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Miranda


di Silvio Sosio


Il palazzo dell'istituto s’erge imponente nella pioggia che mi infradicia, tronfio nella sua architettura neofascista dalle possenti strutture in cemento armato. Il vento scuote gli alberi quasi spogli, facendo risaltare la solida indifferenza del grande edificio. Incontro Miskin, il chimico americano, mentre attraverso la piazza che si estende dinanzi all'istituto.

- Marzorati. Come procede il Progetto? -

- Siamo quasi alla conclusione, Miskin. Una settimana, forse meno. - Era quasi un mese che non lo vedevo. L'americano ormai era divenuto inutile nel nostro lavoro, per quanto lui non lo potesse sopportare.

- Che cosa? Dovete rinviare, ascolti, non dovete avere tutta questa fretta. -

- Sono mesi che lo ripete. Non posso fermare il programma, io; se ha qualche proposta la deve fare alla professoressa Ceccani. Ma le assicuro, nulla va troppo in fretta, è solo lei che vorrebbe ritardare inutilmente le cose. –

- La Ceccani non ascolterà mai, lo sa anche lei. - Miskin stava cominciando a scaldarsi, ma io non avrei sopportato una scenata.

- Solo lei ha il potere di fare qualcosa… - Entrammo finalmente all'asciutto del grande atrio dell'istituto. Alcuni capannelli di studenti erano raccolti vicino alle scale, si discuteva animatamente, forse del progetto stesso, argomento di conversazione di prim'ordine sia all’interno dell'istituto che fuori. Salutai con un cenno il custode. Quindi mi rivolsi all'americano: - mi dispiace Miskin, non posso e non voglio far nulla. Mi scusi. - Terminai, e mi avviai rapidamente verso le scale. Lo udii urlarmi dietro, incollerito: - Pazzi! Vi farò tagliare i rifornimenti della NASA! Non vi arriveranno più quei maledetti sassi di Urano, mi sente? –

Ma le sue minacce non mi spaventavano.


La professoressa Ceccani è nel laboratorio di anatomia, dove sta portando a termine l'autopsia di uno scimpanzè. È una donna sui cinquanta, bionda, piccola, ma dal freddo sguardo grigio che incute rispetto. Fra gli studenti è molto temuta, ma anche molto ammirata: nei lunghi anni di studio e di insegnamento si è saputa guadagnare la fama di più alta luminare di neuropsicologia, una disciplina che pur non contando più di un decennio di vita è divenuta la regina delle scienze della mente, e nella quale siamo laureati sia la Ceccani che io. Ella mi saluta quando mi vede entrare.

- È Miriel? - Chiedo, indicando le spoglie della povera bestia che giace sul tavolo.

- Si - Risponde -sto analizzando lo stato degli organi interni ed in particolare del cervello. -

- Non c’erano squilibri ormonali nel sangue? -

- No, nulla di strano. Ma ho già una teoria sulla causa della morte; sto solo cercando di comprovarla con i dati dell’analisi. –

- La strano è: perché Miriel è morto subito, appena entrato nella fase epsilon, mentre gli altri scimpanzè e oranghi, Oberon, Ariel, eccetera, hanno sostenuto l'esperimento senza gravi conseguenze? - La professoressa annuisce, interrompendo un istante il lavoro. - Infatti. Secondo me il fattore determinante è stato l'isolamento. Ricorderà che Miriel è stato l'unico soggetto a essere isolato durante l'esperimento. Ora, dopo la catarsi neuronica, il cervello, purificato da stimoli interni, ma privato anche di stimoli esterni, è come… collassato, si è svuotato e richiuso su sé stesso. –

Capisco. Questo comporterà un ostacolo per il Progetto crede? –

- No, anzi. Una volta provata la mia teoria avremo finalmente tutti i dati, e potremo sostituire un uomo alla scimmia. –

- La scena madre. Quanto ci vorrà per essere pronti? -

- Non più di due giorni, se tutto va bene. - Alzai il sopracciglio, piacevolmente stupito dell'imminenza del grande momento. - Molto bene. - Dico.

