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Sesso extragalattico


di Angelo Mazzarese


Il presente racconto è giunto primo degli "esclusi" dai finalisti del 1° Invito alla Narrativa di S.F. e non ha nulla da invidiare a quelli giunti in finale.

È un racconto arguto che pone in rilievo la facilità di scrittura del suo autore. Mazzarese non è più certo un esordiente.

E pensiamo di non sbagliare dicendo che sentirete ancora parlare di lui a livelli che forse dopo aver letto questo racconto riterrete insospettati.


Il suo nome era Vilion. Il suo antico nome. Ma ne aveva assunti tanti! La sua forma ... Qual'era la sua forma originaria? Quasi non la ricordava più. Aveva assunto tutte le forme predominanti di tutti i pianeti che aveva visitato. Nella sua memoria si accavallavano organi interni ed esterni, zampe e tentacoli, epidermidi e scaglie. Ma soprattutto sensazioni. Dolcissime o violente, voluttà o brivido, tenerezza o sadismo. Vilion era un collezionista di sensazioni, un Dongiovanni dello spazio che inseguiva l'Amore in tutte le sue possibili manifestazioni, su tutti i mondi possibili. La sua razza antichissima aveva risolto tutti i problemi della tecnica e della biologia. Restava solo un piccolo problema da risolvere: che fare di un corpo immortale, di un tempo infinito, di un potere incalcolabile? Vilion l'aveva risolto così: su un'astronave indistruttibile aveva vagato per eoni, da una Galassia all'altra, cercando l'amore. Avrebbe potuto cercare l'odio o la crudeltà, avrebbe potuto fare collezione di amplessi, sensazioni, sentimenti.

Ricordava i trisessuati di quel piccolo pianeta, dagli amplessi isterici. E la pace voluttuosa del connubio di quelle amebe giganti che durava un'eternità, nel fango delle paludi di un eterno crepuscolo verdastro, mentre zaffate di cloro salutare vellicavano i peduncoli. Occorreva che si congiungessero nove amebe complementari e tanto, tanto tempo per raggiungere l'estasi.

Ma per lo più le forme di vita erano bisessuate. Maschio e femmina. Il bisessualismo come la simmetria bilaterale erano ricorrenti dappertutto. Forse erano soltanto la forma di vita più stabile e più facile da realizzare, per la Natura.

Vilion si accarezzò le lunghe ciglia coi rosei, sensibilissimi tentacoli. Aveva mantenuto quella forma perché soddisfaceva il suo senso estetico ed era molto pratica per intervenire sui comandi.


Un breve trillo e alcune luci si accesero sul cruscotto. I sensibilissimi strumenti dell'astronave avevano individuato un nuovo sistema planetario con forme di vita. I tentacoli rosa danzarono sui comandi e la nave uscì dall'iperspazio. Vilion stabilì l'obiettivo: il terzo pianeta del sistema, quello da cui provenivano i segnali che avevano messo in allarme il bioriveatore. Era questione di tempo, adesso; decelerazione ed accostamento sarebbero avvenuti automaticamente. Vilion si riadagiò sui cuscini e prese a carezzarsi le zone erogene con quattro dei suoi tentacoli, ricordando altri tentacoli, altre membra, altri amplessi. Si assopì.

Quando si ridestò, un magnifico pianeta brillava poco lontano. Verde e azzurro, ricco di acque, illuminato da uno splendido sole arancione. Banchi di nuvole lo nascondevano a tratti come il velo che ricopre le membra di una pudica sposa. Vilion espulse con un solo comando quattro spie che saettarono rapide verso il pianeta. Le quattro spie si sparsero sul lato illuminato del pianeta mentre quattro schermi contigui ripetevano le immagini tridimensionali captate dalle telecamere. Mezzi aerei, navi ed edifici. Campi coltivati, strade, mezzi di trasporto. Goffi animali dalle corna aguzze che pascolavano sui prati. Altri più piccoli dal vello bianco.

Animali domestici, senza dubbio. La forma dominante erano dei bipedi dalla stazione eretta, con due arti superiori a cinque dita, il solito pollice opponibile delle razze superiori. Due occhi. Peli sulla sommità del cranio e l'uso di portare vestiti. Su una spiaggia, in riva al mare, la spia si fermò a pochi metri da un gruppo di indigeni completamente nudi. Bene, soddisfacevano proprio il suo senso estetico, pensò Vilion. pelle delicata, forme aggraziate ed agili. Era solo incerto se assumere la forma maschile o quella femminile. Forse quella femminile era la più bella. La spia, nascosta fra le rame di una palma, espulse una pallina argentea che rotolò fino ad uno splendido esemplare femminile. La ragazza la raccolse incuriosita senza sapere che la pallina la stava fotografando e radiografando, Le stava prelevando infinitesimali campioni di pelle, sangue e linfa.

