Morte del patriarca
di Mariangela Cerrino
L’aria, dalla finestra aperta sulla vallata, tremava come un velo azzurrino appena agitato. Joss non ricordava da quanto tempo vedeva quel paesaggio e quel fenomeno, ma ogni volta lo meravigliava come la prima, e gli lasciava dentro una sensazione di profondo stupore, di gratitudine, e di pienezza. Era su Sadobre da un’infinità di tempo s spesso stentava persino a credere che ci fosse stato un periodo della sua vita in cui aveva vissuto in un altro luogo, sotto un altro cielo.
Sadobre era sua.
Sua l'aria e i giochi di velari azzurri; e le vallate dove la vegetazione splendeva come oro fuso; e le lune, le pallide lune gemelle che non sempre seguivano la regola del gioco e che non sorgevano mai per due volte di seguito dallo stesso punto.
Gioco.
Certe volte aveva la sensazione che lo fosse. Uno dei giochi ad incastro della sua infanzia, dove ogni tessera doveva tornare al posto giusto, per ricomporre il di segno originale.
Infanzia.
Aveva avuto un'infanzia?
Era mai stato qualcos'altro che il Patriarca?
Joss spinse la mente a frugare oltre la vallata, oltre l'aria azzurra, fino al villaggio che si apriva come un fiore chiaro ai piedi delle prime colline. Lì viveva la sua gente. I suoi figli, e i figli dei suoi figli, fino alla quarta generazione. La sua mente era colma, e il suo cuore era appagato, pensandoci.
- Lascia che dorma. Si sta tutti in pace, quando dorme. -
La voce di Brian aveva una punta di collera, quasi di astio. Era una bella voce conosciuta, e cara, che per lungo tempo lo aveva accompagnato, anche se Brian era tanto giovane da appartenere alla quarta generazione.
- Sei ingiusto con lui, e per questo sei odioso - era la voce squillante di Alia che tremava un poco, per il timore che avesse potuto sentirli. Venivano su dal sentiero, con l'aria di due innamorati pronti al litigio. L'idea compiacque enormemente Joss, e gli portò una sensazione di calore, e di gioia. Brian e Alia sarebbero stati benissimo insieme. Ed erano grandi abbastanza. La quinta generazione non avrebbe tardato a venire.
Brian sedette distrutto sui gradini del portico. Alia restò in piedi davanti a lui, sottile, immagine chiara sui velari azzurri, con il capo girato a guardare il vecchio che fingeva di dormire, là dove il portico si chiudeva in una quieta polla d'ombra.
- È così solo… -
La voce della ragazza aveva avuto una vibrazione acuta. Brian alzò gli occhi a guardarla. Occhi di cielo chiaro, che portarono al vecchio un'improvvisa fitta di dolore.
- Solo? Non lui! Non il Patriarca! -
- Perché gli sei nemico? Gli dobbiamo tutto… La nostra stessa vita ... -
- Non gli sono nemico. Non lo sono mai stato. -
Alia allungò una mano ad arruffargli i capelli. Il vecchio girò la faccia dall'altra parte.
- Non sono tuo nemico, Joss. Perché diavolo pensi una cosa del genere? -
I chiari occhi celesti restarono fissi nei suoi, un po' sorridenti, un po' irritati. Joss scosse il capo. La missione non era delle più facili; nessuno aveva pensato che lo fosse, quando li avevano scelti. Ma Ken aveva il dono di saper salvare le situazioni, quando erano realmente disperate, e anche adesso dovevano a lui se stavano per raggiunge l’obiettivo.
Teoricamente era lui, Joss, il comandante. Teoricamente.
- Scusami - mormorò, accorgendosi che l'altro in qualche modo stava ancora aspettando.
Ken evitò di rispondere. Sul Chamaleon la tensione tuttavia aveva fatto posto ad una certa quiete. Era stato Ken a dargli quel nome emblematico, faceva parte della loro missione. Il modulo esplorativo non aveva altro compito che confondersi e guardare, ascoltare, raccogliere. E riferire, se avessero potuto tornare.
