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U.K. Le Guin & A.C. Clarke (articolo)


di Richard D. Erlich


Per comprendere meglio Ursula K. Le Guin e Arthur C. Clarke è opportuno calarci nel contesto di una filosofia molto antica ma che a utilmente esposta in due allegorie anti-Comuniste di Robert A. Heinlein. Nel suo Starship Troopers (1959), l'eroe, Juan Rico, ci rivela che un'etica appropriata poggia su una visione corretta della natura umana, della natura dell'universo, e del posto dell'Uomo nell'universo. Nel provare che sia la guerra che la perfetta morale "derivano dalla stessa eredità genetica," Rico sostiene che

Tutte le guerre sorgono a causa della pressione demografica ... La morale - tutte le corrette regole morali - derivano dall'istinto di sopravvivenza; il comportamento morale è il comportamento che porta alla sopravvivenza al di sopra del livello individuale... ogni specie (breed) che blocca il proprio incremento viene accerchiata da specie che si espandono. (Se l'umanità non riesce ad espandersi e diventa pacifica, il nemico), i Ragni arrivano, fanno fuori quella specie che "ha posto fine alla guerra" e l'universo si dimentica di noi... O noi ci espandiamo e spazziamo via i Ragni, oppure loro si espandono e spazzano via noi... L'Uomo è quel che è, un animale selvaggio con la volontà di sopravvivere e (finora) l'abilita di farlo, contro tutti gli avversari ... La corretta morale deriva dal sapere cosa un Uomo è, non cosa delle nonnine benintenzionate ma ingenue vorrebbero che fosse.

Se l'universo è fondamentalmente ostile e gerarchico, e se la sopravvivenza e lo status sono determinati dai principi di un darwinismo sociale, allora la conclusione di Rico è probabilmente corretta. In una precedente formulazione di Heinlein, "se l'Uomo vuole essere un capobranco (top dog) - o almeno un vicino che si fa rispettare - dovrà combattere per questo. Tramutate i vomeri di nuovo in spade; tutto il resto a la fantasia di una zia zitella" (Puppet Masters 174, cap. 34; vedi Isaia 2, 2-4: "…et conflaburit gladios suos in vomeres, et lanceas suas in falces ... ").

Dalle storie di Buck Rogers di Philip Frances Nowlan fine alle storie paranoiche degli anni '50 (e oltre), è evidente che fin troppa Sf ha celebrato l’ordine e disciplina" devota a un'élite che guida i Nostri Ragazzi alla conquista dell'universo e all'allegro massacro di qualche alieno Loro. In un simile contesto, Le Guin e Clarke sembrano molto simili: accomunati nel progetto di fare seria Sf d'arte e nella condanna dell'ideale rambesco per cui l'unico alieno buono è un alieno morto. Gli Overlords alieni di Clarke in Childhood's End (1953) possono letteralmente assomigliare al diavolo (68, cap. 6), ma si rivelano piuttosto gli "angeli custodi" dell'umanità (v. Goldman 204). E City of Illusions (1967) di Le Guin è speculare a delle storie di Buck Rogers in cui però la norma è quella del Saggio ed Eroe Taoista, non quella del Macho Guerriero.

Clarke, nelle sue opere migliori, e sempre Le Guin sono seriamente impegnati colle domande fondamentali sulla natura umana e la condizione umana in un universo in cui il Dio della Tradizione Occidentale è visibilmente assente. Tutti e due gli autori sono politicamente "progressisti", Clarke in mite senso colloquiale, Le Guin in un senso che è ironico - e migliore (v. Slusser Le Guin 3-4, 20). Clarke e Le Guin sostengono attivamente la pace e la "famiglia globale" - una che limita la propria discendenza; lungi dal celebrare i machos in armi, sostengono che "le armi sono le stampelle dell'impotente", che "la forza è l'arma del debole" (Clarke 1984: Spring 13, 47, 56; Le Guin Eye of the Heron (1978) 14, cap. 1).

Le similitudini fra i due autori si estende anche alla loro arte: entrambi sono naturalmente interessati alle origini e ai viaggi circolari dai centri ai confini e ritorno; alla telepatia; alla Città, alle citta-Giardino, e alle stelle; ai numeri ricchi di significati; alle immagini del mare e del Potenziale: la Pietra Informe dei Taoisti, l'immagine archetipa del Bambino. Altri interessi comuni sono evidenti per uno studioso della Le Guin in un libro che non la menziona mai: la rapida e concentrata rassegna dell'opera di Clarke in Against the Night, the Stars (1983), uno studio che evidenzia l'interesse di Clarke per motivi "LeGuiniani" come il Tempo, l'evoluzione, l'affinità (kinship), la divinità (godhead), la morte, l'individualità, l'interezza, il cambiamento, la stasi, la ragione, l'intuizione, il mito, la maturità, il buio, e la luce. E, sulla maggior parte delle materie di mutuo interesse, Clarke e Le Guin sono d'accordo.

Che ci possano essere delle divergenze di opinione, tuttavia, lo si può ricavare da un commento di Le Guin riportato in un'intervista del 1974: "Voglio andare avanti come Kropotkin, e iniettare a questa generazione un gentile antidoto a tutta quella spazzatura" in cui "spazzatura" si riferiva al "moderno Darwinismo sociale come è rappresentato nel film 2001 e nei libri di Robert Ardrey" (1).

Non sorprende che Le Guin si opponga al Darwinismo sociale in generale e alla forma di Ardrey in particolare; però è significativo che lei includa nella spazzatura anche l'uso che viene fatto di Ardrey in 2001.

Sia nel film che nel romanzo, 2001: A Space Odyssey (1968) usa l'idea della "transizione predatoria dalla Scimmia all'Uomo, e Clarke ha affermato esplicitamente che noi umani possediamo "istinti aggressivi" che ci rendono "predatori carnivori - i più pericolosi che questo mondo abbia mai visto" (Report on the Planet Three 102, 137); ma anche gli umani di Le Guin non sono affatto "primitivi inoffensivi e amanti della pace" (The Word for World is Forest 63. cap. 3) (2), e lei è ben felice di usare la territorialità degli uccelli in The Dispossessed (1974) (166. cap. 7) e "The New Atlantis" (1975), ed altra etologia "Neo-illuministica" nel romanzo The Word for World is Forest (1972) e nel suo saggio "Is Gender Necessary?" (1976 (166-679). Infatti, forse anche più di Clarke, ella vede "la natura umana come aggressiva ed autoritaria" (Sith p. 86); e per Le Guin l'aggressione è un problema in ciò che viene enfaticamente chiamata "la natura umana": se un'astrazione così vasta può esistere, la sua parte aggressiva è condivisa da entrambi i sessi. Entrambi i sessi tra gli Athsheani combattono i Terrani (The Word for World is Forest). Gli androgini Getheniani di The Left Hand of Darkness (1969) sono certamente capaci di "assassini, faide... attentati, torture e atrocità" (48. cap. 5; v. anche 96. cap. 7); e, durante il tempo coperto dall'azione di The Left Hand of Darkness, i Getheniani vanno molto vicini ad avere una guerra. (vedi Le Guin "Gender" 164-65).

Le Guin attacca 2001 perché il film mette in evidenza l'ostilità fra il gruppo di uomini scimmia di Moon -Watcher e gli Altri (vicini territoriali dal punto di vista degli uomini scimmia); mentre né il film né il romanzo sottolineano l'aiuto reciproco necessario alle specie sociali per sopravvivere. La centralità della cooperazione per l'idea anarchica di Le Guin della "legge dell'evoluzione" (The Dispossessed 177. cap. 7: v. Smith 81-84).

