The Clash
di Gloria Bona
L'anno era il 1977 (periodo in cui, come tutti ricordano, ne succedevano di tutti i colori) e il titolo del disco era molto semplice: "The Clash". Credo che pochi di quelli che li hanno vissuti si siano dimenticati di quei giorni: il rock infatti stava rinascendo, tornava a quella forma ribelle che gli apparteneva, aveva solo un nome in più: "Punk". Nome non del tutto nuovo se ripensiamo a nomi dei 60's come Seeds e Blue Cheers.
Insomma, la voglia di esprimere e di creare era scoppiata ancora una volta e gli effetti si vedono ancora oggi. Fra la miriade di gruppi che in quei giorni accendevano Londra i Clash erano probabilmente i più originali.
Il nucleo originale si era formato nel 1976 ed era (ed è) composto da Joe Strummer alla ritmica e voce (proveniente dai disciolti 101'ers, gruppo di R'n'B purtroppo disciolto), Mick Jone alla solista e voce e Paul Simonon al basso. E qui ci fermiamo, infatti, pur essendo questo un nucleo molto solido e affiatato, la figura del batterista nei Clash sarà sempre solo di passaggio. Partiti con Tony Chimes (detto Crimes, lavorerà nei Cowboys International) proseguono con "Topper" Nick Headone tornano con Tony Chimes per la tournee ai "Combat Rock". Per il futuro si vedrà.
Dopo l'inizio faticoso e ricco di pasti saltati oltre che di concerti infuocati il gruppo cominciò a salire alla ribalta con il primo 45 giri (White Riot/1977) che con il testo sembrava presagire qualche cosa, e qualche cosa puntualmente avvenne con il carnevale della comunità giamaicana in Londra ii quell'anno che fu sicuramente pieno di arresti e di sangue; certamente White Riot era la colonna sonora ideale per quei momenti di angoscia e di rabbia.
Intanto in Italia le cose andavano come sempre e come sempre le cose nuove non venivano capite, del resto siamo alla periferia dell'impero...
Ecco così che dalla sinistra si diceva che il Punk era fascismo e la destra replicava che era comunismo, nel belpaese questo e altro. La verità è che quando qualcosa o qualcuno è troppo nuovo e personale la società ne ha paura e lo isola. L'album che sarebbe uscito di lì a poco conteneva davvero parecchie gemme, ma il capolavoro assoluto è un pezzo non scritto dal gruppo ma da … Junior Marvin un grande artista giamaicano. La loro versione è bellissima, un misto di rock e reggae che colpisce assieme cuore e mente. Il resto essendo quasi esclusivamente Punk Rock non si dimostra affatto ripetitivo e dimostra la notevole sensibilità artistica del gruppo. Dopo i clamori di questo primo periodo, i Clash non si fanno sentire molto. Interrotta solo dall'uscita di qualche ottimo singolo (Clash City Rockers etc.) l'attesa per l'uscita del nuovo album si fa sempre più lunga.
Credo che la ragione di questo ritardo sia da imputarsi soprattutto alla paura del gruppo di lasciarsi incastrare dall'aftermath che ha fatto scomparire tanti gruppi dopo i primi clamori, gruppi che dopo l'esplosione a supernova iniziale avevano dimostrato povertà di capacità creativa. Finalmente nel '78 uscì; "Give 'em enough rope" che tradotto suona: "Date loro abbastanza corda"; per impiccarsi? Purtroppo l‘album, tranne pochi episodi, non seppe resistere all'usura del tempo ed oggi risulta molto datato oltre che meno valido del gruppo.
"Give 'em enough rope" è praticamente un album di Heavy Metal, non a caso il produttore è Glyn Jones, conosciuto per il suo lavoro con i Blue Oyster Cult. I primi a ritenersi poco soddisfatti dell'album furono gli stessi Clash, tanto è vero che attualmente l'unico pezzo di questo album che eseguono dal vivo è "Safe European Home". Comunque la tournee americana di quell'anno avrà un enorme successo e farà sì che la CBS. stampi sul mercato americano il primo album in versione diversa, presenta infatti tre pezzi in meno rispetto all'originale inglese e sette pezzi in più tratti dai singoli inglesi.
