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La scelta


di Claudio Tinivella


PRESENTAZIONE:

Un patto, una richiesta di ricchezza.

Il patto, la scelta, di cui si parla è quello di un pescatore che, avvicinato da uno straniero che sa parlare al mare, chiede uscite più pescose per una vita meno ingrata.

Una storia dal sapore antico, giocata in trasparenza come una parabola, ed è una parabola. Claudio Tinivella è un autore in via di affermazione, in questa storia dimostra tutta la sua capacità di creare racconti eleganti e poetici usando un linguaggio pulito ma non scialbo che sa usare le parole più semplici per costruire incanti, nella migliore tradizione del fantastico.


Lo straniero era alto. Aveva un accenno di barba, capelli quasi lunghi, e una sorta di sguardo azzurro. Camminava con cautela, come se temesse di calpestare con troppa violenza la sabbia della spiaggia.

Si avvicinò al pescatore, lo salutò con gesto familiare e gli disse: - Salute a te, pescatore. –

- Salute, straniero -, rispose quello. Stava appoggiato a un fianco della sua barca tirata in secco sula riva, e riempiva di disegni che subito cancellava la sabbia di fronte a lui.

- Fatto buona pesca, oggi? - chiese il nuovo arrivato, guardando direttamente il mare alle spalle del pescatore.

- Buona pesca, dici? E quand'è che è stata buona la pesca, qui da noi? - rispose il pescatore, dopo aver sputato per terra.

Lo straniero si chinò, raccolse una manciata di sabbia e la scagliò nell’aria, in direzione del villaggio che si scorgeva poco distante.

- Eppure, questo mare è pieno di pesci -, disse, quasi sottovoce.

- Può anche darsi che sia pieno - ribatté il pescatore, - Ma se anche ci sono, quei maledetti non si lasciano pigliare. -

Lo straniero sorrise.

- È forse che non lo sapete capire -, fece poi.

- Non sappiamo capire cosa? - chiese il pescatore.

- Il mare. –

- Il mare? E quello, chi ci riesce, a capirlo? -

- Eppure, non è difficile. Io posso insegnartelo. -

Il pescatore rimase immediatamente colpito da quella possibilità, alla quale non aveva mai pensato.

- Davvero tu sai capire il mare? - chiese, sospettoso - Se lo sai veramente fare, insegnalo anche a me. –

- Il mare, già ... - fece lo straniero - molti non lo sanno, ma il mare parla, chiacchiera, non sta zitto un minuto. Bisogna solo imparare a capire la sua lingua. -

- E tu questo puoi insegnarmelo? - chiese ancora il pescatore.

- Non è difficile, dopotutto. - Lo straniero era in piedi, ora, e tendeva le mani verso la distesa d’acqua, come se quel gesto, magico, quasi primitivo, potesse in qualche modo metterlo in comunicazione col mare.

- Se non è difficile, insegnamelo. Insegnamelo, straniero. Insegnami come si fa. -

Lo straniero si fece più serio.

- Ovviamente, non posso insegnartelo senza nulla in cambio. -

- Ovviamente – mormorò il pescatore.

- E ciò che io desidero in cambio è una cosa che solo con molta fatica si può trovare. –

- Ma io la troverò, straniero, la troverò. Dimmi solo: cos’è? -

- Non c'è fretta - fece lo straniero, abbassando ulteriormente il tono della voce. - Senti, pescatore: io vengo da parecchio lontano. Ho fatto un bel po' di strada, e ora sono stanco. Non avresti un posto per dormire? –


Le ripide impennate del Promontorio dei Turisti nascondevano alla vista del viandante l'ingresso della Grotta.

Non era un posto molto frequentato, quello.

Nessuno più entrava nella Grotta.

Entrare nella Grotta, del resto, era un po' come allontanarsi dalla vita. Nessuno lo faceva volentieri. Il brusco passaggio dalla luce esterna al buio più estraneo incuteva un salutare terrore in tutti quelli che ci si provavano, e li induceva a rinunciare ai propri propositi.

