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Meditazioni strutturali-Dick, il tempo, il labirinto e la strategia della meraviglia neo-barocca 1


di Carlo Francesco Conti


This is the one way, and the other

Is the same, not in movement

But abstention from movement; while the world moves

In appetency, on its metalled ways

Of time past and time future

(T.S. Eliot, Four Quartets, I-iii, v. 33-36.5)


0. INTRODUZIONE

Dick ci ha lasciato in eredità una bellissima domanda, una questione capitale: come possiamo distinguere, in ciò che vediamo, il reale dall'immaginario? Secondo quale criterio possiamo farlo, ed infine, qual'è lo scopo di una simile inchiesta su noi stessi - ma anche sul mondo - quando, molto probabilmente, non abbiamo un criterio effettivo e riconoscibile di decidibilità? O un modello a cui ricondurci? La formulazione esplicita di questo quesito è contenuta in GM (9 e.187), proprio a proposito di un racconto che sviluppa alternativamente un mondo possibile già costruito in PT: "La macchina".

Su questa particolare questione mi soffermerei in una breve e non conclusa - semmai fosse definibile il problema - indagine su un campione della narrativa dickiana, esaminata sotto l'aspetto labirintico e gnoseologico offerto dalla sua conformazione stessa. Come vedremo, modelli e metafore ne troveremo veramente molti, e rischieremo di perderci all'amo della riflessione innescata da Dick, come pesci sprovveduti.

D'altronde, come Borges si è volontariamente dedicato al labirintico, con gusto prevalentemente classicista e in parte barocco, così Dick lo ha fatto soprattutto inconsciamente, quasi lasciandosi guidare da una invisibile Arianna, o più realisticamente, penetrando - come vorremmo saper mostrare qui - nel senso della nostra esistenza, tecnologica e post-moderna, e come suggerisce infine Calabrese, neobarocca ...

Come avremo modo di spiegare, ci sembra che il lavoro svolto da questo vulcanico autore sia portato ad un'analisi disposta sui seguenti piani:

1) narratologico - del testo

2) psicologico - del personaggio

3) esistenziale - dell'universo

(dove i punti 2 e 3 si trovano in una condizione di estremo contatto, riguardando situazioni decisionali sia del personaggio narrativo, sia del lettore e del suo universo, in qualche modo accomunato a quello del testo) tutti decisamente contrassegnati dalla metafora e dalle implicazioni strategiche del labirinto. Date queste premesse, è facile ottenere forse anche più del desiderato da tali griglie interpretative, ma mai abbastanza dal materiale narrative di Dick, così aperto ad ogni possibile campo di analisi.

Terrei infine a precisare che il collegamento strutturale tra determinate forme narrative e dati interrogativi contenutistici riportano alla tesi di una chiarezza della semiosi nel testo. Il procedimento analitico in questo caso permette di osservare il funzionamento semiotico del testo dickiano con una facilità - ma vedremo a quale prezzo - davvero incredibile. Il senso labirintico che Dick riesce ad immettere nelle sue pagine è tale da creare nel lettore la piena sensazione di trovarsi di fronte - se non proprio dentro, con ogni angosciosa conseguenza - ad un labirinto.

È Dick stesso ad ammettere consapevolmente: " ... oggi ci troviamo immersi in un mondo che abbiamo reso così intricato, così misterioso. che (…) potrebbe giungere un tempo in cui un uomo dovrà trattenersi dal violentare la sua macchina da cucire" (Dick, 1972).

E per tornare all'interrogativo lasciatoci da Dick e riportato al principio di queste riflessioni, potremo inoltre chiederci: distinguiamo l'umano d° ciò che non lo è? e perché dovremmo farlo?

Interrogativo che ci riporta ad una considerazione sulla genesi della condizione post-moderna, individuabile nel periodo di transizione che Calvino mette lucidamente a fuoco nel suo saggio (Calvino, 1972) su basi sociologico-letterarie. La questione di un effettivo rispecchiamento del testo letterario nella realtà - e viceversa - trova in Dick una potente risposta, tale che il giudizio, espresso da Pagetti, secondo cui "quella di Dick è una delle voci più intense del romanzo americano del secondo dopoguerra" (Pagetti, 1983 b:8) e che "Dick sembra rimanere indifferente della fantascienza verso il cuore del nuovo romanzo americano, all'avvento di quel romanzo post-moderno di cui Vonnegut fu efficace interprete ( ... )" (ibid. :3) e carico di importanti implicazioni teoriche e di fertili suggerimenti. Come vedremo, infatti, Dick ha una visione che proietta il suo universo narrativo in una chiara adesione a quello che sta diventando il nostro mondo post-industriale e post-moderno, al di là dei parametri del romanzo tradizionale.

Quasi paradossalmente, Dick, restando nell'ambito del novel ad intreccio tradizionale, supera la posizione del romanzo post- moderno, rappresentando assai fedelmente una realtà appena accennata ed ancora potenziale: il personaggio dickiano vive già negli anni '80 con una precisione indicativa. Il movimento del romanzo compie un giro su sé stesso quasi uscendo dal labirinto. Su tutti gli aspetti, con una risoluzione strutturale completa, il lavoro di Dick si configura come una lettura degli anni '80 e a venire.


1. IMPOSTAZIONE - una metafora universale

Il labirinto è una struttura antichissima. Per Rosenstiehl si tratta di un "vero e proprio successo popolare" (Rosenstiehl, 1979:3), come dire di un oggetto universale, diffuso praticamente ovunque. Lo dimostra l'attento studio mitologico di Kereny, che ne rintraccia le coordinate geografiche con dovizia di collegamenti tesi a dimostrare una sostanziale archetipicità del labirinto. Non solo, noi abbiamo coscienza solamente di esempi appartenenti ad un periodo "di estinzione" e "di morte" del labirinto stesso (Kereny, 1941:46), mentre di quello "della vita", appartenente a periodi preistorici e storici, non possiamo peraltro che supporre delle ricostruzioni.