La Ceccani sorride, come divertita. - Cosa mi piace lei, Roberto, è che non perde mai la calma. Corradi quando lo saprà farà i salti; lei si limita ad alzare un sopracciglio. –

- È il mio carattere. A volte mi spiace, mi sembra di perdere qualcosa; ma spesso è utile. –

- Ha visto Miskin, stamane? –

- Si, l'ho incontrato mentre venivo all'istituto. Comincia a sentirsi l'acqua alla gola, ormai. Ha ripetuto ancora che dovevamo rinviare, sostiene che non siamo ancora pronti. Vuole persino tagliarci la NASA. –

- Può farlo, ma non penso che lo voglia davvero, tiene quanto noi al Progetto. E poi questo non ci danneggerebbe, almeno per il momento. –

- Io penso che la sua unica preoccupazione sia quella di sottoporsi all'esperimento per primo. Credo che desideri soprattutto passare alla storia, che non arrivare alla conoscenza che ci darà la felice conclusione del Progetto. –

- Si, lo sospetto anch'io. In fondo è un uomo molto infantile, e gli manca la vera mentalità dello scienziato. Comunque non avrà mai la preparazione necessaria per far la cavia e uscirne. - Una pausa.

- Le servono delle analisi, professoressa? - Dico allora, cambiando discorso.

-Si, grazie, volevo appunto parlargliene. Venga, che. le spiego. –

- Eccomi. - mi tolgo l'impermeabile e indosso il camice. Il lavoro mi aspetta.


Questo non è che l'epilogo di una storia iniziata più di nove anni fa. L'ideatore di tutto è stato Alex Miskin, che nei suoi laboratori di chimica alla Harvard University di Cambridge, Massachusetts, scoprì le proprietà allucinogene di una sostanza organica proveniente da un satellite di Urano. Il satellite si chiama Miranda; e Miranda su chiamata quella sostanza; nel suo studio fu coinvolta un paio di anni dopo anche la professoressa Ceccani, che per un caso si chiama anche essa Miranda. Forse fu proprio questa omonimia ad attirarla, all'inizio, ma a poco a poco le idee di Miskin finirono con l'affascinarla, e si impegnò sempre più a fondo nella cosa, che perse il nome di Progetto Miranda. Dopo qualche anno l'importanza del lavoro della Ceccani fece sì che tutto passasse nelle sue mani. Da tre anni il progetto si è trasferito a Milano, all'istituto di Neuropsicologia. Miskin vive nella metropoli lombarda da allora, ma ormai il suo aiuto si è reso inutile da tempo. La sua creazione è di ventata adulta.


Dopo le analisi, la sera viene rapidamente. Intanto, la notizia dell'imminenza dell'esperimento su un essere umano si va diffondendo. Già il giorno dopo posso percepire, in tutto l'istituto, una certa elettricità, un certo nervosismo generale, ma il massimo è quando, la sera precedente il gran giorno, trovai sulla porta di casa, ad attendermi, una piccola folla di giornalisti, i quali, constatata a loro spese l'indisponibilità. della Ceccani, di Miskin, e l'inutilità di Corradi, che conosce del progetto solo le parti riguardanti quel computer che tanta parte vi detiene, si rivolgono ovviamente a me per racimolare notizie fresche ed attendibili su quello che può diventare il fatto del giorno. Infatti il Progetto gode di una certa popolarità, sia per la risonanza internazionale, fatto raro per l'ambiente scientifico italiano, sia per l'essere legato alla figura della Ceccani, che nel paese è una "Star" al pari di calciatori e attori del cinema. Il silenzio dei giornali, dovuto alla mancanza di notizie " eccitanti" quotidiane, ha fatto parlare molto e molto anche straparlare. In questa situazione si inserisce ora la notizia bomba della vicina conclusione del progetto o quanto meno della prima fase.

