Un enigma nella moda: indagini di Dario Argento
di Giuseppina Manin
«Qui ho assassinato la sensitiva di Profondo Rosso», confessa Dario Argento mentre passa in auto per la monumentale piazza CNL. «Qui - prosegue mentre si sfreccia in via Cavour - ho fatto fuori i ricercatori de Il gatto a nove code. Da questo ponte ho buttato in acqua un bambino ne La terza madre, e in questo portone c'è dentro il diavolo ... ». Dà i brividi girare Torino con Argento, master of horrors che questa città di misteri ha scelto tante volte come sfondo per le sue storie nere. «Ed eccoci in piazza Statuto, qui si apre la porta dell’inferno», annuncia trionfante, con quel suo sorriso dolce così estraneo dal resto del viso, che pare uscito da un quadro di Munch.
«Ma l'inferno vero è un altro, più spaventoso e più vicino. L'inferno del degrado, dei dannati delle periferie. Luoghi da nascondere, spazzatura umana da ammucchiare da qualche parte per non farla vedere». Gironi spaventosi, che ora il regista intende esplorare in Giallo, il suo nuovo film, produzione americana (con l'immancabile sostegno della Piemonte Film Commission), sceneggiatori Sean Keller e Jim Agnew.
Protagonisti Andrien Brody, premio Oscar per Il pianista di Polanski, e la biondissima Emmanuelle Seigner; che di Polanski è musa e moglie. Domani il primo ciak all'aeroporto di Caselle, poi in un palazzo abbandonato dai saloni bellissimi e le colonne dorate.
«La scena iniziale però si aprirà in un teatro lirico - annuncia Argento, da sempre appassionato di opera - Il 16 saremo al Regio per riprendere la prima de La clemenza di Tito di Mozart diretta da Roberto Abbado, regia di Graham Vick».
Un incipit molto «argentiano» per un film che riporta Dario, dopo tante incursioni nell'horror, al thriller che lo rese famoso negli anni '70. E poi i colori. Dopo Profondo Rosso, Profondo Giallo ... «Titolo che strizza l'occhio a un genere, ma che contiene anche la soluzione dell'enigma», stuzzica il regista.
Motori del rebus insanguinato, una bella indossatrice (Elsa Pataki) rapita sotto gli occhi della sorella hostess (Seigner), un investigatore un po’ paranoico (Brody), un serial killer diabolico. Che gioca a rimpiattino con il coltello in mano, semina falsi indizi, spinge su sentieri oscuri.
«Per seguirne le tracce, i nostri eroi muoveranno dalla Torino patinata della moda e del lusso fin nei gorghi di una città sconosciuta, degradata. Una topaia abitata da topi», la definisce il regista.
«Adoro i thriller ed essere spaventata», interviene Seigner. Non potrebbe esser altrimenti visto che ha sposato uno dei massimi geni del genere, che l'ha voluta protagonista di uno dei suoi film più mozzafiato, Frantic. «Roman e Argento hanno molto in comune - assicura la bella Emmanuelle -. Il gusto della suspense, la passione per la musica ...». Passione condivisa anche da lei, ormai cantante professionista. «Una carriera parallela che mi dà molta gioia. Di recente ho inciso una nuova versione del tema di Rosemary's Baby.
La ascolterete nel docufilm su Roman che andrà a Cannes».
A 14 anni lei iniziò a lavorare proprio come modella e ora Giallo la riporta su quelle passerelle glamour. Ma oggi moda vuol dire anche anoressia, alcol, droghe. «È vero, ma tutto ciò non riguarda solo la fashion. Droga, alcol, violenza dilagano ovunque. Le zone franche non esistono più».
Opinione condivisa anche da Brody. «La fascinazione per la violenza è iscritta nel nostro dna, inscalfibile a ogni evoluzione - sostiene -. Quella che si vede al cinema non è che una pallida copia della vita. Nessun "mostro" dello schermo può reggere il confronto con quel padre che in Austria imprigionava e seviziava i figli ... ». Felice di lavorare con Argento («i suoi film sono come dei quadri mutanti»), Brody tratteggia il suo personaggio come «un uomo solitario che fa fatica a mescolarsi con il resto del mondo, che si porta dentro un grumo di antico dolore».
«Come in tutti i miei film, anche in Giallo i personaggi devono fare i conti con il loro passato familiare - conclude Argento -. Chi con la madre, chi con la sorella ... Nodi di amore e odio difficili da districare. Sono un grande ammiratore del dottor Freud e delle sue teorie, per anni ho praticato l'analisi.
Un'esperienza culturale affascinante, ma i nodi emozionali che hai dentro non te li scioglie nessuno. Al massimo si impara a conviverci».
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