Nonostante questa situazione, per la quale possiamo studiare solamente una sopravvivenza della tipologia labirintica con un parziale apparato simbolico tradizionale ed una morfologia, per così dire, moderna, il labirinto resta un modello fecondo di analisi. In primo luogo ne riconosciamo il valore di metafora, di oggetto simbolico, atto a rappresentare il mondo con una certa forza ideografica, tale da poter essere applicata a più livelli dell'esistenza umana. tanto che non è difficile scorgere la struttura essenzialmente labirintica della celeberrima Biblioteca di Babele Borgesiana (Borges, 1941) con tanto di corridoi e incroci, disposta in modo multiplanare ed infinito. Qui rientra la metafora globale di mondo come libro e come labirinto di cui è impregnata la cultura moderna (Eco, 1985:81), con le sue valenze teoriche e storiche, riassumibili nella tipologia di "classico", "manierista" e "contemporanea" (ibid. 62-3). Lo studio sul labirinto ha permesso di ricostruirne una tipologia schematica (Rosenstiehl. 1979:12 e agg.) come la seguente:

1° TIPO: unicursale, è il labirinto classico, ad un solo corridoio che si avvolge a spirale e non ha biforcazioni;

2° TIPO: ad albero, e quello manierista, a più corridoi che si dipartono da incroci ed in cui una sola è la via per giungere al centro;

3° TIPO: a rizoma, è quello contemporaneo, dove i corridoi sono tutti potenzialmente in collegamento in una rete di relazioni che non presuppongono l'unicità del percorso, ma la sua molteplicità. È la struttura dell'enciclopedia (Eco, 1982).

A questa tipologia è stato proposto di aggiungere un quarto tipo, qualitativamente diverso dagli altri, dove "il labirinto si dice in molti modi" e "non esclude i tipi precedenti, ma li contempla come fasi provvisorie e momenti parziali della propria mobile realtà" (Bottiroli, 1984:26). È questa una struttura essenzialmente teorica, basata su uno scambio possibile di posizioni all'interno del labirinto ma leggibili nel senso dello specchio lacaniano e nel vero senso della "ragione astuta" (per i greci). Questo perché, effettivamente, il pensiero che rivolgiamo al labirinto è quello di un percorso in cui è proprio il viaggiatore a "fare il labirinto" (Rosenstiehl, 1979:7); cosa che presuppone un solo viaggiatore (Teseo, nella leggenda) e un solo percorso, Definirei quindi il labirinto di quarto tipo come "polivoco", per la sua caratteristica di molteplicità delle visioni possibili al suo interno, dovute alla scomposizione della figura del viaggiatore.

A questo punto dobbiamo ancora osservare quali caratteristiche possono interessarci, al di là della ricca e forse inesauribile problematica riguardante questo modello dell'universo. Rosenstiehl enuclea tre tratti costitutivi della metafora: 1) richiamo all'esplorazione, 2) esplorazione senza mappa né bussola, 3) necessità di un'intelligenza astuta per fronteggiare la miopia o conoscenza locale - conseguenza del fatto che non si ha una mappa o conoscenza globale - (Rosenstiehl, 1979:8). È d'altra parte necessaria una miopia teorica per la soluzione del labirinto, in grado di valutare le possibilità della propria posizione di viaggiatore.

Più fecondi ci paiono però i richiami antropologici che nel percorso labirintico vedono una delle possibili attualizzazioni di riti iniziatici o di passaggio con presenza teriomorfa (il Minotauro). Il labirinto è il mondo degli inferi (Kereny, 1941:32), è una prova da affrontare dopo un viaggio e rappresenta perfettamente "il desiderio di rinnovare la propria vita mediante il contatto con antenati morti, che vivono già oltre la tomba" (ibid. 44). I contatti con la struttura della fiaba di magia descritta da Propp sono veramente molti; in quanto figura (o "disegno-riflesso", come direbbe Kereny (ibid. 90)) il labirinto contiene tutte le funzioni proppiane, dal viaggio all'enigma. Anche il dono magico è rinvenibile nel filo di Arianna, donatrice e principessa al contempo. Analizzare il mito labirintico in senso proppiano non ci serve però, se non per stabilire un'isotopia temporale: nel mondo il labirinto può rappresentare il tempo, come utero (Conti. 1985:32 e sgg.), come corridoio in cui chi riesce a risolvere l'enigma possiede anche il dominio sul tempo. Un controllo che è essenzialmente legato all'individuo, alla sua costituzione e conformazione, in modo tale da renderlo ben distinto dagli altri. È il processo di identità che in questo caso, come in quello del nostro, "rappresenta una condizione sospesa perennemente attraverso il processo metamorfico, tra la vita e l'apparente cessare di questa; un itinerario labirintico senza fine intorno al nodo di una condizione di identità (Puppi, 1985:82).

In questo senso, il labirinto ha anche una funzione protettiva, proprio come il grembo materno. La modernità ha accentuato questo significato con l'esempio di Abenjacan (Borges, 1952) che costruisce un dedalo allo scopo (apparente) di difendersi. Nella Sf c'è un richiamo esplicito alla difesa e protezione labirintica in "L'imperatore degli ultimi giorni" di Ron Goulart (Urania 780, Mondadori, Milano, 1979). Ma questo punto, parlando di difesa veniamo anche proiettati in un problema strategico che, seppure riferito in questo caso all'identità del soggetto (il viaggiatore), coinvolge tutti i livelli semantici in cui il labirinto può essere riscontrato come modello. In senso strategico, però, il labirinto può essere considerato un piano d’attacco (Ancona, 1981:956).

