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di Fabio Piretti


Freddo nella schiena. Un torpore per tutto il corpo. Sono appoggiato contro qualcosa di duro e ruvido. Ancora fame, ancora sete. Sono sveglio. Niente passaggi intermedi dal sonno leggero della sentinella alla veglia. Fingo ancora di dormire: ho ancora le scarpe, sento il peso del coltello nella manica della giacca, i soliti rumori.

Posso alzarmi tranquillamente.

Oggi non so cosa fare; certo non posso rimanere dentro i pilastri della sopraelevata. Striscio sotto l’entrata che porta all'anima vuota del pilastro uscendo all’esterno. La luce dei lampioni è sempre più fioca; il quantitativo di elettricità destinato allo slum è sempre più limitato, noi siamo la feccia.

Un centinaio di metri più avanti c'è un buco buio nella fila dei lampioni. Mi incammino nella direzione opposta.

Per la strada c’è gente di tutti i tipi, gente che dorme e che cammina.

Non tutti quaggiù nello Slum abbiamo lo stesso ritmo; qui ognuno vive e dorme secondo un ritmo per nulla ostacolato da quello degli altri.

Sto camminando tranquillamente quando sento la voce di una ragazzina chiamarmi. È Lot, uno dei corrieri di Anniki, il mio datore di lavoro; deve esserci qualcosa da fare.

Infatti. C'è da sistemare un tipo che prova a fare concorrenza ad Anniki: i pasti di qualche giorno sono assicurati. Seguo Lot fino al porto dove Anniki abita in questo periodo e prendo le istruzioni.

Il tipo si chiama Sperlin, ed abita di solito all'altro capo dello Slum, è conosciuto abbastanza bene e non ci sono problemi per trovarlo, ha provato a staccarsi da Anniki ed a mettere insieme un gruppo di protezione e di contrabbando d'acqua ai suoi ordini. Questo è grave e non la può passare liscia.

Anniki ha già provveduto a spargere in giro la voce che Sperlin ha osato troppo e che verrà punito, servirà a far capire ancora una volta chi comanda.

Ancora coltello, deve sembrare una normale rissa; nessun problema me la cavo bene.

Parto. Devo attraversare lo Slum a piedi. Le vie non sono molto buie ma sono sempre molto affollate; a tratti non ci cammino. La gente che dorme si sveglia presto quando devi passare e cominci a calpestarla; ma i cadaveri non si muovono.

I più disperati se li mangiano, i più volenterosi (quelli che sono quaggiù da poco) li ammucchiano ai lati della strada. Una volta ho conosciuto un tipo che mi diceva che sarebbe stato bene bruciare i cadaveri e che sono loro a provocare tutte le epidemie che imperversano per lo slum.

Per me era pazzo, ma io bollo sempre l'acqua prima di berla e mi sono salvato da molte malattie.

Sono riuscito a portarmi su una strada poco frequentata, riesco a camminare comodamente ed a tratti rimango anche solo. All’improvviso sento il rumore di un motore elettrico. Il sibilo va crescendo e poi scemando man mano che il motore si allontana dalla centrale di distribuzione dell'energia.

Il sibilo cessa. Corro nella direzione da cui veniva il rumore: tutto questo significa che una vettura di turisti si è spinta troppo oltre. Forse avrei potuto rimediare qualcosa.

Troppo tardi. Un rumore di vetri infranti e delle grida mi avvertono che qualcuno è già arrivato prima di me; rallento la corsa ed avanzo con circospezione. Dopo poco tempo sono al posto dove la vettura è stata assalita. L'auto ha i vetri e parte della carrozzeria infranti.

Alcune persone stanno saccheggiando l’interno; altre stanno violentando gli occupanti del mezzo: un uomo ed una donna. Il resto sta di guardia. Non posso avvicinarmi e partecipare, comunque quei due moriranno prima che arrivi il mio turno. L’uomo è già nudo ed è stato pestato, viene pestato ancora, non dureranno molto, sono gente dei livelli superiori. Poco resistenti. Io sono stato violentato a quel modo a quindici anni, mia Madre a tredici; capita spesso da noi.

Sta accorrendo altra gente richiamata dalle grida, è meglio allontanarsi: tra poco ci sarà una rissa per appropriarsi del bottino.

Mi metto a correre. Dopo un quarto d'ora smetto; ormai sono al sicuro. La marcia ricomincia tranquilla, devo passare per una delle vie più affollate; resisto ad alcuni tentativi di borseggio. Rifiuto le offerte di alcuni ruffiani e di spacciatori, le donne posso procurarmele altrimenti, di solito ci pensa Anniki, ma conosco altri metodi.

Per la droga non prenderei quella di questa gente nemmeno se fosse l’unica sul mercato: molto probabilmente la loro polvere è tagliata con abbondanti dosi di cemento grattato, per fare un esempio.

Torno ad abbandonare la folla, quando posso scelgo la solitudine.

Quando sei solo non devi temere che qualcuno ti infili il coltello tra le scapole per fregarti le scarpe ed il resto.

Schivo un’altra rissa, scavalco alcuni cadaveri (tifo?).

Sono nella zona giusta.

Afferro il primo passante che mi capita e me lo porto in un angolo, dietro un lampione. Comincio col dargli un po' di botte per ammorbidirlo, poi gli punto il coltello alla gola e gli domando del mio tipo. Lui mi da alcune informazioni molto precise ed io me lo tiro dietro per essere sicuro. Appena se ne accorge si corregge e mi dà le informazioni giuste; me lo tiro dietro comunque.

Lo mollo appena riconosco il mio tipo.

Mi metto a seguirlo aspettando il momento in cui i suoi scagnozzi allenteranno la sorveglianza.

Niente da fare, quella gente non molla; bisogna distrarli. Con i soldi che mi ha dato Anniki per queste occasioni, ingaggio alcune persone perché simulino una rissa proprio vicino alle guardie, in modo da coinvolgerle. Io ed i miei uomini ci avviciniamo cautamente al gruppo in mezzo alla folla.

La rissa, anche se simulata, scoppia improvvisa, violenta. Altra gente interviene; alcuni dei miei. uomini aggrediscono un paio di guardie, io ne approfitto; assieme ad uno dei miei corro nella mischia.

Lui pensa alla guardia che è rimasta attaccata a Sperlin. Mentre io, sempre correndo, gli passo accanto e gli trancio la gola col coltello. È anche un segnale: mentre io fuggo la rissa diventa più furiosa. Ormai sono al sicuro e posso tornare a riscuotere la ricompensa.

Se non capita niente non morirò di fame né di sete; gli uomini di Anniki restano sempre i meglio trattati dello slum.

Almeno finché Anniki comanda.






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