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VITA IN LETTERE - Luglio 2009
Inserito Giovedì 03 settembre 2009
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di Roberto Sturm
Libri acquistati: Chesil Beach (McEwan), Trilogia della città di K. (Kristoff), American Psyco (Ellis), Orizzonte mobile (Del Giudice), I ciccioni esplosivi (D’Afro);
Libri letti: Il porto delle nebbie (Simenon), Trilogia della città di K. (Agota Kristof), Orizzonte mobile (Del Giudice)
Ho cominciato il mese estivo con Simenon. Era il primo libro che leggevo sulle indagini del Commissario Maigret. Sconsigliato da parecchie persone ad intraprendere questo filone, mi sono incuriosito per le belle parole spese con me da Franco Ricciardiello durante una sua visita ad Ancona.
Devo dire che Il porto delle nebbie non mi ha entusiasmato come altri romanzi dell’autore belga. Se anche lo stile è ottimo, sempre attuale e godibile, se la sua facilità di scrittura è sempre evidente, se le sue trame sono sempre lineari ma mai scontate, in questo romanzo manca il tratteggio approfondito della psicologia dei personaggi. Caratteristica principale di tutti gli altri romanzi noir di Simenon, di cui è maestro. Se la suspence è sempre presente, non è assolutamente paragonabile, ad esempio, a un romanzo come La neve era sporca, opera paragonabile ai grandi classici del novecento.
Lì sono i personaggi, e non solo il protagonista, che imboccano la strada di un progressivo deterioramento psicologico, dovuto all’invischiarsi in situazioni che diventano sempre più estreme così come i comportamenti degli attori del romanzo. E la suspence sta proprio qui, nell’osservare l’involuzione della psiche degli uomini e delle donne, non nella scoperta del colpevole. In una storia che sottolinea sempre, e senza possibilità di redenzione, una società abietta e ipocrita.
Splendida sorpresa il romanzo di Agota Kristof. Non conoscevo affatto questa autrice ma ne avevo sentito parlare bene da diverse parti. Soprattutto di questo romanzo. Trilogia della città di K. è una trilogia cruda, crudele, geniale nella costruzione. L’autrice finge di volerti portare fuori strada, eppure il lettore non “sbanda” nella lettura, riesce a tenere bene a mente la vicenda e capisce che i diversivi dell’autrice non sono altro che espedienti per aumentare la curiosità per la trama. Se l’ambientazione non è nuova, un paese dell’est non meglio identificato, una guerra/rivoluzione sedata da un paese amico, è la storia dei gemelli Lucas e Klaus che intriga, che attraversa tutta la vicenda in un susseguirsi di situazioni sempre più complicate di come appaiono a prima vista. Si parla di guerra, di rivoluzione, di amore (genitoriale, fraterno, sessuale), di rapporti interpersonali in uno sfondo così surreale da risultare drammaticamente reale. Una scrittura scarna, dicevo, che lascia all’immaginazione del lettore la creazione dell’ambientazione, dei paesaggi, dei personaggi. Uno stile più che essenziale, che non lascia niente al caso e niente di sospeso. Come il finale, che ricuce tutti i fili, i tanti fili che si erano dipanati durante la narrazione.
Il libro di Daniele Del Giudice. Orizzonte mobile, era l’indiziato numero uno per lo “Strega” di quest’anno. Talmente indiziato che l’autore, infastidito dalle notizie dei media che lo davano come vincitore scontato e predestinato, lo ha ritirato dalla competizione. Un atto di coraggio, di etica narrativa che non può che fare onore allo scrittore. Si sa che il Premio Strega è una sorta di titolo che media tra diverse case editrici, scrittori, addetti ai lavori. Spesso non vince il più bello, ma rimane sempre uno dei premi letterari più ambiti in Italia.
Un romanzo/documentario che ripercorre una vecchia e una “nuova” spedizione. La nuova una spedizione singola dell’autore che (ri)torna verso il Polo Sud attraverso il Cile, l’Argentina, la Terra del Fuoco.
Le metafore sono tante, il Polo, terra estrema, come la vita, i membri delle spedizioni alla ricerca della sopravvivenza in condizioni apparentemente intollerabili, il paesaggio di ghiaccio come un eterno deserto interiore (mi si perdoni l’ossimoro e il linguaggio ballardiano) e tanto altro. Un documento sul paesaggio affascinante quanto estremo dei ghiacci (quasi) eterni, di condizioni climatiche apparentemente inaffrontabili, di scienziati che per i loro esperimenti affrontano mesi e mesi di solitudine.
E tra tutto questo Del Giudice riesce anche a fare riferimento al golpe di Pinochet contro il governo Allende, un golpe, che come tutti sappiamo, ha rovesciato un governo eletto democraticamente. Un golpe che ha mietuto centinaia di migliaia di vittime. Di desaparecidos. Un golpe voluto e attuato dai militari cileni più che con la benedizione degli Stati Uniti: con il loro aiuto diretto.
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