L'accostamento tra labirinto e tempo non è idea originale (vedi Borges ed il suo "Il giardino dei sentieri che si biforcano") e le sue implicazioni sono molte e complesse (Philmus, 1974). A noi interessa notare che, mettendo in scena il labirinto, è possibile presupporre l'evenienza del ritorno - nel tempo - e di conseguenza dell'inversione, dove entrata ed uscita coincidono in una conseguente perdita del centro. In questo senso possiamo vedere che il labirinto mette in gioco forze di un meccanismo che:


1) Abolisce la storia, in senso mitologico (Ferraro, 1981) ed in quanto difesa;

2) domina la storia, in senso deterministico, in quanto procedimento strategico;

3) costruisce una storia possibile, in base alla congettura ed alla teoria dei possibili, in quanto attacco.

Come si vede, si passa da un opposto all'altro, ma senza contraddizione, se non apparente. Attivare un labirinto significa scegliere una strategia interdipendente con i fatti (cfr. Ancona, 1981). Ancora una volta, una questione di passaggio e percorso.


2. NARRATOLOGIA - la danza dei possibili

Una delle forme primordiali del labirinto è la danza, un movimento spiraliforme, dall'inconfondibile senso rituale ed iniziatico (Kereny, 1941:56 e sgg.). La danza in questione, detta geranos o delle gru, è strettamente legata al percorso labirintico. A noi importa ora invece osservare il tipo di operazione compositiva - la scelta del passo di danza - che avviene nella decisione del percorso da parte del viaggiatore. La decisione di imboccare un corridoio anziché un altro in corrispondenza di un incrocio non è casuale, o almeno non dovrebbe esserlo.

Piuttosto dovrebbero agire le due regole di "Arianna saggia" e "Arianna folle" (Rosenstiehl, 1979:25), la prima razionalizzante, la seconda più anarchica, ma coerente con la condizione di miopia. Questo perché la regola "andare sempre a destra" non è assolutamente economica né razionale. In ogni caso, abbiamo a che fare con uno scenario chiuso in cui è necessario far lavorare la forza della congettura. "Un modello astratto della congetturalità è il labirinto dice Eco (1983:21). Ed, in altra sede, lo stesso autore precisa la natura degli oggetti della congettura (Eco, 1980:201) riportando le linee salienti della teoria dei controfattuali e rilevando come la sostanza dei mondi possibili sia essenzialmente linguistica e semiotica. Dunque riconducibile sia al mondo reale, come al testo. Assistiamo alla formazione di una teoria del testo in base alla tipologia sopracitata del labirinto:


              LABIRINTO                                   TESTO

1° TIPO unicursale                                      narrazione

2° TIPO ad albero                                 libro guida, algoritmi

3° TIPO a rizoma                                   enciclopedia, saggio

4° TIPO polivoco                                    dialogo, intervista


Naturalmente, si deve accettare questa tipologia con una certa approssimazione - per il secondo tipo, mentre il libro-gioco è perfettamente calzante, l'algoritmo può apparire arbitrariamente situato qui; potrebbe infatti appartenere ad un sistema a rete, dunque rizomatico (3° tipo) - e non tenendo conto della bipolarità della comunicazione. Poiché, ad esempio, se è vero che dal punto di vista comunicativo una narrazione (un racconto o un romanzo) è unicursale, va dall'inizio alla fine senza possibili deviazioni, non è così per il meccanismo della lettura (o ascolto): il lettore, nel corso della decodificazione del testo, tende a fare congetture su ciò che seguirà, operando in base a indizi in suo possesso e magari discostandosi dalla "lettera" del testo. Come viene messo in evidenza anche a livello produttivo: "in tutte le opere narrative, ogni volta che s’è di fronte a diverse alternative, ci si decide per una e si eliminano le altre" (Borges, 1941:87). Cosa che non accade però al romanzo di Ts'ui Pen, "Il giardino dei sentieri che si biforcano", nell'omonimo racconto borgesiano. L'operazione della lettura è comunque un dominio sul testo, come percorso, che consente di andare avanti o indietro, fare congetture e raccogliere dati nella narrazione precedente. Non solo, il livello narrativo è presente in tutti gli altri tipi di testo individuati, in quanto enunciazione, anche se negli altri casi si modifica la posizione di chi partecipa all'azione comunicativa.

Quello che a noi interessa ora, è osservare che nella vita quotidiana viviamo in un livello di unicursalità degli eventi, mentre nella narrazione si pone in atto una struttura rizomatica, e soprattutto nella Sf, a livello di intreccio, dove è possibile collegare topologicamente i mondi possibili, sia nel tempo che nella dimensione dei possibili. Come accade in NW. Nel tempo si manifesta una proliferazione dei possibili in senso causale, secondo questa struttura "a clessidra" che raccolgo dalla rappresentazione grafica del modello di "scelta tra due entropie" (Prigogine - Stengers, 1981:254).

(tabella irriproducibile)

Abbiamo cioè un solo nodo che si verifica nel presente, un solo attimo che è già un "punto di biforcazione (ibid. 160 e sgg.), cui conseguono più situazioni possibili, sia che ci si orienti verso il futuro che verso il passato, questo benché nel passato si riconosca generalmente di aver avuto una sola catena di fatti (rappresentata dalla linea degli eventi fattuali): la storia. Questa struttura a clessidra è funzionale solo nel caso di una considerazione temporale, mentre quando abbiamo a che fare con i mondi alternativi della Sf, quelli paralleli, in cui si suppone la presenza anche del nostro mondo, allora perdiamo il ventaglio dei possibili, in quanto tutto lo spazio del modello è ricoperto da una equiprobabilità di esistenza: coesistono infatti molti presenti, anche se ci vengono esposti uno alla volta nel programma narrativo di un racconto. Possiamo inoltre richiamare la teoria dei "punti di vista" narrativi.

