Un cartoon dolceamaro
di Maurizio Porro
È noto che anche con i cartoni animati si possono affrontare questioni serie, vedi «Inside Out», e disegnare le intuizioni dei sentimenti. Ora Pablo Berger, spagnolo di Bilbao, già autore nel 2013 di «Blancanieves» (dove l'eroina è una torera con sei nani matador, oggi sarebbe impossibile), ci offre, al suo debutto nei cartoni, una intelligente variazione sul tema della solitudine prima e dell'amicizia poi, cercando di non rivelare troppo di questa storia di un rapporto tra un cane e un robot che il cane si fa spedire e di cui mette insieme i pezzi: diventeranno amici per la pelle, vivendo il quotidiano più tipico e andando insieme nella spiaggia pop di Coney Island.
Ed è proprio lì che i due si devono separare, perché il robot si scarica: come sapranno entrambi rimpiazzare l'affetto perduto o forse un giorno ritrovato? Ci sono dei doppioni? E come facciamo a trasferire la cosa più privata che possediamo, i sentimenti?
«Another End», un'altra fine, titola un film recente, che qui si replica, in una Manhattan popolata di animali spiritosamente umanizzati (il taxista indiano è un elefante, la piovra suona come una band nel mezzanino del metro...) ma assolutamente priva di uomini. Il dog riprende con rimpianto la sua vita davanti alla tv con cibi pronti, riascoltando i motivi preferiti dell'amico meccanico, molto simile all'uomo di latta del «Mago di Oz» che infatti vedono insieme alla tv.
Da una graphic novel di Sara Varon, Berger trae una bella storia in stile confidenziale, poetica ma non poeticistica, mai piagnona, anzi spesso spiritosamente alla ricerca di altri generi, come il musical alla Busby Berkeley improvvisato da un prato di margherite. Lo stile cartoon è molto tradizionale, quasi vintage, colorato ma non 3D, dove si corre molto come in «Tom & Jerry», Certo che questi animali possiedono tutti i vizi umani, avidi ed egoisti, come in un racconto morale in cui il famoso song «September» di Earth, Wind & Fire dà una spinta di nostalgia, mentre il film elabora a modo suo il lutto di una separazione ma lasciandoci alcune domande in sospeso e una pacca di malinconia.
Per queste e altre ragioni, «Robot Dreams», il titolo originale, è un piccolo caso, spiritoso, muto di parole ma con suoni, musica e rumori, che ha debuttato a Cannes '23 e ha concorso agli Oscar '24 (ma, ovvio, superato da Miyazaki). Si consiglia a tutte le età, ci sono anche per i cinefili molti riferimenti (a «Psycho», a «Shining»...) e non ignora di certo le questioni sull'intelligenza artificiale.
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