L'altro volto della luna
"Thule" n. 20, ed. Solfanelli, '91, 224 pagg., 18.000 £; prezzo remainders: 20,33 €; © by Marino Solfanelli Editore
FANTASY
Con questa antologia il de Turris ha voluto aggiungere un importante tassello al discorso che il premio Tolkien stà portando avanti ormai da molti anni.
Ha, cioè, messo in evidenza quella che è la componente femminile dei nuovi autori di fantastico italiani.
Sono stati infatti scelti, i racconti raccolti in questa antologia, tra quelli scritti da donne non finaliste ai vari premi Tolkien dall'80 all'89, meritevoli di segnalazione.
Il de Turris, nell'introduzione, fa un discorso molto interessante: "Dopo un femminismo "d'assalto"... "contro" l'uomo... oggi (esso è) alla ricerca di una precisa posizione "accanto" all'uomo, intendendo con questo termine la ricerca di una complementarità secondo i dettami di Madre Natura... In termini filosofici si può fare riferimento al tradizionale simbolo del Tao, il cerchio Ying-Yang... (rappresentante) la totalità nella complementarità; (qui) è il maschile che ha una minima percentuale di femmine, ed il femminile che ha una minima percentuale di maschile. È l'"animus" alla ricerca dell'anima" (e viceversa),... Il risultato è l'equilibrio dei ruoli." (pag. 7).
Delle autrici presenti nell'antologia, dice: "...le autrici italiane, note, poco note o del tutto sconosciute, non si scompongono di fronte ad alcun argomento, anche se preferiscono i due più tipici aspetti del fantastico: la trasgressione totale, con la descrizione di un mondo altro, come avviene nelle trame di fantasia eroica; e la trasgressione parziale, con l'irruzione nel quotidiano di
un elemento disturbante che lo modifica e lo distorce." (pag. 9).
Una curiosità: le donne che hanno partecipato ai primi dieci anni di premi Tolkien sono state il 25 %.
-"Zurigo e una donna", di Alida Airaghi (pagg. 13-27)-molto lieve, non ha dei veri e propri elementi fantastici che lo contraddistinguano.
È, più che altro, la descrizione di una sensazione, quella di un uomo verso una città, Zurigo, appunto, trasposta su di una figura fantasmatica di donna:
"...lascio questa città che forse non esiste veramente, o forse esiste solo nei listini di borsa. Ci ho vissuto per un anno, ed è stato un anno incorporeo, di nebbia.... Non è una città virile, piuttosto androgina.... Non la puoi paragonare ad una città delle nostre: immaginati invece una donna alta, ossuta: con occhi larghi e chiari.
Con dita lunghe, voce profonda. Una donna non bella, non giovane, ma che ti costringe a guardarla, quando l'incontri. Che ti ossessiona anche se in realtà non la
conosci: ma lei conosce te, e ti prevede in ogni mossa." (pag. 26).
"La donna dal codino biondo volteggiava sui tetti come Mary Poppins, si affacciava improvvisamente a finestre sconosciute, rifletteva la sua faccia nelle pozzanghere, "cucù", facendogli, "sono qui", "sono
dappertutto" e lui era contento di scoprirla allucinatoria,
fantasma." (pag. 25).
-"Ditemi chi sono", di Maria Antonietta Ambrosini (pagg. 29-44)-di notevolissima atmosfera, racconta di una morta che si reincarna tre generazioni dopo, per
vendicarsi di un torto subito: "Io non posso, io non posso, ma tornerò perchè qualcuno deve farlo." (pag. 43).
Molto belle le scene in cui Marzia vede le scene della vita di Caterina, la trisavola reincarnatasi in lei, che le danno, anche, sensazioni di telepatia, dovute alla
forte carica empatica che ha con quella donna.
-"Partita a scacchi", di Silvana Buttà (pagg. 45-60)-su due livelli narrativi, uno reale e l'altro immaginario, in cui nel primo si gioca la partita a scacchi del titolo, e nel secondo si combatte una guerra tra reami fantastici in un tipico secondary world fantasy.
In questo vi sono Ondine, Silfidi, Gnomi, Ninfe, Maghi e Streghe: "Gli indovini? Alleati con le Streghe, sublimavano e cuocevano antiche pozioni con ricette
tratte da manuali in disuso, distillavano veleni e filtri di potenza e la notte, poi, sperimentavano incantesimi ed evocazioni." (pag. 57).
Il motivo della guerra è uno dei più tipici del genere, cioè quello dell'invidia di un enorme tesoro da parte di altri reami.
Evidente, nella narrazione, il simbolismo sotteso: il regno attaccato è un regno di pace e serenità, e il tesoro invidiato è, alfine, proprio quello.
