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Isabella Santacroce: intervista all'autrice di ''V.M. 18''

Inserito Venerdì 13 luglio 2007

Interviste a cura di Giuseppe Iannozzi




Isabella Santacroce




1. Non ti chiederò chi è Isabella Santacroce. Oramai lo sanno tutti che sei l’autrice di romanzi culto, “Fluo”, “Destroy”, “Luminal”, “Lovers”, “Revolver”, “Dark Demonia” e “Zoo”. Ti chiedo invece come, e quanto, è cambiata Isabella rispetto agli esordi. Ti chiedo d’illustrare la tua maturazione artistica, e anche quella personale se vuoi.

Non è vero che tutti sanno, è vero però che tanti inventano. Mi è capitato di leggere buffe storielle in internet che di me parlano dicendo idiozie, oltre a ciò mi è capitato di postare un messaggio in questo spazio dall’insolito nome, ovvero Nazione Indiana, e qualcuno ha gridato a Isabella di togliersi dai coglioni. Mi capita anche di ricevere mail in cui mi si augura dolcemente di morire, oppure mi capita di esser simpaticamente minacciata di morte. Inoltre dall’uscita di V. M. 18 tanti sono stati gli insulti a me rivolti, tante le punizioni a me stupidamente inflitte, una lista lunghissima di punizioni ridicole. Non ha senso spiegare quanto è cambiata Isabella rispetto agli esordi, è invece per me importante spiegare cosa non è cambiato di Isabella rispetto agli esordi. Non è mia intenzione divenire comoda, fingere, divenire codarda, opportunista, furba, ipocrita. La letteratura, è per me una verticale verso la luce, una scalata verso la bellezza, un’esaltante fatica che mi vedrà giungere in cima, toccare con le mani quella luce. Che si affatichino gli stolti gridandomi idiozie, inventandosi menzogne, io non li sento. C’è qualcosa di estremamente grande nell’esistenza, e io vivo per giungere a quell’estremamente grande. Dedicherò la mia vita alla letteratura, e anche la mia morte.



2. “V. M. 18” è il secondo romanzo che esce per Fazi editore dopo “Zoo”. Una fatica di ben cinquecento pagine quasi, eppure non pesa la lettura: la storia scorre liscia, elegante anche quando illustra nei dettagli nequizie d’ogni sorta. Innanzitutto: perché il tuo romanzo porta l’esplicito titolo, “V. M. 18”? A chi o a che cosa ti sei ispirata per scrivere questa storia, che è sadica, libertina, anche violentemente anarcoide, ma sempre in un linguaggio raffinato, così tanto da rasentare il decadentismo dannunziano?

Io sempre e solo alla vita mi ispiro, è lei a parlarmi. Un corpo enorme che mi siede di fianco, continuamente. Parlo di vita, non di realtà. La realtà mi disgusta, mi disgusta quel suo rumore incessante che produce polvere coprendo la vita. Scrivendo è mio desiderio azzittire quel rumore. Ho detto che quando scrivo mi ritrovo come Turner legata all’albero maestro di una nave che sta attraversando l’occhio di un ciclone durante una tempesta, provando il sentimento del sublime, ossia ciò che si prova di fronte all’infinitamente grande, come ad esempio ad uno spettacolo straordinario della natura. Non mi interessa la quiete, io ricerco il maremoto. Non mi interessa la falsità, io ricerco la verità. Non mi interessa la pusillanimità, io ricerco l’ardimento. Non mi interessano gli umani pregiudizi, io ricerco l’umana grandiosità. Ho intitolato V. M. 18 il mio libro perché narra ciò che solitamente viene considerato vietato ai minori, quindi le quattordicenni protagoniste diventano minorenni vietate ai minori: credo nell’importanza di sfigurare i codici morali abbellendoli di nastrini colorati.



3. Non bado quasi mai alle dediche che sono stampate sui romanzi: questa volta sì, “A Dio Onnipotente, mio marito”. Chi è Dio per te, e quanto c’è di Dio in “V. M. 18”? E ancora: possibile che “V.M. 18” esprima un’idea, una religiosità anarchica?