Ma c'è, credo, un'altra ragione per cui Le Guin odia 2001 sia come romanzo che come film. Il Rico di Heinlein ha ragione quando ci dice che "la corretta morale nasce dal conoscere cosa l'Uomo è" - e sul posto della nostra specie (species) nell'universo, e sulla natura di tale universo. E qui, credo, possiamo trovare nuovi significati in due clichés critici si Clarke e Le Guin: che nella ricerca della realtà vera delle cose, Clarke tende a favorire la trascendenza. e Le Guin l'immanenza (3).

Per quanto Clarke ci abbia fatto tramutare le nostre spade in vomeri e le nostre lance in falci ed uscire ad esplorare pacificamente il mare e lo spazio, la maggior parte dei suoi assunti di base sono compatibili, con grande mutamento di valori, con le possibilità Heinleiniane che lui deplora. Nell'universo di Clarke c'è la speranza di esaudire i. nostri "desideri immortali" trascendendo la nostra umanità - e l'espressione "capo-branco" ha ancora senso. Anche se più realista e pessimista di Clarke riguardo alle tendenze umane alla violenza, Le Guin ha delle convinzioni sulla natura umana e sulla condizione umana nell'universo che lasciano grandi possibilità almeno per l'eliminazione dei massacri, se non proprio una perfetta pace Messianica.

Consideriamo alcuni parallelismi e contrasti abbastanza ovvi. In The City and the Stars (1956) di Clarke, l'umanità deve (per realizzare se stessa e riconquistare la maturità) non solo riunire la Città automatizzata di Diaspar con le città del mondo Giardino di Lys ma anche ritornare alle stelle. L'eroe del libro matura abbastanza per capire che il popolo della Città deve riammettere la Morte nel loro mondo - utero New Jerusalem. ma parte di questa nuova saggezza deriva dagli incontri col Computer Centrale di Diaspar e con Vanamonde, una creatura di puro pensiero (vedi Dunn e Erlich "Environmental Concerns" p. 205-07). Nel romanzo della Le Guin Always Coming Home il protagonista popolo Kesh delle città della valle di Na rifiuta non solo la Via dei guerrieri della Città dell'Uomo, teisti, gerarchici (e sessisti) ma anche quasi tutto del potere della Città delle Macchine - una Città "computer" che si estende oltre il sistema solare; i Kesh cantano le lodi delle stelle insieme a quelle del resto dell'universo, ma per la maggior parte rimangono nella loro vallata, e non lasciano mai la Terra. Notare anche il climax di 2001 di Clarke, dove il comandante dell'astronave David Bowman uccide il computer HAL 9000 e si sottopone al suo viaggio verse la stella doppia degli Extraterrestri, da cui ritorna sulla Terra trasfigurato in un dio. Nel climax di The Word for World is Forest di Le Guin, l'umano non-terrestre Selver si rifiuta di uccidere il Capitano terrestre Don Davidson e ritorna a casa, dove cessa di essere un "dio".

Analogamente, il George Orr di The Lathe of Heaven (1971) di Le Guin desidera soltanto disfarsi del suo potere divino di creare, sognandoli, nuovi mondi e vuole riguadagnare la più o meno normale umanità, cosa che alla fine del romanzo ottiene; nella conclusione di Childhod's End di Clarke, i bambini della terra vengono fatti fondere insieme da una forza cosmica, formando un'inumana mente collettiva. Questa perdita. Comunque, è più che compensata dal loro balzo verso le stelle, unendosi alla Overmind e raggiungendo così un'alta posizione nella "gerarchia dell'universo" (183. cap. 20).

Nella sua Sf "hard" e nella parte del suo approccio al misticismo, Clarke rappresenta qualcosa del meglio della tradizione dell'Occidente Ebraico-Cristiano-Razionalista" (The Lathe of Heaven 82, cap. 6). che egli tempera con alcuni dei materiali più mistici dell'Oriente - come è doveroso per uno che vive in Sri Lanka dal 1956.

Le Guin vive a Portland. Oregon. ma nelle sue opere la Realtà Ultima è immanente (interiore. non "La Fuori" e al di là dell'universo) e spesso è abbastanza esplicitamente il Tao, la Via nominabile: l'Essere che nasce dal, non-essere, lo Zero-e-Uno che genera l’Uno-e-Due diYing-Yang.che a sua volta le 10.000 cose create - l'universo (4).

I

Le Guin ha detto che "il tema centrale, coerente" della sua opera è il "Matrimonio", e David L. Porter ha giustamente notato che Le Guin è partita da posizioni con qualcosa di esistenzialista (Le Guin The Language of the Night 143; Porter 243) (5). Nella misura in cui Le Guin è un'esistenzialista atea, una relazione significativa, "il Matrimonio", è un problema: "Come ha detto Jean-Paul Sartre nella sua amabile maniera, 'l'inferno sono gli altri" (Le Guin "A trip to the Head" 160) (6). D'altra parte, nella misura in cui Le Guin è una Taoista filosofica, per quanto "incoerente", ella deve affermare la desiderabilità del wu wei: inazione, "azione attraverso la quiete", probabilmente intendendo di non intraprendere nessuna azione volontaristica, nessuna azione che va contro la Natura, contro la Via - nessuna azione davvero emozionante (Le Guin The Language of the Night 41) (7).

Come può esserci un "Matrimonio" o persino solo un contatto, con il sempre-alieno Altro? Come, in un mondo esistenzialista, può la pelle essere altro che un muro impenetrabile? (8). Come possono esserci azioni davvero significative, azioni che portano ad un vero cambiamento – o a una trama - in un mondo Taoista?

Effettivamente, Le Guin è più in disaccordo che in accordo con l'opera di Sartre e si trova più a suo agio col "pre-Mosaico" Martin Buber di Ich und Du (1923). Sartre viene parodiato in A Trip to the Head (1970), e il titolo di Buber viene citato con approvazione in The Left Hand of Darkness (259, cap. 18) (9). Le Guin non permetterà un mondo senza "Matrimonio", e Buber ha mostrato la via: "In-Esso" può essere la relazione umana usuale, ma "Io-Tu", per quanto raro, è sempre possibile. In Buber, comunque, la relazione umana "Io-Tu" è mediata da Dio, l'eterno Tu, e Le Guin ha bandito un Dio trascendente dai mondi di quasi tutte le sue storie: nell'epigrafe a A Wizard of Earthsea (1968), il volo del falco è splendente "su nel cielo vuoto" (10). Così potrebbe anche darsi che ogni "uomo sia un'isola, completa in sé stessa". C'è, però, una via d'uscita, anche accettando l'analogia dell'isola e un universo senza Dio.