La cosa non mi fa molto piacere, perché subito mi ritrovo la casa piena di reporter, telecamere, microfoni, macchine fotografiche. I flash mi accecano. Li faccio accomodare tutti in salotto, voglio togliermi il fastidio più rapidamente possibile.

- Signor Marzorati - Inizia il cronista del "Il Giorno", lei è assistente della professoressa Ceccani sin da prima dell'inizio del Progetto. –

- Da undici anni. - Preciso.

- Dunque lei dovrebbe conoscere ogni aspetto del "Progetto Miranda". –

- Non come la professoressa stessa, ma ritengo di essere in grado di rispondere alle vostre domande. –

- Signor Marzorati, vorrebbe ricordare ai nostri telespettatori in cosa consiste esattamente il "Progetto Miranda? - Chiede l’intervistatore di Videodue. Vedo la telecamera spostarsi dal suo volto al mio. M'innervosisco al pensiero di apparire su una rete nazionale, ma come al solito mantengo la perfetta calma.

- Dunque. Il discorso è un po' complesso, ma cercherò di renderlo comprensibile a tutti. La Miranda, che in realtà si chiama cianometilmercaptilene… la formula è CH₃SN… è una sostanza chimica che venne portata sulla terra dagli astronauti della missione Prometeo XVIII, che come sapete atterrò su due satelliti di Urano, Miranda e Oberon, riportandone molti campioni di rocce, Il professor Miskin, dell'Università di Harvard negli Stati Uniti, fu il primo a scoprire le proprietà allucinogene di questa sostanza, che furono poi sviluppate e "ordinate" attraverso l'uso dei calcolatori. Secondo le ipotesi di Miskin e della professoressa Ceccani, che da vari anni ormai dirige il progetto, la somministrazione della Miranda a un essere umano, aiutata dal calcolatore, dovrebbe permettere quello che noi definiamo catarsi neuronica, ossia in parole povere un liberarsi della corteccia cerebrale da tutti gli impulsi corporei che ne condizionano il funzionamento. –

- Cioè pregiudizi, schemi di comportamento… -

- … e soprattutto istinti. In pratica si verrebbe a creare un’intelligenza pura. Dopo la catarsi, per il soggetto inizierebbe la fase epsilon, durante la quale i collegamenti neuronici vanno ricomponendosi, consentendo all'intelligenza di orientarsi, e ad esempio anche di parlare, ma mantenendola ancora libera per circa un minuto. -

- Libererete l'anima dal corpo, insomma. - ipotizza il reporter della "Notte".

- Può metterla cosi, se vuole, ma non c’è nulla di mistico nella faccenda, anche se penso che qualunque filosofo dovrebbe aspirare a essere sottoposto alla Miranda, per poter ""vedere" il vero aspetto delle cose, non oscurato dalle scorie che inquinano il nostro intelletto. Naturalmente ciò comporta dei rischi per la salute mentale del soggetto. Non si può predire con esattezza come si comporterà la psiche al momento culminante, che noi chiamiamo ho detto fase epsilon. Abbiamo effettuato prove su scimmie antropomorfe, sui primati più vicini all'uomo, ma chiaramente l'uomo ha un cervello unico nel regno animale, per cui si tratta di prove valide in modo relativo.

È proprio per questi motivi che noi neuropsicologi abbiamo tanta importanza nel Progetto. La neuropsicologia com’è noto studia la psicologia in rapporto al comportamento delle cellule neuroniche. Grazie ad essa per la prima volta si è potuto collegare l'intangibile pensiero a qualcosa di materiale. E senza di essa non avremmo alcuna idea di ciò che potrà succedere durante la famosa fase epsilon. Anche così, comunque, e nonostante i lunghi anni di preparazione della professoressa, non potremo mai essere sicuri al cento per cento che tutto vada bene. Come sapete il soggetto dell’esperimento sarà la Ceccani stessa. Essa dovrà affrontare un drammatico istante in cui consuetudini., schemi, abitudini, ricordi, tutto ciò che ci limita si, ma pure ci protegge nella vita quotidiana, le verrà a mancare. -