Il collegamento fra i due livelli è una riprova di ciò: a giocare la partita sono due uomini, e quello attaccato, perdente, ha una donna che lo aspetta, ha in mente lei, il tesoro che l'altro gli invidia.
-"L'antico anfiteatro", di Giuliana Cutore (pagg. 61-75)-è la trasposizione in chiave moderna della leggenda di Cola Pesce.
Uno studente si incuriosisce di alcuni scavi, e trova, come alleato, un professore di liceo.
Ma questi si rivelerà essere un fantasma, e, nei sotterranei, il protagonista incontrerà anche, appunto, Cola Pesce, un pescatore entrato per caso, molti anni prima, in uno di questi cunicoli, trovandovi un tempio dedicato a Plutone, ma avvolta da una maledizione per cui chi vi entra non poteva più uscirne.
Questi ha un aspetto poco rassicurante, ma è innocuo, anzi, è senz'altro un personaggio positivo: "...aveva pinne al posto dei piedi, coperte di squame argentee,
e le sue mani dalle unghie lunghissime erano nè più nè meno che zampe d'oca, anch'esse seminascoste da alghe verdastre!" (pag. 71).
Il racconto termina con una forse superflua espressione di quanto implicito nel testo: "...quante leggende sono veramente tali, e non piuttosto l'estremo riflesso di un'inenarrabile vicenda umana?" (pag. 75).
-"Nebbia", di Eleonora Fontana (pagg. 77-87)-in cui viene utilizzato uno degli espedienti letterari più tipici della letteratura fantastica, ovvero quello
dell'improvviso ritrovarsi del protagonista in un'altra dimensione, provenendo da quella normale.
Qui è la nebbia, che fa fermare un automobilista, che si ritrova in una di quelle dimensioni altre, in cui partecipa ad una festa di... fantasmi!
Per poi, con altro espediente tipico, lo svenimento, ritornare al reale.
Nel finale c'è l'elemento inquietante del manifestarsi, nel piano del reale, della normalità, di un aspetto di quello altro, che mette un pò di confusione sulla
connotazione da dare a quella dimensione, inserendo anche il tema della reincarnazione, anche se in modo alquanto erroneo ed impreciso: "Centotrentaquattro anni fa, in questo luogo, sono stata uccisa durante una festa... Perciò faccio la poliziotta in questa vita... attendo che passi qui, per questi uffici, la donna che mi uccise." (pag. 86); "Sulla pelle chiarissima era visibile una brutta cicatrice, corta e irregolare, quella di una ferita dai bordi non bene rimarginati" (pag. 87); la ferita è
identica a quella della reincarnata.
-"Nuvole", di Roberta Gallini (pagg. 89-94)-racconta di una meticcia, nata da un terrestre ed una aliena, dotata di ali, ricercata, catturata e processata per aver parlato: "...di libertà alla gente." (pag. 93).
Evidente la metafora, anche se esplicita nel testo: "...due ali che mi permettono di innalzarmi al di sopra di tutti voi e di tutte le vostre meschinità."
(pag. 94).
-"Penombra di luna", di Patrizia Grifoni (pagg. 95-106)-davvero molto suggestivo, è un racconto tutto d'atmosfera, sui sentimenti semplici delle persone semplici, contrapposti al potere dei potenti.
In realtà non è che vi siano dei veri e propri elementi fantastici, presenti solamente nei sogni dei protagonisti, ma nell'insieme risulta sicuramente tale.
-"Il mio signore", di Michela Masci (pagg. 107-10)-cortissimo, è tutto in una dimensione onirica; due cavalli giganteschi escono dal mare, un bimbo sale su
uno di questi, che lo porta, attraverso una tipica quest, in un mondo fatato: "Era un mondo diverso, di sogno." (pag. 109).
È un cavallo telepata, e tra lui ed il bimbo si instaura una solida e profonda amicizia.
-"Gli arazzi di Ismediam", di Valentina Mezzoprete (pagg. 111-22)-in cui una strega bianca viene inviata a cercare di annullare un incantesimo che è calato
sugli Ismeridi: "...senza le loro visioni non avremmo contatto con il sovramondo divino e il mondo piomberebbe nella rovina. Vai ad Ismedia e annulla l'incantesimo che incombe sugli Ismeridi." (pag. 114).
Un mago nero le si oppone, e vi è l'inizio del loro duello magico che, si annuncia, si protrarrà.
-"Azione di misericordia", di Daniela Moiraghi (pagg. 123-7)-racconta di un soldato che sopravvive ad una cruenta battaglia; vi si mescolano il sentimento della
misericordia e un brutale sadismo cinico.
