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Un francese demenziale e horror
di Fabio Ferzetti
Un uomo in fuga da tutto si abbandona a una passione morbosa per l'unica cosa che non lo tradirà mai: la sua giacca di daino. Troppo vago, riproviamo. Quarantenne in rotta con la famiglia molla gli ormeggi e approda in un desolato paesino di montagna dove presto cade preda di un delirio psicotico. Sociologico e giudicante, proviamo ancora. Il divo più imprevedibile (e giramondo) del cinema francese, Jean Dujardin, si concede al regista più spericolato e multitasking del suo paese, Quentin Dupieux, per una di quelle imprese borderline in cui l'ex-musicista e discografico noto come Mr. Oizo si è specializzato (suo per esempio il geniale videoclip "Flat Beat", 1999). Un’avventura horror-demenziale ad alto tasso metaforico - o no? - che spiazza lo spettatore per lasciarlo affascinato o inorridito, a seconda dei gusti.
Noi siamo nel primo gruppo, per diverse ragioni. Perché i film-scommessa fatti con nulla sono spesso sorprendenti. Perché nel delirio di questo signor Nessuno alla deriva che finisce per confidarsi, ricambiato, con la sua adorata giacca di pelle, e per uccidere in suo nome, si può leggere seriosamente tutto e il contrario di tutto. Ma non è vietato prendere l'insieme con leggerezza, malgrado il sangue e le violenze, come un gioco cinefilo memore del vecchio horror belga "Il cameraman e l’assassino", dunque non così innocente. O una specie di resa dei conti tra il Quentin francese no budget e il suo omonimo americano che per i suoi "pulp" sanguinari ogni volta scomoda l'intero Olimpo hollywoodiano.
Perché oltre alla sua adorata giacca di camoscio ("Le daim" è il titolo originale), cui presto si aggiungono cappello guanti e stivali, il protagonista ha con se una video camera. Cosa che lo trasforma ipso facto in un regista, almeno agli occhi della barista locale, nonché montatrice dilettante (Adèle Haenel), che subito si allea col pazzo per girare quello che lei crede o finge di credere sia "solo" un film. Dettaglio significativo: come altre analoghe imprese di Dupieux, anche "Doppia pelle" doveva essere girato negli Usa. Riscritto per la Francia, ha preso peso e consistenza, diventando perfino più inquietante grazie all'accostamento fra il tono da minuto realismo quotidiano e una spruzzata di fantastico affidata a luci e musiche. Su Mio cinema.it. Purchè sappiate cosa vi aspetta.
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