Recensione di Enzo Verrengia a "20.000 pagine alla ricerca di J. Verne"
Ion Hobana è la luce dell’est dell’Editrice Nord.
Rumeno quanto un nome può suggerire, ricorda da vicino (anche sulla carta geografica) l’albanese Milo Temesvar, di cui Umberto Eco fu divulgatore nel suo "Apocalittici e integrati"!
L’affinità può sembrare improponibile a chi ricorda che Temesvar è autore del singolare: "The. Pathmos Sellers", in cui dimostra come esista una letteratura che prospera "vendendo" l’idea della catastrofe, mentre Hobana non smentisce in principio la tensione di Verne verso magnifiche sorti e progressive per il genere umano.
E suona ancora più sforzata, se poi lo stesso Eco rivela in una recante riedizione del suo saggio che Temesvar è immaginario quanto uno degli pseudonimi di Fernando Pessoa, e che si è servito di lui per mettere alla berlina chi vedeva col fumo negli occhi l'avvento dei paperbacks e della televisione.
Invece il reale Hobana e l’irreale Temesvar condividono il retaggio degli studiosi europei orientali, lo sguardo volto disperatamente verso quell'occidente cui li lega storia, tradizione e letteratura asburgiche, con conseguente isoglossiche attraverso anche chi, come un rumeno, parla una lingua neolatina. E il taglio mitteleuropeo di una ricerca non può che conformarsi al vecchio adagio sul fatto che la migliore filologia è scritta in idioma germanico.
Il Verne che le pagine di Hobana distillano è dunque decisamente inspessito rispetto alle scomposizioni narratologiche degli strutturalisti che hanno segnato il finire degli anni 60 e l'inizio dei 70.
Gli accostamenti fra "Bateau Ivre" di Rimbaud e Nautilus vengono giustamente ridimensionati ad esperimenti di critica da laboratorio che solo Roland Barthes si può permettere.
Figuriamoci poi quel che succede alle "Letture Politiche" di Verne impiantate da Chesneaux, ed in catalogo da Maspero, che è un po' la Feltrinelli francese (si tenga presente che Hobana non può permettersi nessun gauchismo di voga occidentale). Non a torto la prima sezione di "20000 leghe alla ricerca di Jules Verne" titola: "LE BRACCIA INCROCIATE", e la posa prediletta dello scrittore vi è dimostrata emblema di un atteggiamento ideale di rifiuto dell’impegno, col sostegno di numerosi stralci di lettere ai familiari.
Ma poi? Che ne è del magico momento in cui il pasticciere di Vaudevilles concepisce il disegno di "romanzo della scienza"? Hobana è prodigo di citazioni e reperti, ma le fonti sembrano più illuminanti delle sue esposizioni. Tocco imperfetto in un volume che altrove va ad inventariare con scrupolo il dettaglio, dispiegando un bric-à-brac perfino eccessivo se si tiene conto che i lettori appassionati di S.F. conoscono pure Hugo e Dumas, ma non ne vorrebbero sentir parlare più del dovuto.
Inoltre Hobana, pur se comprensibilmente, indugia più del dovuto sul "ventennio rumeno" di Jules Verne, quello dei romanzi: "Kéraban le tetu", "Le pilote du Danube" e soprattutto, "Le château des Carpathes", definito vero capolavoro a scanso dei più noti "20000 leghe sotto i mari" e "L’isola misteriosa".
A partire da esso infatti si delineerebbe la fase cupa dei "Voyages Extraordinaires", con le apprensioni sull'uso distorto delle scoperte scientifiche tipiche dalla moderna fantascienza. Al punto che Verne prende a somigliare proprio ad uno di quei venditori di apocalisse smascherati dal fantasmatico Temesvar.
Il problema è che il conoscitore di Verne non s'era mai illuso che questi volesse svendere ottimismo.
Il viaggio straordinario è sempre un viaggio nell'inner space - lo spazio interno della cultura americana psichedelica -, un viaggio alla scoperta di sé stessi e di nuove possibilità, magari sotto l'aspetto dl invenzioni mirabolanti.
Anche se il moto è poco adatto alla riflessione (e per l'autore e per i personaggi che sbozza con la penna).
Infine il libro di Hobana, disperde l’attenzione del principiante fra troppi rimandi bibliografici e tesi svolte a metà. Può venirne semmai uno stimolo ad approfondire la materia per proprio conto e meditare che Verne non aveva bisogno di staff redazionale e macchina per scrivere computerizzata per creare l'avventura. Paradossalmente un cultore della tecnologia come lui fosse uso ad un metodo così artigianale come la scrittura manuale…
Oltre a ciò, l'ulteriore riprova che il genio francese è sempre trascurato dalla grande editoria italiana.
A parte delle malaccorte imitazioni dei tascabili Hachette negli Oscar Mondadori ed una versione B.U.R. de: "Il Giro del Mondo in 80 Giorni", non esiste da noi una traduzione efficace della sua opera.
Perché non ci fanno un pensierino quelli della Nord con la consulenza di Ion Hobana?
20000 pagine alla ricerca di Jules Verne: di Ion Hobana
Editrice Nord
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