-"La favola della nonna", di Giovanna Morini (pagg. 129-34)-un horror raffinato, in cui due bambini per due sere consecutive vanno a casa di una loro nonna, la quale gli racconta una storia raccapricciante.
Solo che... era morta già da alcuni giorni.
-"Nè si nè no, nè bianco nè nero", di Rosanna Musa (pagg. 135-9)-è un intrigante racconto di una donna adulta che vuole giocare con suo marito, ad un gioco a cui giocava da bambina con la nonna, ma in maniera trasgressiva.
La nonna le diceva che se avesse sbagliato a giocare: "...sarebbe venuto il Re di Fango del Lago a rapir(la)." (pag. 138); e, una volta giocato il gioco
trasgressivamente, c'è la tipica irruzione dell'irrazionale nel reale; "forse" il Re di Fango del Lago suona alla loro porta.
-"Dentro ad un sogno", di Alessandra Orlandi (pagg. 141-4)-molto corto, è uno strano racconto; mi sembra che possa esprimere il sentimento di volontà di fuga dalla realtà di un uomo disgustato dalla violenza della realtà.
-"L'appuntamento", di Rosanna Orsini (pagg. 145-50)-il personaggio mitico di Lilith piace molto; è
questa, infatti, l'ennesima ripresa di quel mito, trasposto ai giorni nostri, in un racconto horror-soft pregievole.
-"La regina delle ombre", di Miriam Poloniato (pagg. 151-67)-tipico racconto fantasy, in cui è una quest al centro della narrazione.
Qui è una leggenda, la "Ballata di Verena", che accende la curiosità di un uomo, che decide di intraprendere la quest: "...da oltre mille anni, di tanto in tanto, riaffiora la "Ballata di Verena" e... ogni volta un
giovane di questo regno parte alla ricerca della Regina delle Ombre.... Il cronista racconta che tutti sono ritornati senza aver trovato nulla." (pag. 161).
E ciò che troverà sarà la realtà celata dalle leggende... in ogni mito, in ogni ballata e in ogni leggenda, era racchiusa una piccola, talvolta piccolissima, parte di verità." (pag. 157).
-"Una vendetta musicale", di Luciana Pugliese (pagg. 169-83)-un horror psicologico, narrato in prima persona da una bambola, cosa che lo caratterizza
maggiormente.
È la proiezione delle paure della bambina protagonista, sulla bambola, viste da parte della bambola e quindi, in un certo modo, favolizzate, viste in maniera distaccata, per cui più facilmente analizzabili.
-"Memorial mundi", di Liliana Rosati (pagg.185-93)-stranissimo, con una struttura molto particolare, è infatti costituito da voci di una ipotetica enciclopedia
futura.
Vi sono svariati riferimenti di carattere prettamente fantascientifici, ed altri di stampo più prettamente fantastico: "Le ipotesi avanzate dalla Commissione
da Cunha parlano di un mondo parallelo il cui unico accesso sarebbe la memoria." (pag. 193).
Io vi ho riconosciuto, tra molti personaggi decisamente immaginari, Borges, e non è certo un caso; credo sappiate della passione sua per questo genere di racconti.
Nell'ultima voce c'è il succo del racconto: "...la Storia Universale nella quale anch'io sono presente, in tutto ciò che è stato e tutto ciò che sarà, finchè
non farò parte dell'oblio, che è la tenue sostanza di cui è fatto l'Universo." (pag. 193).
-"Una domenica d'estate", di Mariella Sparacino (pagg. 195-202)-unico racconto dell'intera antologia a non esserne all'altezza, è un brutto racconto di
omicidi inspiegabili, a cui, nel finale, viene data una debole, inconsistente, e neppure divertente spiegazione irrazionale.
C'è, poi, un'appendice di quattro interventi critici, sempre, per rimanere in tema, scritta da donne e sulle donne nella Sf.
-"La donna lunare", di Mariella Bernacchi (pagg. 205-208)-molto dotto è incentrato sulla mancanza di una reale espressione dell'archetipo femminino nella
letteratura fantastica italiana; in essa: "Non emerge la tipologia della "donna assoluta afroditica" e della Grande Dea, l'amore prende il posto dell'impersonale fuoco dell'Eros, la Potenza femminile sacra." (pag. 207); "Non mi sembra di ritrovare alcunchè di questa tipologia nel
fantastico italiano di questi anni scritto da donne... Tutto ciò senza togliere alle scrittrice alcun merito di capacità professionale, culturale, impegno sociale..."
(pag. 208).