"Immagina che la mente di ognuno sia un'isola, circondata dall'oceano" - come l'Overlord Rashaverak chiede a George Greggson di fare, significativamente, in Childhood's End di Clarke. "Ogni (isola) sembra isolata, ma in realtà tutte sono collegate dal plateau da cui sorgono. Se l'oceano dovesse sparire, sarebbe la fine delle isole. Sarebbero tutte parti di un unico continente, ma la loro individualità cesserebbe" (176, cap. 18) (11). Le Guin mantiene l'oceano e insiste sull'individualità umana, ma è ben consapevole del "plateau'; l'Essere. Tutte le cose esistenti partecipano all'Essere, e gli esseri umani possono, con la fortuna e l’atteggiamento giusto e con ciò che potremmo chiamare non-sforzo (uneffort), ritornare alle nostre radici e toccare l'Essere - brevemente, momentaneamente. In quell'istante possiamo sentire la realtà delle cose e conoscere il nostro posto in quella Realtà, e in quel momento provare l'esperienza della relazione Io-Tu e vedere l'Altro nella sua interezza (Le Guin The Left Hand of Darkness 248-49, 252-55; cap. 18) (12). Il potenziale per questi momenti interessa tutta la comunità umana e può andare persino oltre la normale comunità umana. In "The New Atlantis", quel che Kathleen Spencer descrive come la "comunicazione fantasmatica e simile ad un sogno" con gli atlantani (p. 37) avviene, molto suggestivamente, mentre "la musica (dell'eroina) scendeva giù nel mare buio e risuonava nella tenebra sull'abisso" (p. 89); la sua musica mette momentaneamente gli ascoltatori in contatto col "mare buio" - e l'Essere, se non vado errato - dando così questo suggestivo esempio di contatto con un Altro radicalmente differente.

La possibilità di toccare l’Essere immanente permette anche un'azione veramente significativa, un'azione che provoca un mutamento radicale, letteralmente dalle radici o, per cambiare l'immagine, un mutamento nascente dall'Essere, il mare della Potenzialità (13). Colui che può toccare l'Essere può riuscire a ritornare alla vita di tutti i giorni con qualcosa di completamente nuovo e dare origine a grandi mutamenti: un eroe culturale, un salvatore, un dio. Non c'è niente di soprannaturale in questo processo, comunque, e gli eroi culturali di Le Guin, nonostante i loro straordinari successi, possono per altri versi essere piuttosto ordinari. L'ingresso per l'Essere è la mente umana, e quasi ogni essere umano ha le potenzialità per compiere il viaggio. Quando il dr. Haber, l'antagonista in The Lathe of Heaven, dice che la gente nel suo nuovo e ardito mondo "saranno come dèi", Orr risponde per conto di Le Guin dicendo che noi "lo siamo già" (145, cap. 9). Certamente, Orr è come un dio: l'azione inattiva dei suoi sogni cambia nientemeno che tutta la realtà della Terra.

Quando Orr finalmente sconfigge Haber, Haber lo chiama "una medusa morale" (143 cap. 9); ma l'ambiguità di questa espressione adombra il nostro insegnamento per cui Orr è più simile alle tartarughe marine del suo ultimo sogno: animali con una "spina dorsale", un carattere, che nuotano nel (e con) il mare. Orr usa la sua volontà e la sua mente conscia per sconfiggere Haber, ma anche questa forza gli deriva dalla sua consapevolezza di "danzare tra tutte le altre onde nell'oceano dell'essere" (170 cap. 11). Nei mondi da lui creati, la mente umana - specialmente la mente inconscia, sognante - può prendere contatto con gli altri, e determinare mutamenti davvero spettacolari (14).

II

Due dei mondi arborei di Le Guin Dei primi anni '70 si concentrano sui problemi del contatto umano e dell'azione. "Vaster than Empires and More Slow" (1971) è quasi una prova rigorosa dell'efficacia del contatto con L’Essere per raggiungere il "tocco", la relazione con l'Altro (15). Il problema del vero cambiamento è centrale per la discussione critica su The Word for World is Forest, dove il cambiamento che possiamo vedere è la conversione di un popolo nonviolento in uno capace di commettere massacri.

La "foresta" dell'essere in "Vaster than Empires and More Slow" (p. 198) è sia l'ambiente sia un personaggio della storia; il problema del tocco si pone primariamente con i personaggi umani della storia. Per un verso, sono tutti degli "spostati" e degli "idioti" (p. 167). Per un altro verso il protagonista maschile è un empatico che ha, alla lettera, la "pelle sottile": Osden, ci viene detto, "sembrava scorticato", la sua pelle "innaturalmente bianca e sottile" (p. 170). Avendo superato l'autismo, il suo problema non è la barriera della pelle, ma il rispondere troppo acutamente ai sentimenti degli altri, che inevitabilmente includono "la normale reazione difensiva-aggressiva all'incontro con estranei'' (p. 169). Il resto del problema è che la foresta non ha mai avuto in precedenza alcuna esperienza di un Altro e teme gli esploratori umani, una paura che essa comunica agli umani in un circolo vizioso di paura e aggressività che si amplificano a vicenda.

Nel climax della storia, Tomiko, la protagonista femminile, si ritira nel "centro del suo essere" - il suo essere umano - e presto inizia un dialogo con Osden per mezzo di un collega addormentato; è un dialogo amichevole, che ha luogo con una sorta di variazione sul tema della telepatia, che Le Guin chiama mindspeech. Poi c'è il commento del narratore sulla "foresta dell'essere", seguita dal tentativo, riuscito, di Osden di trascendere (aufheben) la paura sua e della foresta (16). Tra gli alberi alla fine della storia, Osden è sia letteralmente sia metaforicamente in contatto (in touch) con la foresta, e il suo toccare "la foresta dell'essere" gli permette un eccezionale contatto con gli altri: "Ascolta, ti auguro ogni bene", dice - e rimane sul pianeta come "colono", in legame empatico col suo mondo (The Wind's Twelve Quarters 197-99).

Che la conclusione di The Word for World is Forest sia più triste di quella di "Vaster than Empires and more Slow" la dice lunga sul pessimismo della storia. Le Guin era fuori dagli USA quando scrisse la storia e protestava contro la guerra americana in Indocina nel modo, tipico dei profeti di Israele, di produrre una mashal: "una similitudine; ... 'rampogna', o 'satira'.

Qualunque sia la traduzione, la 'similitudine' in questione è o l'analogo, opportunamente raccontato, di una esperienza provata in precedenza, o e la quasi-magica, prefigurazione verbale della realtà nella forma, nel bene e nel male, in cui il narratore vorrebbe viverla" (Rabinowitz p. 320).

The Word for World is Forest è, in parte, una mashal della guerra in Indocina nei primi anni '70. E anche l'analogo, opportunamente raccontato di una lunga serie di incontri fra un popolo sofisticato nel campo della tecnologia e dell'organizzazione politica della violenza (popolo civilizzato) e un popolo con di gran lunga meno mezzi per uccidere ("primitivi"), compreso l'incontro fra Bianchi e Amerindi in California studiati da A.L. Kroeber e portati nella letteratura da Teodora Kroeber (i genitori di Le Guin). Nel territorio fisico e psicologico di "Terra di Frontiera", noi incontriamo gli Altri e "la normale reazione difensiva-aggressiva all'incontro con estranei" può diventare molto sanguinosa.

The Word for World is Forest è anche parte della risposta di Le Guin a Ardrey e 2001 e "tutta quella specie di spazzatura", e una parte cruciale delle sue considerazioni sulle aggressioni e i massacri, che includono The Left Hand of Darkness, The Dispossessed, The Eye of the Heron e Always Coming Home.

In The Word for World is Forest, Le Guin pone una domanda centrale: Date le propensioni umane alla competizione e all'aggressione, come possiamo mantenere la gente nella pace? O, per presentare la cosa in maniera differente, cosa c'è nelle varie culture umane che fa tramutare i conflitti, inevitabili e spesso abbastanza utili, in violenza e guerra? C'è qualcosa nelle culture umane che può rendere la guerra improbabile se non impossibile?