Tornare.
Joss scivolò via dalla poltrona di comando del Centro Operativo del modulo, lasciando il posto a Ken. Sullo schermo principale, il contatto visivo era ormai chiaro e preciso.
Un pianeta. Quasi un sogno.
Tornare.
Le dita agili di Ken si muovevano veloci, sulle tastiere luminose.
- Non Lasciarti trasportare dall’entusiasmo - lo riprese - mettici un po' dl calma. Ancora gli occhi di cielo chiaro lo fissarono stupiti.
- Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone … - gli rispose allegramente. Andò in cabina. Poteva permettersi un'ora, forse due, del tempo convenzionalmente costruito per una vita normale.
Dopotutto, Ken era più bravo di lui alla guida del Chamaleon.
Lui era solo il comandante.
Ottantadue orbite.
Noia. Solitudine.
Ken ne sembrava immune. Stava con gli occhi fissi ai suoi strumenti, con la sua quiete e il suo entusiasmo in una mistura ottimale: una formula perfetta, una splendida scoperta per mettere a freno l'inquietudine e la durezza del comandante. Joss pensò che il cervellone che li aveva accoppiati, scegliendoli tra i candidati, aveva fatto un ottimo lavoro.
Per ottantadue orbite Ken e il suo computer, filando d'amore e d'accordo come due sposi novelli, non avevano fatto altro che spiare l'enorme massa là sotto, vuota e spoglia, esattamente come lui aveva previsto che fosse, anche se le analisi dicevano che era un mondo abitabile.
- Perché non ti arrendi? - esclamò infine.
Ken si era appena girato.
- E tornare così? -
- Tornare. Non ti basta tornare? -
- Non è per tornare che sono partito. -
- Certe volte mi viene da pensare che tu e il Chamaleon siete una cosa sola. Scommetto che non vivresti un momento, senza questo coso che hai per amico. -
- Sbaglio, o quello che parla si sente escluso? –
Aveva toccato sul vivo.
- Da una simbiosi con una macchina? Tu sei matto, Ken. -
- Zitto! –
L'improvvisa serietà nella voce di Ken mise fine allo scherzo. Joss con un balzo aveva raggiunto a sua volta i pannelli. Nell'improvviso silenzio vuoto del Chamaleon, i segnali si irradiarono dolci, precisi, uguali.
- C'è una sorgente di radioonde regolari, sulle coordinate cinque punto due.
- Solo adesso? Dopo ottantadue passaggi? –
- Che cosa vuoi dire, Joss? Che non è naturale? Che è provocata? -
Si guardarono, un momento. Adesso, e per la prima volta da parecchio tempo ormai, erano nuovamente due esseri umani, due uguali, due amici. Ed erano soli, di fronte a quello che erano venuti a cercare.
- Potrebbe essere naturale. -
- La sai meglio di me, Joss -
- Analizzatore in funzione! – ordinò, alzando la voce, come se ce ne fosse bisogno. Ma il Chamaleon stava già facendo il suo dovere.
- È troppo regolare per essere un fenomeno naturale … e perfettamente regolare, Joss. Un segnale? -
- Un tentativo di comunicazione. -
Gli occhi di Ken brillarono.
Era mai stato qualcosa di diverso che il Patriarca?
- Stavi sognando, Nonno? -
La mano di Alia era leggera e freschissima, sulla sua fronte imperlata di sudore. Amava molto che la ragazza lo chiamasse nonno. Sulle sue labbra, la parola assumeva un suono dolcissimo, e il tono era quasi quello di un'amante.
Guardò il suo viso luminoso e i suoi occhi senza ombre.
- Forse. -
Ma c'era 8rian. C'era sempre Brian, adesso appoggiato al portico, le spalle alla valle di ombre azzurre.
