Tenebre
di Bruno Garavini
"Domani, domani e domani, avanza col suo piccolo passo, giorno dopo giorno, fino all'ultima sillaba del tempo segnato, e tutti i nostri ieri saran serviti a rischiarare agli sciocchi il loro viaggio verso la polverosa morte."
William Shakespeare, Macbeth -Trad. di B. Garavini e L. Tassinari –
Ciò che era nato per stizza e subito represso sfonderà la sua prigione, con una forma reale e una volontà ben precisa, fornitagli da noi stessi.
Si accumulerà fino ad un punto critico, dopodiché prenderà vita autonoma e si affrancherà dai nostri sogni…
L’incubo aleggiava sopra la sua prossima vittima.
Ignara, la ragazza dormiva tranquillamente sul fianco destro, con un braccio che sporgeva al di là del letto.
Era piena estate e solo un lenzuolo la fasciava le anche e una parte della schiena, lasciando intravedere le coppe bianche del reggiseno.
L’incubo cominciò a gongolare.
Davvero un bello spettacolo, così dolce, così flessuosa, i morbidi capelli divisi in due trecce che le conferivano una malizia sbarazzina, l’espressione serena del viso angelico, un corpo agile e scattante, le rotondità come si deve! L’incubo se ne intendeva e l’esperienza gli diceva che sarebbe stata una nottata molto, molto interessante…
Dalla finestra aperta sul balcone giungevano i rumori tipici d’una calda notte estiva: rombi di motorini che s’incrociavano in continuazione, il vociare di comitive di ragazzi spensierati – era sabato sera, per un attimo l’incubo si chiese perché la ragazza non fosse con qualche gruppo, forse era una solitaria, tanto meglio – a cui faceva da contrappunto il borbottio degli adulti che giocavano a carte con impegno e accanimento, mettendocela tutta per vincere il piatto – un gelato, una tazza di caffè. –
L’incubo si concentrò, ottenendo che il tramestio sfumasse lentamente, pian piano, fino a che ci furono solamente loro due nella camera: era molto coscienzioso, voleva dare il massimo nel momento in cui le avrebbe…
Un segnale estraneo lo turbò.
Cercò di scacciarlo, sembrò riuscirvi, ma esso ritornò a punzecchiarlo insistentemente, vanificando i suoi sforzi.
Urla e pianti che andavano e venivano intermittenti, li univa una indescrivibile sofferenza, a lui nota, ma ebbe come l‘intuizione di una mano furtiva dietro quella visione, grondate di un antico desiderio…
L’incubo aprì gli occhi di scatto e si guardò intorno, irritato. Cercava la presenza indesiderata.
Gli era capitato ancora, di rado per la verità, che un animale – volatili, di solito – venissero a fare il terzo incomodo, ma se n’era sbarazzato immediatamente…
No, questa volta non era un passero, una civetta o un pipistrello, si trattava di qualcosa di più consistente, ne era più che certo. Una fitta di curiosità… curiosità?... lo attanagliò: perché non riusciva ad individuarlo, eppure c’era, lo sentiva! La presenza era lì, da qualche parte, ondeggiava beffardamente da un punto all’altro della camera, prendendosi gioco di lui, ecco, ora si faceva più tangibile, poteva quasi percepirla, vederla, TOCCARLA…
Solo la ragazza, c’era solo la ragazza.
Di nuovo il suo essere fu pervaso da un’istintiva consapevolezza, che gli urlava da ogni parte, stordendolo. Rammentò le chiacchiere dei fratelli più anziani su uomini che andavano a caccia nel regno della notte per riparare vecchi torti. E le prede erano loro.
L’incubo si guardò intorno, era incerto, non aveva parametri per una simile situazione.
Si sentiva… no andiamo, è impossibile per uno come me, eppure… si sentiva… ma sì, maledizione, lo ammetto! Si sentiva "spaventato". Avrebbe voluto ridere di tali fisime, ma un senso di viva apprensione era sceso su di lui.