Athshe (New Tahiti per i Terrani) è come l'Earthsea della sua trilogia di Heroic Fantasy (1969-1972), ma una Earthsea dove il Bosco Immanente si è diffuso sulle terre di un intero pianeta per formare un simbolo globale del Yin-Yang e un correlativo oggettivo per l'equilibrio Athsheano di tempo-mondo conscio e tempo-sogno: "Oceano: foresta. Questa era la tua scelta su New Tahiti. Acqua e luce del sole, oppure oscurità e foglie" (p.7 cap. 1) (17). In questo mondo arboreo arrivano le forze coloniali militarizzate dei Terrani, guidati significativamente da un vietnamita e comprendenti il punto di vista macho della storia, il Capitano Don Davidson: un "eurafro" da Cleveland, che sostiene: "Il sangue non è acqua, dopo tutto. Non si può essere pienamente umano senza avere nelle tue vene un po' di sangue dalla Culla dell'Uomo" (p. 142, cap. 7; vedi anche le pp. 78-79 e 151).

Gli attori cambiano, dice implicitamente Le Guin, ma il copione dei massacri è sempre lo stesso. I Terrani, gerarchici, voraci, iperattivi, vedono la Foresta e pensano per prima cosa al suo uso: legname, una merce che letteralmente "sulla Terra vale più dell'oro"(p. 7). Davidson, comunque, non e semplicemente un quarantanovenne del futuro ma anche un idealista con una missione e una filosofia. Gli piace "vedere le cose in prospettiva, dall'alto in basso, e l'alto, finora, sono gli umani" (p. 5). Così Davidson sarà il conquistador e raddrizzerà il pianeta finchè non sia un mondo sicuro per il modo di vita dei Terrani, per la civiltà (pp. 3-4, p. 12), un progetto che probabilmente comporta lo sterminio degli Athsheani, "omini verdi" che Davidson vede come alieni e nonumani. Inconsapevole della contraddizione, crede che gli Athsheani sono "nonaggressivi intraspecie" (il che per lui significa "papere sedute") e che "Il fatto è che un uomo è veramente e interamente un uomo solo quando ha appena posseduto una donna o ha appena ucciso un altro uomo" - il che include lo stupro/assassinio di una donna Athsheana (la moglie dell'eroe Athsheano) e l'uccisione di Athsheani di entrambi i sessi (p. 19 cap. 1; p. 81 cap. 4) (18). Gli Athsheani occasionalmente si interrogano sull'umanità dei Terrani, ma di solito la ammettono, e il loro eroe, Selyer, insiste su di essa. È cruciale per la loro sopravvivenza che essi diventino aggressivi intraspecie nel senso di una volontà cosciente di commettere massacri contro i Terrani. È una svolta fondamentale, e una domanda fondamentale è come possa accadere.

Una possibilità (sottolineata da Robert Reilly e altri) viene dall'antropologo Lybov, il terzo punto di vista di The Word for World is Forest e l'ultimo nella trinità di salvatori del libro: gli Athsheani possono semplicemente aver imparato i massacri dai Terrani - più specificatamente, hanno imparato i massacri da Selver, che ha imparato ad uccidere da Davidson (p. 107, cap. 5).

L'interpretazione più positiva delle azioni di Selver è data dal vecchio saggio Coro Mena, ma Coro Mena dice a Selver che Selver ha "fatto ciò che andava fatto (nel primo massacro del libro), e non era giusto. Tu hai ucciso degli uomini" (p. 33-34, cap. 2).

Ordinariamente in Le Guin, l'azione "giusta" è fare ciò che uno deve (must) fare (in qualche specifico contesto di circostanze); nel discorso di Coro Mena Le Guin riconosce la verità della distinzione occidentale tra "Essere" (Is) e "Dover Essere" (Ought) e l'idea conseguente da questa verità che uno può trovarsi a dover fare (have to do) ciò che non è giusto. C'è ancora, comunque, della verità anche nel suggerimento di Coro Mena che, anche se a male, Selver introduce un cambiamento vero e potenzialmente pieno di speranza per il futuro. Selver è "andato oltre", dice Coro Mena "E in fondo, alla fine del sentiero nero, là cresce l'Albero" - colla T maiuscola - "là il frutto matura; ora tu sali, lo raccogli. E il mondo cambia completamente, quando un uomo tiene nella sua mano il frutto di quell'albero, le cui radici sono più profonde della foresta" (p. 48, cap. 2) (19). L'Albero qui è il Mondo-Albero; come Yggdrasil, e le sue radici si innestano sull'Essere (cfr. The Farthest Shore (1972) p. 165, cap. 11.

III

Gli Athsheani, ovviamente, riescono a operare dei cambiamenti nel loro modo di vivere; ciò che è notevole e che un antropologo come Lybov ci metta tanto a capire come lo fanno. "Tempo-sogno" è un termine comune in etnologia, specialmente negli studi sulle religioni dei Aborigeni Australiani, dove il tempo-sogno è meglio documentato, e Le Guin ha usato il tempo-sogno della nostra Terra piuttosto esplicitamente nell'inventare la cultura dei suoi Athsheani (20), forse perfino alludendo alla tendenza in atto tra gli Aborigeni: il movimento dalla trascendenza verso l'immanenza (21).

Nelle antiche religioni dell'Australia, generalmente, solo "ciò che è avvenuto" nel tempo-sogno primordiale - o "Tempo-Sogno", come in Mircea Eliade, con significative maiuscole - "è reale, pieno di significato, esemplare"(Eliade 40; v: Bittner Approaches p. 116); così quando questi popoli operano dei cambiamenti nella loro vita, li riferiscono a e li fondano su azioni eroiche del tempo-sogno - un viaggio che chiunque, in teoria, può fare (Eliade p. 84, 158, 163).

Tuttavia, alcuni degli "specifici poteri magici" necessari per il viaggio sono di solito riservati ai maschi adulti, ed è l'uomo medicina tribale ad essere "l'intermediario per eccellenza", che vive "simultaneamente in due mondi: nel suo mondo tribale presente e nel mondo sacro dell'inizio, quando gli Esseri Primordiali erano presenti e attivi sulla terra .... E poichè può reintegrare secondo i suoi voleri l'epoca favolosa degli inizi, può "sognare" nuovi miti e nuovi riti"(Eliade 156-158).

Nel diventare un "dio", Selver diventa come questi uomini Medicina australiani, anche se differiscono nel punto che per lui su Athshe non ci sono "Esseri Primordiali" da incontrare: la trascendenza ha completamente ceduto il campo all'immanenza (ammesso che gli Athsheani abbiano mai avuto dei trascendenti), e il tempo-sogno Athsheano contiene solo gli archetipi che sono intrinseci alla Realtà Ultima. Selver può anche differire da un onesto uomo medicina Australiano e dagli déi anteriori del suo popolo perché potrebbe anche non importargli nulla l'assassinio dal tempo-sogno. Selver è, in realtà, un "dio" nel senso Athsheano: "uno che provoca cambiamento, un ponte fra le realtà" del sogno e della veglia - con un bisticcio, un traduttore (p. 34-35 cap. 2; p. 100 e 106-107 cap. 5).

Indubbiamente, Selver stà traducendo qualcosa per il suo popolo, ma, come chiede Lybov, "Stava parlando il suo linguaggio o quello del Capitano Davidson?" (p. 107). Selver ha davvero colto il frutto dell'Albero-Mondo, e davvero disceso nel tempo-sogno per portare l'assassinio di massa o è stato "contagiato" con l'omicidio, propagando la malattia sia nel tempo-mondo che nel tempo-sogno della sua gente?

