Un violento divertimento
di Tullio Kezich
A guardarlo nelle immagini di L'incredibile Hulk, ora riproposto dopo un'interminabile serie di apparizioni in tv e lo sfortunato film di Ang Lee del 2002, il gigante verde dei comics sembra nato ieri. E invece conta ben 122 primavere perché tante ne sono passate da Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde, archetipo di tutte le vicende in cui il bene e il male si impastano in una sola persona.
Del resto il debito verso Stevenson fu riconosciuto da Jack Kirby fin da quando inventò il personaggio bifronte che è insieme il lucido scienziato Bruce Banner e il ferocissimo alter ego dai possenti bicipiti. Hulk nasce ufficialmente nei fascicoli del Marvel Comics Group nel maggio '62: non è ultracentenario come Jekyll, ma al mezzo secolo quasi ci arriva.
Se c'è in giro qualcuno ancora attaccato alla teoria veterocinefila del regista come autore unico del film, prima di prendere in considerazione il lavoro del regista Louis Leterrier dovrebbe dare un'occhiata a un bellissimo libro: «Kirby King of Comics», messo insieme da Mak Evanier per le edizioni Abrams di N.Y. In un travolgente svariare di disegni colorati dove Hulk si scatena fra gli X -Men, Captain America, i Fantastici 4 e Thor, salta agli occhi che il creatore di tutta la compagnia è il sunnominato Jack Kirby (ovvero l'oriundo austriaco Jacob Kurtzberg, 1917-1994) al quale si può tranquillamente ascrivere anche la paternità della presente versione cinematografica.
Pregio ma forse anche difetto del film (per lo spettatore che non ha mai sentito parlare di Hulk) la vicenda parte in medias res. Una didascalia destinata a tornare più volte ci informa che sono 158 i giorni trascorsi senza crisi dal professor Banner (Edward Norton) rifugiatosi nel cuore di una favela di Rio de Janeiro per smaltire in segreto la contaminazione dei raggi gamma che minacciano ogni momento di trasformarlo nell'orrido gigante assassino. Bruce lavora in una fabbrica di bibite e occupa il tempo libero in meditazioni yoga per dominare gli interni affanni. Solo la biologa Elizabeth Ross (Liv Tyler) sa dov'è nascosto il suo innamorato e cerca di tenerlo lontano dalle grinfie del proprio padre, il generale Ross (William Hurt) che vorrebbe utilizzare Hulk come prototipo di un battaglione di supereroi destinato a cambiare l'esito delle ormai endemiche guerre americane.
Basta però una goccia di sangue del potenziale ammazzasette in una bibita destinata agli Usa per rintracciare lo scienziato e scatenargli addosso una falange di teste di cuoio. Gli scontri e le fughe a gambe levate sui tetti della favela, con Bruce impegnato a sottrarsi ai suoi persecutori, sono fra le migliori riuscite di un film vincente soprattutto nelle situazioni da videogame: Il tutto riattizzato dall'apparizione di un secondo militare, Emil Blonsky (Tim Roth), deciso a diventare un mostro anche lui per combattere Hulk ad armi pari e imboccare la carriera del supereroe sanguinario che il saggio protagonista ha preferito scansare.
Nulla da eccepire sui tanti spassosi momenti di violenza incandescente, che ispirandosi ai famosi disegni inscenano disastri a gogò, ma nonostante il film si rifaccia a King Kong nel delineare il rapporto fra la bella e la bestia, tutto ciò che non è catastrofale finisce per ristagnare. I personaggi non hanno spessore anche perché, come è parso di capire da certe dichiarazioni di Norton, sceneggiatore oltre che protagonista, sono state tagliate scene in cui si approfondivano gli aspetti psicologici e la morale della favola. Meno male, direi, perché in questo modo L'incredibile Hulk non avanza pretese e resta nell'ambito di una fastosa baracconata dalla quale si esce frastornati ma felici.
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