- Guarda che buffa pallina. E come pesa! - fece la ragazza ad un amico.

- Fai vedere un po' - rispose l'altro. La ragazza tirò la pallina ma questa inspiegabilmente cambiò traiettoria e prese a rotolare fino a dietro una palma dove scomparve, Lasciando attoniti i due nudisti. Pochi minuti dopo Vilion aveva di ritorno la spia con tutti i dati. Li impostò nel calcolatore, poi s’adagiò nel cubicolo di trasformazione e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, aveva due meravigliose manine affusolate al posto dei dodici rosei tentacoli. Lo specchio le rimandò l'immagine di un'indigena di bell'aspetto, occhi azzurri, grandi seni eretti, peli castani sia sul capo che all'attaccatura degli arti. Chissà perché, poi? Stranezze biologiche, pensò. adesso doveva solo procurarsi dei vestiti, visto che questi indigeni avevano il tabù della nudità, imparare la loro lingua e procurarsi dei mezzi di scambio: quello che laggiù valeva come moneta. E poi poteva partire per l'esplorazione erotica del pianeta.

Per la lingua non fu molto facile. Manovrando le spie per altre trenta rotazioni del pianeta, Vilion si accorse che le lingue parlate erano moltissime. Lo seppe quando aveva già imparato L'italiano. Una lingua di un piccolo paese, parlata soltanto da una cinquantina di milioni d'individui. per quanto, in fondo, cinquanta milioni fanno una bella scelta!

Vilion si passò la piccola lingua sulle labbra turgide assaporando futuri piaceri. per i vestiti non c'era problema. Vilion si accorse che i terrestri - adesso sapeva il loro nome - si vestivano con fogge diverse e fantasiose. Le sue macchine le fecero su misura una tunichetta di pelle sintetica color nocciola, un po' scollata, con sulle spalle una mantellina uguale, chiusa da una catenella di diamanti. Vilion fece atterrare la piccola nave su una strada, in piena notte, poi l'astronave scomparve con un fruscio e la ragazza restò sola.

Poco dopo si avvicinarono due fari. La ragazza fece un cenno con la mano e la macchina rallentò. Vilion udì un dialogo concitato.

- Ma sei pazzo? - diceva una voce femminile - Mo te metti a caricare puro le mignotte co tu Moje e tu socera a bordo? -

- Ma poverina, potrebbe avere bisogno d'aiuto ... - Obiettava una voce maschile.

- Si, colle cosce de fora! altro che aiuto: cià bisogno de ricoprisse quella mignottona. Annamo, va! -

L'auto ripartì lasciando Vilion interdetta. "Mignottona"? Chissà che cosa significava. Eppure aveva mandato a memoria lo zingarelli, un dizionario che le spie gli avevano riportato. "Mignottona … " si ripeté soprapensiero. Con uno stridio di freni una macchina si era fermata a due passi.

-Monta, bella- l'invitò con un sorriso equivoco un giovane indigeno. Vilion non se lo fece ripetere due volte. Nell'abitacolo c'erano quattro uomini che si strinsero per farle posto. La macchina ripartì a razzo. "Motore a combustione interna" pensò il galattico. Si accorse delle mani che le palpavano le cosce senza troppi complimenti. "Bene, si comincia subito - penso- qui non hanno tabù sessuali".

- Quanto pigli, de solito? - Gli chiese a bruciapelo l'uomo alla sua destra.

- Ma veramente ... - Tergiversò Vilion che non capiva.

- Bene, co noi lo farai gratisse. -

Gli altri si unirono alla sua grassa risata. L'uomo estrasse dalla tasca un oggetto metallico, nero, con un foro in punta e gliela appoggiò al seno.

- Fai la bbona e stai ‘n campana, Sinnò te famo male. Hai capito, bellona? –

- Veramente non capisco - Sussurrò Vilion con la sua voce vellutata.

Bene. E nun devi capire. Nun devi capire gnente, devi solo stare Bbona. -

Così dicendo il tipaccio - Vilion capì che si trattava proprio di tipacci - Le tirò giù la tunichetta facendole saltare fuori due seni turgidi e prosperosi. Smaneggiata da tre paia di avide mani - il quarto che guidava si limitava ad osservazioni oscene - Vilion passò una mezzoretta proprio divertente. Arrivarono ad una fattoria isolata, in mezzo alla campagna. Un uomo dai lineamenti duri, la barba di tre giorni e l'aria infuriata venne loro incontro.

- E sta stronza chi è? –

- Parla italiano ma credo che sia nà turista. Nun pare nà mignotta. Forse è scema, però ci sta. Se la spupazziamo e poi ... -

- Ma sei pazzo? Col vecchio là dentro? E si poi canta? -

- Poi? - Il primo uomo rise e si passò un dito sulla gola.

