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La fine di Dracula


di Roberto Barbolini, "I piccoli libri dell'horror" n. 4, ed. Polistampa, ’93, 8000 £, 112 pagg.


Raccolta di racconti perlopiù surreali, scritti in una prosa poetica molto raffinata, che si compiace della propria erudizione.

Vedremo che l’elemento fantastico vi è spesso solo marginalmente.


-"La fine di Dracula" (pagg. 7-24)-un non-racconto nel quale il Conte Dracula non è altro che un archetipo per dire della paura dell’Aids. Che si innamorerà perdutamente di une vecchia puttana grassa che ha contratto la malattia, ed andrà a far visita ad una sua vecchia fiamma che faceva la cantante, anch’essa malata di quella terribile malattia.


-"Perduto" (pagg. 25-28)-un vecchio attore di teatro ormai alla fine della propria carriera, al quale il Diavolo parlava personalmete, riceve la visita di una Madonna, un angelo, che lo ucciderà, per "… la grazia di cui era divinamente ricolma..." (pag. 28).


-"La Madonna grassa" (originariamente apparso, col titolo di "La bambola crepata", in "Un breve brivido", a cura di G. Braschi, ed. Cesati, ’87; pagg. 29-35)-surreale, vede una donna che, per quanto ancora giovane, pensa alla Morte.

E alla sua vita che le sembra evanescente, inconsistente.

Di fantastico c’è… tutto. Quel surreale che ho detto, alla fine irromperà prepotentemente, per arrivare ad un totale non-sense.

E, lei, aspetterà, in cucina, un cavallo fuggito da "Nightmare", di Fuseli.


-"Il mago" (pagg. 37-54)-anche questo piuttosto surreale, racconta di un mago, appunto, a cui piace raccontare storie.

E che racconta quella della strega Mirella, "… dagli occhi di giada…" (pag. 37), fuggita da casa a diciassette anni, ed andata a vivere con lui.

La struttura è circolare, per cui ciò che si racconta va, mano a mano, a confluire con quanto si era capito, a dare, di volta in volta, un significato più pieno.

La prosa poetica dell’autore, qui, raggiunge davvero ottimi livelli.


-"Al gatto piace Bruckner" (originariamente apparso, ma qui riscritto, in "Un breve brivido", op. cit. e, col titolo di "Sherlock Holmes e il fantasma di Novellara", in "Novellara di delitti e fantasmi", a cura di Ivanna Rossi e Sandro Scansani, ed. Diabasis, ‘97; pagg. 55-64)-in una chiesa, mentre si stà celebrando la messa di Natale, suonando l’Alleluia di Haendel, irrompe una masnada di "Gran brutti ceffi, lerci e guerci… (uno che) portava al guinzaglio la bellissima Elmira… completamente nuda (tranne) un fitto, lussureggiante tatuaggio (sul quale è) crittografato il nascondiglio del tesoro." (pagg. 56-58).

I buoni cristiani svengono, o fuggono.

Poi la scena è lasciata, si passa ad uno "… ancora sconvolto…" (pag. 62) da ciò, che è turbato… metaforicamente: "Come se dal passato.. dovesse ghermirlo un orrore…" (idem), che verrà poi sbranato da una tigre, che sarà, però il suo gatto.

A cui, evidentemente, non piace Haendel, ma Bruckner.


-"Via da Rikki-Tikki-Tavi" (originariamente in "Nero italiano", a cura di M. Moscati, ed. Mondadori, ’90; pagg. 65-90)-racconto di un travestito tossicodipendente e di un nano che si vendica dell’assassinio di un suo parente, ha in un lucubre traffico di cadaveri da parte di viados il suo unico elemento orrorifico.


-"Dracula come dadà" (originariamente apparso in "D’ars", ‘91, col titolo di "Un dadà lievemente micidiale"; pagg. 91-103)-che parte come un saggio sullo scrivere, che dice di come, lo scrivere, sia un pò come uccidere, e, da ciò, va a raccontare di uno che scriveva in scrittura automatica, e di come si poi diventato un vampiro. Diventando così, un racconto.

Con una nota esplicativa finale che ne è la parte più fantastica.


Racconti, come ho detto, forse un pò troppo sofisticati, di difficile lettura, che lasciano un pò insoddisfatti per il loro essere criptici, e spesso infarciti di citazioni che difficilmente si conoscono.

In più è stampato in un formato (102 x 70) che la rende, la lettura, ancora più ardua.






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