- È arrivata allora l 'ora X - Fa il cronista di Quinto Nazionale TV con retorica cacofonica, della quale si pente subito cercando di aggiungere qualcosa, ma viene anticipato da Antenna Italia: - I risultati dell'esperimento di domani potranno avere dei risvolti influenti sulla vita del cittadino comune? –

- Una domanda interessante - rispondo. - Sul momento non saprei avanzare esempi precisi, ma penso di si. Le possibilità aperte dal progetto sono di tale portata che potrebbero addirittura rivoluzionare il nostro attuale modus vivendi. –

- Questa frase ormai è d'obbligo, quando si chiedono soldi ai contribuenti per la ricerca scientifica o si vuol giustificarne la spesa. In realtà la vita del cittadino è rimasta pressoché invariata da quando si è consolidata la nostra struttura sociale, nel XX secolo. Né il programma spaziale né l'energia atomica hanno rivoluzionato il mondo, a parte l'aumentare della potenza distruttiva degli armamenti. Perché dovreste farlo voi? - Guardo verso il fondo del salotto, alle spalle degli altri giornalisti, dove riconosco l'uomo che ha fatto la domanda. È Giancarlo Ferrari, lo conosco bene perché abbiamo studiato insieme al liceo. Ora dirige une rivista scientifica con interessi sociali e politici, qui a Milano.

- Mi aspettavo questa domanda, Gian, - lui sorride - non sono molto esperto in questioni sociali, come sai e spesso mi hai fatto notare, ma posso dirti questo. Ogni scoperta scientifica fino ad oggi si è andata ad inserire nella struttura sociale preesistente, senza intaccarla. La Miranda e i nostri studi consentiranno per la prima volta una visione obiettiva su tutto, compresa la società. Che uso se ne farà poi, non so predirlo. –

- Grazie, Robert. Considerando i limiti della forma mentis da scienziato che hai, mi ritengo soddisfatto. –

A uno a uno i giornalisti se ne vanno. Compresi quelli televisivi col loro cavi e i loro fari. Infine, come ogni sera, il sonno viene puntuale.


Se al mio arrivo all'Istituto, la mattina dopo, sono ancora abbastanza tranquillo, la situazione di caos che vi trovo comincia ad innervosirmi. Oltre ai soliti studenti, che per quell’occasione sono diventati più febbrili e casinisti del solito, girano per l'edificio centinaia di persone mai viste, giornalisti, studiosi, semplici curiosi, occupano le scale, creano un frastuono tale da procurarmi il mal di testa in pochi minuti. Chiedo al custode come mai avesse lasciato passare tutta quella folla, ma lui risponde che, lo creda o no, ognuno di loro aveva un permesso di qualche genere per entrare. Irritato mi faccio largo tra la massa di intrusi e raggiungo come ogni giorno l’aula dei professori. Lascio sciarpa e cappotto e mi sposto al laboratorio centrale. Con grande sollievo mi accorgo che quella zona dell'edificio è stata preclusa ai non addetti. Un paio di studenti robusti picchettano l'entrata tenendo lontani i disturbatori. Mi salutano scostandosi per fermi entrare.

- C'è già qualcuno? - Chiedo. L'esperimento avrà luogo solo nel pomeriggio.

- C’è la professoressa, c'è Corradi, e c'è anche Miskin. - Mi risponde il più grosso di loro. È un asso nella squadra di calcio dell'istituto. Un po' meno in psiconeurologia. - Grazie, buona guardia. - Per ora sembra tranquillo, ma tra un paio d'ore i giornalisti inizieranno l'assedio.

