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Le spade di Ausonia


"Mondi alternativi" n. 2, ed. Akropolis, '82, © '82, by Coop Edit. Akropolis (Napoli), 182 pagg., 7.500 £; prezzo remainders: 18 €

HEROIC FANTASY


Altri contributi critici: recensione di Claudio Asciuti, "Intercom" n. 33, '82, pag. 30


È, questa, la prima antologia di heroic fantasy italiana, pensata, originariamente, come una unica assieme a "I guerrieri di Ausonia", ma poi suddivisa in due volumi; dopo di queste, bisognerà aspettare quelle della Fanucci (vedi anche "Le armi e gli amori" e "Fantasia eroica italiana").

L'ed. Akropolis è (stata, penso), una delle tre o quattro mini case editrici di destra più o meno legate alla romana Fanucci, come la Arktos e le Edizioni del Graal, di cui de Turris parla in un'intervista apparsa sul numero 10 di "Dimensione cosmica", ma questa loro iniziativa è senz'altro da lodarsi, perquanto l'introduzione di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, "Mito, fantasia, fantascienza" (pagg. 5-28), e, poi, anche molto dei brevi saggi degli autori in appendice ai racconti siano pieni di sparate più o meno ridicole: "...dissacratori di maniera, cocchi di mamma dell'intellighentia marx-freudiana, abili ripetitori... untorelli del fantastico alla Zelazny..." (Voglino, pag. 119, e non è il peggio).

I testi sono due racconti lunghi e, l'ultimo, un romanzo breve.


-"La torre dell'astronomo", di Adalberto Cersosimo (anche in appendice a "Guerriere senza tempo", a cura di J.A. Salmonson, "I libri di fantasy" n. 21 (vecchia serie), ed. Fanucci, '88 e "Futuro Europa" n. 34, ed. Perseo libri, 2003; pagg. 29-65)-ordinato, dalla trama lineare, semplice, racconta una storia nitida; è un science-fantasy, il pianeta che vi fa da sfondo uno dei rifugi di un'Umanità dal passato glorioso ("L'uomo era il padrone della Galassia." (pag. 60)), ma poi sconfitta da alieni potentissimi ("Gli umani si spinsero sempre più lontano, finchè non incontrarono un nemico cupo ed invincibile." (idem)), il ripresentarvisi dei quali è il motivo della quest dei protagonisti, al mitico Astronomo, che "...veglia da sempre sul pianeta." (pag. 47).

Il saggio conclusivo dell'autore è "Il senso del meraviglioso" (pagg. 65-67)


-"Le quattro città", di Alex Voglino (pagg.69-117)-nel quale si racconta dei viaggi verso un torneo dei quattro prescelti, rappresentanti, appunto, delle quattro città dei popoli civili, in perenne assedio dei popoli liberi; uno scenario reso ancora più distante dal nostro dall'esservi "soli gemelli".

E, in questa ambientazione meta-storica, l'autore dice, appunto, di questi viaggi, che hanno, indubbiamente, molto del mitico, prendendo spunti qua e là da varie mitologie, come, per esempio, per i poteri di uno di questi prescenti, che non possono non ricordare la figura della mitologia nordica di Thor, che, nel finale, viene anche nominato; con molta magia, ed eventi straordinari.

E verte sulla valorizzazione del senso di rispetto verso sé stessi, nel non accettaremete e traguardi che non ci si sia realmente conquistati.

Il saggio conclusivo dell'autore è "Il patrimonio della fantasy autentica" (pagg. 117-119)


-"La corona di Elamira", di Gianluigi Zuddas (pagg. 121-77)-tutto tenuto su un divertente tono umoristico, racconta dell'incontro fra una bambina e un eroe sbruffone, ma tonto e neanche tanto bravo con le armi.

Eroe che vuole rubare la corona di Elamira, tenuta in una città dalla tipica connotazione: "...in essa vivono mostri e streghe, incubi, folletti infernali, draghi e negromanti!" (pag. 126); il comico, viene dal contrasto fra l'ingenuo realismo della ragazzina e la tracotante baldanza dell'eroe, la prima a sbrigarsela più che bene, nella situazione un pò complicata nella quale vanno a cacciarsi, il secondo a non imbroccarne una giusta, provocando un guaio dietro l'altro.