Per questa mia idea religiosa della letteratura, perché come una suora diventa moglie dell’Altissimo, anche io lo sono divenuta. Grazie anche a suddetta mia risposta, un’intervista da me rilasciata a un quotidiano nazionale non è stata pubblicata, grazie anche a sunnominata mia risposta nuovi insulti. Ma è questo quello che io sento, e non è mia intenzione dire ciò che non sento solo per timore d’essere derisa o condannata.  Nella mia vita Dio è sempre presente. Sono stata per anni in compagnia di suore, una di loro mi ha insegnato a scrivere. Ho trascorso con loro cinque anni della mia vita, quando dodicenne ho dovuto lasciarle ho iniziato a combattere. Erano per me un luttuoso fumetto di stravaganze, un surreale che mi allontanava dalla minacciosa mediocrità e falsità del reale. Passare l’estate in convento, trascorrere interi pomeriggi nella chiesetta davanti a Gesù Cristo in croce, ai ceri accesi, al profumo di incenso che c’era nell’aria, alla madonne incoronate, è stato per me importante, ed è stato per me importante conoscere suor Maria, le devo tutto. Io sono nata vivendo al buio, grazie a lei ho visto la luce.  



4. Desdemona. Lei è il tuo nuovo personaggio. Una bad girl. Un angelo di sensualità, di libidine, di libertinaggio, di forti appetiti sessuali, così forti da non disdegnare d’accoppiarsi anche con degli animali. Il fallo è la sua religione, la sola cosa per cui valga la pena di vivere, perché vivere è godere per Desdemona. E’ fare tutto quello che gli altri, che i borghesi non fanno perché timorosi di Dio, o più semplicemente della moralità che gli è stata inculcata dalla società. Desdemona è una fanciulla in lotta contro la società, contro il perbenismo di facciata. Quanto c’è di Desdemona in Isabella? E in maniera più brutale: la giovanissima Desdemona è l’alter ego di Isabella la scrittrice?

Ciò che voglio è portare il lettore al coraggio, e il fallo non è affatto la religione di Desdemona, lei desidera raggiungere il suo capovolto universo, un universo intriso di bellezza e eroismo. L’eroismo è la religione di Desdemona. Per lei Gesù Cristo è l’emblema dell’eroismo, Dio grandezza alla quale ispirarsi. Desdemona è in lotta contro la pusillanimità, contro le vive-morti, Desdemona è un urlo fortissimo. E poi non c’è nulla di più riprovevole di uno scrittore che si sente nel giusto spiegando il perché di un suo romanzo, io in questo momento sono riprovevole. Logicamente io sono Desdemona, anche dicendo questo sono riprovevole.



5. Cassandra e Animone insieme a Desdemona formano una Trinità, che non esita di fronte a nulla pur di ottenere il Piacere: che cosa è il Manifesto Delle Spietate Ninfette? Ed esistono nella realtà di tutti i giorni “ninfe” così tanto pervertite, o è invece più giusto pensare che le ragazzine di oggi sono innocenti proprio come vogliono apparire di fronte alla società, genitori inclusi?

In loro non è presente una ricerca del piacere, prima parlavo d’eroismo. Loro questo perseguono. eroe è per me colui che ricerca la verità, loro lo fanno sfigurando i codici morali, capovolgendoli. V. M. 18 è una sorta di tragedia senecana, dove esiste un ribaltamento dei punti di vista e dove ciò che solitamente viene considerato illegittimo diviene legittimo. In V.M. libero gli istinti umani più feroci dalla camicia di forza sociale, quello che è stato dall’uomo sacrificato in nome della morale ritorna all’ennesima potenza. La natura crudele dell’uomo è illuminata da una luce fortissima, per questo il libro può essere considerato osceno. Osceno in quanto mostra il fuori dalla scena, per il suo svelare, denudare, scoprire, portare al sole. Non è importante sapere se esistono ninfe così perverse, almeno non per me.



6. “V. M. !8” dispone un qualche manifesto sociale, religioso, politico? Dà delle indicazioni di vita, così come farebbe una bibbia?

C’è chi ha parlato di nuova bibbia, non devo essere io a dire se il libro dona indicazioni di vita. Io mostro, chi guarda pensa.