Fortunatamente, per rispondere a queste domande, i cambiamenti introdotti da Selver nella cultura Athsheana sono ben chiariti durante la conferenza fra gli ufficiali coloniali quando cercano di capire come sia potuto accadere che dei Terrani siano stati massacrati da Athsheani (cap. 3).

Selver non insegna agli Athsheani ad uccidere: "Gli Athsheani sono carnivori, cacciano gli animali" (p. 61); più specificatamente, come apprendiamo in più luoghi in The Word for World is Forest, cacciano gli animali collettivamente e usano molte delle armi comuni fra i popoli cacciatori a bassa tecnologia. Inoltre hanno fra di loro un certo numero di psicotici pericolosi, evidentemente capaci di "stupri, aggressioni, e omicidi" (p. 61). Così gli Athsheani sono consapevoli della possibilità che un essere umano ne attacchi un altro, e hanno una certa familiarità col cacciare e uccidere con le armi animali non umani. Quest'ultimo punto è importante: Le Guin disapprova la sostanza e le implicazioni di molto del Robert Ardrey di "Personal Investigation into the Animal Origins and Nature of Man" in African Genesis (1961), ma la creazione di Le Guin, Mr. Lepennon, un saggio e disinteressato ufficiale del pianeta Hain, sembra essere d'accordo con Ardrey in misura sufficiente da ammettere almeno qualche tipo di connessione fra la predazione e l'aggressione intraspecie (p. 61).

Selver poi non insegna agli Athsheani ciò che Konrad Lorenz ci avrebbe fatto chiamare "aggressività" (Evans pp. 35 sgg.). Gli Athsheani non hanno bisogno di nessuno che insegni loro a essere furiosi l'uno contro l'altro. Essi sono troppo psicologicamente stabili per provare spesso simili sentimenti, ma sono ovviamente capaci di furia omicida tant'è vero che hanno sviluppato uno o più efficaci gesti di pacificazione (p. 160 cap. 7; pp. 44-45 cap.2). Hanno anche evoluto biologicamente e/o sviluppato culturalmente un "canto ritualizzato per sostituire il combattimento fisico", proprio come le scimmie urlanti che Ardrey tratteggia con tanta precisione e come tutti i "primati superiori" su Athshe (p. 60) - e precisamente come gli Inuit del nostro mondo (22). Nello sviluppare i "meccanismi di incanalamento dell'aggressività" dei conflitti canori tra i maschi e di un gesto, o più gesti di pacificazione, gli Athsheani hanno prodotto - dato il loro sistema sociale decentralizzato - una barriera contro l'omicidio efficace verso tutti tranne gli psicotici e "un'efficace barriera contro la guerra" (p. 61; v. Le Guin "Gender" p. 164). Così il dono di Selver al suo popolo consiste nell'omicidio premeditato e nell'invenzione della guerra (23). La dote di Selver è la capacità di mobilitare un gran numero di persone per uccidere in massa altre persone. Selver impara ad uccidere dai Terrani (p. 124), più precisamente da Don Davidson, che violenta Thele, la moglie di Selver, uno stupro che la porta alla morte. Il massacro di Terrani da parte degli Athsheani può mostrare (meramente) la loro adattabilità di fronte agli invasori che li "hanno uccisi, violentati, deportati e resi schiavi" - e che (forse) gli Athshani sono giunti a considerare "non umani". Il signor Or, l'ufficiale Cetiano eminentemente logico, completa il pensiero: "E perciò possono essere ammazzati, come animali ... " (p. 62) (25). Così ragionando, gli "yumens" sono solo animali; gli animali possono essere oggetto di caccia; e la caccia sociale è già parte della cultura Athsheana. Selver non dovrebbe fare altro che usare il suo carisma per mobilitare il suo popolo contro un nemico temuto e odiato e portare alla guerra coloro che già temevano e odiavano i Terrani al punto da "sognare una città che brucia"(p. 45, cap. 2). Se quell'androgino Dr. Goebbels, Tibe in The Left Hand of Darkness, può mobilitare una nazione tramite la paura e l'odio (cap. 8) e "il complesso amicizia-inimicizia", non c'è nessun mistero nella capacità di Selver di mobilitare gli Athsheani - e non c’è alcuna necessità logica di rifarsi al tempo-sogno e al vero cambiamento e agli "dei" o all'immanenza.

Il rasoio di Occam (il "Principio di Parsimonia") e l'Aut-Aut sono il linguaggio della filosofia, comunque, non dell'arte; così Le Guin evita di chiarire l'esatta natura del cambiamento portato da Selver. Le teorie di Lybov sulla funzione di Selver come parte della mashal sulla guerriglia di resistenza al neocolonialismo americano in Indocina sono amplificate e controbilanciate dalla più positiva visione di Coro Mena di server come salvatore che porta la prosperità.

Ciò di cui possiamo essere certi (nella misura in cui la certezza è desiderabile) è che Selver porta un vero cambiamento e che esso forse è un vero cambiamento e non un mero contagio - e possiamo essere certi che le radici vanno all'ingiù), non all'insù, che il sogno è l'entrata per il subconscio. Possiamo essere certi che "le forze di Selver sono venute perché loro seguivano Selver, perché erano guidati dal sogno del male e solo Selver poteva insegnare loro come dominarlo" (pag. 113, cap. 6). In The Word for World is Forest, come in Lathe of Heaven, la realtà da trovare laggiù, e in noi stessi, è reale almeno quanto la realtà di tutti i giorni (p. 106 e passim, cap. 5). Nel mondo di The Word for World is Forest, "Un realista è "un uomo che conosce sia il mondo sia i propri sogni", e la sanità mentale poggia "su una doppia base, il delicato equilibrio di ragione e sogno"(p. 125, cap. 6; p. 99, cap. 5). In The Word for World is Forest, "Ciò che è, è": il mondo e il sogno - entrambi, in ultima analisi, immanenti (p. 168, cap. 8).

Inoltre possiamo essere sicuri che, una volta, Selver ha raggiunto il vero Matrimonio con Thele, e che lui è il leader grazie al suo potere personale e all'accettazione di questo suo potere da parte del suo popolo, che la sua "divinità" si fonda sulla coesione. Tra i Terrani, non vediamo amore o amicizia intima ma solo la struttura gerarchica - e prostituzione.

E, infine, possiamo essere certi di uno schema di opposizione che Le Guin ha iniziato già in A Wizard of Earthsea e ha reso ancora più esplicito nelle sue opere successive, culminando in Always Coming Home.

Da un lato ci sono società "comunitarie": "più tribali che urbane" e "in qualche modo introverse", dove il conflitto è "ritualizzato, stilizzato, controllato ... (Dove) può esserci violenza fisica (fra singoli individui), ma non diventa violenza di massa, restando limitata, personale". Dall'altro lato ci sono gli "stati-nazioni governati gerarchicamente": "l'entità mobilitabile che è il fattore essenziale nella guerra moderna" - e le cui prime forme ci diedero la guerra premoderna ("Gender" p. 166).

Per Le Guin, L'Ombra umana - la nostra capacità di fare il male - è una costante nelle nostre nature, ma lo è anche la possibilità di coesione e aiuto reciproco. Quali parti della nostra natura riusciranno ad esprimersi dipende da una grande varietà di circostanze: la Via che prenderanno le nostre società, la Via che individualmente sceglieremo.