A questo punto possiamo incominciare a individuare alcuni elementi della narrativa dickiana: il caso della ripetizione variata di uno stesso momento in MTS (la scena della serata in casa di Arnie Kott, cap. 10 e 11) raccontata sotto i diversi punti di vista dei personaggi presenti, non come interpolazione soggettiva, ma come elemento congetturale nel possibile. Stessa cosa accade in MD, di fronte al palazzo-fabbrica, dove la porta assume identità diverse a seconda di chi vi si trovi davanti e vi proietti il suo personale mondo congetturale (oltre che inconscio). Ed è anche ciò che accade a chi sogna con la bambola Perky Pat sotto l'effetto del Can D in TS, con un evidente effetto di alterazione temporale.

In questa dimensione dell'universo possiamo concordare che "lo spazio della congettura è uno spazio a rizoma" (Eco, 1983:21) e che si tratta di uno spazio (ma anche tempo) "strutturale, ma mai definitivamente strutturato" (ibid.).

I collegamenti possibili sono infiniti ed infinitamente strutturabili, anche se poi deve intervenire un elemento decisionale che ne definisca il percorso.

In Dick, noteremo ancora, agiscono in questo senso entrambe le regole, di Arianna, a livello di intreccio, ma non insieme. "Arianna saggia" determina i movimenti dei singoli personaggi, mentre "Arianna folle" quelli dell'intero assetto narrativo. I singoli personaggi, infatti si muovono considerando sempre attentamente ciò che vivono ed hanno vissuto. Sono estremamente razionali di fronte alle loro scelte, anche se sono costretti ad esplorare sia corridoi ciechi che corridoi utili. Lo svolgimento del racconto, invece, è solitamente imprevedibile, può tornare indietro senza preavviso, senza aver prima esplorato tutte le vie possibili, lasciando i personaggi in qualche modo spiazzati, alle prese con i loro corridoi. Questo procedimento, che potremmo dire di rovesciamento dell'universo, è riscontrabile in tutti i romanzi dickiani in un preciso colpo di scena nell'apice della tensione narrativa. È un momento che rimette sostanzialmente in gioco tutte le possibilità dell'universo - tutti i corridoi, si potrebbe dire - come anche dimostrato dal comportamento narrativo della storia di Abenjacan, dove la soluzione è nel rovesciamento di ruoli di quello che si crede l'unico mondo possibile. Ed è una situazione che rivela il labirinto come trappola, ancora una volta, ma anche difesa per chi ne conosce le regole. Le quali, in fondo, si basano sul rispecchiamento - e ripiegamento - della realtà su sé stessa. Ecco perché non è raro che il filo narrativo di Dick arrivi ad un punto di crisi, dopo di che gli eventi collassano. In seguito a ciò si può incominciare a vedere lentamente, passo per passo, di ricostruire la "verità" (sia pure penultima) che si nascondeva nel precedente percorso narrativo.

Si sarebbe tentati di fare un accostamento con operazioni che portano il labirinto fin nel titolo (come MD) ovvero "Dans le labyrinthe" (1959) di Robbe-Grillet (trad.it. Einaudi, Torino, 1960) come fanno Sholes e Rabkin non senza ragioni (1977:106) e Marroni (1983:10). Pur mantenendo le debite distanze tra romanzo di Sf ad intreccio tradizionale e nuoveau roman - Dick non punta affatto al rinnovamento del linguaggio narrativo, ma sembra cercare il convenzionale in assoluto (Pagetti, 1973) - troviamo convergenze e divergenze significative. Il labirinto RobbeGrilletiano è ad albero, ma viene risolto con la facilità di Arianna saggia. Dick preferisce allungare i tempi narrativi e talvolta lasciare le cose in sospeso. "So che possiamo trovare qualche spiegazione" fa dire ad Adams in PT (210) anche se non è facile trovarla, dato che qualcuno o qualcosa vi si opporrà sempre e comunque.

Anche la soluzione dei dilemmi esposti nella prima parte di MD sembra riepilogativa, come quelle dei romanzi di Robbe-Grillet. Un carattere che, sommato all'effetto "colpo di scena" fa pensare ad un "certo aspetto melodrammatico" (Miesch, 1966:51), Ma leggendo attentamente si nota che non è così, il labirinto ritorna, anzi , non è mai finito; il percorso narrativo non si interrompe con una soluzione ma con essa si capovolge e continua all'infinito.

Siamo in presenza di un labirinto di 3° tipo, rizomatico, che copre tutto l'universo, non solo quello del romanzo dickiano, e che ci riporta al quesito originario: siamo dentro o fuori di questo labirinto? e dove si trova la realtà?


3. PSICOLOGIA - strategia della congettura

Come fare, per cavarsela, in simile situazione? In primo luogo lasciare libero il canale della congettura. Dick lo fa per tutti i suoi personaggi. Non esiste un personaggio dickiano che non si ponga questioni strategiche e non le risolva, con la ragione o con la ragione astuta.

Notiamo in questo caso che all'interno del labirinto pare non dominare una ragione semplice, ma contaminata da disturbi o dissociazioni della psiche piuttosto forti. Dick arriva ad esasperare queste caratterizzazioni, puntando quasi tutta l'attenzione sul rilievo psicologico dei suoi personaggi, fino all'estremo della schizofrenia conglobante in FT o alla società ripartita a seconda dei disturbi mentali in CAM, o ancora nell'autismo in MTS.

