Guerre stellari & dischi a tutta birra
di Enzo Verrengia
Come ti imbriglio la fantasia· e il portafoglio, lasciando che il mondo vada a farsi fottere.
"Il trucco meccanico ha un peso più importante della barbarie culturale nel compiacere gusti da supermercato"
Stanley Kauffman.
La continuità non s'era mai davvero spezzata, gli episodi monstre si succedevano irregolari ma costanti: l'età dell'oro della fantascienza nel cinema e nel costume poteva risalire a Méliès stesso, e dunque all'invenzione del cinema, ravvisando proprio in quest'ultima un evento fantascientifico per gli orizzonti ottocenteschi. La connessione piacerebbe a Borges, tuttavia il dato di cronaca è meno suggestivo. Dopo la prima ondata dei disaster-movies (prima metà degli anni 70), è nell'ultimo lustro che esplode il filone. E gli sciocchezzai si precipitano a farneticare di apocalisse tecnologica, di medioevo prossimo venturo, e tutto un repertorio di profezie decaffeinate che non turbano i sonni delle grandi masse come era successo agli sparuti cultori condannati in precedenza all'emarginazione. In Italia Roberto Vacca è un divulgatore che vende, fino a produrre la citazione di sé stesso, secondo la logica del successo.
Perfino i nostri bistrattati servizi d'informazione possono prendersi una piccola rivincita, e durante l'ondata di avvistamenti UFO sull’Adriatico (autunno 79), ci fanno apprendere dalle pagine di Panorama che la terminologia ufficiale è OVNI (oggetto volante non identificato). Gli anglofoni restano attaccati al loro acronismo.
I soliti "generici" dell'editoria sfornano una rivista di fantascienza al mese; poi non basta più strizzare i risparmi delle nuove generazioni di appassionati, e lasciano morire tutto, ripiegando sul buon vecchio porno. A pagare lo scotto della kermesse sono i migliori, è naturale, perciò ROBOT se ne va e gli altri ritornano alle tirature limiate. In edicola URANIA non cambia di posto.
A qualcuno era parso un successo nuovo, con coordinate distinte dalle scie d risucchio degli anni 50 e 60.
Il cinema, la Traumfabrik di Ilja Ehremburg, era in ogni caso il persuasore tutt'altro che occulto, l'artefice palese di quest'ennesimo trionfo dell'immaginario. "Forbidden Planet" e "The invasion of the body snatchers" ieri, "Star Wars" e "Close Encounters" adesso.
Però scatta una molla e la catena si allunga.
Ogni féerie sorpassa la precedente, creando e distruggendo epigoni. Si ripescan eroi del fumetto e li si mettono fra le mani di scenaristi eccezionali e direttori da oscar, si progettano serials da bruciare in un paio di stagioni.
La formula è la stessa del passato, solo gli ingredienti sono più pepati. Gli effetti speciali, i gadgets del cinema-Cinema, primeggiano sulla star. E il fatto esplode come episodio culturale su TIME del 31 agosto 1981. Da rubrica Show Businnes focalizzata sui "Makeup Artist", gli addetti ai trucchi ed agli effetti speciali. Li si riconosce élite emergerne della nuova cinematografia. Le storie di lavorazione di "The Godfather", "The Exorcist" e "Racing Bull" - insieme ad uno stuolo di pellicole di punta - vengono rivisitate dal punto di vista della perfezione delle sequenze d'effetto. SCENA (dicembre 81) riprende il tema e intervista un esperto nostrano, Euclide Santoli, e Lucio Fulci, inventore del Nando Moriconi americano a Roma, artigiano dei generi e recentemente specializzatosi in fanta-horror. La rivalutazione pare ovvia a chi sapeva di Mario Bava, Ubaldo Ragona, Cottafavi prima degli sceneggiati RAI, e Antonio Margheriti convocato da Kubrik sul set di 2001. Ma il problema ora è che si rischia l'indigestione di sfilate in primo piano di astronavi lunghissime ed asettiche materializzazioni della Skylark di E.E. Smith. Quello che era rarità diventa consuetudine fino all'inflazione e alla frammentazione nel sottoprodotto. L'eccesso di perfezionismo nella visualizzazione toglie fiato alla fantasia spontanea. Come è insipido un albo sgualcito di Nembo Kid al confronto coi due Superman sfavillanti e tonitruanti interpretati da Christopher Reeve …
Infine, succede qualcosa che le altre età dell’oro della SF non avevano provocato.
