Una tranquilla famiglia borghese col vizio dell'orrore
di Maurizio Porro
Abitante in una casa gotico vittoriana edificata nella memoria del Diavolo, la famiglia Addams, apparsa nel '32 sul New Yorker come comic strip e passata all'immaginario multimediale della tv nel '64, è nello stesso tempo la dissacrazione totale dei valori e il ritorno alla protettività del nucleo familiare horror-borghese. Per merito del grottesco, che apre il film con Gornez giocatore di braccio di ferro con la mano semovente e pattinatrice.
Il macabro gruppo, allietato nel film dalla nascita di un bebè baffuto e dal pallore cadaverico, investe il sistema morale vigente, con i ragazzi che tentano in ogni modo di sistemare per sempre il nuovo fratellino.
La situazione peggiora quando penetra in casa una "tata" di nome Debbie, in realtà è una pericolosa killer psicopatica (colpevole di tutto la Barbie di Malibù) che ha messo gli occhi sul patrimonio degno di Poggiolini dello zio Fester, sedotto, sposato e depredato (un bacio, 20 dollari) nell’intenzione di farlo fuori, con sistemi degni dei Tiny Toons, i cartoons di Beep Beep.
E intanto i due piccoli teen agers («non siamo timidi, siamo contagiosi») vanno in un campeggio estivo in cui si raccoglie il peggio dell’America perbenista e razzista, con le signorine bionde che finiranno vittime degli Addams junior e di un loro amichetto umiliato, offeso e allergico, durante uno show in cui, travestiti da indiani, metteranno non metaforicamente a ferro e fuoco l'ideologia del Thanksgiving day.
Ma sangue non mente, il gruppo si ricompatta dopo le brutte avventure sempre più saldo, con qualche ospite in più che promette ulteriori emozioni "dark".
L’affezionato pubblico di questi ridicoli e sanguinari eroi della nostra paura quotidiana, che nell’inconscio battono sullo stesso chiodo di Fantozzi, in libera uscita dal surreale, troverà occasioni di ilarità anche nella Famiglia Addams 2 (Addam's Family values) ancora diretto da Barry Sonnenfeld, ancora interpretato con varietà psicosomatica da Anjelica Huston, una Morticia inguai nata in nero e dalle lunghe unghie rosse, dal fine Raul Julia, dal molto caratterizzato Christopher Lloyd, che sbava per le beltà bionde di Joan Cusak. Ma la migliore è la piccola Christina Ricci (ex Sirene), che interpreta Mercoledì con una costanza della non ragione notevole, una spaventosa fissità che riesce ogni tanto a imparentare il film con la critica di un'America dolciastra, edificata con i mattoni Disney, visto dagli Addams come la più atroce delle punizioni.
La seconda puntata della saga horrorifica è, sebbene non previsto, migliore della prima, possiede qualche battuta simpatica (scrive Paul Rudnick, sceneggiatore di Sister Act) e qualche fulminante trovata fantasy: per esempio una danza spagnola con le cozze al posto delle nacchere: le figurine degli schizofrenici famosi; un mucchietto di ceneri umane con accanto una carta di credito, impietosa radiografia di una certa America oggi, tipo Altman, Ma non è il caso di alzare troppo il tiro: per il 90% gli Addams sono orgogliosi della loro sanguinosa irrealtà con amici a due teste e lampadari in stile Luigi XXXVIII, paghi di metterci il dubbio sul fatto che almeno una volta abbiamo tutti desiderato una famiglia dove i neonati volano. È una sit com dell'orrore in cui si urla di raccapriccio sul poster di Michael Jackson non ancora accusato di molestare i bambini: ma è rassicurante, perché sappiamo fin dove si può spingere (gli opposti estremismi: il bimbo si chiama Pubert dopo aver scartato Benito e Mao…) e perché profuma di tinello tv. Ma i torvi sfarzi scenografici e i molti trucchi presenti sono una forma d'arte prestigiatoria non comune i cui meriti vanno suddivisi tra Ken Adam, che viene da Kubrick e James Bond, e Alan Munro, che possiede il design della maledizione.
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