Dove sei, maledetto. non puoi rovinarmi la serata, fatti vedere! Svolazzò a casaccio come una falena ipnotizzata da mille luci, sbavando inutilmente la sua rabbia impotente.
Poi si fermò a mezz'aria, ansimante e grondante di sudore, e fu uno sbaglio perché la stasi interiorizzò il suo furore frustrato e ci mancò poco che si mettesse a piangere, ma si riebbe subito. Stai calmo, si disse.
Perciò decise di scendere, si posò a terra e s’avvicinò alla ragazza. Un lieve sospiro esalava da quel corpicino delicato, L’incubo fece per ghermirla, e si trovò fissato da una donna e dai sui due marmocchi urlanti, la donna implorava pietà per loro, poi bollicine di sangue prendevano a gorgogliarle lungo gli angoli della bocca e i bambini tacevano…
L’incubo troncò la visione con uno scuotimento del capo.
Si guardò nuovamente intorno, i denti scoperti in un ghigno ferino, completamente dimentico della ragazza: si chiedeva chi potesse essere così potente da indurgli il ricordo di quella remota operazione.
All'inizio aveva avvertito una nota stonata, come se mancasse qualcosa, ma poi era stato bellissimo, tutte quelle grida e il sangue che scorreva a fiumi, quei dannati mostriciattoli, uno aveva cercato di scappare e allora aveva dovuto fracassargli subito la testa…
La TESTA!
Crollò in ginocchio, premendosi le mani sulle tempie nel tentativo patetico di fermare le ondate che gli scuotevano il cervello, la donna, i bambini, la donna con i bambini e così via, basta, basta, non ne posso più!
Un uomo.
Questo fu il suo primo pensiero coerente quando s’accorse di avere chissà come ripreso il controllo di sé stesso. Al culmine della bufera mentale gli era giunta nitida l’immagine di un uomo, ma non era isolata, stava con gli altri.
Una famiglia?
Quella sera non c’erano uomini, no… ma la donna dormiva SOLA in un letto matrimoniale. La sicumera residua dell'incubo svanì come neve al sole, sapeva a cosa poteva portare un'idea fissa, in fin dei conti cos'era lui se non un parto d’un desiderio perverso? Se era quello che temeva, un cacciatore d'incubi, stava rischiando grosso: quei mostri non si fermavano davanti a niente, non avevano paura di niente, la volontà ossessiva aveva bloccato i loro freni inibitori, come doveva essere successo all'uomo quando lui gli aveva sterminato i suoi cari.
Che stupido a non pensarci prima! Decise di farla finita rapidamente, l’avrebbe sgozzata senza fare tante cerimonie e avrebbe tagliato la corda al più presto, doveva avvertire i suoi fratelli del pericolo che stavano correndo, e poi quella stanza cominciava ad andargli stretta, ci sarebbe stato un altro tempo per il divertimento.
Sguainò gli artigli e vibrò un rapido fendente.
Restò a bocca aperta, sbigottito, quando udì l’aria uscire sibilando dalla gola squarciata e vide il corpo rattrapirsi. Dannata bambola gonfiabile!
Fece per spazzarla via con un gesto rabbioso, quando una mano guizzò dallo strato di plastica e lo afferrò per il polso. Mentre la stretta inesorabile lo attirava verso il materasso - cavo dove era giaciuto il fantoccio – capì di chi era il respiro che lo aveva tratto in inganno.
L'aveva avuto così vicino, non era giusto, piagnucolò, non era giusto…
Da fuori giunse un grido: "Scopa!"
Qualcuno ribatté: "Sta zitto, c’è gente che dorme!"
… e allora i creatori soccomberanno, a meno che non si pongano al livello dei loro figli; e un giorno, forse, l’abisso li fisserà.
Le tigri dell'ira ed i draghi della vendetta attendono pazienti.
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