Una fiaba da Oscar
di Maurizio Porro
In qualche modo l'Oscar come miglior film di animazione, dato quest'anno al giapponese "La città incantata" (in anteprima per i lettori di "Vivimilano" domenica 13 all'Arlecchino), vincitore dell'Orso d'oro del Festival di Berlino 2002, segna una data storica sia per i cartoon sia per Hollywood e il suo impero.
Perché non è un film della Disney, né della Pixar, né della potente Dreamworks e neppure dell'emergente Fox e non ha avuto campagne promozionali da milioni di dollari: è un film diretto dal maestro dell'animazione nipponica Hayao Miyazaki, ben noto ai cultori del genere, che dopo "La principessa Mononoke", in preda a un esaurimento nervoso, aveva minacciato di ritirarsi dal cinema, per fortuna non mantenendo la promessa. Perché "La città incantata» ("Spirit away"), che la Mikado fa uscire sui nostri schermi a Pasqua in concorrenza al molto disneyano sequel del "Libro della giungla", è davvero una festa dell'immaginazione al potere, di quel senso fantastico che fanno della fiaba motivo di stupore per i minorenni e magari di gaudio estetico per i maggiorenni.
La storia è semplice e classica, è quella di una iniziazione alla vita e a tutti i suoi incubi di una bambina di dieci anni testarda e capricciosa, Chihiro, che in auto con i genitori si avvia recalcitrando a cambiare casa, quando viene «inghiottita» da un grande tunnel nero che la porta in una città fantasma, luogo magico e orribile, fatato e dominato da Yubaba, strega malvagia e potente che trasforma papà e mamma, mangioni puniti, in maiali destinati ad essere serviti in tavola.
Alla piccola, spaventata ma non troppo perché capace di amare anche gli esseri più strani e straniti, eroina e lavoratrice suo malgrado, succederà di tutto e di più con una escalation grafica e pittorica e ritmica del senso del fantastico che occupa tutte le due ore del film di animazione colorato e masterizzato in digitale; finché, dopo una bellissima corsa su un tramvai che fila via nell’azzurro marino, ella patteggerà con un ex mostro nero e serpentino la metamorfosi umana dei genitori, tornando infine nel mondo civile. Produttore, scenografo, regista, pittore, scrittore e autore, Miyazaki, classe '41, infanzia sotto le bombe, fondatore dello studio Gibli, mitico per la sua produzione cinetelevisiva di successo, oggi è davvero l'ultimo imperatore del cartoon, vanta una carriera che dura da 39 anni e ha frequentato la lirica, la poesia, la fantasia pittorica, l'ironia con il rigore dell'autentico artigiano di questo cinema sostenuto da un potere di evocazione e affabulazione straordinario.
Che racconta ancora una volta la storia di un essere umano che combatte e vince contro i mostri, mostri che nascono dal nostro subconscio, creature mutanti che vengono da lontano. Forse dal fungo di quella bomba atomica calata su Hiroshima, sopravvissuti a un disastro ora finito nei colori di un vivace subconscio popolato da un gatto autobus, da una talpa gigante, da lucciole e da gentili spiriti dei boschi, divinità e spiriti che vengono diretti dall'infanzia del regista.
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