Per definire la S.f.
di Salvo Baccio
La fantascienza moderna è più semplice delle molte definizioni che ne sono state date.
Certamente è un modo di pensare il futuro, ovvero rimeditare il presente; e come ha scritto recentemente Gerald Parks: "sembra proprio che sia l'unica letteratura ad affrontare in modo serio i temi della scienza e della tecnologia e della nostra forma di civiltà basata su entrambe".
Naturalmente la fantascienza sa essere anche estremamente divertente o particolarmente drammatica, o nel peggiore dei casi estremamente didascalica e noiosa. Il termine inglese science fiction sta a significare grosso modo: "racconto a sfondo scientifico" naturalmente a patto di comprendere in questa definizione tanto la fisica che l'antropologia, tanto l’astronautica quanto la psicologia ecc. … fino alle più sofisticate forme d'arte o d’ibridazione genetica.
In Italia il tutto è stato tradotto da Giorgio Monicelli, responsabile della malfamata urania come fantascienza nel lontano 1952, e come tale è rimasto.
Tra i critici tradizionali, Sergio Solmi in Italia ha visto nella S.F. la forma di domani della chanson du geste e dei miti cavallereschi. Più ortodossamente Theodore Sturgeon, esponente di una S.F. poetica all'insegna della devianza, ha scritto: "un racconto di fantascienza è un racconto costruito sugli esseri umani, con un problema umano, ed una soluzione umana che non potrebbero però aver luogo al di fuori di un concetto scientifico". Il regista Orson Welles ne parla invece come il folklore atomico, ed il critico Angus Fletcher la inquadra come letteratura allegorica a modello simbolico. Ma è bene non fidarsi troppo dei critici impegnati a livello universitario, abituati a decifrare mode piuttosto che a creare sensibilità, e la science fiction abbisogna nel neofita proprio di una particolare sensibilità che non lo induca a rifuggire, ma a godere di termini come alieno, space opera, androide, hyperdrive, time warp, cyborg, mutante E.S.P. Per cui il fan o appassionato di fantascienza potrebbe fulminarvi già solo col chiedervi se: "gli androidi amano sognare pecore elettriche?" per citare la traduzione di un intraducibile titolo del romanziere, forse il più allucinato, l'americano Philip K. Dick.
Bene, dovrebbe esservi chiaro che in queste note non si parlerà di "Guerre Stellari"…
Eh si, le creature umane e non imperi galattici sono il vero soggetto della science fiction, al massimo è il signor Smith o la signora Rossi che rendono vivaci molti scenari spaziali e non il comandante dell’improbabile "Spazio 1999" o l'extraterrestre orecchiuto di "Star Trek".
Il fantastico è quotidiano o non è. Del resto siamo più abituati a baloccarci I coi videogiochi che con i mondi interiori del nostro vicino di casa. Il marziano esce di fabbrica ogni sera alle 5, e la S.F. è il miglior modo di pedinarlo quasi inosservati. Non è certo un caso che tra gli scrittori di fantascienza vi siano solo da poco negri come Samuel Delany e donne come Ursula Le Guin e Gilda Musa. Non ricordiamo quale scrittrice new wave postulasse in un racconto le origini extraterrestri della donna, e non a caso è una donna nel film Alien di Ridley Scott, a trionfare del mostro? sull'astronave che, Freud docet, è sempre stato un utero, quando non è stato un fallo. Lungi da noi il voler ridurre la S.F. a metafora dell'atto sessuale, su sesso e fantascienza potremmo ritornare, ma è indubbio che la dozzina circa di temi archetipali e fondamentali della S.F. si prestano a variazioni potenzialmente infinite, ed aperte a molti livelli di lettura.
Le donne in particolare risplendono della capacità di creare ambienti e soggetti altamente innovatori e con una vena intimista, la quale non ricalca o ripete il ruolo maschile alla George Sand o alla madame Curie, ma che proprio nella sua natura alienamente femminile, trova le forme, anche più paradossali, di risoluzione e di liberazione, senza postulare eterne miserie femministe a cui trovare riscatto, oppure maschi e matrici cui riimmatricolarsi; bensì in piena autonomia come è il caso delle autrici citate o di molte altre come: Alice Sheldon (alias James Tiptree), Joan Vinge, Vonda McIntyre.
Vale nel loro caso quel che scriveva un patasurrealista come Alfred Jarry: "È più arduo per lo spirito creare un personaggio, che per la materia costruire un uomo e se non si può assolutamente creare, cioè far nascere, un essere nuovo, ci si astenga." Le donne, almeno in fantascienza, non si sono per fortuna astenute ed hanno creato un essere nuovo: sé stesse. E si è assaggiato un modo diverso di futuro rispetto alla tradizionale fucina spaziale maschile.
Dicevamo che la fantascienza intesse le sue trame intorno ad alcuni nuclei tematici. Senza le pretese di riassumerli tutti o di fare conto qui delle innumerevoli, infinite, variazioni sul tema, tali tematiche sono:
1°) I viaggi nel tempo
2°) I viaggi nello spazio
3°) L’invasione della terra
4°) Catastrofe e dopobomba
5°) Il contatto con gli extraterrestri
6°) I superuomini
7°) L'utopia e l'antiutopia
8°) I mostri
Questi terni possono coesistere anche nella medesima opera, o presentarsi sotto forme affini se non analoghe con risultati qualitativamente assai differenti. Esistono a volte stupende storie di mostri che ci toccano più da vicino di molte utopie e satire sociali, come esistono risibili storie di superuomini ed altre prodigiosamente attuali. L'Odissea è piena di mostri ed avventure mitiche senza che nessuno la consideri meno, mentre il romanzo sociale alla maniera di Dreiser o alla Dos Passos è ormai irrimediabilmente datato, convenzionale e non vanta certo i milioni di lettori.
E sopravvivere nella memoria dei lettori è sempre stato più vitale che sopravvivere solo nel mausoleo delle citazioni critiche. O almeno è così che la pensiamo. Quel che conta è sapersi gestire i propri mostri e qualche volta anche quelli altrui. Giorno dopo giorno diventiamo tutti figli di qualche domani od irresponsabili inquilini, o sfrattati, di qualche angolo del pianeta terra. La S.F. come ogni forma d'arte ha i suoi flussi e riflussi, la sua old e la sua new wave e la libertà soprattutto d'inventarsi tanto i propri eredi che i propri maestri. Ciò che va ribadito è che essa ha sempre a che vedere con gli esseri umani, coi loro riti, miti, fobie e anche speranze, proiettati in un contesto scientifico il più ampio possibile.
Talvolta la S.F. è incline alla fiaba, talvolta è più minuziosamente realistica, ma se il sogno e il sonno occupano un terzo della vita umana, la S.F. la indaga tutta, magari estrapolandola al cubo, estendendo in progressione geometrica l’aritmetica quotidiana degli eventi.
Necessita comunque in S.F. una predisposizione alla dilatazione ucronica e utopica nella bella definizione di Karl Mannheim d'altronde: "La scomparsa dell'utopia, è per noi della S.F., porta ad una condizione statica, in cui l'uomo non è più che una cosa. In un mondo reificato di simulacri tecnologici, la S.F. ha quindi il merito. di reatare linguaggio teoretico e potenziale l'azione aperto a tutte le libertà.
Ogni falso tentativo di definizione non ne attenua le verificabili verità.
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