Il menestrello
di Marco Perello
Angelo Branduardi è la musica che si incarna in un uomo.
Perché questa definizione proprio per lui, proprio per il suo modo di fare musica?
Nel 1974 un segaligno personaggio dai capelli ricci e fluenti compare sulla scena discografica italiana. È un atipico. Differenti i concetti musicali che animano il suo primo disco; differenti i testi colmi di lirismo: Branduardi ha colto a piene mani da un repertorio tutto particolare di canti, poesie e leggende. A volte rievocandole, a volte reinventandole. Tutto quello che questo strano autore propone al suo esordio e dotato di una estrema capacità evocativa, che ottiene grazie alla bravura musicale già allora evidente. Oltre a ciò, i temi che escono dal vinile vengono utilizzati e manipolati dall'intelligenza, per cui non siamo di fronte a un’operazione folkloristica, ma ad una messa in musica del patrimonio dell'immaginario, riscritto in chiave moderna ed affascinante. Come lui stesso affermerà in seguito, molto dilettantismo corre tra le righe, e le ingenuità sono evidenti sia nel modo di cantare che nella trama melodica:
"Re del sonno e del risveglio,
di rinuncia e di paura;
re di fiaba e di follia
re di tutto sono io,
re di niente sono io …
"Re di speranza"
Parole e musica alimentano di bellezza l'insieme, che è certamente valido.
Paul Buckmaster, il mostro sacro degli arrangiatori, e Maurizio Fabrizio, hanno sempre collaborato con Angelo, nel suo difficile tentativo di imporre, senza tanti compromessi, la sua musica ben fatta, tacciata subito da molti come "decadente", "barocca", di scarso significato, ai margini.
È soprattutto Luisa, sua moglie, che da sempre scrive con lui i testi delle canzoni, ad approvarlo e spronarlo. Con "La Luna", 1975, Branduardi comincia a crearsi un pubblico, che aumenterà, non solo in Italia, colpito dalla bellezza struggente delle immagini in musica che solo lui sa evocare.
Il nuovo disco possiede più forza, più credibilità. È straordinario anche come Branduardi riesce a rendere vivide certe leggende, certi canti d'altri tempi che si collocano fuori dal tempo, se già non c'erano.
Ne "La Luna" si trovano già tre capolavori che rimarranno impressi nelle orecchie di chi le ha ascoltati. "La Luna", "Gli alberi sono alti", "Confessioni di un malandrino".
Quest'ultima è la trasposizione musicale di una poesia di Esenin. Subito però, il menestrello rese evidenti le sue posizioni.
"Io sono come uno che va, canta e riparte … lascio a voi la mia musica in dono, prima di ripartirmene un’altra volta…"
La musica è come un otre vuoto che ognuno riempie di ciò che desidera: non si possono dare verità assolute, o almeno Branduardi non si. arroga il diritto di darne. Per lui la musica è un elemento sacro di contatto tra vita e morte, tra reale e immaginario. I suoi temi preferiti riguardano il legame amore-natura-morte, con quel che ne segue. Le canzoni di Branduardi affermano la potenza di concetti espressivi profondi, sul filo di brani eseguiti con bravura, e con l'apporto sempre più costante di strumenti inusuali come il flauto di pan, il sitar, le arpe, il charango.
Dunque è una tenace coerenza che spinge il nostro ad aprire varchi musicali attraverso un mondo magico e carico di simboli. Ancora lui afferma che non sarebbe stato capace di esprimersi musicalmente in altri modi: l'uso che fa della musica corrisponde al suo personale convincimento che il suono è parte di un ingranaggio dove tutto fa capo a qualcosa di eccezionalmente spirituale che oltrepassa l'uomo. E certo la formula ha ben funzionato, considerato che viviamo in un'epoca di rifugio nel privato, di individualismo, di misticismo. La gente cerca un nuovo aggancio col futuro e con una nuova idea della spiritualità. È anche vero, altresì, che ai tempi dei primi dischi nessuno avrebbe scommesso un soldo sul futuro della musica di Angelo Branduardi. Lui stesso, piuttosto schivo, ha sempre male accettato i compromessi impostigli dal mondo discografico. Il suo violino, la sua mente, già salivano per mete più alte e scoscese: ben al di là dello squallido mondo della discografia italiana, e più su del mero tentativo di arrivare al successo.
"Padre, o padre, mi hai fatto un grave torto,
mi hai dato in moglie a chi è poco più di un bimbo,
ha quindici anni ed io già quasi venti,
è giovane ma crescerà …
"Gli alberi sono alti"
"Gli alberi sono alti" è tratta da una ballata del XVII sec.
Una versione è stata eseguita anche da Joan Baez.
"Un giorno all'improvviso la luna si stancò,
di guardare il mondo di lassù …
e fino in fondo al cielo camminò.
E sorpresa fu, che la bianca distesa,
non fosse neve ...
"La luna"
È con "Alla fiera dell'est", che Branduardi si consacra definitivamente. Il disco è probabilmente il più bello da lui prodotto: non esiste una canzone che sia men che bella, a partire proprio da quella che dà il nome all'album. La sperimentazione musicale, sempre perseguita, raggiunge il suo apice in questo disco che ha del magnifico. La critica musicale, meraviglia delle meraviglie, lo premia appunto per l'apporto determinante di strumenti e sonorità inconsuete.
