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Triton und Zeit

Inserito Mercoledì 23 maggio 2007

Saggistica di Claudio D'Ettore

"Triton" (Triton, '76), "I libri di Robot" n. 8, ed. Armenia, '78, traduzione di Franco Gianbalvo, "Cosmo oro" n. 149, ed. Nord, '96, (c) '76, by Franco Gianbalvo, 393 pagine;




Nell'introduzione a "Che cosa significa pensare?" di Martin Haidegger Vattimo ritiene che l'autore degli "Holzwege" pensi la condizione dell'uomo nell'epoca della metafisica compiuta come una condizione di estremo pericolo.
Tuttavia la Kehre tra il primo e il secondo Heidegger scandisce il passaggio a una visione ontologica del rapporto dell'uomo con il suo destino. La gettatezza dell'esserci nella storia è autentica, secondo "Sein und Zeit" solo progettandosi come l'essere-per-la-morte, ma la deiezione dell'esserci nel quotidiano, per la volontà di potenza della tecnica, getta nell'oblio questa possibilità.
L'esserci è incatenato alle cose intramondane e "l'anticipante farsi libero per la propria morte" si conclude nella relazione dei soggetti a pure funzioni di questo mondo, tagliata come virtuale e intangibile possibilità, perché il mondo della pianificazione e della organizzazione totale è il mondo della rimozione della storicità. Gli eventi in quanto precalcolati non sono mai nuovi né veri; il soggetto pare privato della progettazione autentica della propria morte, in quanto affermazione della vita come vita.
Solo la memoria, il raccoglimento del rimemorare per il secondo Heidegger libera all'uomo la possibilità ultima di un rapporto con l'essere, altro dalla semplice presenza dell'ente, in un rapporto inesauribile.
Heidegger dice, ripetendo un famoso passo di Nietzsche, che il deserto cresce. Il che vuol dire che l'inaridimento è in espansione; l'inaridimento che è più inquietante della distruzione perché impedisce ogni crescita futura e ogni costruzione. Heidegger comunica ai suoi allievi: "L'inaridimento della terra può andare di pari passo tanto con il raggiungimento di un più alto tenore di vita dell'uomo, quanto con l'organizzazione di una condizione uniformemente felice di tutti gli uomini. L'inaridimento può coincidere con entrambe le cose e circolare ovunque nel modo più inquietante perché è capace di nascondersi.
L'inaridimento è l'eliminazione di Mnemosyne, eliminazione che si sta svolgendo a pieno ritmo. "
Delle affinità legano il romanzo di Samuel Delany ad alcuni nodi tematici di Heidegger. L'ossatura di "Triton" è senz'altro grandiosa, volendo edificare tutto un mondo futuro, in una impressionante analitica, sotto il segno dell'eterotopia, (come dice il sottotitolo "Un'ambigua eterotopia") in una linea inaridente la parola.
"Le eterotopie inquietano perché minano segretamente il linguaggio", dice Foucault, nell'introduzione a "Le parole e le cose". L'eteroclito inpedisce di trovare uno spazio comune, di definire un luogo comune.
Sotto il segno di una possibilità inafferrabile scorre tutto il romanzo, nel rapporto ineluttabile e irrealizzato tra Bron Helstrom e La Spiga.
Il paesaggio sociale offre le più varie libertà di scelta che solo il meriggio della tecnica potrebbe offrire: infinite religioni, ringiovanimento del corpo, cinquanta o sessanta sessi base, possibilità di cambiarlo in pochissimi giorni come di cambiare preferenze sessuali, ecc.
Tuttavia il protagonista afferma piangendo: "Cosa succede a quelli come me che hanno problemi e non sanno perché li hanno? Cosa succede a quel poveraccio che, pur volendo, ha perso qualsiasi collegamento con la ragione organizzata, fino all'atrofia. Basta decidere cosa si vuole per ottenerlo? Bene, che dire allora di quello che sa solo ciò che non gli piace?"
È il riconoscimento inaridito della mancanza, in termini heideggeriani, il lamento della metafisica compiuta, che ha dimenticato in tutto l'essere.
Bron Helstrom ricerca l'essere dell' essente. Lo cerca sbagliandosi ancora, credendo di avvicinarvisi, congiungendosi all'oggetto della passione, immedesimandosi, cambiando sesso, mentre una guerra inesplicabile terrorizza e stermina i pianeti e i satelliti colonizzati del sistema solare.
Bron terrorizzato dalla morte che dà la guerra, intraprende proprio una ricerca dell'essenza (Wesen), dell'evento (Ereignis) dell'essere, secondo una controfinalità di una disperazione in cerca di parole per esprimerne adeguatamente le mosse. Ma le parole sfuggono, non rimane scritto che un balbettio furioso.
Il romanzo, a sua volta, termina nel terrore, nel panico di un'assenza radicale di risultati, nel silenzio intorno a cui gravita fin dalla prima pagina.
Mnemosyne (la Memoria) è stata liquidata, resa muta non tanto dall'afasia di Helstrom, quanto dall'esito destinale del mondo della tecnica.



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