Mail n. 2 anno 2
Abbiamo ricevuto le prime lettere sulle famose "motivazioni".
Questa di Fabio Piretti è quella che ha affrontato con maggiore passione la questione, a dir la verità si tratta di due lettere ma qui sono riunite, e pensiamo sia stimolante dedicare questo spazio Mail dando voce a Fabio Piretti.
Pubblichiamo solo i passaggi significativi per ragioni di spazio.
CHIAREZZA! CHIAREZZA!
Ne abbiamo bisogno, come abbiamo bisogno dell'ossigeno.
Diciamo: rinnoviamoci
Diciamo: discutiamo
Tutte cose molto giuste e che condivido senza eccezioni; ma mettiamoci d'accordo su quello che vogliamo fare. Per rinnovare bisogna essere "positivi" e soprattutto "propositivi".
Non bisogna girare in cerchio gettando domande in qua ed in là. Bisogna percorrere un cammino razionale e frugare ovunque in cerca di risposte, e naturalmente bisogna trovarle.
Per discutere bisogna avere bene in mente qual’è l'oggetto della discussione.
Queste sono le premesse indispensabili per raggiungere qualsiasi obbiettivo.
NOI FACCIAMO FANTASCIENZA (significhi quello che significhi sappiamo con una accettabile approssimazione quello che significa; cioè di cosa stiamo parlando)
E da questa affermazione partono diversi discorsi:
1) È la S.F. in sé stessa che non è seria? E quindi non potremmo mai fare cose serie facendo S.F.?
2) La S.F. non è altro che un mezzo e siamo noi a non saperlo usare nel modo giusto?
3) La S.F. non è altro che un complesso di schemi narrativi obsoleti e non facciamo altro che scoprire l'acqua calda ad ogni racconto
E da questo:
4) Dovremmo fare qualcosa che non sia fantascienza?
5) Esiste una S.F. mai usata e nuova o almeno esiste la capacità e la possibilità di rinnovarla?
6) O è Lecito scrivere qualsiasi cosa purché sia scritta bene? E quindi la nostra obsoleta S.F. può essere rivalutata dalla qualità letteraria?
INTERVENGO A QUESTO punto perché penso che alle tue domande si debba rispondere subito mentre tu le poni proprio per non perdere quel filo logico da te esposto.
1) La serietà di un’attività o di una persona si misura nella capacità di dare una struttura articolata e organizzata, dove le azioni seguono la logica.
Una logica interna che vale in primis per ognuno di noi, quella che si chiama anche coerenza. Uno è coerente non quando non varia più idea, ma quando continua sempre a rispettare in ogni circostanza la SUA personalità.
Per la S.F. questo significa in parole povere che MAI un ambiente può essere "serio" da solo per grazia ricevuta, ma solo grazie a chi ne fa parte ed è così dappertutto.
2) Certamente che è un mezzo, come tutto nel mondo lo è. Quel che conta è ciò che noi siamo.
Occuparsi di S.F. o di altro non importa gran che, fatto sta che noi vediamo il mondo e lo sentiamo entro limiti molto elastici se ci vediamo come gruppo. È quel che si dice vocazione e noi, incidentalmente abbiamo la stessa vocazione; ci attira un certo tipo di gioco speculativo portato all'estremo in ogni sua versione e sottoversione. Poi ognuno la vede come vuole, ma entro certi limiti attraverso il mezzo S.F. scopriamo di avere qualcosa che ci lega.
3) Si, questo sicuramente, ma in fondo non è che si possa scrivere diversamente che in un certo modo la letteratura è la cultura statica per eccellenza, noi vinciamo in parte tale tendenza affrontando temi dinamici e affascinanti, ma non è che possiamo inventarci tutto ex novo, almeno… ciò dipende dalla nostra vivacità intellettuale, se non sei Ballard non puoi scrivere come lui, non ti pare?