- Alia dice che tu sei solo, Patriarca. Io dico che non è vero. Io dico che la tua solitudine è una bugia, per costringerci a restarti tutti attorno. per costringerci a lavorare per te e a vivere per te. È un ricatto. -
La bella voce calda era sempre quella. Sempre la stessa voce. Da un'infinità di tempo. Sostenne gli occhi di cielo chiaro, che lo fissavano imperiosi.
- Così tu dici che io vi ricatto. -
- Non ascoltarlo nonno - intervenne la ragazza - oggi Brian è litigioso … ha voglia di provocarti! -
- No! Non è per gioco. io sono STANCO! -
Scandì lentamente le parole, una ad una, e poi si girò, dandogli le spalle, resistendogli
- Di che cosa sei stanco? Di vivere? E solo questo? -
- Di vivere per te, certo. Ognuno di noi ha diritto alla propria vita. -
- Ma io SONO il PATRIARCA. -
Brian si girò di scatto, per un momento le sue dita agili gli si posarono sulle spalle, e tuttavia Joss non riuscì a sentire il contatto.
- Tu puoi essere il patriarca. Tu puoi essere tutto quello che vuoi. Ma io non voglio più far parte del tuo gioco! -
Alia si intromise, e il suo corpo sottile schermò a Joss tutto quanto, tranne quella voce calda e conosciuta e cara:
- Mi dispiace. Anch'io ti amo. Come tutti. Ma voglio essere libero. sono cresciuto abbastanza. Sono forte abbastanza. Posso vivere senza di te.
L'allarme.
E la fredda voce del Chamaleon. L'amico di Ken.
- Guscio di salvataggio operativo. Stand by. Cinque punto zero zero due.
Il primo pensiero fu quello di uno scherzo.
Era il suo turno di riposo. E quel maledetto computer doveva divertirsi a buttarlo fuori dalla sua cabina. Ma in un istante quella prima irragionevole reazione se ne andò, e si tuffò fuori, verso il Centro Operativo.
C'era uno strano odore, e una strana vibrazione. Il Chamaleon sembrava un animale ferito. Anzi. Un animale morente. Ed erano i suoi gemiti, e l'odore della sua morte, quello che sentiva. Un tremito più forte lo mandò a sbattere contro la paratia laterale, un altro scossone lo portò giù, a rotolare lungo il passaggio, fino a quando riuscì ad aggrapparsi, e a risalire.
Una voluta di fumo azzurro, leggero, serpeggiava bassa, filtrando dai pannelli schermati che facevano del Chamaleon un solo, gigantesco essere. Stavano saltando i circuiti interni. Le sue connessioni nervose.
Pensarlo e pensare a Ken fu la stessa cosa.
Si arrampicò verso il Centro Operativo, incurante questa volta di tutto quanto non fosse quell'ultima paratia, che proteggeva il cervello del Chamaleon.
Là dove Ken era rimasto oltre il suo turno di lavoro, per seguire il messaggio sempre uguale che non li aveva più lasciati da ventidue orbite.
- Aprimi, Ken! - urlò battendo i pugni contro la paratia - Aprimi! -
- Non fare Lo stupido - La voce calda arrivò da qualche punto, filtrata, trasformata dal Chamaleon morente - abbiamo urtato uno degli asteroidi nella fascia tra le due lune. Lo schermo deflettore Uno sta cedendo. Hai quarantadue secondi per infilarti nel guscio e tentare quel pianeta là sotto. -
La paratia isolante restò tenacemente, ostinatamente chiusa.
Il Chamaleon vibrò, scosso, inquieto, pervaso dall'esplosione. Joss si lasciò volare giù nel raccordo principale, e poi ancora oltre, verso il guscio.
Le luci di emergenza tremarono. I circuiti secondari avrebbero tenuto vivo il guscio per altri trenta secondi.
Si infilò dentro, cercò quasi a tentoni la chiusura d'emergenza, si accasciò sul sedile e attivò i comandi di espulsione.
