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Tra cielo e terra


di Davide Camparsi, "Memorie dal futuro" n. 7, ed. Wildboar, 2017, 10,00 €, 136 pagg.


Come saprete, questa collana raccoglie antologie personali di autori che abbiano vinto una qualche edizione del Trofeo RiLL.

Quest’anno è stato scelto Davide Camparsi, che, come vedrete, ne ha vinte bel due, e quest’anno è arrivato 2°.

E che è davvero un ottimo acquisto, per il genere fantastico del nostro paese.

Ha, infatti, una scrittura molto buona, direi ottima, nella quale riversa molta poesia.

E sembrerebbe avere molte cosa da dire, spesso di uno spessore non comune.

Ma andiamo a vedere i racconti.


-"L'uomo che apriva porte su altrove" (pagg. 9-19)-fantastico, è un "racconto nel racconto"; il protagonista, infatti, vi ascolta il racconto di un suo amico sul ragazzo ritratto in una foto che gli aveva sempre visto addosso, ma della quale non aveva osato chiedere più nulla dopo la risposta disastrosa della prima volta che l’aveva fatto.

Di come, quegli, aprisse, appunto, porte su altrove; mondi del mito pensati solamente immaginari, ma nei quali andava a stare.

E di come l’avesse seguito, quando aveva capito che li vedeva anche lui.

Fino a sentirgli raccontare che, là dove sono loro, vi era appunto giunto attraverso una di queste porte, e di come quell’amico numinoso fosse poi andato in un qualche altro mondo senza di lui, rimasto ammaliato dal fascino di una femmina.

Il finale, vede il racconto ripiombare nel presente, l’amico parlottare con… qualcuno, fargli un cenno, andarsene… aprire una porta… tenendosi per mano.

E capisce, e corre; vuole andare anche lui.


-"Quando gli animali parlavano" (pagg. 20-31)-di cui ho trattato parlando di "Davanti allo specchio e altri racconti".


-"Non di solo pane" (pagg. 32-42)-di cui ho trattato parlando di "Non di solo pane e altri racconti".


-"I loro modi" (pagg. 43-46; precedentemente in "Halloween all’italiana 2015", ed. LetteraturaHorror.it, 2015)-horror, ambientato ad Halloween.

Una famiglia attorno ad una tavola imbandita, e un figlio che freme per poter uscire a fare "dolcetto o scherzetto".

Gli hanno detto che i morti hanno "i loro modi", che bisogna, quando vengono a visitarci, non rompere nulla, nemmeno il silenzio.

Ma lui, per un imprevisto, ha un movimento improvviso, e rompe un bicchiere.

E, quei nonni che fino ad allora erano sembrati quasi vivi, non lo sembreranno più, e si avventeranno, famelici, sui suoi genitori.


-"Rosso" (pagg. 47-58)-ottimo, è un horror… favolistico.

Diviso nettamente in due parti, nella prima vediamo un lupo, che sappiamo essere un uomo, lupo, a caccia; percepiamo il suo piacere, nel cacciare, e nell’affondare gli artigli nelle sue prede.

Prima una cerva, poi delle pecore (poco soddisfacente), ma, alla fine, due umane, una vecchia, e, soprattutto, una giovane.

Davvero molto ben riuscita la descrizione delle sensazioni, delle emozioni.

La seconda, vede invece il suo risveglio in un uomo.

E, tutta quell’animalità di cui era intrisa la prima, a mano a mano si dilegua, e affiora, appunto, l’umanità.

Anche qui, molto buone le descrizioni di emozioni e sentimenti.

Dicevo, " e favolistico"; la giovane aveva un mantello, divenuto rosso del suo sangue.

E la vecchia, la nonna…: "… avrebbero preso il terrore dal profondo del bosco e l’avrebbero seminato nelle orecchie dei propri figli.". La favola di Cappuccetto Rosso e il lupo.


-"Perché nulla vada perduto" (pagg. 59-69)-di cui ho trattato parlando di "Perché nulla vada perduto e altri racconti".


-"La pecora perduta" (già in "Ma gli androidi mangiano spaghetti elettrici?", ed. Della vigna, 2015; pagg. 70-80)-sf, dall’idea alquanto originale; in un futuro prossimo, all’insufficienza delle scorte alimentari del pianeta si trova rimedio coltivando insetti geneticamente modificati.

