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Dying in the sky with diamonds


di Giorgio Placereani


Non era il clicchettare penoso del generatore d’aria, né gli scricchiolii dello scafo semidistrutto, a distrarre l’onesto signor Farewell dal suo torpore, ma il ronzio dei mosconi in un pomeriggio sul fiume ed il sapore aspro del whiskey irlandese in una conversazione in città.

Il quadrante annerito rivelava poco, ormai, ma non c’era dubbio che la nave si allontanasse, girando su sé stessa, lungo un’orbita infinita. Farewell fluttuava lentamente nella cabina: il sangue usciva dalle gambe maciullate in piccolissime bolle scintillanti che tracciavano strani disegni nella mancanza di gravità. E la vecchia signora camminava, borbottando per il troppo caldo, nel giardino. Prese un paio di cesoie dalla tasca del grembiule e tagliò il tulipano reclinante. L’afa creava sulla sua guancia un umidore vischioso.

Insetti stanchi si trascinavano in volo sopra i fiori.

A brevi tratti, i messaggi lanciati dai nervi in preda al panico superavano la barriera creata dalle pillole e le gambe schiacciate gli facevano molto male. Quei momenti di spasimo lo risvegliavano.

Le griglie, pensò, se avessi le gambe potrei mettermi la tuta e uscire a vedere. E dopo, senza computer? Se avessi ancora il computer. Le gambe!

E per associazione: un "via" gridato nell’aria polverosa e il tendersi, piacevolmente doloroso, di muscoli poco abituati, fatica, cercare di non respirare con la bocca, lo raggiungi, lo superi…

Ma anche una vecchia signora, che protestava ogni estate per il caldo opprimente, ogni inverno per la troppa neve.

Un nuovo attacco di dolore gli fece inghiottire con rabbia quattro pillole in una volta. Pensò confusamente che ne aveva già prese troppe e che gli avrebbero fatto male.

Il tic tac degli orologi nell’enorme, antica casa era un sussurro notturno che correva per le stanze e si nascondeva fra gli intarsi di noce della testata del letto. La vecchia signora respirava piano e allungava una mano tastando cautamente sopra la coperta di lana, come aspettandosi di trovare qualcosa. Poi ritirava soddisfatta la mano e chiudeva gli occhi nel buio. Suo fratello aveva abitato quella casa con lei, tanti anni prima. Come si chiamava la ragazza che voleva sposare? Mary? No, Rosemary, sicuro.

Suo fratello era annegato nel lago, un giorno d’estate.


Farewell il contrabbandiere si riscosse da un colpo di sonno.

Devo stare attento… Ma ormai la sua mente preferiva non pensare alla situazione. Così guardo con preoccupazione il container schiacciato e calcolò che dovevano essersi rotte almeno due memorie, che valevano più della nave.


La vecchia non piaceva a, Farewell. Qualcosa in lei lo respingeva; le sue quiete paure l’impaurivano a sua volta. Meglio il giovane, ma nemmeno lui era felice.

C’era stata una ragazza con gli occhi così chiari da sembrare bianchi e i capelli di un colore lunare. Ricordava vagamente una conversazione su un ponte deserto. Sotto, l’acqua scorreva pigra intorno a rami spezzati. C'era un bacio veloce, ma non allora, e lui non riusciva a capire se si trattasse di un ricordo o di un desiderio.

Poi ci furono altri incontri, ma rari e brevi. Una piazza in autunno, mentre piovevano foglie secche dagli alberi. Il visa di un uomo, molto vecchio. Un altro incontro per strada. Farewell intuiva la presenza di un grande dolore ma, come sempre, tutto quello che veniva concesso erano attimi, sensazioni. Sapore di menta, colore rosso, il ricordo di rapporti sessuali con altre donne, un gatto ferito dopo una zuffa con un suo simile: aveva tutta la testa graffiata.

Forse fu un’altra fitta che lo fece ritornare alla coscienza.

Lo invase un attivismo frenetico e impaurito. Darsi da fare, bendare in qualche modo l'orrenda ferita alle gambe - frammenti di osso spuntavano dalla carne gonfia, nerastra – e soprattutto vedere se fosse possibile riparare la radio, lanciare un S.O.S., consegnarsi alla polizia. Lavorare. Scacciare dalla mente il giovane e la ragazza e il ponte d’estate.

Forse - pensò mentre trafficava freneticamente intorno alla radio – le leggi contro la memoria erano giuste. Del resto lui onesto contrabbandiere, non si occupava di politica. Solo portare - attraverso l'immensità dello spazio - cristalli di memoria - si graffiò le dita su di una valvola rotta - a chi li paga.

Il suo futuro: quella radio era il suo unico maledetto futuro; e consisteva in una cella, per lunghi anni, e senza gambe. Forse mi rimanderanno a Los Angeles, pensò, e rivide un attimo le immense strade bianche con le torri color catrame dei condizionatori… poi niente. In un attimo silenzioso aveva operato il condizionamento a eliminare ogni ricordo coinvolgente.

Farewell sapeva cosa aveva ricordato, ma come un dato di navigazione, in freddezza assoluta.

I fili erano molti, e bruciacchiati, e difficili da collegare. Fammi riuscire. Il più importante di tutti era quello bianco. Gli sfuggiva sotto le dita che erano diventate torpide e pesanti. Un filo bianco.


Il parco era tutto bianco di neve e le siepi tracciavano un disegno scuro lungo il viale. Quell'aria grigiastra nascondeva i grattacieli sempre più vicini, e faceva pensare a campagne sterminate.

L'unico corvo che viveva ancora lì si posò su una siepe. Le quattro statue ancora in piedi avevano assunto aspetti bizzarri e deformi sotto la neve, le due cadute erano già completamente sepolte, presso lo stagno. La vecchia signora aveva fatto con un dito due circoletti sui vetri appannati, all'altezza degli occhi, e guardava il giardino come attraverso occhiali. Battaglie di neve cinquant’anni prima; bacche rosse lucenti in mezzo al bianco; il profumo di cibo; un vecchio caleidoscopio… Era stato bello vivere là, mentre intorno alla casa il mondo cambiava. Perché suo fratello se n'era voluto andare? Come si chiamava quella ragazza?

Un'ombra sulla neve la fece trasalire. Paura dei fantasmi, del silenzio. Solo un po' di veleno... perché l’ho fatto? Non mi ricordo più.

E tutti pensarono che un crampo lo avesse preso, mentre nuotava nel lago.

Quel vecchio dolore attraversò la mente stanca di Farewell mentre fluttuava nell'aria, e nuove bollicine scarlatte si aggiungevano alle altre. La radio non funzionava e non avrebbe mai funzionato, ma il contrabbandiere di memorie non pensava né alla radio né alla morte. Pensava ad un pomeriggio festivo con una ragazza dagli occhi così chiari che sembravano bianchi: avevano passeggiato lungo le strade di un paese di montagna, sotto un cielo nuvoloso; piccole formiche rosse correvano in fila su un muro; avevano preso un gelato insieme, seduti al tavolino di un bar.

Risentì sulle labbra un gusto di limone.






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