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L'uomo verticale


di Davide Longo, ed. Fandango, 2010, 18,00 €, 400 pagg.


Ottimo, è una sorta di post-catastrofe, ma molto particolare.

Infatti, la catastrofe non è altro che l’incattivirsi oltre ogni limite dello scontro fra esterni e… italiani.

Gli esterni, ovviamente, sono gli immigrati, che, qui, appunto, stanno già saccheggiando ed uccidendo in ogni dove. Con la Guardia nazionale a combatterli.

Una sorta di guerra civile, dunque, di cui non si sa se sia limitata al nostro paese o generalizzata nel mondo.

Guerra civile che porta ad un progressivo imbarbarimento. Quando le sovrastrutture sociali crollano, l’esistenza delle persone cambia radicalmente.

La narrazione segue le vicende di un professore universitario in volontario esilio in campagna per uno scandalo con una studentessa attraverso le quali, appunto, assistiamo a questo imbarbarimento.

Nel suo paese, rimasto senza riscaldamento, arrivano a rubare nell’unico negozio rimasto aperto. Spareranno, e li uccideranno tutti. Non erano, esterni.

Poi verranno a rubare a casa sua, nella quale da qualche tempo erano arrivati sua figlia e il figlioccio del nuovo marito di sua moglie, che era venuta a portarglieli per andare a cercare il modo di espatriare in Francia. Distruggendo e sporcando tutto.

Allo stremo le risorse del paese, decide di andarsene, coi figli.

Cominciano, qui, le loro peripezie, che vedranno violenza e ferocia, ma anche, e questo è molto importante, molta bellezza e poesia.

Scritto benissimo, mi è sembrato in qualche modo debitore alla poetica del Pavese. C’è molto amore per la campagna, e, appunto, quella capacità di trovare il Bene, la poesia e l’armonia, anche nelle situazioni più paurose o comunque negative.

Mano a mano che i protagonisti escono da ciò che si è soliti dire la Civiltà, ecco che si addentrano in un qualcosa che si va a fare sempre più indistinto, una sorta di paesaggio interiore mutato, nel quale i sentimenti ed il rapporto fra l’Uomo ed il suo ambiente sono profondamente mutati.

Spesso l’atmosfera che vi si respira ha molto del surreale, quasi un pò ballardiana, con i protagonisti, su tutti il professore, che agiscono con modalità decisamente altre da quelle… normali.

Il finale, ma non solamente quello, sembrano preludere ad una possibilità di uscire, da quella situazione, anche se è vero che, come scrive la Taglietti, è: "Un libro che costringe ad arrivare all’ultima pagina boccheggiando per qualcosa che assomigli a un lieto fine." ("In fuga dal male", "Io donna" del 10/4/2010).






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