Quello che il personaggio dickiano deve mettere in atto è un pensiero strategico (Bottiroli, 1980) che lo vede coinvolto in una sorta di conflitto con l'universo stesso, il labirinto, causa della dissociazione, proprio in virtù della sua struttura. A sua volta egli deve costruirsi un suo percorso e considerarsi un architetto, mentre "la strategia (...) (è) l'opera di progettazione di un labirinto (...)", L'avversario "è come se venisse declassato al ruolo di viaggiatore smarrito (…) (Ancona, 1981:956).

Nell'universo dickiano si crea subito il meccanismo di leader-follower, di un dominatore e di un dominato, dove il leader ha una conoscenza superiore (magari anche globale) rispetto al follower, che ha conoscenza puramente locale, quindi una situazione di "miopia". Ma è proprio la miopia teorica che consente la soluzione del labirinto ed è per questo che Dick mette in scena personaggi che risolvono grandi enigmi pur partendo da una condizione di completa oscurità - riscontrabile addirittura in certi 'incipit ' come quello di MTS e TS. La visione dello scenario è strettamente connessa con la disposizione temporale degli eventi, secondo uno schema che si configura così:

VISIONE                               TEMPI

LOCALE                               prossimi

passato presente futuro

GLOBALE                        lontani

In questo schema vediamo che una visione locale è propria di chiunque, con una buona traccia mnestica del passato più vicino ed una congetturalità del futuro prossimo abbastanza precisa. Ma nella situazione narrativa la visione globale appartiene al lettore ed allo scrittore, che possono agire sul testo indipendentemente dal tempo narrato (si possono addirittura saltare le pagine per vedere come va a finire...). Comunque "nel mondo di Dick i personaggi trovano impossibile distinguere tra ciò che accade realmente e ciò che sembra stia loro accadendo, e spesso il lettore deve affrontare lo stesso problema. Anche quello che "realmente" accade può offrire solo degli indizi di una realtà che è enigmatica ed elusiva" (Sholes e Rabkin, 1977:106). Il problema del reale è di natura strategica, in cui la miopia viene data come assunto di base dell'umano.

Nei fatti, a livello narrativo, assistiamo spesso ad un ribaltamento di posizioni, tale per cui ha visione locale chi ha percezione di tempi lontani, spesso localizzati (e miopia nel presente) come il piccolo Manfred Steiner in MTS. In questo caso, infatti, si crea una inversione simmetrica in Arnie Kott, che ha una visione globale di tempi prossimi, in cui però viene colto da una sorta di miopia (non teorica) che gli è infine fatale. Questo sottintende che la miopia deve essere esercitata e non subita, deve essere teorica volutamente.

La situazione dei pre-cog dickiani è comunque quella di chi ha solamente una visione locale, benché estensibile in futuri alquanto lontani. In questo modo essi dovranno tener conto della loro relativa miopia sul tempo ed evitare l'illusione di una conoscenza globale. Che comporterebbe, tra l'altro, la possibilità di un paradosso temporale. È il pericolo che sfiora il protagonista di NW, quando incontra la sua versione dell'anno seguente che giunge in suo aiuto e gli suggerisce di mutare i rapporti con la moglie (cap. 12). In quel caso Eric Sweetscent non tenta di modificare nulla in base alla sua conoscenza globale, esercita una sorta di miopia e lascia le cose come sono, guadagnandosi la benedizione finale del suo taxi. La strategia è, nell'economia del racconto dickiano, un elemento basilare che diventa una parte della personalità del personaggio. Lo vedremo in seguito nel caso di David Lantano, che merita maggior attenzione.

Soffermiamoci ancora invece sul senso della strategia; come forma decisionale essa possiede una struttura comunicativa jakobsoniana che vale sia per l'attacco che per la difesa:

CONFLITTO (contesto)

ATTACCANTE         →               ATTACCO              →              ATTACCATO

(mittente)         →               TEATRO (canale)    →            (destinatario)

DIFENSORE          →               DIFESA               →             ATTACCANTE

SISTEMA OFFENSIVO/

DIFENSIVO (codice)


In questo senso, la strategia diventa un linguaggio che permette la comunicazione tra universi, tra l'universo del personaggio e quello dell'intrigo in cui viene immesso. È questo uno schema che sembra valido per leggere il singolare sistema di calcolo messo a punto in TJ, che si sfalda non appena viene a mancare uno (il principale) degli elementi della comunicazione, il canale - la città illusoria incomincia a scomparire.

Noteremo come Dick rifletta il senso locale anche nei casi in cui mette in azione universi dominati dalla casualità di giochi. In TJ il protagonista è un nuovo Dedalo, che trova modo di andarsene dalla città-labirinto con una fuga (anche se non volando): il modus questionis non era lì, ma altrove, per questo egli deve abbandonare la città. In SL è la ragione astuta a prevalere sul sistema del Minimax, è il trucco di Dedalo che manomette il suo giocattolo labirinto ed agisce di conseguenza. In quell'universo c'è anche chi è fuggito volando: i pellegrini verso il Disco di Fiamma. Anche per loro ci sarà salvezza: dal labirinto si può uscire in ogni caso, con le modalità preferite. Ovvero, il personaggio può comportarsi come Teseo o come Dedalo a seconda di come può amministrare la sua conoscenza - Dedalo, pur avendo costruito il labirinto, ha la stessa conoscenza locale di Teseo, e difatti si perde, però possiede una ragione astuta che gli consente di barare ed uscire ugualmente dalla sua stessa creazione (che evidentemente non ha un solo accesso). Tutto sta a vedere se, quando si è fuori, si è veramente usciti.


