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Recensione di Fabio Nardini a "The day after"


"The day After" arriva in Italia preceduto da una fama alquanto singolare per un film: quella di avere scosso anche il più stolido e benpensante dei cittadini americani (per intenderci quello che vota repubblicano ed è fermamente convinto che l'Unione Sovietica sia "L’Impero del Male"), di aver messo in serio imbarazzo l'amministrazione Reagan e altri fattacci di questo genere.

Si è detto che dopo questo film l'America ha aperto gli occhi sulla possibilità di una guerra atomica, che i pacifisti che sfilano per le strade ora non sono più visti come idealisti con la testa fra le nuvole, o peggio come strumenti del KGB o del Cremlino, ma come gente che cerca innanzitutto di difendere questo nostro pianeta dalla distruzione.

E certo l'impressione destata da un film del genere trasmesso in televisione deve essere stata enorme. Mi spiego: il cinema è visto come il luogo della finzione, gli stessi gesti di prendere il biglietto, pagare ... ecc … favoriscono un certo distacco dal mondo della "realtà".

Ma la televisione è tutt'altra cosa: non fornisce solo finzione, fornisce anche e soprattutto "realtà" (o ciò che lo spettatore ritiene tale).

Quindi se lo stesso schermo che ci proietta ogni giorno immagini di conflitti lontani, ci trasmette la cronaca della distruzione atomica di Kasas City allora vuol dire proprio che è possibile. Inevitabilmente per lo spettatore cinematografico il coinvolgimento è minore, ma  si tratta lo stesso di un film "shoccante". Si, lo so che i personaggi sembrano tratti di peso da un qualsiasi telefilm.

Lo so che le scene di distruzione nucleare non sono nuove di zecca, però l'inquietudine nello spettatore resta. Tra l'altro non è detto che certi apparenti difetti siano poi tali in realtà. Confesso che appena terminata la proiezione mi ero fatto un'idea precisa di "The Day After": un film "di denuncia", ottimo sotto il profilo dell'impegno civile, scarso sotto quello strettamente filmico. Ora non sono più tanto sicuro. Ad esempio; La banalità e l'assoluta piattezza psicologica dei personaggi accentua paradossalmente il realismo del filmato, un "realismo" (e occorre nuovamente riferirsi all'originaria trasmissione in Tv) tutto interno al piccolo schermo: è davvero come se i personaggi di un qualsiasi telefilm fossero calati in un incubo da cui non riescono a svegliarsi. Alla fine non ci sarà il tradizionale lieto fine ma solo un abbraccio tra due uomini distrutti dalla radioattività in un deserto di macerie.

Guardiamo la forza di certe scene: la stupenda scena finale, a cui ho appena accennato, ma anche altre. Ad esempio quella nella base missilistica al momento decisivo in cui si sta per scatenare l'attacco nucleare, La tensione ed il nervosismo degli uomini incaricati di premere il fatidico "bottone" sono resi con rapidi, convulsi movimenti della cinepresa quasi si trattasse di una diretta televisiva, o l'altra scena in cui il discorso del presidente (un concentrato della più vieta retorica patriottarda) fa da sottofondo a immagini di morti e feriti. L'annuncio che "è stata stipulata una tregua con L'Unione Sovietica " e che comunque "L’America ha superato questa dura prova" sovrapponendosi ai volti devastati dei superstiti assume un cinismo esasperante che fa comprendere il completo disprezzo per la vita umana (anche per milioni di vite umane) che anima i "signori della guerra". Sarà interessante vedere le reazioni del pubblico italiano a "The Day After", soprattutto se e quando verrà trasmesso in televisione. Chissà se ci sarà ancora qualcuno che, di fronte alle proteste per i missili a Comiso, dirà: "si, ma in Russia. .. ?" Per concludere voglio citare una battuta di questo film.

Dice ad un certo punto (quando la situazione sta precipitando) uno dei personaggi: " Ma, cosa sta succedendo? Ci capisci niente tu? Cosa sta succedendo) su questo pianeta?"

Già, cari amici, cosa sta succedendo?






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