Sui punti 4, 5, 6…
Noi facciamo quello che ci va, non serve domandarsi se sia S.F. o meno, semmai è vero il contrario, cioè che solo dopo, a posteriori si inventano le definizioni che non sono mai felici, perché in queste cose ognuno è diverso addirittura di ora in ora. Non facciamoci problemi in tal senso, niente del resto è obbligatorio; ma se tu ragioni. bianco ragionerai sempre bianco e non nero; facciamo S.F. evidentemente perché noi viviamo in questo modo e non cambieremo. Solo le etichette cambiano, solo le etichette scadono. Noi non scadiamo mai (se non in UN CERTO MODO…)
Una S.F. dei tempi di Campbell fa ridere i polli perché non siamo ai tempi di Campbell, però ricordati sempre che cambia chi ha la volontà di farlo, chi si CONQUISTA il rinnovamento, chi legge solo per svago senza acquisire qualcosa non si rinnoverà mai, rimarrà pecora.
Secondo me la capacità in tal senso c'è sempre, la possibilità su scala di massa mai, perché la massa non si rinnova MAI e la volontà? C'è la volontà?
Sul punto sei la risposta è ovvia, chi scrive non combina nulla di serio se non acquisisce le regole dell'attività che si è scelto, e scrivere narrativa avrà sempre delle regole.
Il succo di tutto è che noi siamo quel che siamo, in tutti i sensi e farsi schemi non ha senso perché la nostra opera creativa deve poter spaziare ovunque. Quando si ragiona a generi si è catalogatori, collezionisti o lettori ferroviari. Lasciamo che siano le nostre realtà a parlare, non quelle degli altri.
E con questo ti lascio ripartire da dove ti ho fermato.
Secondo me sono QUESTE le domande a cui tutta T.D.S. dovrebbe rispondere.
Tutto il discorso su cosa sia o non sia la S.F. viene solo adesso.
È un discorso necessario per rispondere alle domande 1, 2, 3.
QUINDI: COSA È LA S.F.?
Per rispondere a questa domanda occorre considerare tutta la fantascienza scritta fino ad oggi. Da Wells fino all'ultimo numero di T.D.S.
Bisogna considerare cosa abbiano in comune tutte queste opere.
Partire da zero a considerare come "già esistito" come "oggetto d'analisi" non la fantascienza come definizione o come aggettivo ma il corpo di tutto quello considerato S.F. prodotto fino ad ora. Cosa c'è dunque che accomuna tutto questo? Ecco:
A) Come ti ho già detto (rif. a precedenti lettere) la "trasgressione-superamento-rottura del quotidiano (qualsiasi significato politico-psicologico questo abbia e qualsiasi effetto ottenga, ora non c'interessa) ecco già un tratto distintivo. Ma questo non basta.
Un mucchio di opere ha questa caratteristica; dalla fantasy alla metafisica.
Occorre quindi qualche altro tratto distintivo che identifichi meglio la S.F.:
B) I rapporti con la "scienza" (con ogni accezione della parola scienza).
E un altro tratto distintivo è trovato. Con questo secondo punto restringiamo di parecchio il campo e contemporaneamente dando alla parola scienza il senso di conoscenza, vediamo che rientrano al loro posto tutte le componenti di quello che istintivamente chiamiamo fantascienza.
Ecco quindi che possiamo definire la S.F. come: "L'insieme delle opere che soddisfano entrambi i connotati descritti sopra". Tutto quello detto prima è secondo me quello che serve all'impostazione di un dibattito. Naturalmente si può essere d'accordo o mero sulle varie affermazioni che ha dato sopra. Ma bisogna tenere presente che una eventuale discussione sulla veridicità o mero di queste affermazioni è qualcosa che deve venire PRIMA del dibattito. E teniamo presente che il dibattito non può che svolgersi sulle RISPOSTE date a quelle sei domande e sulla validità delle risposte stesse. E che alla fine di tutto deve venire la risposta alla domanda fondamentale e cioè:
VISTO TUTTO QUESTO; COSA DEVE FARE T.D.S. ADESSO?
SECONDA LETTERA SULLE MOTIVAZIONI DELLO SCRIVERE (STRALCIO)
Oggi non è possibile avere altra conferma della nostra esistenza se non da un prodotto CREATIVO che esca dalle nostre mani o dalla nostra mente. In altre parole io scrivo perché è l'unica cosa che io possa fare. Il Lavoro (che pur mi sottrae tanto tempo) è una cosa che viene fatta da un altro … da un Piretti-Robot la cui vita è regolata da norme e da temi che lui non ha deciso. Scrivere è l'unico caso in cui posso esprimermi.