4. ONTOLOGIA - come decidere in un tempo nascosto?

Una volta scoperto che ci troviamo in un labirinto, Dick ragiona di conseguenza: perché ci troviamo proprio qui? Perché non in un altro luogo, in una piscina magari? Perché le situazioni sono tutte configurate in senso enigmatico ed in uno scenario chiuso? La risposta, come si può arguire, non è semplice; Dick stesso ha preferito non evidenziare come risposta i suoi suggerimenti - non pochi, vedremo - in merito a tale questione: "L'abilità di Dick nel combinare avventure assurde e momenti di angoscia esistenziale è rara nella nostra letteratura" (Sholes-Rabkin, 1977:108). Ma come c'è un'intima connessione tra strategia e configurazione psicologica del personaggio, così esiste un parallelismo tra condizione esistenziale e rapporto con il tempo - quasi a conseguenza della conoscenza globale o locale - in modo da definire con una certa precisione il destino ontologico del soggetto. Alla base del problema esistenziale di Dick c'è la comunicazione, soprattutto in virtù del fatto che non-esiste un "linguaggio privato" (Vega, 1985).

Tutti gli enigmi posti ai protagonisti del romanzo dickiano sono metalinguistici ed autoreferenziali: riguardano la comunicazione, quasi fosse anche l'unico punto di contatto possibile tra persone. È certo che Dick non vede nel rapporto economico di scambio lo stesso valore di una relazione amichevole o comunicativa, al contrario di molti altri autori di Sf (e non solo) statunitensi. Egli pone al primo posto l'amicizia (si veda l'introduzione umanissima e splendida a GM) definibile come rapporto di gratuità, e l'imprevedibilità e la devianza (si veda Dick, 1972) come elementi che ci rendono umani nell'antinomia con il non umano. È dunque una sorta di esistenzialismo di crisi, determinato dalla constatazione che la comunicazione, tanto importante per l'uomo, è un elemento in comune con l'androide; addirittura, che la struttura cibernetica dell'androide è comunicazionale in quanto informazionale. Ma se l'androide è colui (ciò) che "non è in grado di fare eccezioni" (Dick 1972), ecco che l'uomo si trova proiettato in un universo in cui gli è richiesta l'eccezione ed in modo enigmatico oltre che strategico. Il passaggio nel labirinto si configura quindi come una struttura esistenziale, una prova iniziatica per stabilire l'identità umana di colui che vi si sottopone. Ed in questa situazione estrema, si instaura una necessità assoluta di comunicazione, della verità, infine, o di ciò che si reputa "verità". Dick riflette sul problema della verità logica di quanto ci viene detto, dalla veridizione delle informazioni in nostro possesso. E si può essere certi che appena si arriva ad un qualche risultato "Dick scava questa sicurezza, lasciando il personaggio totalmente insicuro persino della sua esistenza" (Moorcock, 1966:149).

Non è peraltro un problema logico, quando un elemento sottostante alla regola di Arianna folle, quindi giocato come rapporto con gli eventi. In ultima istanza, il rapporto è quello con il tempo, con la storia. Come dicevamo precedentemente, abbiamo tre possibilità di operare con la storia: abolire, dominare e costruire. Queste tre modalità, strettamente connesse tra loro (in fondo, abolizione e costruzione sono un dominio sulla materia trattata) si esplicano con precisi comportamenti temporali e funzioni strategiche:


modalità              ABOLIRE             DOMINARE           COSTRUIRE

funzioni strategiche       difesa             avanzamento          attacco

comportamenti temporali  reversione           alterazione         previsione


Osserviamo che domina la storia solo chi altera il tempo, a scopo strategico, né in attacco né in difesa, in un avanzamento congetturale. Molinari altera il suo presente con i suoi sé di mondi paralleli, in funzione di mantenimento del potere (NW) e avanzamento dello stesso, non del tutto consolidato. L'abolizione della storia avviene in una forma di reversione temporale che viene attuata a scopo difensivo: è il sistema delle distopie totalitarie, riscrivere la storia in modo favorevole al potere costituito, ad esempio (problema posto in PT); oppure come difesa "locale", come in CAM, dove la psi Joan Trieste può modificare il passato prossimo (pochi minuti) e così "difendere" la vita di chi ha subito incidenti mortali. Una forma corrotta di questo potere è la falsificazione di oggetti del passato americano in MHC, dove il falso non è più affermazione di un potere, ma di una razione nei confronti di un potere estraneo: il vero potere - o meglio contro-potere - sarà poi nel presente, negli oggetti originali di Frink, che hanno un valore strategico e non più difensivo.