Ma se il secondo album è stata una parziale delusione ecco arrivare con il dicembre del '79 il terzo grande album: "London Calling" che consegna i Clash direttamente alla storia del Rock. Indicare dei pezzi di questo incredibile doppio è molto difficile, sono 19 piccoli capolavori, forse, su tutti, il brano che dà il titolo all'album.
I Clash appaiono qui molto cambiati, la loro musica si è fatta molto più meditata. Ricordano molto i gruppi dei primi '60 quali Who e Rolling Stones. Musicalmente è una miscela di stili fenomenale, troviamo il R'n'R di "Brand new cadillac" ed il reggae di "Guns of Brixton", il beat di "London Calling", il soul di "Trainin Vain".
L'album è pieno di melodie molto raffinate, testi stupendi (nella loro tradizione di Rock militante) e un feeling eccezionale. C'è anche da dire che con "London Calling" i Clash si attirano un sacco di critiche su una loro supposta commercializzazione, sarà vero? Sara falso? Ai posteri l'ardua sentenza, per tanto ascoltatevi il disco che è un capolavoro.
Al disco fa immediatamente seguito la tournee che toccherà anche l'Italia consolidando la loro leggenda con un concerto GRATIS (apice del tour italiano) a Bologna.
Nel 1980 la CBS immette sul mercato un 10 pollici intitolato "Black Market Clash".
Il disco contiene alcuni pezzi completamente inediti ed alcuni editi solo su 45 giri.
Notevoli sono i tre reggae del lato B e la loro versione di "Time is tight" di Booker T.
A metà del 1980 esce il nuovo album "Sandinista!" che è addirittura un triplo album (a quanto pare la loro creatività è seconda solo a quella di Elvis Costello visto il numero di album che sia l'uno che gli altri riescono a tirare fuori). L'uscita di "Sandinista!" sarà un fulmine a ciel sereno e spazzerà via ogni dubbio di insincerità del gruppo.
Qual’è infatti quel gruppo che dopo essersi conquistato un largo seguito con un tipo di musica ben preciso decide di gettare tutto all'aria? Il disco infatti contiene non più di 5 o 6 pezzi su 36. Credo che quello che hanno fatto i Clash con "Sandinista!" sia fra quanto di più distruttivo sia mai stato fatto nel rock. I Clash pur di restare fedeli e coerenti con le proprie idee hanno immesso sul mercato un album di scarsissimo potenziale commerciale.
Il disco sa di America Latina, Caraibi e Giamaica, troviamo anche rivisitazioni di R'n'B', ma soprattutto, come dicono loro stessi a proposito dell'album in "Version City": " ... un nuovo messaggio ritmico che ti porti incontro a tempi migliori". I testi, come al solito ricchi di impegno sociale, presentano una carica ironica nuova rispetto al passato. È insomma questo un album che meglio del primo dà un'idea di ciò che stiamo attraversando.
In Inghilterra il disco ottiene un insuccesso incredibile ed il gruppo viene messo all'indice dai giornalisti musicali locali che sono notoriamente poco svegli. Non così nel resto del mondo.
Il tour di quell'anno verrà chiamato "Mission impossible Tour" e, come già quello di "London Calling" toccherà anche l'Italia.
I Clash si dimostreranno dal vivo molto diversi da ciò che risulta dall'album e ancora una volta è il rock a fare da padrone sul palco.
Dopo un altro periodo di silenzio eccoci arrivare all'estate 1982 che ci porta il nuovo album: "Combat Rock". L’album contiene ancora una volta una gran varietà di stili, troviamo il funky di "Overpowered by funk", il Beat Rock di "Should i stay or should i go", troviamo percussioni ipnotiche, potenti vibrati di chitarra che sembra quasi Morricone-rock. Troviamo atmosfere dilatate alla "Sandinista" e pezzi duri sullo stile di "The Clash" il primo album.