Tornare.
Si infilò nell'atmosfera del pianeta con un angolo di caduta lievemente eccentrico. Per poco il guscio non si trasformò in una fornace, prima che gli schermi deflettori riuscissero a compensare.
Tornare.
Per un poco Joss restò solo, nella casa in cima alle colline. Non gli accadeva spesso di restare solo. Anzi. Non era mai più stato solo, da quando Ken gli aveva dato la possibilità di salvarsi.
Stancamente, Joss si trascinò alla credenza e si versò un generoso bicchiere di vino. Ma il vino non aveva sapore. Il suo colore era smorzato. Persino il bicchiere sembrava qualcosa di vago, di instabile. nelle sue mani scarne.
Ma erano scarne? Ed erano sue?
Joss sedette davanti al fuoco che ardeva quieto nel camino di pietre nere, per un poco restò così, gli occhi fissi, sforzandosi per non sentire, per non vedere. Piano piano, urtò contro qualcosa di estremamente forte, di estremamente vigile.
Presenze.
Erano padrone del fuoco, del vino, delle sue mani.
- No! - urlò, picchiando con i pugni chiusi sui braccioli dell'ampia poltrona; e li sentì scricchiolare, perché VOLEVA sentirli scricchiolare.
Poi si girò verso la veranda, dove adesso c'erano i suoi figli, la prima generazione, l'importante prima generazione, l'inizio di tutto. Stavano tutti con le teste chine, l'atteggiamento deferente, maschi e femmine, tutti belli, tutti conosciuti, perché erano suoi.
Nessuno alzò gli occhi a guardarlo. Nessuno osò sfidarlo.
Quella generazione era stata buona.
- Perdonerò la ribellione di Brian - mormorò quindi – lo perdonerò perché nessuno prima di lui ha avuto quegli occhi, quella voce, quella figura. E tutti voi gli direte che non deve mai più sfidare il patriarca. Mai più.
Silenzio. Non si era aspettato niente altro, e allora chiuse gli occhi, lasciando che la folla silenziosa si disperdesse e che nella casa tornasse il vuoto ovattato della sua quiete.
Il fuoco non dava calore. La legna odorosa bruciando non dava profumo.
L'aria non era aria.
- Dio! - mormorò a fior di labbra nel buio uniforme che spegneva i sogni - Qualcosa sta scricchiolando. Giu. Nel profondo. Qualcosa. Una falla. Un inizio. –
Dopo quel momento e per un po' il Patriarca aveva lasciato perdere Brian, rifiutandosi persino di ricordare. Così il buio era caduto sulle vallate, l'aria azzurra si era sciolta nella quiete, le due lune avevano giocato a rincorrersi per un’infinità di tempo, un po' più a lungo, forse, del solito ...
E il giorno aveva tardato...
- Ho deciso per te, Brian - cominciò, senza aspettare che il ragazzo uscisse dall'ombra a dargli il buon giorno. Non si aspettava risposta, così non girò il capo a guardarlo.
- La quinta generazione deve cominciare. Tu sei il mio prediletto, lo sai. La tua voce ... la tua voce mi ricorda un amico ... tanto tempo fa. -
Silenzio. dal suo portico aveva sempre dominato tutta la vallata, ma adesso gli sembrava che ci fosse un po' di nebbia, e non riusciva a vederne bene i contorni, là doveva esserci il villaggio …
- Ho pensato anche alla tua casa, Brian. C'è una valle nuova … sarai felice là con Alia -
A Brian costò uno sforzo immenso, ma lentamente sollevò il capo e finalmente riuscì a guardare negli occhi il Patriarca senza che questi glielo avesse ordinato.
Così stettero un momento a fissarsi. Brian si sentì percuotere per tutto il corpo, e il Patriarca avvertì il VUOTO
- No -
Il Patriarca lasciò scorrere piccoli attimi di silenzio.