La Grotta aveva una sua forma caratteristica, vagamente simile a una elle rovesciata. Dopo poche centinaia di metri in lievissima pendenza, si inabissava all'improvviso, formando un vasto pozzo al fondo del quale si poteva udire (ma non scorgere) lo sciabordio dell'acqua del fiume sotterraneo.

C'era una leggenda, ovviamente, che parlava di come quel fiume era stato inghiottito dalla Grotta, e i pescatori e le donne del villaggio se la raccontavano sovente nel corso dei violenti temporali estivi - quando, a causa del cattivo tempo, le barche non potevano lasciare il porticciolo, e tutte le attività del villaggio quindi, tutte basate sulla pesca, si arrestavano.

La Grotta non aveva divorato solo il fiume: anche parecchi esseri umani, aveva inghiottito, e non solo nelle leggende.

Diversi speleologi che avevano intrapreso una sua esplorazione non erano mai tornati, e pure la repentina scomparsa di alcuni ragazzi e ragazze dei dintorni veniva messa in relazione con la Grotta.

Per tutti questi motivi, non c’era nessuno che desiderava andare nella Grotta.

Anche se molti sapevano che essa conteneva qualcosa di prezioso.

Nessuno era più in grado di ricordare cosa fosse questo qualcosa (da ormai troppe generazioni era stato dimenticato), ma tutti sapevano della sua esistenza.

Di andarlo a cercare, però, non se ne parlava nemmeno.


Lo straniero dormì profondamente tre giorni e tre notti. All'alba del quarto giorno si destò, e chiamato a sé il pescatore gli fece questo discorso:

- Tu devi entrare nella Grotta. Io posso insegnarti come scendere fino in fondo senza troppi pericoli. Navigherai poi il fiume sotterraneo, e lo risalirai fino a raggiungere il laghetto che si è formato là dove esso sprofonda. Al centro di questo laghetto troverai un'isola, e al centro dell'isola una costruzione in mattoni: tu dovrai penetrare in quella costruzione e rubare un dipinto appeso alla parete. Prenderai quel dipinto e lo porterai a me, ma non dovrai mai guardarlo. Ricordati bene: non devi assolutamente guardare quel dipinto. Se lo facessi, qualcosa di molto grave ti capiterebbe. -

Il pescatore aveva lo sguardo fosco. - Di quelli che son scesi fino al fondo della Grotta - disse - nessuno è tornato. –

- Dipende solo da te, riuscire a farlo. Se tu farai tutto ciò che ti dirò, non avrai problemi: tornerai alla superfice e otterrai la ricompensa che ti ho promesso. -

Lo straniero era un mago o uno stregone, questo il pescatore lo aveva capito. Parlava col mare e col vento, e talvolta anche con la nuda roccia, e i suoi occhi non rivelavano mai i suoi pensieri. Il pescatore avvertiva in lui una forza quasi prodigiosa, ma al tempo stesso un'assoluta dedizione al suo scopo.

<>Sapeva convincere con facilita, quasi con noncuranza, e le sue parole non davano mai l'impressione di essere false.

- E tu sai - concluse - che la ricompensa che io ti offro potrebbe renderti ricco per tutto il resto dei tuoi giorni. -

Il pescatore si levò in piedi, alzò una mano chiusa a pugno e la calò con forza sul tavolo: - Se proprio devo andarci - borbottò - è meglio che ci vada, e il più presto possibile. -.

Lo straniero annuì soddisfatto. Si avvicinò impercettibilmente al pescatore e prese a parlargli: - Ascolta … -


La prima sensazione che ebbe, entrando nella Grotta, fu di rimpianto per il mondo luminoso che si era lasciato alle spalle.

La luce della pila che teneva puntata dinanzi a sé era solo un ingenuo palliativo della luce solare che aveva abbandonato, e il mondo attorno a lui non conosceva che ombre e buio.