Si dice che: "Paradossalmente... le migliori tipologie di femminino "durgico" (Amazzoni, Guerriere) sono state create da scrittori, ovviamente maschi, di fantasy e science fiction..." (pag. 208).
Per arrivare a ciò parte da un'analisi della fantascienza italiana negli anni '80: "Gli Anni Ottanta sono stati fortemente segnati... da un fenomeno entropico
da parte maschile, di ripiegamento e ritorno alla "Terra"... lasciando cadere, come desueti, gli archetipi del guerriero difensore dell'elemento
femminile e conquistatore dello "spazio esterno".... ulteriore avanzata dell'oscurità e della misconoscenza del problema di un sostanziale approfondimento del sé interiore femminile, del proprio significato cosmico e
delle possibilità reintegrative e di cambiamento di "status" attraverso la conseguente creazione di mondi alternativi o di iniziazione ai misteri del proprio archetipo... seguendo modelli ispiratori esteriori, o un
femminismo acido malinteso come separazione, conflittualità o negazione degli archetipi maschili." (pag. 205), citando un intervento della Vallorani, e
assimilando la questione là espressa a quella del fascista Evola.
Molto interessanti le osservazioni sul femminismo: "Nella società desacralizzata, la donna non è cosciente delle sue potenzialità di reiterazione
dello "status" arcaico di Grande Dea, la Materia Prima, nelle sue manifestazioni afroditiche di forza, "Madre Terribile", divinità connessa allo spirito guerriero e d'avventura.... Oggi, la donna ritiene quasi un insulto che si parli della sua "potenza magica", e ricusando
quest'aspetto integrale archetipico, piomba nella tipologia lunare, notturna..." (pag. 206).
-"La coscienza dell'estraneità", di Monica Lanfranco (pagg. 209-212)-in cui si sostiene che sia proprio questa la molla primaria che spinge le donne a
scrivere fantascienza e fantasy: "... è... da (un) allenamento forzato a vivere ai margini che nasce nella passione della scrittura la maggior parte della carica creativa ed espressiva della letteratura femminile." (pag.
209).
Per suffragare tale tesi la Lanfranco esamina quattro opere di altrettante autrici: "Sempre la valle", della Le Guin, "Le nebbie di Avalon", della Bradley, la saga del pliocene della May, e "Partiranno", della d'Eramo.
L'osservazione senz'altro più interessante la ricava dall'esame del romanzo della Le Guin: "...il tempo è sempre stato il "luogo" per eccellenza... del maschile... contrapposto allo spazio: immobile, stabile, accoglitivo, passivo e incapace di operare trasformazioni, tipico del femminile. Con il fantasy e la fantascienza più ancora che con la teoria, le donne hanno operato il rovesciamento di tale visione." (pag. 210).
La May: "...comunica... la fatica di essere estranei al proprio tempo." (pag. 211).
Nella Bradley: "...ritroviamo il tema della diversità e del tempo, qui intrecciati nella difficile convivenza tra vecchio e nuovo, e tra mente e corpo, eternamente scissi e eternamente tesi verso la fusione." (idem).
Nel romanzo della d'Eramo vi è un: "...anelito (un') attenzione per il particolare che la parzialità reca con sè." (pag. 212).
Conclude dicendo che: "Il tempo, la diversità, talvolta l'impossibilità... di comunicare tra i sessi... Questi temi... (che)... le donne, nei prossimi anni... svilupperanno ancora." (idem).
Si cita un'interessante osservazione di Benedetta Bini: "La fantascienza femminile tende a costruire sempre, e inconsapevolmente, un universo utopico... l'ipotesi,
o il sogno (talvolta l'incubo) di un mondo parallelo strutturato nelle sue parti. Non l'aggressione, ma la sostituzione, o il confronto." (pag. 210).
-"Interiorità a mito", di Chiara Neirotti (pagg. 213-218)-vi si cerca di individuare le possibili differenze archetipiche dello scrivere femminile e maschile.
Le si individuano principalmente nel modo; una maggiore:
"sensibilità... disposizione a cogliere certi toni della gamma del reale, piuttosto che altri; (una) capacità di rendere umana, quasi "domestica", la situazione più incredibilmente fantastica; (una maggiore) attenzione per l'ambientazione del racconto", da parte delle donne, e in "figure di eroi completamente solitari (e nell')avventura in sè e per sè" (pag. 214), da parte degli uomini. Si analizzano poi il ciclo dei Dragonieri della McCaffrey, "Damiano", della McAvory, il ciclo di
Merlino, della Stewart, il ciclo di Deryni della Kutz e "Cavalieri del Tau", di Anna Rinonapoli.