Nel laboratorio Centrale trovo la Ceccani intenta a delle verifiche assieme a Corradi. Corradi è un uomo imponente, grassoccio, si direbbe più un macellaio che non un cibernetista. Le sue grosse dita danzano sulle tastiere dei computers come le mani di un pianista. Miskin se ne sta seduto sulla poltroncina dove siederà la Ceccani durante l'esperimento. Osserva con strano interesse il lavoro della donna e di Corradi, il che mi insospettisce.

Intanto i due hanno terminato il lavoro ed escono salutandomi con un cenno del capo. Mi guardo intorno osservando il familiare laboratorio riempito di calcolatori, elaboratori, banchi memoria, stampatrici, e pannelli e consolles d'ogni genere. Quasi senza volerlo mi avvicino a Miskin. - Che fa già qui, Marzorati? L’esperimento non inizierà che fra ore. –

- Davo un'occhiata in giro. Magari serve il mio aiuto per qualcosa. - L'americano ride. Una risata isterica.

- Non serve più, Marzorati. Lei è fuori ormai, non conta nulla. Come me. Ma io almeno ho la soddisfazione di avere ideato tutto questo. Lei invece non è che un assistente senza importanza. Un'ombra nell'ombra. -

- Non ho alcun interesse a passare alla storia, come invece lei desidera, Miskin. Non creda di offendermi parlando in quel modo. - Dico incollerito.

- Quello che voglio dire, e che anche lei avrebbe potuto avere una parte in questa storia. Era l'unico che poteva convincere la professoressa ad ascoltare le mie obiezioni. Ma lei è un neuropsicologo, come lei, e voi neuropsicologi sapete sempre tutto. –

- Ne abbiamo già parlato, mi pare - faccio, acido - le sue obiezioni non hanno alcun valore. È lei che non desidera altro di sedersi al posto della professoressa, come infatti sta facendo ora, e non sa accettare il fatto di aver perduto un'occasione d'oro per ottenere la gloria che lei va cercando. Aveva un biglietto per la fama, e un altro lo ha usato al posto suo. –

- Pazzo! Ma non è ancora finita. Oggi accadranno molte cose! - Urla. rosso in volto, in preda all'ira. Si alza ed esce quasi di corsa dalla sala, allontanandosi nei corridoi deserti.

Fatico molto a riacquistare la mia solita calma. Le parole dell'americano mi hanno messo in agitazione. È ovvio che ha in mente qualcosa. Decido fra me e me di tenerlo d'occhio. La disperazione può portarlo a compiere azioni imprevedibili. Dunque dopotutto il mio compito non è terminato. L'ultimo tocco per la riuscita del Progetto sarà il fallimento dei suoi piani, e lo darò io. Me lo riprometto.


Una gran folla di tecnici in camice bianco, l'equipe di Corradi, armeggia ora coi calco1atori. Sono circa le tre del pomeriggio. La Ceccani si sta concentrando sulla poltroncina, il capo coperto da elettrodi, altri elettrodi sul cuore, sulle caviglie, sul collo, sui polsi. Un tubicino è collegato attraverso un ago alla vena del braccio.

Mi viene in mente, assurdamente, Sacco e Vanzetti, la sedia. Vicino a lei due grandi schermi testimoniano l'attività regolare del cuore e quella del cervello. Su un altro schermo appaiono continuamente analisi chimiche del suo sangue. Cerco Miskin con lo sguardo. Lo trovo, finalmente, dietro un grande banco memoria. In fondo alla sala. Lentamente cerco di avvicinarmi, tenendo sempre fra me e lui qualche ostacolo, che mi nasconda alla sua vista. A un tratto Corradi mi ferma e mi chiede qualcosa. Sono tanto concentrato su Miskin, che impiego vari istanti per capire la domanda di Corradi. Gli rispondo rapidamente, cercando di svincolarmi per raggiungere Miskin. Ma ancora il tecnico mi intrattiene. Finalmente riesco a liberarmene, al limite della scortesia, e mi avvicino senza indugi all'americano. Riesco ad essergli alle spalle, e allora lo vedo. Fingendo di raccogliere una penna, fatta cadere appositamente dal taschino; Miskin si china e senza esitare disinserisce, senza staccarlo del tutto, uno spinotto a jack collegato al banco memoria. Appena compiuto il gesto si allontana cercando di non dare nell’occhio. In pochi secondi è all'altro capo della stanza, che osserva tranquillamente l'attività del laboratorio. Un atto freddo e calcolato con precisione. Perché il Progetto Miranda fallisse e Miskin ottenesse la sua folle vendetta.