- Poi, intanto se la spassamo. -

Sembravano preoccupati che cantasse. Forse avevano un tabù contro il canto. Vilion voleva rassicurarli che non avrebbe cantato ma uno di quelli la fece uscire di macchina con uno strattone e la trascinò in casa. La buttò su un letto - alquanto scomodo – dopo averla spogliata nuda e le usò violenza. Vilion era piuttosto eccitata da tutti quegli smaneggiamenti precederti, però non riusciva a provare molto piacere, vista la rapidità della cosa. Per fortuna, appena uscito il primo entrò subito un altro che si comportò molto meglio. Al quarto Vilion cominciò a ringraziare la sua buona stella. Era capitata su un pianeta dove ci sapevano proprio fare!

I cinque ripassarono a turno un paio di volte, fino a notte inoltrata. Dopo essere stata lasciata sola per oltre dieci minuti Vilion si alzò dal tetto tutta nuda andò ad affacciarsi alla porta dello stanzone dove i cinque stavano a rimpinzarsi di cibo e di bevande.

- Tutto qui? - Fece Vilion con l'aria un po' delusa.

- All'anima de sta mignotta! - Sbottò quello che doveva essere il capo. - Ntorcinatela e sbattetela cor vecchio. -

Due dei tipacci più giovani legarono Vilion braccia e gambe, la imbavagliarono e bendarono. Poi, sollevatela di peso, la portarono in un'altra stanza, sbattendola su un letto più scomodo del precedente. Stretta nei lacci, soffocata dal bavaglio, Vilion decise che ne aveva abbastanza. Non si divertiva più, anzi, cominciava proprio a scocciarsi. Allungò un braccio. L'allungò proprio, di oltre un metro e si strappò benda e bavaglio. Allungò anche l'altro, come fosse di gomma e sciolse i nodi. Per la catena che la fissava alla caviglia con la testata del letto, fu ancora più facile: bastava allungare il piedino. Finalmente libera, Vilion si guardò attorno; nella stanza senza finestre c'erano solo due letti e una sedia. Sull'altro letto, legato, imbavagliato e bendato c'era un uomo di mezza età. Un'altra vittima di quei tipacci, pensò Vilion. E lo slegò. L'uomo si soffregò gli occhi con le mani; poi vide le funi sciolte sull'altro letto e capì la situazione.

- Grazie, signorina. Sono un industriale sequestrato. Anche lei è stata sequestrata? Come ha fatto a liberarsi? -

Vilion non fece a tempo a rispondere che la porta si spalancò ed il capo apparve con la pistola in mano. Vide la ragazza libera e l'uomo sul letto, sciolto ma con la catena ancora al piede.

- Sei stata tu, brutta stronza! - Urlò. La pistola abbaio due volte e Vilion si accasciò sotto i colpi. "Accidenti, quell'aggeggio di metallo era un'arma che scagliava proiettili di metallo. Rudimentale ma doloroso, accidenti!" Pensò Vilion mentre si frugava nella carne con due dita ed estraeva i proiettili. "Questa volta li punisco" penso. L'uomo era uscito a cercare gli altri. Vilion aprì la porta e lo seguì. Passò in rassegna i mille modi in cui avrebbe potuto sbarazzarsi della banda. "Telecinesi – decise - è il più divertente". Intanto il capo dei banditi, al rumore della porta che si apriva, si era voltato e gli aveva sparato contro. Il proiettile rimbalzò come su uno specchio, centrando un occhio dello stesso sparatore. Il capo cadde morto. Gli altri quattro avevano impugnato le armi: due pistole, un mitra e un coltello. Il coltello, spinto da una mano invisibile, si conficcò nel ventre di chi lo reggeva. Le armi spararono, ma, inspiegabilmente, furono deviate e sterminarono i quattro banditi. Vilion non si era mossa ma, un minuto dopo, sul pavimento c'erano cinque cadaveri.

"Peccato, per fare all'amore non erano poi così male" - penso l'extraterrestre. Poi su istruzioni del sequestrato, trovò la chiavetta della catena e potè liberarlo. Mentre l'uomo telefonava, Vilion si lavava e si rifocillava con dello squisito cibo terrestre.

Meno di un’ora dopo arrivava un mare di macchine: polizia, autombulanze, giornalisti, parenti del rapito e curiosi. Così cominciò la carriera di terrestre di Vilion. Adesso fa la diva del cinema. Se ne dicono di tutti i colori sul suo conto. Si parla di ammucchiate, di orge, di una nuova Messalina. Qualcuno dice che le ha sentito dire, una volta che era ubriaca:

- Mi voglio fare un milione di terrestri maschi. Poi cambio di sesso e mi faccio un milione di terrestri femmine. –

La gente non lo sa, ma il bello è che Vilion è capacissima di farlo!






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