Infine, si può costruire la storia, prevedendone lo sviluppo ed atteggiandosi di conseguenza, senza troppi timori di paradossi, in una condizione d'attacco. È ciò che fa Sweetscent con la sua conoscenza del futuro, attaccando il sistema di Frenekey in NW; è ciò che fanno gli psi di Hollis in U, cui si contrappongono i neutralizzatori di Runciter che agiscono sulla reversione a scopo difensivo. È ciò che infine fa Lantano nel suo attacco nei confronti del sistema di Brose in PT. Proprio su U e PT ci si può soffermare, poiché in entrambi i romanzi viene messo in gioco il problema della verità dell'universo e delle comunicazioni. In U, come in MD, troviamo un rovesciamento di tutta la realtà vissuta da Joe Chip, il "pezzetto" che si trova a dover risolvere un problema enorme; dopo l'attentato, infatti, Chip ed i suoi compagni sono convinti di essere ancora vivi, mentre chi lo è veramente è Runciter, che essi credono in stato di semi-vita. Essi lo scoprono solo lentamente, e con il concorso di più cause: una, la più importante, è il costante tentativo di Runciter per comunicare con loro. Non a caso egli utilizza uno spot pubblicitario televisivo - preceduto da una pubblicità sulla scatola di fiammiferi ed una serie di altri indizi - e strutturato in modo palesemente contraddittorio. L'altro è il comportamento strategico di Jory Miller, il piccolo vampiro di energia mentale che uccide uno ad uno i componenti del gruppo di Chip; un comportamento difensivo e totalitario e perciò regressivo - egli fa scorrere il tempo al contrario, fino al 1939 - poiché deve fronteggiare un gruppo e non solamente individui. Un gruppo che si estende non appena Chip si rende conto della sua condizione di semi-vita e del ruolo di Jory, venendo a conoscenza dell'organizzazione di Ubik, unico antidoto contro il piccolo vampiro. Ubik agisce sulla struttura temporale in senso strategico però, di avanzamento, non in modo da poter contrattaccare Jory, ma solo da poterlo contrastare. Ciò che salverà Chip e gli altri ricoverati nel Moratorium sarà la comunicazione come sottinteso da Dick. Il senso politico che Dick intende dare qui (come rileva egli stesso nel discorso di Vancouver) è quello della solidarietà (cfr. Pagetti, 1983 b:6): comunicazione in quanto solidarietà tra uomini e come difesa nei confronti di un sistema globale che fagocita le individualità - suggeriamo, alla ricerca della sua stessa identità, L'unico problema pratico è quindi quello di trovare una comunicazione - la ricerca della farmacia per ottenere la bomboletta di Ubik - che rappresenta la salvezza.

Il problema viene esteso in PT dove si gioca il ruolo delle comunicazioni di massa. Non a caso i protagonisti sono operatori dei mass-media - a parte Nicholas St. James, che ne è un fruitore. Qui il sistema degli uomini-yance è quello totalitario alla Orwell e la loro caratteristica è quella del nascondimento, parallelo alla menzogna. Essi non sono visibili - se non attraverso il simulacro di Yancy, che appare lui solo alle masse - e affermano il falso, una guerra che non c'è più, allo scopo di mantenere un sistema a loro funzionale. Se adottiamo un quadrato semiotico greimasiano sulle modalità epistemiche della veridizione, come espansione della categoria modale del credere e del saper essere come questo:

(tabella irriproducibile)

Troveremo che i ruoli attanziali di PT sono ottimamente compresi in questo schema. Infatti gli uomini-yance giocano sulla loro facoltà di non-apparire e di far credere, operata tramite i media nei formicai. Attorialmente essi si possono così disporre:

(tabella irriproducibile)

Vediamo come: St. James, il presidente del formicaio Tom Mix è l'unica persona reale, non coinvolta nel gioco di potere del sistema-yance. È tenuto in una condizione di verità, in cui tutte le informazioni in suo possesso vengono raccolte e catalogate come valide. È nel segreto - non rivela il suo nome all'esterno - poiché sta giocando la sua lotta con il labirinto; anche spazialmente accade proprio questo, esce dal formicaio, si trova in una realtà che deve comprendere e ritorna con ciò che cercava. Narratologicamente è il Teseo della situazione. La sua è una prova iniziatica a tutti gli effetti, il cui superamento lo porterà all'essere: deve portare con sé un oggetto che testimoni il suo viaggio nell'aldilà, negli inferi, nel regno dei morti. E gli stessi uomini-yance, con la loro ubiqua nebbia esistenziale, sembrano più degli esseri morti, la cui anima sia ormai lontana (alienata) dal loro corpo.

Adams è il tramite tra lui e Yancy, colui che condividerà parte del suo percorso. dissociandosi dalle altre parti in lotta. Yancy, a sua volta, è un simulacro, almeno quello che appare sempre sugli schermi; afferma una "verità", ma è nella sfera della menzogna: quello che dice non è contraddittorio nel sistema logico del suo mondo possibile, ma è falso perché lo è anche quest'ultimo.

Brose e i suoi collaboratori sono nel falso e nella condizione di scomparire. La condizione di non-essere è determinata dalla loro incapacità di agire per mantenere il potere. Non sono effettivamente in grado di fronteggiare la situazione. Utilizzano in modo errato la trivella temporale, un mezzo di difesa trasformato in arma offensiva, facendola diventare inconsapevolmente un dono (magico) per Lantano, che saprà sfruttarla in pieno.

Foote è un doppiogiochista, un agente segreto che fa da tramite tra Lantano e Brose, in un equilibrio precario che si risolverà a favore di Lantano, in condizione di avere il sopravvento. Lantano, infine, è il manovratore del sistema, nel falso perché nasconde la sua identità - non solo nominale, ma anche psicologica di uomo cruento e senza scrupoli. Egli è colui che, fin dal nome stesso, non appare. Difatti Lantano è nome che deriva fin troppo chiaramente dal greco, essere nascosto, categoria tanto cara ad Heidegger, quando parla dell'Aletheia (cfr. M. Heidegger, Saggi e discorsi, Mursia, Milano, 1976) e del senso della verità. Il nascondimento è una delle operazioni che si compiono in un labirinto, a scopo protettivo, ma si è visto che non serve molto, o a scopo strategico. Lantano è però in un labirinto tutto particolare, in un labirinto temporale, di cui ha trovato peraltro la chiave - come Goltz in S - e di cui si serve per il raggiungimento del suo fine, impossessarsi del potere. In quanto ha visto nel futuro è in grado di prevedere la sua vittoria e di operare in una strategia d'attacco, senza preoccuparsi di controffensive da parte di Brose che ha accesso solamente al passato, unidirezionalmente. E si sa che la miglior difesa è l'attacco.

