggio chiarificatore che spiega la natura fantastica della storia.

Le autorità sovietiche, dal canto loro, hanno definito «Amerika» un "atto deliberato di terrorismo psicologico" sottolineando come film di questo tipo «rinforzino gli stereotipi che dividono Usa e Urss»; ma poi, con una grande dimostrazione di "glasnost" ne hanno autorizzato la visione nel paese.

Di tutto questo si parlerà subito dopo la prima puntata in «Dossier Amerika», uno speciale a cura di Jas Gawronski e Gigi Moncalvo che raccoglie. le reazioni al film negli Stati Uniti e in Unione Sovietica.






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