Si giunge ad affermare un concetto che mi pare particolarmente pregno di significati positivi: "Compito della letteratura fantastica diviene allora quello di
rendere più limpida e comprensibile la condizione del nostro spirito e del nostro rapporto con le cose, costituendosi quali modello esemplare, così come un tempo lo fu il mito." (pagg. 214-5), ribadito nel finale:
"...compito che apparteneva un tempo al racconto mitico e che è così necessario nella nostra società contemporanea in cui l'uomo ha perso sè stesso." (pag. 218); e che è: "...comprensione più profonda di un'epoca, di una cultura, raggiunta attraverso una attenzione particolare a
tutto ciò che pertiene allo spirito." (idem).
-"Ombre femminili", di Nicoletta Vallorani (pagg. 219-224)-vi si sostiene una tesi di non poco interesse: che nella Sf scritta da donne emerga la necessità di accettare il proprio lato oscuro quale prerogativa indispensabile per il raggiungimento di un reale benessere psicologico: "...l'ombra, l'oscurità,
l'assenza di luce tendono ad essere ricorrenti nella narrativa di questo tipo scritta da donne." (pag. 219).
Si analizzano, anche qui, varie opere: del "Frankenstein" della Shelley si dice che il mostro, in un qualche modo, "Ricopriva... il ruolo (del) "fratello oscuro", al quale "si conferiva un'esistenza autonoma" (pag. 220).
Vari racconti della Tiptree: uno nel quale: "...la protagonista, dopo essersi riconosciuta estranea alla società alla quale appartiene, decide di fuggire su
un'astronave aliena" (pag. 220); "The Women Men Don't See", in cui: "...le protagoniste non s'identificano con l'ombra, cioè con la porzione più irrazionale, illogica e indisciplinata della natura umana. Al contrario, lo rifiutano, e lo fanno con la pretesa di preservare la loro
identità." (pag. 221); "Lei che aspettava tutti gli uomini nati", dalla cui analisi si ricava un'osservazione interessante: "Nel maschile, solare e logico, l'occhio è
lo strumento per vedere il reale e discernere ciò che è concreto da ciò che non lo è. Nel femminile, lunare ed emotivo, lo sguardo diventa uno strumento difensivo singolarmente efficace." (pag. 222); "The Female Man"
della Russ, in cui: "...un personaggio che volontariamente si pone al di fuori del cerchio della luce e nello spazio della negatività, Jael è l'altro, l'ombra, l'immagine riflessa." (pag. 221).
E "Il mondo della foresta", della Le Guin.
Ciò che si conclude è che: "...il problema dell'Altro, dell'essere che è diverso da te stesso" (pag. 223), è risolto, dalle scrittrici di Sf, dall'adozione dell'androgino quale: "...unica figura utopica in grado di risolvere il dualismo dei sessi." (idem); "...la Le Guin... la usa per dimostrare quante incongruenze sociali spariscano automaticamente quando si elimina la
distinzione tra i sessi: "Non c'è nessuna divisione dell'umanità in metà forti e metà deboli, protettore/protetto, dominatore/subalterno,
proprietario/proprietà, attivo/passivo."" (idem, citazione da "La mano sinistra delle tenebre").
"...con la figura dell'androgino, arriviamo anche a comporre la dicotomia che avevamo individuato all'inizio: il personaggio riconosce l'esistenza della sua ombra e
l'accetta.
Questa, suggerisce la Le Guin, è appunto l'iniziazione all'età adulta, e non c'è altro modo di arrivarci. Per quanto possa essere doloroso, occorre seguire le orme di
Ged, ne "Il Mago di Earthsea": "A voce alta e chiara, rompendo quell'antico silenzio, Ged pronunciò il nome dell'ombra, e nello stesso momento l'ombra parlò senza labbra e senza lingua, pronunciando la stessa parola:
"Ged". Le due voci erano la stessa voce. Solo consumato questo rito, Ged diventerà un vero mago e una persona intera." (pagg. 224-5).
Come abbiamo visto la qualità di questi scritti è davvero buona, tanto che, sinceramente, mi sono chiesto perchè alcuni di essi non siano stati finalisti al posto di certi racconti che lo sono stati, veramente scadenti.
Gli altri volumi del Premio "Tolkien", in ordine cronologico:
"Le ali della fantasia"
"Le ali della fantasia/2"
"Le ali della fantasia/3"
"Le armi e gli amori"
"Le ali della fantasia/4"
"Le ali della fantasia/5"
"Il nido di là dell'ombra"
"Le ali della fantasia/6"
"Immaginaria/1"
"Le ali della fantasia/7"
"Immaginaria/2"
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