Insomma, un grande disco, anche se di poco inferiore ai due precedenti risulta un ottimo disco comunque, di quelli che purtroppo non escono troppo frequentemente.
Dopo l'uscita di "Combat Rock" il gruppo va un po' in crisi, viene licenziato il batterista "Topper" Headon e Joe Stummer se ne va.
Dopo una breve vacanza Stummer torna, "Topper" no. Le ragioni del licenziamento di Headon sono sconosciute, si può forse azzardare che fosse un musicista troppo tradizionale mentre i suoi compagni avevano velleità da "ribelli".
Nessuno diede comunque nessuna spiegazione e, a tutt'oggi, il gruppo non sembra essersi trovato un batterista stabile, a parte la breve parentesi in cui il posto viene occupato da Tony Chimes (che come abbiamo visto fu il primo o giù di lì batterista).
La fuga di Stummer invece va presa come una semplice vacanza. Egli infatti non è nuovo a episodi del genere, sembra che già qualche tempo prima, dopo un'altra di queste "fughe" fosse stato ritrovato mentre chiedeva l'elemosina in una stazione della metropolitana parigina.
Arriviamo ad oggi, dicembre '83 (data in cui è stato steso l'articolo ndr) senza nuovo materiale del gruppo. C'è solo una voce che se si rivelasse vera potrebbe significare la fine dei Clash, perlomeno come sono stati finora. Sembra infatti che Mick Jones abbia lasciato il gruppo. Se teniamo conto che il 75% del materiale inciso dai Clash fino ad oggi à firmato Stummer-Jones, e facile comprendere come il futuro del gruppo sia quantomeno incerto, sempre e solo se questa voce si dovesse rivelare fondata. Del resto la new-wave del rock ha sempre messo in chiaro di quanto poco ci tenessero i suoi protagonisti a diventare dei cadaveri viventi, così quando il momento magico della creatività finisce è meglio lasciare perdere. Così hanno fatto i Jam, i Joy Division, New Order, Specials e parecchi altri. Questo io lo chiamo rispetto per il pubblico e per sé stessi.
I Clash hanno comunque dato tanto per il rock, speriamo continuino, da soli o ancora insieme.
Discografia essenziale:
1 THE CLASH / 2 GIVE 'EM SNOUGH ROP / 3 LONDON CALLING / 4 SANDINISTA/ 5 COMBAT ROCK / 6 THE CLASH /
1 CSS '77; 2 CBS '77; 3 CBS '79; 4.CBS '80 ; 5 CBS '82; 6 CBS AMERICA '78; contiene tre pezzi in meno rispetto l'originale inglese e 5 in più e un 45 in regalo con 2 pezzi (per un totale di 7) che derivano da singoli inglesi mai pubblicati in U.S.A. Inoltre sull'album "London Calling" compare per ultimo un brano, "Train in Vain", originariamente incluso come flexy-disc sulla rivista inglese New Musical Express. Il brano in questione non è segnalato sulla copertina del disco.
7 BLACK MARKET CLASH, CBS '80; contiene brani presi da 45 inediti su album e inediti assolutamente mai incisi.
Per finire la discografia andrebbero poi citati i bootleg, purtroppo raramente hanno un valore più che collezionistico, e per i Clash non vi sono grandi esempi in questo genere, vuoi per la pessima incisione, vuoi per la performance non di elevatissimo livello non mi sento di consigliarne alcuno.
Posso invece consigliare il disco postumo dei 101'ers, il primo gruppo di Strummer, il titolo è "Elgine avenue breackdown" ed è molto raro.
Per finire ricordo che Mick Jones ha prodotto per i "Theatre of Hate" (oggi separatisi) il primo bellissimo album "He who dares wins". Dimenticavo, i Clash suonano dal vivo un brano su "Kampochea" (dubito che sia scritto correttamente), l'album dal vivo tratto dall'omonima manifestazione (oltre ai Clash troviamo Elvis Costello, Who, Pretenders e molti altri).
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