Circa un'ora e mezza dopo, al momento culminante, la Ceccani inizia a parlare.

- Ecco - dice, parlando con fatica, sto per entrare nella fase epsilon. Comincio a divenire insensibile… non sento più gli… la catarsi è … -

In tutta la sala la tensione è tangibile. Sugli schermi si possono vedere il cuore, ed il cervello della donna impazziti. Nel sangue sale pericolosamente il livello dell'adrenalina.

- Ci siamo... è tutto… nero - La Ceccani chiude gli occhi, mentre rughe profonde le increspano il volto. D'un tratto apre la bocca e con un gran sospiro svuota completamente i polmoni. Rimane così per un istante, le palpebre premute con forza, i pugni chiusi, i muscoli contratti che guizzano sotto la pelle come piccoli animaletti disperati. Poi inspira e apre gli occhi. E urla.

- Mio Dio! Non sono più nel nostro universo. Sono in un’altra dimensione! Ha gli occhi pieni di spavento. Di orrore. - Un mondo popolato da mostri! - corruga la parola con una smorfia. - decine di esseri disgustosi… mollicci… mi attorniano… sono come gommosi, che schifo… - Il camice bianco della Ceccani si macchia di vomito. - Non so descriverli… sono come tutti rotti, tenuti insieme all'apparenza da un'epidermide… floscia… coperta di piccole escrescenze… Dio… hanno dei… tentacoli ramificati... - Ormai la fase epsilon sta per finire. Attendiamo tutti quel momento con ansia, ma non sappiamo cosa rimarrà della professoressa dopo questo esperimento. Siamo sull’orlo del collasso, tutti. La Ceccani sta impazzendo sotto i nostri occhi.

- Ora uno di loro si sta avvicinando… -

A un tratto vedo Miskin attraversare il laboratorio dirigendosi verso la professoressa in trance.

- Viene verso di me, si avvicina, mi è addosso! Ora lo vedo bene… -

Cosa vuol fare quel pazzo? Pensa che la cosa orrenda che accade alla Ceccani sia colpa sua? Vuole interrompere l'esperimento!

- Ore lo distinguo bene, è… è … è … -

La fase epsilon terminò con un grido agghiacciante.


Quell’urlo mi pare di sentirlo ancora oggi, dopo quasi vent’anni. Così era terminato, tragicamente, il glorioso Progetto Miranda. Anni di studi erano andati in fumo in un momento. La Ceccani era stata internata in un ospedale psichiatrico, dal quale era stata dimessa anni dopo, in seguito a commissurotomia. Aveva vissuto ancora due o tre anni, quasi da persona normale, ma in quei casi non si sa mai se la persona c'è ancora o se è rimasta solo la scorza. Dopo di allora c’è stato ancora un piccolo strascico. Miskin, dopo aver inutilmente tentato di salvare la professoressa, visse per un po' col suo senso di colpa, sparendo della circolazione. Un anno dopo riuscì a far pace con sé stesso e ricominciò ad occuparsi della Miranda. Quando lo seppi, leggendone la notizia su una rivista scientifica americana, presi un aereo per gli USA e mi recai da lui. Lo incontrai nel suo laboratorio alla Harvard. Quando mi vide rimase di sasso. Mi fissò sgomento, senza sapere che fare. Non aveva certo mutato idea su di me, ne me lo aspettavo, comunque ebbe il buon senso di accogliermi nel suo ufficio. Mandò via un paio di assistenti e fummo soli.