È l'unica occasione che ho per giustificare la mia esistenza. Senza prendere questa come una esagerazione però. Tutti quanti hanno bisogno di questi momenti. Momenti in cui un'attività (vogliamo dire un hobby?) viene a giustificare tutto il tempo perso nelle attività normali.
E in questo penso che nessun confronto tra questi momenti possa essere giustificato. Questi momenti sono ciò che io chiaro "ideali di sopravvivenza". Ognuno ha il suo modo di sopravvivere e tutti questi modi (scrittura, pittura, cicloturismo, fotografia, numismatica, filatelia, eccetera) sono perfettamente giustificati dalla loro funzione senza pregiudizi di qualità. Ma questo è ancora un altro discorso e non c'entra col resto.
Scrivere è qualcosa che io penso sia COSTRUTTIVO e che ha il potere (da me attribuirgli alla fine dei conti) di TRANQUILLIZZARMI sulla VALIDITÀ di quello che faccio, anche se al di fuori dello scrivere. Scrivere è qualcosa di CREATIVO e PERSONALE che mi riafferma come INDIVIDUO e mi distacca dal resto del mondo e dalla normalità appiattente.
Questo penso sia il motivo ultimo per cui scrivo.
Certo che attorno a questo ruotano tante altre motivazioni; alla fine dei conti ogni singolo racconto è scritto con una motivazione diversa che si aggiunge a questa.
Ecco perché scrivo ed eccoti questa chicca di autoanalisi.
Il tono della tua risposta penso possa dare un esempio a chi legge queste righe cosa può voler dire l'attività creativa per una persona. Tu dici giustamente "… senza prendere questa come un'esagerazione però" e naturalmente è giusto, ci sono cose nella vita che si devono considerare più importanti e valide da realizzare. queste si, in assoluto come lo scopo della propria vita. L'attività creativa in CERTE persone fa parte della propria vita, nei tempi e luoghi opportuni naturalmente e non come una fissazione, ma FA PARTE DELLA PROPRIA vita, armonizzandosi con altri momenti e altre situazioni PERSONALI.
Alla luce di questa armonia che non è una separazione netta fra momenti diversi della STESSA vita è chiaro che scrivere può non essere divertente, ma anzi faticoso e a volte travagliato.
Il nostro discorso verte proprio su questo, sul sapere esattamente a cosa si va incontro e perché. La serietà d'intenti dunque, ciò non significa che da domani tutti noi dovremo scrivere racconti esistenziali, penosi e barbosi. Ma solo che nello scrivere bisogna far entrare uno spirito, un'ossatura che è inderogabilmente in fondo l'ossatura LUNGO LA QUALE SCORRE LA NOSTRA VITA. Scrivere di nerboruti eroi e spade a tre lame, di iperspazio e regine esotiche non è solo fuori dei tempi ma è anche indice di scarsa maturità.
Tuttavia anche i suddetti se inseriti in un racconto scritto con vigore possono esistere, il male è scrivere opere senza fondamenta comunque "cerebrali" e comunque NON LEGATE ALLA NOSTRA VISIONE DEL MONDO. Il racconto avventuroso ed il racconto impegnato non esistono, esistono solo opere CONVINTE (coerenti con le scelte di vita dell'autore) e opere senza anima, cioè opere scritte su tracce di opportunismo e di desiderio di "compiacere chi legge anche negandosi il diritto-dovere di essere sempre e comunque sé stessi".
Poi la scelta o meno di elementi avventurosi e gai rispetto ad elementi depressivi o solo anche introspettivi di denuncia di realtà disumane o quantomeno dolorose dipende dallo STATO d'animo di chi scrive e anche dalle coincidenze ambientali in cui è maturata l’idea.
Alla base di tutto; umorismo, avventura, indagine ci deve stare quell'armonia di cui sopra e naturalmente comunque e sempre al massimo la nostra MATURITÀ.
Facendo un esempio abbastanza comune nel fandom concludo il discorso:
Se io inizio la mia "carriera" di scrittore con un raccontino pieno di luoghi comuni della SF e strutturato secondo la solita regola del colpo di scena fine a sé stesso, e se dopo due anni scrivo sempre lo stesso tipo di racconto è chiaro che non so quello che faccio.