La narrativa normale, il cosidetto mainstream, ne viene influenzata al punto che si cessa ovunque di rincorrere il fatto stilistico del qui e adesso di Moravia, Bellow, Arbasino o Handke. Le trame prendono ad oscillare fra altrove retro e post datati. Medioevo e lontano futuro. La fantascienza e la fantasy si trovano stuprate da penne di esteti invasati senza l’amore per il lettore dei professionisti di una volta, gli scrittori dei pulp-magazines.
Si sono ripetuti, in sostanza, i trascorsi cinematografici di 007. Il colpevole non è il maggiordomo, ma – appunto - il cinema, ossia "una cosa troppo seria per essere lasciata in mano ai cinematografari", parafrasando Clemenceau. Nella civiltà dell'immagine e dell'iperinformazione non è più la letteratura a far presa sul costume bensì l'audiovisivo, specie se troneggiante su una platea con schermo panoramico o su un salotto con video gigante.
Il personaggio di Fleming è rientrato nei panni di Sean Connery forse ne} primi due o tre films del ciclo, poi è intervenuto l'artificio e la sofisticazione. Erano mutate le condizioni politiche che avevano assistito la popolarità di James Bond sotto forma di romanzi, era decaduto lo stato di guerra fredda fra est e ovest.
Così il cinema s’inventa un mito senza mitologia, pieno di arbitrarie manipolazioni, cui la morte prematura di Fleming toglie ogni sorta di controllo critico. Lo spettatore si metteva in coda per "Goldfinger" e ignorava che i congegni miniaturizzati li usava soprattutto lo spionaggio industriale, che la CIA ed il KGB si combattevano con i computers ed i satelliti artificiali, lasciando i lavori manuali più ingrati a gente di cui solo Le Carré e Deighton ci diranno sul serio. Intanto il danno era fatto e proseguiva almeno all'ultimo Roger Moore (e, si dice, proseguirà con Peter Fonda).
La fantascienza ha subito parimenti l’attentato del cinema. E per giunta il verdetto di condanna risulta difficile da emettersi.
Dopo i mostri di cartone e le astronavi di carta sembrava giunta l'età della ragione, oltre che dell’oro. Ma il capitale, e dunque l'oro non fa sempre coppia con la ragione. 2001 e Solaris erano due momenti espressivi estranei ai dettami del mercato, appartenenti inoltre ad annate ancora floride per l’industria cinematografica.
Poi è arrivata la crisi e, per scardinare lo spettatore dalla poltrona davanti al televisore ed indurlo a scendere nelle infide strade notturne della città, occorrevano incentivi notevoli. Gli uffici stampa delle ultime superproduzioni si scatenavano ad enumerare la grandezza ed il costo dei diversi effetti speciali.
E c’è dell’altro.
Qualcuno deve aver presagito che la fantascienza andava desublimata, privata di implicazioni troppo scomode, perché si era in presenza di un processo di confronto fra futuro immaginario e futuro reale o in fase di attuazione. Lo "shock del futuro" su cui Toffler ha costruito il suo famoso saggio. I vari inferni di cristallo di Denver e Las Vegas, lo scorso anno, hanno messo K.O. i colossi di Irvin Allen, e l’eruzione del monte St. Helen filmata da un amatore in superotto polverizza tutte le sequenze di "Terremoto".
Allora gli extraterrestri che Rambaldi costruisce per Steven Spielberg sono rassicuranti e pacifici non certo inquietanti ed inspiegabili come l’oceano pensante di "Solaris" o quelli che Kubrik ha tagliato dal montaggio finale di 2001 (e che sono mostrati in foto nel volume di Jerom Angel "The Making of Kubrik’s 2001"), figure singolari, oblunghe, dal candore latteo.
"Pare si stia aprendo un’era di mostri e di fantasmi" ha scritto Leonardo Sciascia in "Nero su nero". E nulla è meglio che esorcizzare la catastrofe in atto con la catarsi dell’immaginazione. In fondo, il miglior film di fantascienza di queste annate è stato l’Apocalipse Now". Vi si mostravano cose già avvenute, eppure talmente futuribili nel loro orrore- l'orrore che pervade tutta l'esibizione di Kurtz - da suggerire che la civiltà occidentale è da sempre in preda ad un’apocalisse permanente, immanente, e non dobbiamo temere niente di peggiore dell'attuale.
Lo sapevano i precursori; Platone, Seneca, Luciano di Samostata, Cyrano de Bergerac e Herbert George Wells.
Jules Verne ha provato a dipingere la vie en rose, ma c’è poco da crederci.
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