"Alla fiera dell'est" è ispirata ad un canto pasquale ebraico e la felice mescolanza di un motivo mitteleuropeo con uno arabo ne fanno un successo che scuote le montagne. È proprio un peccato che le parole scritte non possano imprimere a chi legge delle sensazioni sonore, e io debba attenermi ai testi o all'esposizione della struttura melodica. In questo LP possiamo ricordare anche, per la notorietà, "La serie dei numeri" e "Il dono del cervo".
"L'uomo dormiva e tra sé sorrideva …
Sognò di essere diventato farfalla …
la farfalla gialla su di un altro fiore si posò,
di essere un vecchio uomo poi sognò."
Il vecchio e la farfalla
(Chi non conosce il detto cinese da cui è tratta questa canzone?)
Il tentativo di Branduardi è di far credere nella musica come eccezionale strumento di vita e morte. Il concetto essenziale che possiamo ricavare è la musica vista come ricerca dello svuotamento da tutte le sensazioni, per potere alfine giungere a parlare con la natura e con la suprema conoscenza che anima tutte le cose. Per poter discorrere con la morte stessa. La musica come parte di un linguaggio che ci rende partecipi del "tutto".
"La pulce d'acqua", 1977, non fa che confermare quanto detto prima, e rafforza la convinzione nella bravura di Branduardi.
Anzi, proprio nel brano a mio parere più bello del disco "Ballo in fa diesis minore", ispirato ad una danza del primo barocco, viene confermata la potenza spirituale e magica della musica che addirittura irretisce e blocca la morte, facendole dimenticare il suo compito. Anche qui soluzioni musicali mai scontate avvolgono di sapori onirici il tutto, e fanno letteralmente rabbrividire.
"Erano in mille e mille di più,
con pallide labbra
dicevano a me:
Quella che anche a te
la vita rubò, è lei
la bella dama senza pietà"
La bella dama senza pietà
Molto bella anche "Il ciliegio", anch'essa cantata in altra versione da Joan Baez e ispirata ad una ballata britannica medioevale. Purtroppo, "Cogli la prima mela" giunge in un periodo in cui tutti si aspettavano enormi cose, e Angelo forse è leggermente adulato dalla commercializzazione galoppante e dalla massa di pubblico che lo attende. Sta di fatto che la canzone che dà il titolo all'album dà l'impressione di essere costruita esclusivamente come uso e consumo del pubblico dalla bocca buona.
Questo vezzo comune a molti, di preparare un brano che da solo avrà facile successo perché più orecchiabile, Branduardi lo acquista ora e non lo abbandonerà, purtroppo. Oltre a ciò si nota uno spostamento delle tematiche: infatti i testi sono tutte storie che si rifanno al mondo femminile, e che trattano di donne. Nell'LP, comunque si trovano cose egregie come "Nina nanna", lunghissimo e profondo rifacimento della ballata di Mary Hamilton, dama di corte di Maria di Scozia, nel XVI secolo. E c'è anche per questa canzone una versione più attinente al testo originale, cantata da Joan Baez. Per tutto il lavoro, bello e con un nerbo musicale considerevole, si rimpiange solo un po' la freschezza del primo Branduardi. Bisogna dire che il menestrello è diventato più accurato, e una incredibile montagna di archi accompagna le composizioni. Forse si sente proprio la mancanza di un Branduardi meno sofisticato.
"Le ossa sua il signore di Baux,
l'ha costruita sui sassi...
vegliano dall'alto della notte
gelidi i suoi pensieri … "
Penso che non molto rimanga da aggiungere. "Branduardi", 1981 è rimasto sui livelli del disco precedente, e se piace non può non farci rimpiangere tempi migliori. Angelo si fa addirittura accompagnare dalla London Philarmonic Orchestra, e si vale di tecniche strumentistiche d'avanguardia; ma non ci convince più come una volta. Da lui desideriamo molto di più, come ci ha piacevolmente abituati. Dalle ultime notizie apprese sembra che la colonna sonora da lui composta per il film: "State buoni se potete" abbia vinto il premio David di Donatello, ma non è questo che ci fa esultare. Ci rende molto più gioiosi il fatto che a giorni è uscito l'ultimo album del nostro, che sembra intenzionato a cancellare con un colpo di spugna tutto quello che parlava di mediocrità. Il suo ultimo disco promette di essere un ennesimo squarcio nel pesante velo che ci divide dal mondo che si trova al di là, che ci divide dalla musica.
DISCOGRAFIA
ANGELO BRANDUARDI 74 RCA
LA LUNA 75 RCA
ALLA FIERA DELL'EST 76 POLYDOR
LA PULCE D'ACQUA 77 POLYDOR
p>HIGHDOWN FAIR 78 POLYDOR
(versione inglese de: "Alla fiera dell'est")
COGLI LA PRIMA MELA 79 POLYDOR
CONCERTO 80 POLYDOR
(album live triplo)
BRANDUARDI 81 POLYDOR
STATE BUONI SE POTETE 83 POLYDOR
(colonna sonora originale)
CERCANDO L’ORO' 83 POLYDOR
NELLA LINEA TRE (collana economica RCA) ESCE NEL 77 INCONTRO CON ANGELO BRANDUARDI che riassume in un solo LP brani dei primi due lavori di Angelo Branduardi.
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