- No? –
Nessuno aveva mai respinto le sue decisioni.
- No per che cosa? -
- Per tutto, Patriarca. -
- Non vuoi Alia? Non vuoi una casa? Non vuoi una vita, Brian? -
- Voglio Alia. E voglio una vita e una casa. Ma non al tuo prezzo, Patriarca. -
- Sei sciocco, ragazzo. Molto sciocco. -
- Sono parte di te … anche la tua forza. Quella che tu hai consumato. E quando Alia sarà libera, noi vivremo. -
- Non avrete alcun posto dove vivere! -
Il viso di Brian si aprì in un sorriso. Joss si sforzò per costringerlo a restare dov'era, ma inesorabilmente il ragazzo si allontanò. Lo vide scendere dal portico, lo vide tagliare l'aria azzurra con la sua figura salda, lo vide andare nella direzione opposta a quella che gli imponeva.
E poi la nebbia fitta coprì il villaggio lontano, ai piedi delle colline.
Le dee lune gemelle erano sorte quasi contemporaneamente, lasciando la vallata in una pallida luce di crepuscolo.
Brian se n'era andato, Alia era rimasta. Ma adesso vedeva appena l'ombra della ragazza, accovacciata in un angolo, sui gradini. C'erano profumi nell'aria. Profumi strani, nuovi.
"Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone ... "
- Sei andato via, Ken ? - mormorò.
Alia si girò, brusca.
- Non c'è nessuno con questo nome in tutta Sadobre. È Brian che se n'è andato. –
- Non potrei vivere da solo. –
- Forse. Ma se ci riuscirai, tutti potremo farlo. Allora tu morirai, Patriarca, perché non avremo più bisogno di te. –
Non lo aveva chiamato "nonno". Joss si inumidì le labbra. Sotto la luce vaga delle due lune la figura della ragazza aveva contorni imprecisi, sfumati.
- Voglio parlarti di me. Non ho mai parlato di me con nessuno di voi. -
- Se vuoi. -
IL tono era neutro, la voce un po' dura. Joss tese la mano, ma la ragazza non venne.
- Non so da quanto tempo sono qui. -
- Nessuno di noi lo sa. Tutti siamo venuti dopo di te, non prima. Tutti siamo venuti perché TU sei venuto. -
- Può non essere vero. -
- Lo è. Devi sapere, perché noi sappiamo. -
- Ero un comandante! -
Alia non rispose.
Infanzia.
C'era stata una ragazza, sul finire della sua infanzia, che aveva avuto gli occhi e i capelli di Alia. Era stata lei, fino a poco prima. Ma adesso questa Alia era diversa, e solo il suo aspetto era ancora lo stesso.
Si passò una mano sulla fronte.
Da quanto tempo era su Sadobre?
Un'eternità. O il guscio di salvataggio era appena entrato nell'atmosfera e lui aveva consumato tutta un'esistenza nei pochi minuti che lo avevano separato dall'impatto?
Aveva incontrato qualcosa?
Qualcuno aveva creato un universo, per lui e DA lui?
Abbassò il capo, si prese il viso tra le mani.
- Vi amo. Vi amo tutti, vi conosco tutti. È troppo, per un uomo solo? Posso lasciarvi andare?
"Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone … "
- Tu sei sempre stata buona con me, Alia. -
- Tu hai sempre voluto che io fossi buona con te, Patriarca. Brian è il primo abbastanza forte per ribellarsi, ma sei stato tu ad essere debole. Non doveva mai esserci uno con quegli occhi e quella voce … lui darà la risposta. –
- Non starò ad aspettarla. –
Alia girò il viso verso l'orizzonte. Il suo profilo spiccò chiaro sulla pallida luce che invadeva l'oriente, all'improvviso trasformato, asciutto e spoglio e vagamente grigio, senza alberi, né colline, né vallata. Gli occhi le brillarono.
- Provaci. Forse vivremo dopo di te e senza di te, Patriarca. -
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