7. La masturbazione. Ha un ruolo non poco importante l’auto-erotismo nel tuo romanzo. Che è dedicato a Dio Onnipotente, tuo marito. L’onanismo è condannato dalla Chiesa e dalla Bibbia: mi sa che tuo marito in questo momento, forse a seguito della dedica, sia leggermente adirato… Tu, che dici? Non temi che la Chiesa, o qualche altra istituzione, possa scagliarsi contro “V. M. 18”?

Detesto il timor di Dio, io non temo nulla perché conosco il terrore. Se conosci il terrore devi decidere se ucciderti o combattere. Io ho scelto di combattere. Ho un rapporto con Dio molto intenso, lui è l’unico ad esserci sempre, a darmi forza, e se veramente credi in Dio non puoi temerlo. Se lo temessi non crederei in Lui, e Lui non crederebbe in me. Se avessi timore di Lui, allora mi punirebbe. C’è chi si avvicina ad una interpretazione religiosa dell’esistenza solo per spavento, e in quel caso la vita in Dio diviene solo una creazione della paura. Io vedo chi si genuflette davanti all’Altissimo per timor di finire all’inferno. Questo mi disgusta, e sono certa che anche Dio  provi disgusto. questi miei pensieri saranno creduti folli, assurdi, perché bisogna essere tutti uguali davanti al nulla, tutti annichiliti dentro il nulla.



8. A livello emozionale, che cosa hai provato mentre scrivevi “V. M. 18”?

Provo quando scrivo il sentimento del sublime, dell’essere di fronte a uno spettacolo straordinario della natura. Con V. M. 18 mi sono ritrovata di fronte a un maremoto, ero appoggiata su quel maremoto. Così come ho già spiegato, legata all’albero maestro di una nave che attraversa una furiosa tempesta. Ero lassù e la guardavo, la sfidavo, divenivo come lei.  Mi è successo di avere paura, questo mentre scrivevo le pagine 415, 416, 417, 418, 419, 420. ho terminato di scrivere la pagina 420 alle cinque del mattino, alle dieci ero ancora sveglia. Non sono riuscita a dormire. Il libro è stato scritto in undici mesi. Iniziavo a scrivere alle undici di sera, smettevo verso le sei del mattino.



9. Lewis Carroll e D.A. Sade, due autori che potrebbero trarre in inganno: il primo molto candido all’apparenza, il secondo molto truculento, sono poi in fondo tutto il Bello e il Brutto che è nell’animo di Desdemona. Mi spiego meglio: Carroll amava le bambine, quelle che più tardi Nabokov avrebbe indicato come ‘lolite’ (Morton Cohen, nel suo Lewis Carroll, a Biography, 1995, scrive: “Non possiamo sapere fino a che punto la preferenza di Charles per i bambini nei disegni e nelle fotografie nasconda un desiderio sessuale. Lui stesso sostenne che tale preferenza aveva motivi puramente estetici. Ma dato il suo attaccamento emotivo ai bambini e il suo apprezzamento estetico per le loro forme, l’affermazione che il suo interesse fosse strettamente estetico è ingenua. Probabilmente sentiva più di quanto volesse ammettere, anche a sé stesso. Certamente, cercò sempre di avere un altro adulto presente quando soggetti pre-pubescenti posavano per lui.”); Sade invece è quasi innocente per il suo tempo, tant’è che Simone de Beauvoir ha ravvisato nello scrittore le prime tracce d’una filosofia radicale per una libertà in una radice esistenzialista, e Guillaume Apollinaire indicò addirittura il Divin Marchese come “lo spirito più libero che sia mai esistito”. In febbraio, correva l’anno 1791 d.C., in una lettera alla moglie, il Divin Marchese così scriveva: “Sì, sono un libertino, lo riconosco: ho concepito tutto ciò che si può concepire in questo ambito, ma non ho certamente fatto tutto ciò che ho concepito e non lo farò certamente mai. Sono un libertino, ma non sono un criminale né un assassino.” E’ un discorso che io ho iniziato… continualo tu se ha un senso, uno che sia attinente con il tuo ultimo romanzo che è, a mio avviso, la summa di tutte quelle libertà che hai innescato e fatto esplodere nei tuoi precedenti lavori.