Ma esaminiamo il comportamento temporale dei personaggi, assegnando a ciascuno una freccia del tempo individuale:

Nicholas, St. James →

Brose, Lindblom, Adams →

                       ←

Foote →

           →            →              →

Fisher   →

             →

Lantano →

              →

             ←

              →

              ←

              →

Osserviamo che St. James non ha alcun accesso ad altri tempi che non siano il suo presente. La sua è la condizione di chi "è" e basta. Brose ed il sistema rappresentato dai suoi uomini-yance hanno accesso al passato grazie alla trivella temporale, in una condizione che vorrebbe essere offensiva ma che non può che rivelarsi difensiva - nei confronti della crescente potenza economica e politica di Runcible - spedita nel XVI secolo. Foote e Fischer hanno accesso al futuro in modo parziale e miope, il primo con i poteri psi ed il secondo con la manipolazione della storia nei suoi documenti truccati. Paradossalmente, riscrivere la storia ha in Fischer un valore proiettato nel futuro, che si invera nelle scelte politiche del sistema yance. Infine, Lantano ha accesso ad entrambe le direzioni, ed in senso globale, può controllare un passato ed un futuro lontani. Egli ha un vero dominio sul labirinto del tempo rivelato da una frase spia (PT:159) che rivela la precisione (quasi pedantesca) del suo senso cronologico. D'altra parte, lo stesso St. James riflette:

"Il tempo, pensò Nicholas. È come una forza che ci spinge tutti lungo la stessa direzione, e ha dalla sua una potenza massima, mentre noi non abbiamo nessuna potenza; e quest'uomo è mosso da quella forza eppure, simultaneamente o forse alternativamente, è lui ad afferrarla e a spingerla nella direzione voluta, e allora procede per realizzare ciò che ritiene necessario",

Il quadro è completo. Lantano è la figura di un soggetto in nascondimento, di un essere senza un centro, dall'immagine in continua metamorfosi, oscillante tra giovinezza e vecchiaia, morfologicamente impreciso - quasi un mostro. Eppure è il dominatore della scena. Non sarebbe azzardato accostare Lantano al Caos, ad un agente che destabilizza, a partire da sé stesso, il sistema, rendendolo labirintico a sua immagine, e in fin dei conti mostruoso.

Un'ultima riflessione, tra parentesi. Dick pare avere una certa predilezione per i crittogrammi, soprattutto nei nomi dei suoi personaggi. Ad esempio, Chip = pezzetto (U), Dr. Labyrinth (La macchina salvamusica, in PM), Bloodmoney = sanguedenaro (in DB), ed altri ancora che, come Lantano, portano nel nome qualcosa di fisiognomico, qualche tratto psicosomatico.

È una predilezione per il "nome programmatico" che ritroviamo in un film per moltissimi versi dickiano, come "Max Headroom" (1985) di Annabelle Jankel e Rocky Morton. Anche in questo caso non sono significativi i personaggi "attivi", che tradizionalmente "sarebbero considerati protagonisti od eroi, e tengono effettivamente la direzionalità della vicenda (il giornalista Edison Carter, il genialoide adolescente Bryce Lynch ed i padroni del network nel film). Lo sono invece i personaggi di "sfondo" o di "dettaglio", che rappresentano realtà storicamente emergenti: la programmatrice Theora (da assistere, riflettere, pensare), i tirapiedi di Lynch, Mahler e Bruegel, ed il sintetico Max Headroom (= camera del cervello), video simulacro interattivo che ricalca Carter ed è destinato a rimpiazzarlo. Quel Carter che credevamo l'eroe, afflitto da problemi comunicativi. Questo procedimento, di relazione stretta tra Significante e Significato per il nome di un personaggio, è sintomo dell'emergere dello sfondo e di una voluta "messa in dettaglio" di fattori caratterizzanti dell'universo. Un universo che, nella Londra quasi dickensiana descritta nel film, dominata da potenti manipolatori di media (letali nel caso del Blip-vert) e dall'impero dei network (e Channel 23, dove lavora Carter, ha addirittura un jingle simile a quello di Canale 5) appare terribilmente labirintico. Inoltre, cosa fa Theora, quando guida Carter con il computer, se non mettere in opera una conoscenza locale, tramite l'occhio della camera e la mappa locale del banco dati? Cosa fa Carter, che si lascia guidare così, se non affidarsi ad una miopia teorica?

Si potrà inoltre mettere alla prova questa lettura strategica anche sul comportamento di un altro personaggio bambino dickiano: Peter Trilling (Arhiman) in GD. Egli ha dominio sul tempo ed anche accesso alla barriera, che appare come un "labirinto di alberi"; non solo, egli controlla anche ragni e serpenti: rete e spirale (Kereny, 1941), due sinonimi di labirinto. Ancora, Peter controlla anche i topi (ibid. 98).

A Barton - che perde subito il suo portafortuna, la bussola: diviene un viaggiatore sperduto nel dedalo - il Teseo della situazione, non resta che affidarsi alla memoria ed alla sua conoscenza locale per districarsi dal labirinto costituito dalla trasformazione della sua città natale. Un labirinto che è un campo di battaglia per le forze cosmiche di Ormazd e Arhiman, due strateghi impegnati in un conflitto che li vede immersi nel meccanismo di leader-follower: la legge cui sottostanno anche gli dei. Si noterà poi, che in questo romanzo la controparte di Peter, Mary, maneggia un piccolo golem come Theora "manovra" Carter in "Max Headroom". L'immaginario di Dick si rivela un modello per i successori: tutto fa credere che "Max Headroom" salti fuori da una storia di Dick. Persino la macchina del caffè che mette in imbarazzo chi si lamenta della qualità non eccelse del suo prodotto, o il kipple imperante nei suburbi londinesi. In fondo, l'universo dickiano è un universo in espansione.


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