Anche l'ambientazione, un luogo molto chiuso, abitato da gente strana dalle abitudini ancor più strane, oltre a quel topos che abbiamo detto, lo colorano un pò di un orrore che, però, vi si stempera con l'arma dell'ironia.

Il saggio conclusivo dell'autore è "Una creazione vera" (pagg. 177-180), del quale mi sembra doveroso dire che dice cose molto giuste su ciò che è l'atto creativo: "...gli artisti, in tutti i campi, sono soprattutto rosi dalla necessità di comunicare in primo luogo con se stessi, e di ritrovare se stessi attraverso l'atto creativo." (pag. 178); "...la base di qualsivoglia atto creativo rimane sempre questa necessità di rendere solide e concrete certe cose, i sogni e le fantasie e le sensazioni, per raccontarle forse prima a se stessi che ad altri." (pag. 180).


Per concludere, se la riuscite ancora a trovare ("I guerrieri di Ausonia" era ancora in un catalogo di remainders al maggio 2002), è senz'altro una lettura divertente, al di là di ipotizzati intenti più o meno moraleggianti.

Il de Turris ed il Fusco, poi, nell'introduzione, dicono cose anche interessanti, accanto ad alcune decisamente troppo imbevute di quella cultura, dalle persone preparatissime che sono, in questo campo; soprattutto dicono molto bene che cosa sia, l'heroic fantasy, cosa che, probabilmente, viene data per scontata da molti, che, in realtà, non né conoscono l'essenza: "... "subcreazione" di mondi autosufficienti..." (pag. 18, basilare); "...ambientate in mondi medievali o barbarici..." (pag. 24); "..., (nei quali) il lettore può immergersi... in un flusso di compartecipazione e coinvolgimento senza dubbio superiore a quello di altri filoni di narrativa popolare." (idem, per quanto discutibile); "... il tipo di comprensione che del loro universo hanno i personaggi della heroic fantasy non è scientifico-detuttivo ma intuitivo... una logica che si basa su presupposti diversi da quelli comunemente accettati." (pag. 19); "... c'è un senso della dignità e del rispetto nei confronti del mondo vegetale e animale, che ricorda quello delle antiche società tradizionali e si contrappone all'attuale... il mondo della fantasia eroica... è un mondo che si può definire religioso, contrapposto a quello odierno ormai desecolarizzato... (vi) vengono esaltati i vincoli di consanguineità diretta..." (pag. 20); e, punto sul quale insistono molto, e sul quale, meglio, verte l'intero articolo: "La narrativa fantastica, la fantasy, è... l'unico genere letterario che oggi abbia funzioni e valori che una volta erano del mito.... (viene (veniva!!) indicata dai) critici impegnati e dai mass media... come la solita "fuga dalla realtà"" (pag. 22)

Praticamente vi si punta ad una valorizzazione dell'heroic fantasy dandole una nobile discendenza, dal mito stesso, e dicendo dei valori dei quali sarebbe, ed (anche) è, veicolatrice; e dicendo male, quindi, di una fantasy di pura evasione: "... un fantastico inteso soltanto come evasione, divertimento, passatempo... ovvero come estraniamento totale dalla realtà contemporanea, e quindi come contributo alla sua definitiva conservazione." (idem).

E, ovviamente, si dice anche dell'heroic fantasy italiana: "È ridicolo... accusare i nostri autori di non saper dire nulla di nuovo. Il nuovo si trova all'interno dei parametri classici della fantasia eroica: il nuovo può essere una "variazione sul tema" , oppure... l'adottare uno sfondo italiano del tutto inventato o che abbia contatti fittizi con la realtà storica." (pag. 26); nel quale il risaputissimo discorso del de Turris sulla "via italiana al fantastico" si va ad infrangere con l'immutabilità degli stilemi di questo sotto genere, che può certo essere innovato, ma con strappi, come abbiamo visto, difficilmente accettabili dai devoti; Zelazny (e Moorcock), insegnano.






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