Il piccolo regno
di Federico Guglielmi, con lo pseudonimo di Wu Ming 4, "Assaggi di narrativa", ed. Bompiani, 2016, 13,00 €, 240 pagg.
Una favola raccontata da un ragazzino, o, meglio, da un ragazzino ormai cresciuto, ma che ricorda distintamente quegli avvenimenti.
Di una vacanza d’estate, delle avventure coi suoi cugini, dell’amuleto trafugato da un tumulo antico, e dello spettro che voleva una vita, per vendicarsene.
Una favola scura, quindi, alla fine della quale una vita lo spettro se la prenderà, ma non sarà di uno dei bambini.
Ciò che risalta è ovviamente la grande capacità dell’autore di immedesimarsi nella mentalità di un bambino di dieci anni, riuscendo a rendere credibile come quegli avvenimenti siano stati percepiti dalla sua mente.
La narrazione è come in crescendo, partendo da una situazione di assoluta tranquillità per salire, appunto, lentamente, di tensione, fino alla tragedia finale.
Vi sono figure davvero notevoli, fra le quali quella dell’unico della Gente Alta (gli adulti) che capisca e sia capito da quei bambini, per i quali, o, almeno, per il protagonista, sarà un vero e proprio eroe, e che sarà, quasi inevitabilmente, la vita che lo spettro, alla fine, si prenderà, e quella di una coppia di archeologi che pare, e molto probabilmente, nasconde il segreto della propria identità reale (maghi?!), e che hanno una forte carica di umanità positiva.
Tutto il racconto, comunque, è caratterizzato, come ho detto, da questa prospettiva fanciullesca, che permea ogni suo aspetto.
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