La favola di un sogno
di Romano Battaglia, "I libri di Romano Battaglia", ed. Rizzoli, 2002, 13,00 €, 144 pagg.
Un uomo vive in completa armonia con la natura, ne conosce i segreti che possono dare la guarigione, o anche soltanto l’allegria di un buon sogno.
Ed è amato da tutto il paese vicino al quale, solitario, vive.
Un giorno andrà da lui una ragazza malata di una malattia molto grave che la stà portando alla morte, per la quale la medicina ufficiale nulla può. E lui se ne innamora.
Il fantastico, in questo racconto, è in gran parte dovuto al sogno, che è giustamente visto come un tramite fra il conscio e l’inconscio, la parte nascosta di noi che ci tiene in contatto col Mondo, con la quale altrimenti non siamo ormai più in contatto: "… l’aura vitale che avvolge tutte le creature viventi dell’universo." (pag. 69).
Sogno che, per il protagonista, diventa qualcosa di più, proprio per il suo non essere distaccato, dalla natura; quasi delle visioni mistiche, in una delle quali parlerà con Alce Nero. Che gli dirà l’erba che potrà guarire la sua amata.
Quando poi lei lo sarà, lui, per adempiere alla promessa fatta per ottenere quella conoscenza, diventerà lui stesso un albero.
Vi si dice, dunque, di quanto la società occidentale si sia allontana decisamente troppo, dalla natura, per la quale è diventata addirittura un nemico: "L’umanità è gravemente ammalata di egoismo e potere. L’uomo crede di aver raggiunto l’apice della conoscenza, di essere il padrone e il controllore supremo dei fenomeni più inspiegabili della natura e dell’universo." (pag. 75).
Non vive più in armonia con essa, come dovrebbe essere, abbatte intere foreste senza essere minimamente consapevole del dolore che porta, alle piante, del male che fa: "L’umanità è gravemente malata di egoismo e di sete di potere. Vede con occhi offuscati soltanto ombre. Le voci che ascolta non sono altro che l’eco di una realtà distorta." (pag. 104).
Il Mondo per come lo percepiamo, attraverso la cosidettà civiltà, ci arriva ormai irriconoscibile, da ciò che è. Il mondo nel quale vive il protagonista è un "… mondo dove esistevano ancora sentimenti profondi e dove era possibile apprezzare i valori della vita che la modernità ha cancellato." (pag. 59). Nel quale vivono "… persone semplici, più vicine alla realtà di tante altre che condannano tutto e tutti perché credono di poter conquistare il mondo." (pag. 74).
Il mito dell’Uomo come al di sopra della natura, di cristiana origine, dunque, come virus che ha infettato l’umanità.
E la difficoltà di poter non "diventare adulti", per quanto il mondo moderno impone essere, dovendosi, in un certo qual senso, lasciare indietro le stupidaggini di quando ancora si era, in contatto con la natura: "Vivere di stupore è scoprire nuove possibilità di vita e rimanere sempre giovani. La tristezza sopraggiunge quando non riusciamo più a meravigliarci di niente." (pag. 77).
Il protagonista è dunque quasi un eroe nietzchiano che, solo ("… non poteva essere altro che un solitario, diverso dagli altri…" (pag. 124)), combatte contro una società meschina, nella quale basta un niente perché i sentimenti di ieri siano oggi il loro opposto. E si possa venir crocifissi solamente perché la si pensa troppo differentemente da… come la si pensa.
E, quella ragazza gravemente malata, che guarisce attingendo direttamente dalla natura, dopo esserne entrata in rapporto diretto parlando con gli alberi della foresta, è evidentemente il simbolo di come anche la società, gravemente malata di egoismo e di potere, possa guarire, se si incammnasse verso un rapporto migliore, con essa.
Altri contributi critici: "Battaglia, favola nella montagna incantata", di Giorgio De Rienzo, "Corriere della sera" del 9/6/2002
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