- Cosa vuole, Marzorati? - Mi chiede brusco in inglese.

- Deve sospendere il nuovo progetto, Miskin - Rispondo in italiano - lei non ha capito nulla. –

- Cosa non ho capito? Vorrebbe venirmelo a spiegare proprio lei? Dopo ciò che accadde a Milano diciotto mesi fa? -

- Lei non sa cosa accadde veramente. – Lo scrutai con attenzione. L’americano non sembrava nervoso, solo incollerito.

- Me lo spieghi lei allora, visto che sa tutto. -

- Lei crede di aver causato il fallimento del progetto col suo sabotaggio, Miskin. Quello spinotto disinserito, ricorda? - Mi guarda come se gli avessi sparato. Lo fisso nel volto dai tratti grossolani, di chiara origine slava. Leggo il suo sgomento, ma non me ne lascio toccare, e senza emozioni terminai il discorso. - Io ho sventato il suo atto assurdo e folle, Miskin. Io ho riattaccato lo spinotto. Tutto si svolse come da copione quel giorno. –

- Cosa sta dicendo, Marzorati? Lei è pazzo! La Ceccani perse la ragione, lo capisce questo? L'esperimento Miranda è fallito! -

- Non sono pazzo, Miskin. L'esperimento non è fallito. È riuscito perfettamente. Per questo la Ceccani ne uscì distrutta. Lei ha capito cos'erano quei mostri che vedeva vero? -

- Ho una mia teoria. La Ceccani vedeva tutti noi attraverso un altro universo, deformati, e le sembravamo esseri orrendi. –

Mi permetto di ridergli in faccia.

- Non ha capito, infatti. Lei è un bravo chimico, immagino, ma non ha la minima capacità di estrapolazione. Quei mostri non erano uomini visti attraverso uno specchio deformante, ERANO UOMINI VERI! Dopo la catarsi neuronica – continuo - la Ceccani era riuscita ad "astrarsi". Si era distaccata da ricordi, abitudini, istinti, eccetera. Era intelligenza pura. Fu così che venne posta senza alcuna difesa di fronte alla mostruosità degli esseri umani in tutta la sua spaventosità, una condizione di cui non ci rendiamo conto per il fatto di viverci continuamente dentro, ma che la Ceccani del di fuori potè comprendere. Le dirò, come psicologo non credevo che il disgusto potesse esistere in un'intelligenza pura. Mi sbagliavo. Miskin, questa è la verità che cercavamo, gli esseri umani sono orrendi! La professoressa lo ha visto, ed è impazzita. Cosa avrebbe potuto fare? Avrebbe potuto continuare a vivere fra mostri, e, peggio, con la coscienza d'essere, un mostro ella stessa? Persino a me, che come tutti sono abituato alla forma umana sin dalla nascita, da quel giorno a volte avviene che lo sguardo mi cada su una mano, e a un tratto mi faccia ribrezzo il modo in cui si ramifica, e i tubi schifosi sotto la pelle, coperti appena da un'epidermide molliccia. Di tanto in tanto mi sembra di percepire la mia mostruosità nella sua interezza, e mi accorgo di essere sull'orlo dell'abisso. Io, che non mi sono neppure sottoposto all'esperimento. Il progetto Miranda deve essere archiviato, dimenticato, fatto sparire. Il sogno dell'intelligenza pura deve essere abbandonato, cancellato, se vogliamo continuare a vivere almeno sani di mente, nella nostra miseria. –

Quel giorno stesso presi l'aereo e tomai a Milano. Qualche tempo dopo venni a sapere che Alex Miskin si era sparato. Era la fine di un'epoca neppure cominciata. Ma ho una domanda, che per me rimase insoluta. Fu Miskin a rivolgermela quel giorno, riuscendo così finalmente ad incrinare le mie convinzioni, e a vendicarsi. Cosa sarebbe accaduto se non avessi ricollegato quello spinotto?






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