E questo accade sapete. Accade eccome! Non chiaramente sempre nel caso della short story, ma anche nel caso di tipologie diverse; quando non si nota un'evoluzione, un affrontare temi anche importanti e connessi alla nostra realtà di esseri umani è perché l'autore non sa quello che fa, non se l'è mai chiesto e non se lo chiederà mai.
Dato che questa è la tendenza preoccupante che sembra avere il fandom se noi vogliamo abbattere il ghetto dobbiamo partire da basi inamovibili, da pilastri inattaccabili.
Dato che non è possibile dire quale siano questi pilastri (cioè le motivazioni autore per autore) in assoluto ecco che ognuno deve costruirseli da solo. Ed è quello che chiediamo, se già non lo avete fatto (e DOVREBBE essere così).
Se correliamo questi ultimi commenti alla definizione di S.F. di cui si parla precedentemente, ecco che ne escono alcune considerazioni interessanti:
Innanzitutto è deleterio creare generi a priori e riconoscersi in essi. L'importante è approcciare l’argomento CREATIVITÀ nel suo insieme come "IL SOLIDIFICARSI, e il 'I'RASMIGRARE in una forma materiale dei nostri vapore mentali, del prodotto cioè dei pensieri".
E per dare forma ai nostri pensieri bisogna sapere in che direzione vanno i nostri pensieri, in che direzione si orienta la nostra intera esistenza, l’essere al mondo NOI e OGGI e NOI DOMANI.
L’aspetto principale di tutta la storia umana, l’aspetto che al momento mi appare il principale è che bene o male, con i nostri limiti cerchiamo di espandere la nostra personalità.
E naturalmente questo vale anche per l’arte in genere, ogni opera ha come prodotto finale un arricchimento quantificabile come espansione della nostra personalità e l'acquisizione di esperienza.
La S.F. non differisce in niente da tutta l’altra letteratura e nelle varie forme, da tutta l’altra arte, essendo giovane (relativamente) è anzi molto più povera d'esperienza.
Il fatto è che dopotutto la S.F. questa espansione non la fa intendere fra le righe, la GRIDA con forza, il suo stesso bagaglio di opere di situazioni, e di trovate rende MATERIALE il concetto di ESPANSIONE; sia in "negativo"; quando figura l’uomo come dominatore violento dell’universo sia quando lo prefigura in crisi ed alla ricerca della verità.
Quindi nessuna differenza sostanziale, ma una VOCE diversa in potenza più libera.
Quando noi aboliamo ESPRESSAMENTE le barriere spaziotemporali, i LIMITI di una certa realtà; quando noi ci ESPANDIAMO siamo LIBERI.
La S.F. come tutta l’altra arte ci aiuta a liberarci; ma da che cosa?
E che cosa se non di quelle paure, di quei limiti e tabù che ci portano a pensare allo stesso modo a fissare per sempre canoni di giusto e di ingiusto DA ALTRI VOLUTI ed accettati grazie alla complicità di quella piccola bestia (o grande?) preistorica che è in noi.
Gli artisti, i creativi e gli studiosi di sempre hanno dovuto combattere con sé stessi e con la massa per affermare la LORO libertà. Eretici, pazzi, privi di una fissa morale, hanno pagato a volte con la vita; molto più di frequente semplicemente con una strisciante insoddisfazione del mondo. Ed è un prezzo che sentiamo ogni giorno anche noi, non è intollerabile come peso, ma si avverte comunque.
In definitiva cosa deve fare T.D.S.?
Non può certo cambiare il mondo; ma può diventare almeno una voce, uno SPAZIO; non di fuga, ma in definitiva uno spazio di liberazione.
E non solo gli scrittori ne fanno parte (anche se molti sono almeno tali nelle intenzioni) ma anche quei lettori critici, o coloro che non avendo il tempo di scrivere almeno vogliono partecipare al dibattito generale. L'unico spazio negato è quello che uno da solo si nega.
E non è detto che sia una scelta sempre negativa se è dettata da una chiara scelta di vita.
Resta il fatto che noi abbiamo scelto la prima soluzione, il perché ognuno di noi lo sa per conto suo.
Le tue domande i tuoi appunti e note sono serviti effettivamente a rendere più concreto un discorso che rischiava di perdersi del tutto in vuote parole.
Per questo ti ringrazio e ti saluto.
Ciao Fabio.
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