IV

In alcuni dei suoi migliori scritti, anche Arthur C. Clarke riconosce il potenziale e la necessita della coesione umana, come nell'immagine dell'isola da Childhood's End - o, più recentemente, nella solitudine dello Star-Child in 2010: Odyssey Two (1982) - e dimostra in maniera perfino più esplicita di Le Guin l'assurdità delle due tradizionali formulazioni dell'Uomo come "misura di tutte le cose" e del motivo ricorrente nella Sf commerciale dell'Uomo alla conquista dell'universo (26). Come l'Overlord Karellen rivela all'umanità in Chidhood's End, gli sforzi umani di sfidare anche solo la nostra galassia sono "come formiche che cercano di etichettare e classificare tutti i granelli di sabbia di tutti i deserti del mondo".

Nell'"attuale stadio dell'evoluzione" dell'umanità, potremmo un giorno vincere i pianeti; "le stelle", comunque, "non sono per l'uomo" (p. 137, cap. 14). Anche con intelletti enormemente superiori a quelli dell''Uomo", gli Overlord di Childhood's End, sono anche loro "sopraffatti dall'inimmaginabile complessità di una galassia di centinaia di migliaia di milioni di stelle, e di un cosmo di centinaia di migliaia di milioni di galassie" (p. 205, cap. 23). L'universo è la misura sia dell'Uomo che degli Overlords, e dinanzi ad esso l'una e l'altra specie sono in ultima analisi insignificanti (27).

Clarke era arrivato a queste conclusioni già dal 1953, la data del copyright di Childhood's End, ma non era soddisfatto più di quanto Le Guin fosse soddisfatta della disperazione dell'Esistenzialismo di Sartre (v. Hoffmann p. 117-27, specialmente pp. 117, 120, 125). Il modo di uscirne per Clarke è chiaro in Childhood's End e lo si può trovare anche in un altro libro giovanile, The City and the Stars; in effetti, la soluzione trascendentale di Clarke è accennata nel precursore di The City and the Stars, Against the Fall of Night, scritto, dice Clarke, dal 1937 al 1946 (28).

In Against the Fall of Night, troviamo un Impero Galattico nel nostro lontano futuro (che è il passato remote del romanzo), con i Terrani come "razza" dominante; e poi troviamo in Against the Fall of Night, e di nuovo in The City and the Stars, Vanamonde, una creatura di pura Mente – una creatura attualmente infantile, ma in teoria capace di raggiungere la conoscenza del cosmo vera, oggettiva (29). In Against the Fall of Night, troviamo anche un esodo dalla nostra galassia di tutti i membri delle varie specie intelligenti dell'Impero Galattico, tranne i più reazionari, a seguito dei "primi contatti con una grandissima e stranissima civiltà molto lontana lungo la curva del Cosmo. Questa civiltà... si era evoluta sul piano puramente fisico molto più di quanto si sarebbe potuto ritenere possibile. C'erano, sembrava, più di una soluzione al problema dell'intelligenza definitiva (Ultimate)" (AFN p. 208, cap. 18). In The City and the Stars, la descrizione corrispondente presenta l'Impero fare un identico "contatto con – qualcosa - di molto strano e grande", con la natura di quel "qualcosa" che rimane un mistero (p. 121, cap. 24).

La "grandissima e stranissima civiltà" in Against the Fall of Night si tramutò, in un certo senso, negli Overlords di Childhood's End: creature abbastanza simili a noi, ma che si erano "evolute sui piano puramente fisico". Quel "qualcosa" che l'Impero scopre in The City and the Stars diventa, credo, l'Overmind in Childhood's End (30). "Le stelle non sono per l'Uomo", ma possono essere per ciò che può sorgere dall'Uomo (CE p. 212, cap. 24). Le stelle possono essere per la Mente totale, al di là del semplice intelletto e del "puramente fisico".

Clarke, l'amante delle scienze "dure", si è scontrato con il duro fatto dell'immensità dell'universo - e l'ha superato con un salto spiegabile solo come un atto di fede. Questo spiega quel che l'introduzione di Peter Nicholls su Clarke in The Science Fiction Encyclopaedia chiama "il paradosso di AAC: l'uomo che fra tutti gli scrittori di Sf si identifica più strettamente con la sf hardcore, basata sul conoscibile, sulla tecnologia" è portato alia speculazione "sul metafisico, perfino sul mistico" (p. 122).

L'universo è al di là della conquista umana, ma, per Clarke, gli uomini possono trascendere l'umanità (31).

In Childhood's End, l’Uomo inizialmente tenta di andare verso le stelle, "e, nel momento del successo, le stelle - Le distanti, le indifferenti stelle - sono giunte a lui" (p. 11). E L'interpretazione che Reinhold Hoffmann dà dell'arrivo degli Overlords nel prologo di Childhood's End: Hoffmann è più nel giusto di quanto egli stesso immagini. Come la Grazia che discende, l'Overmind alla fine del romanzo giunge a noi, usando gli Overlords per aiutarci ad attraversare il "ponte" che porterà l'umanità perfezionata nell'essere dell'Overrnlnd (v. Huntington in Clarke p. 212-13). L'immagine dell'entrata in quell'essere, comunque, è quella di un salto di fuoco: "una grande colonna che brucia, come un albero di fuoco" quando i figli degli uomini abbandonano, e distruggono, la Terra "per divenire parte dell'Overmind... lasciandosi dietro gli ultimi residui di materia" (p. 215, cap. 24). Abbiamo perduto la nostra individualità ed umanità, ma ci siamo spinti molto in alto - e in un tripudio di colori - nella "gerarchia dell'universo" (p. 183, cap. 20). Allo stesso modo, in 2001, tutto il percorso di David Bowman è rivolto all’esterno; solo quando diventa Star-Child, egli può completare la sua odissea col tradizionale ritorno (32). Egli alla fine ritorna sulla Terra, ma si è innalzato allo stato di divinità, una divinità associata col fuoco di un sole doppio nel romanzo (cap. 45, 46), e nel film con una forte luce bianca - e associata in entrambi con la rinascita.

Nelle sue opere più profonde ed interessanti, Clarke si interessa molto dello spirituale (per quanto razionalizzato), del mistico. Questa frequente dedizione al trascendente in Clarke e l'opposta dedizione all'immanente in molta Le Guin è spesso cruciale per il loro repertorio di immagini (imagery) e di stili (diction).

Clarke presenta il contatto con l'Assoluto (Ultimate) come una ricerca verso l'esterno (C&S, 2001) o un balzo verso l'alto (CE) e lo associa fortemente col fuoco, i colori brillanti, la luminescenza, i cristalli, e, in 2001, con la "percezione dell'universo chiara come il cristallo" (p. 217, 218, 220, cap. 46). In Le Guin, questo contatto è mostrato come qualcosa di molto calmo. Quando Falk-Ramarren in City of Illusions guarda nel Vecchio Canone (Il Tao Te Ching) ha un momento di contatto di questo tipo:

In un sogno ha letto queste parole, in un lungo sonno....

Il nome che può essere nominato non è il Nome eterno.

E dopo di ciò il sogno si alzò sommergendolo come un'onda che si alzava, e si rompeva.

Egli era Falk, ed egli era Ramarren, Egli era il saggio e lo sciocco: un uomo nato 2 volte...

In quello stesso momento di miseria, toccò per la prima volta, per un momento soltanto, il punto d'equilibrio, il centro, e per un momento fu sé stesso: poi lo perse di nuovo, ma con abbastanza forza per sperare nel prossimo momento di armonia (p. 188, cap. 9).