Seguendo con scrupolo le indicazioni dello straniero, egli percorse rapidamente il primo tratto della Grotta, raggiungendo in pochi minuti lo strapiombo che si apriva sul fiume sotterraneo. Utilizzando le speciali corde e i chiedi magnetici datigli dallo straniero, iniziò quindi a calarsi cautamente lungo l'apertura di cui non si scorgeva il fondo.

Discese per un periodo di tempo indeterminato. Dopo un po', il passaggio prese a restringersi, dapprima quasi impercettibilmente, poi, via via sempre nettamente, fina a rendere estremamente complicata la discesa.

Giunto a quel punto, il pescatore fece una sosta, si puntellò ber bene alle pareti ravvicinatissime del cunicolo e mangiò un rapido panino. Poi attaccò a due punti delle pareti rocciose dei sostegni, si passò una corda attorno alla vita e quindi, con lo zaino sulla schiena e una sorta di fiocina da subaqueo nella mano sinistra, riprese la discesa.

Dopo la strozzatura, il cunicolo si riallargava, ma era come se qualcosa (nella struttura delle rocce che lo componevano, nel buio sempre più impenetrabile o forse, più semplicemente, nell'aria attorno a lui) fosse cambiato. La strozzatura rappresentava come una seconda porta d'ingresso, e l'averla varcata significava essersi ulteriormente allontanato dal mondo luminoso, dal mondo vivo e caldo che stava da qualche parte, là fuori.

"Sembra di entrare all'inferno", si trovò a pensare.

Discendeva con attenzione, con estrema cautela, ma la tensione, il nervosismo che si stava impadronendo di lui lo portò a compiere un movimento falso: urtò con un polso in una sporgenza affilata, e il colpo gli fece perdere la presa. Prima ancora di rendersene conto, si trovò a precipitare.

Per sua fortuna, però, il corso d'acqua era solo una decina di metri più in basso, e la caduta non ebbe così altri effetti negativi oltre al bagno fuori programma.

Riemerso dall'acqua, e lottando per mantenersi a galla, il pescatore fece gonfiare il canotto pneumatico, vi si issò sopra e prese a remare controcorrente. L'acqua scorreva abbastanza lenta, in quel punto, ed egli non ebbe quindi difficoltà a risalire un buon tratto.

Quando i muscoli delle braccia cominciarono a indolenzirsi, fece una breve sosta, ancorando la barca a un lastrone sporgente. Mangiò ancora qualcosa e riprese poi a remare, col suo ritmo esperto, tenace e sicuro.

Dopo un altro tratto, il corso del fiume prese a serpeggiare, e un poco più avanti a restringersi. La corrente si fece più rapida. Il pescatore fu costretto a dare fondo alle proprie riserve di energia, per continuare ad avanzare. In vari punti rischiò di essere capovolto e sopraffatto dalla corrente, ma usando tutta la sua forza e tutta la sua esperienza riuscì sempre a resistere.

Dopo un'ennesima curva, però, il corso del fiume si impennava, e proseguire a forza di remi divenne proibitivo. Lo straniero lo aveva messo in guardia da questo pericolo, e il pescatore non si fece trovare impreparato. Mirò a un punto della volta rocciosa ben al di là dell'inizio della rapida, premette il pulsante e dalla fiocina partì, con un sibilo e una scia luminosa, una specie di cordoncino che si andò a conficcare nella roccia. Aggrappandosi ad esso, e usando tutta la forza delle sue braccia, il pescatore riuscì infine a superare la rapida e a riimmettersi nel corso normale del fiume.

Fu allor che vide per la prima volta l'isola.

Un debole chiarore si diffondeva da essa, facendola emergere chiaramente dal buio circostante.

Il pescatore riprese a remare con slancio raggiungendola in breve tempo. Si arrestò a una decina di metri dalle sue coste e, utilizzando nuovamente la fiocina, attraccò.

La superfice dell’isola era liscia, scivolosa, ricoperta da qualcosa che sembrava muschio umido. La debole luminosità che aveva scorto da lontano proveniva da una sorta di tempietto che si ergeva proprio al centro dell'isola.

