Io che adoro i piccini
di Bruno Garavini
La mamma accarezzò il viso paffutello di sua figlia.
"Dormi su," le ordinò dolcemente.
La piccola la guardò coi suoi occhioni scuri. "Fa-vo-la," articolò laboriosamente, per quanto le consentivano i suoi due anni d'età.
La mamma scuote la testa, lei non era molto brava a raccontare, ma Giorgio si, appena fosse tornato dal bar di sotto dove era andato a comprare le sigarette lo avrebbe chiamato, però adesso doveva arrangiarsi e subito, altrimenti sai le frigna! S'inginocchiò di fianco alla culla, urtando con la spalla il carosello ittico semovente che prese a dondolare lievemente, ma la bimba non gli badò.
"Favola," ripete caparbia.
La mamma rimboccò le coperte per prendere tempo, mentre pensava a qualcosa, rammento l'armadio alle sue spalle. Un'idea prese a formarsi, nebulosa. Com'era quel racconto di mostri che aveva letto dalla parrucchiera, sotto il casco? Parlava di una creatura che si nascondeva negli armadi e usciva solo di notte, a caccia di…
Allo scopo di creare atmosfera, chiuse la porta e spense la luce, lasciando che la stanza venisse rischiarata dall'illuminazione stradale filtrata dalla finestra.
"Quando l'ala della notte cala sul mondo," cominciò con tono grave e allusivo, "tutte le brave persone vanno a dormire, ed allora le creature malvage ne approfittano per uscire allo scoperto."
"Vanno alla ricerca di bambini cattivi che piangono sempre facendo disperare i genitori." La bambina non perdeva una parola.
"Il più feroce di tutti è il babau, ha sempre tanta, tanta fame, sapessi come soffre, il poverino! Lui aspetta che sia buio, poi esce dall'armadio dove è stato tutto il giorno in attesa," si avvicinò al mobile, tirando uno sportello che s'apri cigolando, tanto che la bambina sussultò. Ti piace eh? pensò la mamma, soddisfatta. "Quindi striscia incontro al bambino piagnucolone," continua, "agitando gli artigli accuminati e leccandosi le zanne con la lingua bifida, mentre gli occhi diabolici mandano lampi rossastri... e si avvicina, si avvicina sempre di più, finché ... AAAHMM!"
La bambina strinse gli occhi e strillò. "Sciocchina," ridacchio la mamma, facendole il solletico. "È solo una storia, non ricordi? Ora dormi, tesoro, " Ci vollero ancora un po' di moine, infine ella reclinò il capo. Sospirando la mamma uscì, ma quando fu nel corridoio le parve di udire un rumore. Rientrò di corsa, pensando che magari era caduta sul pavimento, non era certo la prima volta. Spalancò completamente la porta, lasciando che il rettangolo luminoso attraversasse la stanza andando a sovrapporsi sul lettino. Il carosello oscillava violentemente. Il sangue le si gelò nelle vene: la mano che aveva allungato sulle coperte stringeva i vestitini laceri ed insanguinati di sua figlia. Lei non c'era.
Sull'orlo d'una crisi isterica, scrutò carponi sotto la culla, chiamando con gemiti strozzati.
Come in un sogno scorse la scia rossastra che s'allungava verso l'anta socchiusa dell'armadio. In quel mentre il portone d'ingresso sbattè e la voce allegra di Giorgio risuonò nell’appartamento.
Mentre i passi si avvicinano, la mamma si morse selvaggiamente le labbra.
"Ed ora cosa gli dico?" pensò.
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