In The Lathe of Heaven, George Orr stringe "i denti e affronta il Caos e l'Antica Notte" proprio prima di sconfiggere Haber, ma il Caos e l'Antica Notte non sono ciò che incontra quando si risolve a smetterla di farsi usare: "Rimase seduto su quella comoda poltrona.... E, silenzioso come un ladro di notte, un senso di benessere entrò in lui, una certezza che tutto andava bene, e che era nel centro delle cose. Il sé è l'universo. Non avrebbe permesso di venire isolato .... Era di nuovo nel luogo cui apparteneva. Sentiva una serenità, una perfetta certezza su dov'era e su dove era ogni altra cosa. Questa sensazione non giunse a lui come qualcosa di estatico o mistico, ma semplicemente come qualcosa di normale" (p. 139, cap. 9) (33).

Niente di spettacolare qui, nessuna "presenza del trascendentale", nessun affrontare "i poteri dietro le stelle" (Clarke, Imperial Earth p. 297, cap. 42). Nessuna "grande colonna di fuoco" (Clarke CE). Questi sono istanti senza tempo nel canone di Le Guin, ma sono molto differenti dalle apoteosi di solito pirotecniche in Clarke.

Perfino in The City and the Stars e l'anteriore Against the Fall of Night, opere i cui modelli e motivi di base prefigurano molto di Le Guin, le differenze sono importanti tanto quanta le analogie. L'eroe di Clarke in queste opere, l'Unico, Alvin, è un ponte tra due culture (in parte attraverso una significativa amicizia) e il portatore del cambiamento. Alvin compie veri viaggi, ritornando a casa con la conoscenza, perfino compiendo la tradizionale discesa nel mondo sotterraneo dell'eroe (come fa Ged in The Tombs of Atuan (1971)). E, alla fine, i viaggi di Alvin lo portano dalla citta giardino di Diaspar alla foresta attorno ai villaggi di Lys, a una giungla che occupa tutto un pianeta, proprio come gli eroi di Le Guin si muovono attraverso boschi e foreste importanti in Earthsea, "Vaster than Empires and More Slow", e The Word for World is Forest - e proprio come Le Guin oppone le città e i villaggi in opere da City Illusions a Always Coming Home.

Ma le discese di Alvin non lo portano in contatto con l'Essere o con gli Antichi Poteri Ctonii del mondo sotterraneo ma con delle macchine: la via sotterranea per Lys, il Computer Centrale di Diaspar. Alvin non scende nell'oscurità del grembo della grande madre, e nemmeno nell'oscurità del Labirinto sotto le Tombe di Atuan; egli scende in aree di luce intensissima.

Clarke ha meccanizzato il mondo sotterraneo, e ne illumina gran parte, bandendo il "Caos e l'Antica Notte" (con l'eccezione della "Mente Folle") dall'universo di The City and the Stars (34). Appropriatamente, la luce è eccessiva per gli occhi umani: Diaspar è andata troppo oltre nel mondo della ragione e delle macchine ed ha dimenticato i poteri più oscuri della mente umana. Clarke non è un membro della Yomeshta da The Left Hand of Darkness, ma non pensa molto alla perversità di illuminare il mondo sotterraneo e presenta il Computer Centrale sotterraneo di Diaspar come un personaggio positive (35). Le Guin permette a Ged di illuminare solo per un attimo il Labirinto di Atuan. La Tenebra ha i suoi diritti, anche quando si trova pericolosamente vicina alle abitazioni umane; La Tenebra è necessaria per l'equilibrio Yin-Yang e simboleggia il Tao oscuro, senza nome che è più profondo dell'Essere stesso: "Solo nel silenzio la parola / solo nell'oscurità la luce" (dall'epigrafe a WE) (36).

L'odyssea di Alvin ricostituisce un importante equilibrio, riunendo la Città di Diaspar e il Giardino, la Città con gli "innumerevoli villaggi" di Lys (p. 78, cap. 11). Ancora, il titolo di Clarke nella successiva stesura è The City and the Stars, e Alvin, correttamente, non termina il suo compito finchè non esce fuori verso le stelle, il cuore del vecchio impero galattico: i Sette Soli "al centro della creazione" (p. 148, cap. 19). Lungo la strada, lui e il suo amico Hilvar di Lys cercano l'intelligenza, e, tra le altre cose, trovano un mondo-giungla.

Questa giungla completa il disegno iniziato con i movimenti di Alvin dal parco in Diaspar al mondo-Giardino di Lys, alle foreste che circondano Lys. È anche un più immediato contrasto con gli sterili pianeti che Alvin e Hilvar incontrano tra i Sette Soli. Il pianeta giungla, comunque, non è né Athshe né Mondo 4470 di "Vaster than Empires and more Slow". Il pianeta è un mondo "che è impazzito. Una volta forse era stato tutto un grande giardino o un grande parco, ma quando era stato abbandonato la Natura aveva di nuovo preso il sopravvento", producendo "qualcosa di cattivo, qualcosa di ostile a tutto l'ordine e la regolarità su cui Lys e Diaspar erano basati" (pp. 15-54, cap. 20). La missione di Alvin come portatore di cambiamento consiste nel minare un po' dell'"ordine e regolarità" dei mondi statici Diaspar e Lys, così sembra strano che la giungla sia presentata così negativamente all’inizio e perfino più negativamente immediatamente dopo (pp. 154-56).

Non c’è contraddizione, comunque: nell'universo gerarchico di Clarke, le semplici piante e gli animali primitivi hanno un range basso; sono senza intelligenza, e senza controllo intelligente, la Natura muove la vita verso l'"anarchia biologica" di "una guerra silenziosa", uno "spietato, implacabile conflitto" (p. 154). La missione dell'Uomo non è vivere con la Natura, come fanno gli Athsheani, ma ordinare la natura, portare la sua violenta "anarchia" sotto il controllo della ragione. L'errore iniziale di Don Davidson, da questo punto di vista, era stato solo un eccesso di zelo nel seguire una dottrina essenzialmente corretta. Anche le foreste presentate positivamente, quelle attorno a Lys, non sono la "foresta dell'essere", ma un luogo da cui iniziare un viaggio verso le stelle (C&S, capp. 11-13).

Dopo aver esplorato un altro pianeta, Hilvar e Alvin vengono contattati da Vanamonde, l'intelligenza pura che giunge a loro e così termina la sua ricerca delle sue origini. Nella forma di Vanamonde, la "Grazia" discende in un modo molto strano, ma insomma discende - su Hilvar e Alvin e, simultaneamente, sul popolo del lontano pianeta Terra (37). La descrizione di questo primo contatto è significativa. Hilvar dice ad Alvin di non essere spaventato, e "Alvin stava per rispondere quando fu improvvisamente sopraffatto da un... caldo, formicolante ardore ...; quando se ne fu andato, lui non era più soltanto Alvin. Qualcosa stava condividendo il suo cervello, sovrapponendosi ad esso come un cerchio può coprirne parzialmente un altro. Egli era conscio, poi, della mente di Hitvar, vicinissima, anch'essa coinvolta con la creatura, qualsiasi cosa fosse, che era discesa su di loro .... (dando) ad Alvin il suo primo barlume di vera telepatia" (C&S, p. 164, cap. 21; v. anche pp. 165-67).

Due amici provenienti da culture differenti, isolati assieme in un viaggio circolare ai confini del mondo conosciuto e contemporaneamente vicini al centro delle cose, in procinto di ritornare alla civiltà per iniziare cambiamenti radicali, hanno un contatto con – qualcosa - seguito da telepatia. Gli studiosi di The Left Hand of Darkness troveranno molto familiare questo importante momento di The City and the Stars: è per molti versi speculare con la scena del primo contatto mindspeech tra Genly Ai ed Estraven sul ghiacciaio di Gobrin (LHD cap. 18). Tuttavia, le differenze sono altrettanto significative.