Sia Carroll che Sade sono per me essenzialmente due distruttori. Carroll distrugge la realtà, Sade il sentimento. Io in V.M. 18 distruggo il sentimento e la realtà, e distruggo anche la paura: per creare bisogna prima distruggere.



10. Quale comportamento non terresti mai in vita tua, pur avendo avuto il coraggio di pensarlo? E Desdemona, c’è qualcosa che non farebbe mai? Motiva la risposta, per cortesia.

Non mi inoltrerei mai nella codardia, preferisco uccidermi che inoltrarmi nella codardia. Preferisco ricevere questi deliziosi insulti, queste deliziose minacce di morte, queste deliziose derisioni, questa deliziosa solitudine. Perciò anche Desdemona mai s’inoltrerebbe nella codardia. Da quando sono diventata scrittrice tanto ho scoperto dell’umana razza scrivente, ho saputo cose raccapriccianti. Ho saputo di scrittori maschi ultratrentenni e ultraquarantenni e in certi casi pure sposati e con figli che tranquillamente si fottono le loro lettrici e anche lettori minorenni. Ho conosciuto un ragazzino che è stato sodomizzato da diversi miei colleghi maschi “etero”. Ed è davvero buffo che proprio queste belle personcine riescano poi a condannarmi, a puntare il loro indice. Che fantastici moralisti!



11. Isabella, su diversi giornali sei apparsa in pose piuttosto discinte e provocatorie. Un gran bel vedere, per Dio, non dico di “no”, non io. Ma facendo la parte del cattivo-bastardo, ora ti chiedo: il tuo bel corpo che cosa c’entra con i romanzi che scrivi?

Come puoi chiedermi cosa c’entra? Nell’intervista che ho pubblicato sul mio blog io scrivo questo: Credo sia arrivato il momento di ritornare alle grandi e magnifiche fatiche dell’artista, a queste scalate verso la bellezza. Per questo motivo ho bisogno di sentire il mio corpo possente, perché poi la sua potenza arriverà alla scrittura.
Vado quasi ogni giorno in palestra, e per V.M. 18 mi sono allenata moltissimo.
Leggendo questa mia risposta credo sarà semplice capire il rapporto che ho con il corpo che possiedo. Io esibisco la mia carne, e la mia carne è ovunque nei miei libri. Il mio corpo è un alfabeto di carne. Il mio corpo è il primo libro che ho scritto. Io pubblico il mio corpo, corpo che mi permette di esistere e di scrivere.



12. Qual è la tua idea di letteratura? A chi oggi guardi con interesse nel panorama letterario contemporaneo internazionale? Per cortesia, motiva la risposta.

Ho già detto che ho un’idea religiosa della letteratura. potrei riempire pagine con questa frase. La letteratura per me odora d’incenso, la letteratura per me è un crocefisso enorme, io davanti genuflessa. non guardo con interesse nessuno nel panorama contemporaneo internazionale. Nemmeno me stessa.



13. Progetti per il futuro, a livello artistico: puoi accennare qualcosa?

Scrivere, sfondare nuove porte. continuare la mia scalata verso la bellezza, fissare quella luce che so esistere, sperando di raggiungerla.



14. Conia uno spot, sì, proprio uno spot pubblicitario per “V. M. 18”, che spinga i lettori alla curiosità verso il tuo libro e quindi (forse) all’acquisto con soddisfazione.

No, non voglio spingere nessuno. Detesto chi spinge, e chi cerca di incuriosire. L’erotismo infatti non mi piace, preferisco la pornografia. L’erotismo è chiudere gli occhi. La pornografia spalancarli.



15. Che ne pensi del sottoscritto? Ovviamente puoi avvalerti della facoltà di non rispondere, ma non di quella di incenerirmi con lo sguardo, così su due piedi.

Mi avvalgo della facoltà di non rispondere perché non ti conosco. E poi perché dovrei incenerirti?


Grazie, Isabella: sei stata molto disponibile e gentile.


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