Il protagonista è un pastore, di questi insetti, e porta una sciame, di essi, a pascolare, guidandoli con la voce, anch’egli modificato geneticamente.

Ma, un giorno, deciderà di sacrificare il suo sciame per salvare un bambino intrappolato in una casa in fiamme, e da allora comincerà, per lui, un declino fatto di terribili sofferenze.

Quando avrà perso sia moglie che figlio, però, avrà un moto di ribellione, e porterà un suo sciame da quei padroni, a cui apparteneva come gli sciami, come le mucche; e li farà divorare, da esso.


-"Ramo dopo ramo" (pagg. 81-92)-fantastico, racconta, solamente, di una sorella che vive un’avventura rischiosa per aiutare il suo fratellino.

Ha lanciato il suo pupazzo, che è andato a finire nello stagno che la nonna tante volte gli ha detto essere pericoloso, e, riflesso nelle sue acque, il fratellino le è sembrato… qualcos’altro.

Questo ragazzo-specchio diventerà un’entità autonoma, che le chiederà uno scambio, il pupazzo per il fratellino.

E lei si arrampicherà su un albero sui rami più alti del quale, anche se era andato a sprofondarsi nello stagno, stà il pupazzo.

Sarà un’arrampicata… simbolica.

Capirà, infatti, che il senso della vita, poi, in fondo, stà esattamente nell’andare avanti, ramo dopo ramo, per quanto si sappia ciò essere pericoloso.

Lo raggiungerà, il pupazzo, che, come per magia, tornerà a stare nello stagno.

Il ragazzo-specchio lo terrà, e non infastidirà il fratellino.

Una sorta di mito di Sisifo, quindi, rivisitato in una chiave più soft, più ottimistica.


-"È tutto così fragile" (pagg. 93-104)-fantastico, è sulla falsariga di quei racconti di luoghi misteriosi, e pericolosi, che abbondano nella nostra letteratura.

Qui, è uno strano rigattiere, in riva al mare, con oggetti spesso ben oltre ogni utilizzabilità, nel quale si intrufolano due adolescenti, un ragazzo e una ragazza.

Sorpresi là dal ritorno del proprietario, fuggono, ma lui riesce ad afferrare al volo un oggetto, che sarà una vecchia Polaroid.

Che sarà, inevitabilmente, magica; gli scatti che vi faranno, infatti, non mostreranno loro là ed in quel momento, ma… in un futuro.

Sempre più lontano.

Saranno assieme, avranno una figlia, lui subirà un brutto incidente, ma sopravviverà, per poi, però, ritrovarsi intubato in un letto d’ospedale.

La cosa all’inizio li entusiasma, ma, poi, li spaventa.

Ciò che, da tutto ciò, ricavano, è un sentimento di fragilità, del tutto; ogni cosa può cambiare radicalmente per un nonnulla.


-"La chiave di Keats" (pagg. 105-124)-cyberpunk, vede un uomo immerso in un Gioco di Realtà Virtuali che, arrivato a trovarvi l’Anima Gemella, varca un’altra Porta, del Gioco, e… si ritrova nel mondo vero.

Là troverà il corpo di quella donna, la sveglierà, e le chiederà, come gli aveva chiesto un bambino, nel Gioco, di… restare per lui.

Lei non lo farà, e lui si immergerà, questa volta, nel mare, a morirne.

Ma, come aveva capito, la vita stessa è un grande gioco, fatto di infiniti livelli.

E si risveglierà al cospetto di un Dio, che, molto dickianamente, mordendo una mela appena maturata, la troverà "buonissima".


Il volume è completato da "L'arabesco fantastico", di Alberto Panicucci (pagg. 7-8), e "Il mio nome è Davide Camparsi e queste sono le mie storie", di intervista all’autore, di Alberto Panicucci (pagg. 125-130).


Abbiamo dunque visto, come avevo premesso, che, sempre (e questo è davvero notevole) la scrittura del Camparsi è davvero ottima, poetica, e con buone idee piuttosto innovative.

Mi sono reso conto che, a volte, dal commento che ne faccio, i racconti non sembrano affatto quello che in realtà sono; ma la capacità affabulatoria dell’autore, come ho detto, è davvero notevole, e li rende davvero molto gradevoli.

Vedremo, quindi, se saprà regalarci altre opere capaci di solleticare piacevolmente le nostre menti.






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