In The Left Hand of Darkness, il Terrano, Genly Ai, e il Getheniano, Estraven, tentano molte volte il mindspeech senza riuscirci. Poi, dopo una breve conversazione sulla filosofia "Yin" dell'Hanndara, provano ancora una volta, ancora senza fortuna, e decidono di andare a dormire.

Estraven "spense la luce, mormorando la sua breve lode dell'oscurità ("Loda dunque l'oscurità e la creazione infinita"); ci infilammo nei nostri sacchi a pelo, e in un minuto o due si stava immergendo nel sonno come un nuotatore si immerge nelle acque buie. Sentivo il suo sonno come se fosse il mio: il legame (empatico) era lì, ed ancora una volta chiamai, nel sonno, il suo nome", e questa volta Ai ci riesce (p. 252, cap. 18).

In Childhood's End, l'Overlord Rashaverak usa l'analogia dell'isola per spiegare la telepatia a George Greggson (p. 176, cap. 16), ma Clarke non sviluppa molto questa analogia.

Anche in Agaist the Fall of Night (p. 194, cap. 16) e The City and the Stars, troviamo la telepatia, ma il mediatore non è la montagna, ma Vanamonde: una creazione con tratti da bambino, perfino da animale domestico, della umanità del lontano futuro e dei suoi alleati, e tuttavia qualcosa più in alto di loro nella gerarchia dell'universo. Vanamonde "discese su" Alvin e Hilvar, anche se "su" e "giù" hanno poco significato nello spazio, e lo spazio stesso, a parte le direzioni, ha poca importanza per Vanamonde (v. C&S pp. 168-69, cap. 22). In The Left Hand of Darkness, d'altra parte, la telepatia è sottilmente ma fortemente legata alla montagna della metafora dell'isola. Il tocco profondo del mindspeech avviene quando Ai ed Estraven, insieme, si stanno "immergendo nel sonno", nell'inconscio e nel subconscio, "come un nuotatore si immerge nelle acque buie" - in una scena esplicitamente ambientata nell'"oscurità" e nella "nerezza" (p. 252, corsivo mio). Lo stile di Clarke sottolinea la discesa di qualcosa come lo spirito, dall'alto; Le Guin sottolinea la normale discesa umana ne1 sonno - e in ciò che costituisce le fondamenta e i muri portanti delle vite consce, della veglia e, in The Left Hand of Darkness, dell'esistenza umana: la "tenebra feconda" centrale nel sistema filosofico dell'Handdara ed il mediatore dell'"esperienza dell'immanenza" (LHD p. 60, cap. 5).

V

Childhood's End presenta l'immagine dell'apoteosi dell'umanità nel balzo finale verso l'Overmind di coloro che una volta erano i bambini della Terra. In 2001 un uomo solo, David Bowman, completa l'odissea sua e dell'umanità - in ultima analisi un'odissea spaziale - diventando un dio: lo Star-Child, un essere molto al di là degli dei mortali come Selver. La visione che Clarke ha del potenziale umano è esaltante nella sua audacia.

Lo Star-Child è un Übermensch: ben al di là di qualunque cosa Friedrich Nietzsche avesse mai potuto prevedere, una promessa di "Uomini Come Dei" che fa sembrare quotidiano perfino H. G. Wells nei suoi momenti di maggiore ottimismo – e un essere trascendente che fa sembrare banale la speranza bizzarramente mistica di Robert Ardrey che una super-razza succeda all'Homo sapiens sapiens.

Il problema con la visione di Clarke, comunque, non è solo che è difficile essere un dio, come Clarke si premura di far scoprire a David Bowman in 2001. Il problema si presenta per la prima volta quando il Moon-Watcher uomo-scimmia Alfa e il dio Star-Child si scoprono entrambi "signori del mondo" e "incerti su cosa fare poi" - con l'assicurazione di Clarke in entrambi i casi che ognuno "avrebbe pensato a qualcosa" (2010 p. 34, cap. 5; p. 221, cap 47). Il problema si ripresenta più tardi quando "La tribù si sviluppò in villaggio, il villaggio nella città" - e poi le città - e quando i discendenti di Moon-Watcher e gli antenati di Star-Child "inventarono la filosofia, e la religione.... (e) popolarono il cielo, non del tutto a torto, di dei" (p. 36, cap. 6).

Seguendo la via di A. O. Lovejoy, E.M.J. Tillyard ha dimostrato elegantemente l'abilità umana di proiettare nei cieli gerarchie terrestri, e a vedere riflessi in tutte le cose la Catena, i Piani, le Corrispondenze, e la danza del Cosmo; Lewis Mumford sottolinea una cosa importante: storicamente la gerarchia degli dei forse ha la precedenza. "Il primo atto del re, la vera e propria chiave della sua autorità e potenza, è l'erezione di un tempio all'interno di un recinto sacro circondato da forti mura. E la costruzione di altre mura per circondare la comunità dei servi tramuta tutta l'area in un luogo sacro: una città. Senza questo forte vincolo religioso, i poteri magici del re sarebbero venuti meno e la sua valentia in battaglia sarebbe scomparsa" (Mumford p. 12).

Col passare del tempo, ogni vero, storico "padrone del mondo" di solito pensava a "qualcosa", e di norma quel qualcosa era la sua maestà divina. Il re "rappresenta" o "incarna il potere divino e la vita in comune", e questo potere e questa comunità erano resi manifesti nella città: "la casa di un dio", con delle mura la cui "funzione primaria era tenere a bada il caos" (Mumford p. 13). Il prezzo di questa città, se Mumford è nel giusto, era "la totale sottomissione all'autorità centrale, lavoro coatto, specializzazione a vita, inflessibile irregimentazione, comunicazione a senso unico, e l'essere sempre pronti alla guerra" (p. 17).

In The Left Hand of Darkness, Genly Ai correttamente attacca l'idea della civiltà vista come uno "strato di vernice" ma si schiera un po' troppo dalla parte di Robert Ardrey quando sostiene che l'opposto della guerra è la civiltà (p. 102, cap. 8). In Always Coming Home, Le Guin definisce più precisamente le cose raggruppandole insieme: monoteismo, le gerarchie umane come riflesso dell'ordine divino, sessismo, la Città (il civis in "civiltà"), e la guerra moderna, non primitiva (pp. 200, 149-53).

Clarke è un agnostico, non un monoteista, e i suoi dei provengono dalla materia e ricordano le loro origini. Tuttavia, ha presentato mondi in cui e di cui uno può essere "padrone", ed un universo gerarchico in cui la trascendenza è possibile e può portare alla vera superiorità: un universo in cui i padroni possono giustificare il loro status come parte dell'Ordine delle Cose. Nonostante il famoso discorso sul rango sociale dell'Ulisse di Shakespeare, la gerarchia, portata avanti a sufficienza, permette uno stato in cui "la sola possibile relazione è una relazione di potere" (Le Guin "American Sf" pp. 99). In un mondo che soffre di eccessiva centralizzazione, specializzazione, irreggimentazione, "comunicazione a senso unico, e dell'essere sempre pronto alla guerra" - nel nostro mondo, l'importanza data da Le Guin all'immanenza e alla coesione universale permessa dall'immanenza offre un correttivo molto utile.


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