Un pupazzo che semina horror
di Giovanna Grassi
Autore del soggetto di questo film italiano zeppo di falsi nomi americani è Umberto Lenzi e si può pensare che la regia sia dello stesso sceneggiatore, esperto in cinema horror e in pellicole commerciali italiane di generi disparati. Prodotto da Achille Manzotti e girato interamente negli Stati Uniti, il film non ha alcunché a che fare con «La casa 1" e «La casa 2», pellicole horror quasi di culto in America e in Italia lanciate dal piccolo mago degli incubi Sam Raimi.
Pensando forse di speculare sulla popolarità di quei film horror, il produttore e il regista hanno impropriamente intitolato «La casa 3" questo filmetto dalle molte velleità. Tra l'altro, il prodotto mescola trucchi ed effetti speciali molto visti in altri film: il pupazzo che semina morte, a esempio, l'apparizione di una bambina morta che si vuole vendicare perché un becchino le ha sottratto nella tomba il suo adorato giocattolo e tutta una serie di gestori di pompe funebri che restaurano cadaveri e confezionano bare felpate di seta per ricchi defunti.
Poi, naturalmente, c'è la casa, situata in un bosco del New England, non lontana da un cimitero dove di notte può accadere di tutto. La casa è maledetta e fanno presto a capirlo, sulla falsariga di «Venerdì 13», alcuni ragazzi capitati casualmente con la loro moto e il loro camper in quella contrada. Chi è l'assassino: il solito barone e vagabondo che si aggira tra le tombe, qualche becchino alla ricerca di anelli e catenine d'oro o sono fantasmi dei morti?
Tra soffitte, porte cigolanti, sepolcri dove non trova pace lo spirito della bimba Henriette, così bionda e delicata all'apparenza e decisa a impossessarsi della vita di chi l'incrocia o la risveglia, il film si avvia alla fine dove il pupazzo semina l'ultimo morto sotto gli occhi atterriti di Lara Wendel.
Non mancano nel prodotto di genere alcune trovate; a esempio il bagno mortuario nella poltiglia bianca del girone dantesco in cui precipita dai piani alti della villetta un malcapitato studente. Ma per il resto, il film scorre via con grande confusione e senza rigore. Restano l'ottima fotografia di Franco Delli Colli, la buona colonna sonora di Piero Montanari con un motivetto degno di miglior incubi e gli effetti speciali di Dan Maklansky.
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