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Città deserta


di Leonardo Baldari e Giorgio Lagna


Dalle fessure della tapparella filtravano già i primi raggi di sole, illuminando appena il letto matrimoniale sul quale Francis Winner assaporava gli ultimi minuti di sonno. Nella stanza regnava una grande confusione: gli abiti erano sparsi sul letto e sulla poltrona, le coperte erano arrotolate ai lembi del letto.

Francis, coperto solo da un lenzuolo, si rigirò posando la mano sul cuscino di Kate, sua moglie.

Fu sorpreso di trovarlo vuoto.

Dischiuse appena le palpebre e constatò l’assenza della moglie.

(Strano!) pensò.

- Kate… Kate, dove sei? - Nessuno gli rispose.

Pensò allora che si trovasse nella stanza dei bambini. O forse era uscita. Si mise a sedere assonnato sul letto e chiamo: - Bob, Jenny, dov’è la mamma? - Ancora silenzio.

- Ma che diav… -

Si alzò, guardò la radiosveglia. Le nove. Alzò la tapparella e guardò in giardino. L’auto era ancora parcheggiata di fronte all'ingresso.

Non era mai successo che si assentassero senza prima avvertirlo.

Andò prima in cucina, poi nella stanza dei bambini.

Non trovo nessuno.

Forse ne sapeva qualcosa Mrs. Mobley, la vicina. Andò verso il telefono e compose il numero. Dieci, quindici squilli, ma nessuno rispondeva. (Forse dormono ancora) pensò.

Riattaccò la cornetta.

Una leggera preoccupazione cominciava ad insinuarsi nei suoi pensieri. Entrò in bagno, si lavò e quindi si vesti. Uscì di casa intorno alle nove e mezza.

La strada era inanimata.

Pensò che fosse troppo presto, ma subito si ricordò (bestia che sono!) che era domenica, non doveva andare al lavoro ed era già mattina avanzata. Non si udiva alcun rumore, neppure il solito scampanare della chiesa. Solo il vento continuava a fischiare fra le case. Francis era confuso (che diavolo sta succedendo?). Una serie di pensieri inquietanti iniziavano ad accavallarsi nella sua mente (è successo qualcosa, qualcosa di tremendo!).

L’ultima ipotesi era che Kate fosse andata da sua madre (e gli altri dove stanno?), a qualche isolato di distanza. Entrò in macchina e si avviò verso la strada principale. Di solito era quella con più traffico, ma quella mattina non incontro anima viva. (Cristo cos’è successo?).

Le sue pulsazioni cardiache iniziavano ad aumentare.

Premette l'acceleratore ed avanzo veloce sulla strada deserta.

Nervoso, le mani sudate che scivolavano sul volante, Francis imboccò a velocità folle una traversa e si fermò all’ingresso del palazzo dove abitava la suocera. Entrò nello stabile, chiamò l’ascensore e salì al 16° piano. Suonò alla porta.

Nessuno gli aprì.

Suonò ancora e poi ancora.

Una seria preoccupazione gli annebbiava il cervello. Le palpebre gli pesavano. Il respiro si faceva affannoso. Le giunture degli arti erano indolenzite.

Poi si allontanò, prese la rincorsa e diede una spallata alla porta, al terzo colpo si spalancò e Francis irruppe nell’appartamento.

Esplorò tutte le stanze senza trovare nessuno.

Allora la preoccupazione divenne angoscia (la città è deserta, deserta!). Uscì dall'appartamento e suonò alla porta accanto.

Aspettò qualche secondo, poi iniziò a scendere precipitosamente le scale, fermandosi ad ogni pianerottolo e suonando a tutte le porte.

15°, 14°, 13° piano.

Francis ansimava, terribilmente confuso e frastornato, incapace di pensare.

9°, 8°, 7° piano.

Si accasciò esausto prima di riuscire a suonare alla prima porta del 5° piano.

L’angoscia incominciava a lasciare il posto al terrore.

Richiamò l’ascensore, scese al piano terra ed uscì in strada. Di fronte alla porta a vetri del palazzo c’era un negozio di televisori. Al fatto che fosse domenica e che i negozi avrebbero dovuto essere chiusi, Francis non pensò. Non pensava più a niente, ormai.

Corse disordinatamente verso la vetrina e guardò i televisori accesi. Gli schermi erano bianchi. Spinse la porta ed entrò. Vuoto.

Si avvicinò ad un apparecchio, prese il telecomando ed iniziò a cambiare canale; ma l'immagine non variava. Con un gesto di rabbia scagliò il telecomando contro lo schermo. Il tubo catodico esplose.

Una miriade di piccole schegge di vetro lo investirono, conficcandosi profondamente nelle mani e nel volto.

Un dolore lancinante, terribile, violento, insopportabile, misto a rabbia ed incredulità, distrusse completamente ciò che di razionale restava in lui. La sua psiche era turbata fin nel più profondo stato di coscienza (sono solo. Mi hanno abbandonato.)

Uscì fuori, barcollando, accecato dal sangue e dal dolore.

- … Kate, Bob, Jenny, aiutatemi! … Aiuta… te … mi … i … - La sua voce si smorzò in un rantolo di rabbia e di dolore.

Cadde in ginocchio, con le mani sul viso coperto da una maschera di sangue. Ad un tratto, da una fessura fra le dita, scorse qualcosa che si ritraeva dall’angolo di un edificio. Francis scattò in piedi, con il cervello in fiamme, e corse verso il luogo dove aveva visto l’ombra. Inciampò, cadde, si rialzò ed incomincio a correre senza meta per la strada, poi rivide l'ombra nascondersi in una palazzina. Vi entrò, distrutto dalla follia, salì le scale velocemente, sempre più in alto. Arrivò in cima ed uscì in un ampio terrazzo.

L’ombra si nascondeva dietro la caldaia, ne era sicuro. Si slanciò per afferrare quell’immagine sfuggente, ma l'impeto lo fece urtare al parapetto e troppo tardi si accorse di cadere nel vuoto.

Pochi secondi dopo giaceva in una pozza di sangue al limite estremo del marciapiede. Nell’ultimo barlume di coscienza, vide che intorno a lui si radunava una FOLLA di persone.

Kate, Bob, Jenny, la suocera, mrs. Mobley ed il marito.

C’erano tutti.

E tutti ridevano, ridevano. Un riso continuo spietato, crudele.

Poi, più nulla.






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