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Cinque passi nel dolore e altri racconti


di Claudio Tinivella, "I giavellotti", ed. Rosso & Nero, ’94, 18.000 £, 64 pagg.


Bella antologia del Tinivella, che ricordo mio collega alla redazione di "The Dark Side".

Sono racconti, come vedremo, sempre di un fantastico appena accennato, ben radicati nel Reale, con ampi sguardi sul vivere quotidiano, sulla politica.


-"Di terra e di acqua" (originariamente in "Alla bottega", '86; pagg. 7-18)-un uomo sconfitto, pieno di ricordi amari, pedala da solo, nella campagna.

E si ricorda, anche, di un giorno molto particolare, di quella sua vita, un giorno nel quale aveva sognato, forse, di immergersi in un fiume profondo, seguendo una donna che ve lo aveva invitato.

Per trovarsi in una condizione di felicità che non aveva mai vissuto: "Una sorta di euforia si era impadronita della sua mente, e ora lui si sentiva tutt’uno con il mondo nel quale era penetrato, tutt’uno con il fiume che l’aveva accolto accettandolo così com’era, senza chiedergli inutili eroismi o giuramenti." (pag. 13).

E lo ritroverà, quel fiume magico, e quella donna, magica, e riuscirà a lavarsi via dall’anima tutto il dolore di quella vita da perdente.


-"Messaggero del passato" (originariamente in "Follow my dream" n. 1/2, ‘89; pagg. 19-32)-un uomo va a trovare, invitato, un vecchio amico che ancora abita lungo il fiume che aveva visto le loro avventure di adolescenti.

E i ricordi, di quei giorni, riaffiorano prepotentemente.

La loro "banda", quelli che la lasciavano perché era cominciata la guerra, e poi Paola, la partigiana che li aveva condotti in un’avventura forse più grande di loro.

Si accenna solamente ad un qualche tragico avvenimento che determinò la loro rovina, presumibilmente, scoperti, attaccati e decimati, ma, cosa più importante, tutto il racconto è soffuso di un’aura di magia dovuta, prevalentemente, alla predisposizione d’animo di quei ragazzini ma, anche, ad un qualche forse reale potere magico, di quella Paola, che, condottoli in una qualche sorta di grotta, li porta ad una visione quasi mistica: "Il suo volto sembrava emanare luce, ma guardandola bene ci accorgemmo che non era lei a brillare, ma qualcosa che portava al collo.

Un intenso odore di incenso proveniva da qualche parte alle sue spalle, bastarono pochi istanti perché ne fossimo tutti storditi.

(…)

L’universo si espanse in noi, forme di conoscenza che non avevamo mai sperimentato si fecero strada nelle nostre coscienze, rivelandoci verità che il linguaggio umano non saprebbe mai comunicare. Emersero dai nostri ricordi, si coagularono in momenti di consapevolezza totale, alternati a sensazioni di estrema fluidità. In quei momenti noi sapevamo." (pag. 29).


-"Frammenti di Polonia" (originariamente in "L'angelo della finestra accanto", '88; pagg. 33-48)-degli amici vengono invitati, a distanza di molti anni, in Polonia da uno della compagnia di quei tempi.

Fra i ricordi di quei giorni, pian piano la compagnia si ricompone per intero, e allora comincia un viaggio in una dimensione differente.

Vanno ad un campo di concentramento che avevano visitato anche in quei giorni passati, e Giovanni, quello che li aveva invitati là, comincia a raccontare una storia strana; di come, da anni, stia sognando una ragazza, e di come si sia reso conto che non era nessuna di quelle studentesse che avevano frequentato, ma addirittura una… di quelle sfortunate recluse in quel luogo terribile, che, in un’altra vita, aveva visto morire, lui carnefice.

Era stata lei che aveva fatto si che, la sera prima di quel viaggio, ci fosse stata una festa alla quale avevano partecipato, insolitamente, studenti di tutte le nazionalità, che di solito non si mischiavano, e alla fine della quale: "… le sottili pareti che dividevano i vari gruppi nazionali si erano silenziosamente infrante, e non si sarebbero mai più riformate." (pag. 43).

Che aveva fatto si, insomma, che capissero: "… che appartenere a razze differenti non è, e non sarà mai un buon motivo per odiarsi e per uccidersi." (pag. 48).


-"Cinque passi nel dolore" (pagg. 49-62)-un uomo prigioniero, rapito non sa neppure perché, racconta.

Racconta di prigionieri, di carnefici e di morte. Di prigionieri, in varie epoche e luoghi, che vengono uccisi dai loro carcerieri.

Alla fine di quasi ogni morte, l’ucciso contempla il suo corpo ormai privo di vita dall’alto, da "fuori di sé", da spirito.

Nella prima è spirito, ma uscito dai camini di un campo di concentramento nazista, ma nell’ultima capiamo che era stato sempre lo stesso uomo, a morire, in varie reincarnazioni, per la maledizione di un mago al quale aveva, appunto, fatto subire prigionia e tortura: "Cinque morti soffrirai, cinque morti prigioniere. Sarai rinchiuso e tormentato e ammazzato, per cinque volte, perché tu possa comprendere che non bisogna mai ammazzare. E quando verrà la quinta morte, ti ricorderai di tutto questo. Rivedrai la mia morte, e le tue morti, e tutto questo dovrà esserti di insegnamento. Cinque morti soffrirai…" (pag. 61).

E così sarà, dopo aver rivisto tutte quelle sue morti, morirà, definitivamente, per la quinta.


Quattro bei racconti, dunque, dalle idee piuttosto originali, e scritti decisamente bene.

Claudio ha una scrittura molto poetica che ha volte raggiunge, come dice lo Zaninetti nell’introduzione ("Un’elegia del reale", di Teresio Zaninetti, pagg. 5-6), "… punte di lirismo inappuntabile…", e qui la dispiega molto bene.


Altri contributi critici: recensioni di Franco Ricciardiello, "Future shock" n. 15, '95, Emiliano Farinella, "Terminus" n. 3, '96, pag. 26 e Alfredo Ronci, "Il paradiso degli orchi" n. 16, '96, pag. 58






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