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Un papà supereroe


di Chiara Maffioletti


Da bambini, quasi tutti, abbiamo guardato ai nostri genitori come se fossero supereroi.

È stato cosi anche per Owen Wilson. L'attore, 53 anni, racconta: «Ho ben presente quanto io e i miei fratelli idealizzassimo mio padre, lo consideravamo infallibile». Ecco perché ora lo fa sorridere interpretare The Guard nel suo nuovo film - Secret Headquarters, tra i titoli proposti alla nuova piattaforma Paramount+, al debutto il 15 settembre -, un papa che supereroe lo è per davvero. Sotto copertura, ovviamente. Nel senso che nemmeno suo figlio (interpretato dal 13enne Walker Scobell), che non si piega le improvvise assenze del padre, lo immagina. Fino a quando, appunto, incapperà per sbaglio nel suo quartiere segreto, un luogo a metà strada tra la Batcaverna e l'universo dei Goonies, nascosto proprio sotto casa. «Quando compri una casa devi sempre assicurarti che anche le fondamenta siano a posto, insomma. Magari sembra tutto bellissimo, ma poi cosa c'è sotto?», domanda Wilson.

Ma può succedere anche in una famiglia?

«Può succedere, si. Di certo le vite professionali dei nostri genitori sono sempre state un mistero per tutti, quando si era piccoli.

Era un mondo a cui mancava quella parte, sempre poco chiara, mi vengono in mente i fumetti Peanuts, in cui i genitori non si vedono mai. E quindi cresci tanto anche stando con i tuoi coetanei. Questa cosa c'è nel film e mi piace molto».

Pensa che possa esserci anche un problema di comunicazione tra genitori e figli?

«Certamente. Anche i ragazzi non hanno idea di quelli che possono essere i problemi dei loro genitori. Spesso, da padre, mi trovo a dover interpretare quella parte per cui devo dare le regole, dire i no ... la comunicazione con i figli diventa discutere per trovare i compromessi. La sfida è probabilmente riuscire a costruire un ponte tra questi due mondi e, in fondo, è anche quella del mio personaggio con suo figlio».

>È papa e ovviamente anche un figlio: a che rapporto si è ispirato nel costruire questo ruolo?

«Mi è tornato molto in mente il legame con mio padre quando ero bambino. Noi fratelli lo cercavamo sempre. Poi col tempo, crescendo, nostro padre è diventato, ai nostri occhi, più umano. Fa sorridere che in questo film io sono davvero un supereroe eppure devo ancora trovare il coraggio di mettermi alla prova con mio figlio. Salvo il mondo ma non ho ancora risolto tutte le difficoltà con cui ogni padre deve affrontare nella relazione con il proprio figlio».

La soluzione sembra sempre la stessa: parlarsi.

«Vero, eppure perché è così difficile farlo? Ricordo che mia madre non voleva assolutamente che mio papa ci raccontasse dei suoi problemi o difficolta, che erano invece le storie a cui eravamo più interessati. Lei pensava che ci saremmo spaventati, voleva proteggerci. Io invece penso che il problema vero è non presentare una versione onesta di chi sei. Capisco che possa essere spaventoso, ma credo sia molto meglio dare una versione realistica di chi sei, anche perché i più piccoli se ne accorgono, e come se lo annusassero».

Il rischio è che altrimenti ognuno reciti un ruolo anche in famiglia, un ruolo da cui si fatica ad uscire. No?

«Si, è cosi. Ne parlavo con mio figlio di undici anni e gli ho detto che anche io ho fatto degli errori nella mia vita, capita a tutti, tutti fanno cose sbagliate. Volevo rassicurarlo attraverso questa sincerità, solo che lui, in meno che non si dica, si è sentito libero di dirmi una valanga di cose che avrei preferito non sentire, tipo di quella volta in cui aveva copiato a scuola e cose del genere. Per lui è stato come dire: oh, che sollievo, allora posso dirti anche io chi sono fino in fondo».

Davvero meglio non sapere?

«No, meglio parlarsi. Inoltre ho notato quanta attenzione sanno prestare di colpo i più giovani quando sentono che stai dicendo qualcosa di onesto e genuino. Insomma, quando riesci a uscire da quel copione per cui tu sei colui che si limita a dire tutto quello che andrebbe fatto nel momento in cui andrebbe fatto. Quando condividi con loro chi sei davvero, difetti compresi, si fa un passo in più. E non importa se per loro da supereroe diventi umano».

Se potesse scegliere un qualunque altro supereroe, quale sarebbe?

«Visto quanto amo l'oceano e nuotare, forse uno che può respirare sott'acqua. In realtà però, anche se è divertente indossare la tuta e tutto il resto, credo che il supereroe giusto per me sia questo, normale, alle prese con le sfide di qualunque papa».






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