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Rivedere un film: The blues brothers


di Eugenio Amato


Rivedere un film è quasi come rileggere un libro, quindi un buon libro, la prima volta funge da selezione poi con calma e magari avendoci pensato su, la rilettura coglie le più piccole sfumature, i più nascosti pensieri.

Rivediamo THE BLUES BROTHERS non per un particolare motivo, ma per tanti. La storia, pur semplice e impossibile, la musica - il blues - per la quale non basta il disco; è troppo cieco e muto senza la "colonna visiva", i protagonisti (in particolare Belushi), le trovate, in particolare dell'indimenticabile Belushi, gli ospiti (nei ruoli più impossibili troviamo in questo film i più grandi BLUES SINGER viventi: Aretha Franklin, Cab Calloway, il predicatore rivoluzionario James Brown, Ray Charles, John Lee Hocker.

La data di nascita è l'80 e la storia si svolge in questi anni, magari anche oggi; dunque si evitano preoccupazioni di "Contesto Storico", solo ricordiamoci che il film uscì sull'onda di un rilancio "voluto" dall'industria discografica del blues. Ma ritorno o rilancio che sia, il blues conta molti affezionati, il blues è una musica semplice, di comunicazione diretta che ti tocca nelle emozioni, negli stati d'animo, ti trascina alla vita; molte volte attraverso la malinconia e la tristezza, l'amore infelice. In ogni modo ti TRASCINA; ti dice di ribellarti alle ingiustizie e alla tristezza con la gioia di vivere. Questo mi sembra il "messaggio" di ogni pezzo blues che ascolto cullato dal suo ritmo. Allora non ha bisogno (il blues intendo) di scenari imponenti, luci e impianti megalitici, tipici dei concerti rock e non subisce le influenze delle mode e delle industrie in cerca di raddoppiare i loro miliardi, il blues come il jazz è un amore.

La storia di "Blues Brothers" è l'avventura comico-musicale di Elwood e Jake; due fratelli interpretati da Dan Aykrod e John Belushi.

I nostri eroi devono compiere una missione; dicono "ricevuta da Dio", trovare cinquemila dollari per salvare il loro vecchio orfanatrofio da un agente delle tasse, che minaccia di buttare in mezzo a una strada le suore che lo dirigono, e specialmente Sorella Mary Stigmata un "mostro" in gonnella che balla frenetici tip-tap sui banchi della chiesa.

Elwood e Jake, vestiti sempre di nero dalla testa ai piedi, con cappelli e occhiali scuri che non tolgono mai, inquadrati il più delle volte da riflettori a luce blu così da sembrare "a pelle blu" per procurarsi i soldi organizzano uno spettacolo musicale insieme al loro vecchio gruppo: "Rythm'n Blues".

Si mettono alla ricerca, per tutti gli stati del Nord America, dei vecchi componenti della band, ormai con prole e integrati, a mangiare hot-dog, in una vita tranquillamente "normale". Ma resistere ai due fratelli non è possibile, così il gruppo si rinsalda e tutti si ritrovano a bordo della "blues mobile", la fantomatica automobile dei protagonisti, una station wagon rubata alla polizia e capace di incredibili acrobazie, in viaggio verso il concerto.

Ma la trama è quasi un alibi, una ragnatela che collega le gag, la musica, le incredibili acrobazie della blues mobile, i balli e poi non dimentichiamo alcune inquadrature con effetti di colore magari non da maestri ma emozionalmente molto utili nell'aiutare ad apprezzare di più il film.

La regia è di John Landis che ha già diretto Belushi in "Animal House" (altro film per gli amanti del blues e della musica in generale).

Film da rivedere?

Certo, almeno per gli amanti della buona; musica e particolarmente del blues.

Film da rivedere?

Bé, tutto sommato vale la spesa del biglietto, a livello emozionale e, perché no? culturale.






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