Quella era la sua meta.

Si avvicinò. Fece un giro completo attorno al suo perimetro, alla ricerca di un varco d'ingresso. Non ne trovò. Non trovò né porte, né finestre, e nemmeno altre aperture visibili.

Cercò allora di scalare le mura, immaginando che fosse possibile penetrare all’interno attraverso il tetto. Scivolò tre, quattro, cinque volte sulle pareti viscide, finché, stremato, ammaccato, non si rassegnò a rinunciarci.

Rifece il giro della costruzione, illuminando con la pila il terreno attorno alle mura. Lo rifece, e lo rifece ancora. Continuò a non trovare nulla.

Infuriato, sconsolato, il pescatore pronunciò una bestemmia ad alta voce, e contemporaneamente colpì con violenza il terreno sotto di sé.

Il terreno si aprì sotto ai suoi piedi e lo inghiottì.

Il pescatore si ritrovò all'interno della costruzione.

Vi erano solo due stanze, là dentro. Spoglie, totalmente prive di mobilio.

In ogni stanza vi era un dipinto appeso a una parete.

I dipinti erano appesi al contrario.

Il pescatore rimase a lungo incerto, ignorando quale dei due fosse il dipinto da prendere. Optò infine per una scelta casuale, ne staccò uno dalla parete e, senza mai guardarlo, lo mise nello zaino.

Sulla parete, nello spazio che prima era occupato dal dipinto, c'era una leva. Il pescatore la abbassò e la porta, quasi miracolosamente, si spalancò.

Col suo bottino prezioso nello zaino, intraprese il viaggio di ritorno.


Quando infine, stremato, raggiunse l'apertura superiore, lo straniero era lì che lo aspettava.

- Hai fatto un buon Lavoro, pescatore - gli disse - Te la sei proprio guadagnata la tua ricompensa. -

Il pescatore non disse nulla. Gli consegnò il dipinto e rimase lì a guardare negli occhi lo straniero.

Lo straniero sorrise e gli fece cenno di sedersi. Lì, in quel medesimo posto, lontani e allo stesso tempo vicinissimi alla luce del sole, gli insegnò il linguaggio del mare. Glielo insegnò così bene che mai, mai avrebbe potuto dimenticarlo.

Un sentimento indescrivibile di gioia, di soddisfazione e di sollievo si impadronì dell'animo del pescatore. Un futuro radioso gli si presentò davanti agli occhi. Fu allora che egli volle porre la domanda che per tutto il resto dei suoi giorni l'avrebbe tormentato: - Posso vedere il dipinto, straniero? - chiese.

- Ma certo, pescatore - sorrise quello, di un sorriso obliquo - Certo che puoi vederlo. - Raccolse il dipinto tra le mani, lo sogguardò un momento e poi lo mise davanti agli occhi del pescatore.

Il dipinto raffigurava una donna.

Il viso della donna gli pareva di averlo già veduto.

Il pescatore ci pensò un po' sopra, poi mormorò, quasi tra sé e sé: - Barbara ... -

- Hai fatto una buona scelta - commentò lo straniero - Poteva andarti molto peggio ... -

Lo straniero si mise il dipinto sotto il braccio, si voltò e se ne andò rapidamente.

Non fu mai più rivisto da quelle parti.

Rimasto solo, il pescatore meditò a lungo sulle ultime parole dello straniero, e man mano che rifletteva una certa ansia, un presentimento vago, cresceva dentro di lui.

Uscì dalla Grotta con questo stato d’animo contrastante, di soddisfazione e di timore, e si avviò verso il paese.

Non fece in tempo a raggiungere le prime case, che un ragazzino gli corse incontro chiamandolo forte: - Vai a casa di Barbara – gli diceva - È successa una disgrazia.


Tutte le notti la barca del pescatore esce in mare, e ogni mattino torna in porto carica di pesci.

Ma da quel giorno più nessuno l'ha veduto sorridere.






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