Un killer velenoso tra le "star"
di Leonardo Autera
Nel cast di tutto rispetto del film inglese Venom non figura il nome del vero protagonista.
È un -black mamba- il rettile americano più bellicoso e micidiale del mondo, il cui morso provoca in breve tempo una morte atroce. Un bambino di dieci anni, appassionato di zoologia, che aveva ordinato a un negozio una semplice biscia, se lo porta a casa per un errore della venditrice che doveva invece destinarlo a un istituto di tossicologia. E ciò accade proprio quando nella lussuosa dimora londinese l'autista e la cameriera della casa, con la complicità dell'amante di costei, un patentato criminale tedesco, stanno per mettere in atto il rapimento per riscatto del ragazzino approfittando dell'assenza dei genitori e della sola presenza del nonno. Ma il piccolo fa a tempo ad aprire la cassetta con il rettile, il quale subito si avventa sul collo della cameriera con le orribili conseguenze del caso.
Gli altri due manigoldi si apprestano allora a fuggire, ma vengono bloccati dall'intervento di un poliziotto nel frattempo avvertito, dalla dottoressa del laboratorio di tossicologia, del pericoloso scambio delle cassette.
L'autista commette inoltre l'imprudenza di uccidere l'agente, per cui mezza Scotland Yard si precipita a cingere d'assedio l'abitazione con i banditi e i loro ostaggi (ai quali si aggiunge presto anche la dottoressa venuta a portare il siero antiveleno) in balia dello strisciante mamba. Il quale, mentre la polizia si rivela impotente per la salvezza dei sequestrati, si assume da solo il ruolo di giustiziere organizzando le sue sortite dai nascondigli per colpire, uno dopo l'altro, unicamente i folli criminali.
Tutto qua, con il suo epilogo senza sorprese, il film che Piers Haggard (non certo memorabile per lavori precedenti come l'avveniristico Quatermass conclusion e Il diabolico complotto del dottor Fu Manchu, nel quale coinvolse il compianto Peter Sellers) ha tratto con lo sceneggiatore Robert Carrington da un romanzo di Alan Scholfield. Tolta la presenza del serpente, che all'inizio prometteva qualcosa di diverso dal successivo banale comportamento (con l'aggiunta di ridicole inquadrature "soggettive"), la regia rimastica senza talento e in un cumulo di inverosimiglianze i motivi di Ore disperate di Wyler e disperde ogni tensione nelle rituali trattative fra la polizia e i criminali.
Il sestetto di attori di buon nome risulta infine alquanto sacrificato in personaggi del tutto stereotipati. Se Klaus Kinski non cela il suo disgusto nei panni del truce delinquente di professione, non meno scoloriti appaiono Oliver Reed (l'autista troppo impulsivo) e Nicol Williamson (il commissario di polizia), mentre un barbuto Sterling Hayden (il nonno) appena si riscatta con un simpatico gigionismo.
Quanto alle donne, Sarah Miles (la romantica interprete di La figlia di Ryan) si piega come può al ruolo dell'esperta di veleni, e la brava Susan George, dopo averne patite tante nel Cane di paglia di Peckinpah, viene fatta presto uscire di scena come prima vittima del mamba.
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