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Una parabola sulla franchezza

Inserito Lunedì 21 giugno 2004

Saggistica

Seguita da alcuni pensieri sulla privacy, la sicurezza e la sorveglianza nell'era informatica

A Parable about Openness followed by Some Thoughts on Privacy, Security and Surveillance in the Information Age

David Brin



Il giardino della franchezza

I miti della Grecia antica narrano di un contadino, Akademos, che fece un favore al dio del sole. In cambio, Apollo fornì al mortale un giardino in cui egli poteva dire tutto ciò che gli pareva, anche riguardo ai potenti abitanti dell'Olimpo, senza alcuna paura di conseguenze. Ispirati da questa storia, ina delle prime allegorie sulla libertà di parola, i cittadini della Atene di Pericle erano soliti riunirsi nell'Accademia per dibattere apertamente sui problemi del giorno.

Ebbene, la favola di Akademos mi ha sempre lasciato interdetto per quanto riguarda un aspetto particolare. Com'era possibile che un mortale si fidasse del fatto che le divinità greche, notoriamente mutevoli, inaffidabili e vendicative, mantenessero la promessa? Soprattutto dopo che qualche umano impudente aveva iniziato a raccontare i colpi bassi di Zeus? Apollo avrebbe potuto porre barriere impenetrabili attorno alla radura di modo che nessun dio si sarebbe potuto sporgere. Ma Akademos avrebbe avuto ben pochi visitatori che si sarebbero uniti a lui ad accucciarsi sotto le mura in ombra.

L'alternativa sarebbe stata di dotare Akademos di un equalizzatore, un qualche modo di rafforzare la promessa degli dei: quell'equalizzatore sarebbe potuto essere stato solo la conoscenza. Ma di questo ne parliamo tra un momento.

Come se la cavarono gli ateniesi nel loro esperimento dal vivo con la libertà di parola? Purtroppo la democrazia e la franchezza erano concetti nuovi e difficili. Lo schietto Socrate alla fine pagò un duro prezzo per il suo candore nell'Accademia. Al che Platone, il suo studente, ottenne una vendetta paradossale denunciando la franchezza e reclamando invece un governo stretto di una élite illuminata. Il consiglio di Platone servì a giustificare innumerevoli tiranni nei millenni che seguirono.

Attualmente la visione democratica sta affrontando un nuovo giro di prova: L'odierna accademia si estende ben al di là delle più importanti università della terra. In tutto il mondo, a milioni hanno iniziato ad accettare il concetto ardito che il disaccordo non è tossico. La libertà di parola è vista in modo crescente come la fonte migliore per la critica, l'unico antidoto pratico ed efficace all'errore.

Capiamoci bene; si tratta di una lezione difficile, soprattutto perché ognuno di noi, potendo, sarebbe un tiranno (alcuni con le migliori intenzioni). Ben poche cose nella storia, o nella natura umana, ci preparano per il compito che dobbiamo affrontare, vivendo in una tribù di sei miliardi di cittadini eguali, ognuno guidato dal proprio volere sovrano, amministrati in modo sciolto da capi che abbiamo eletto, sotto regole giuste che abbiamo fatto dopo duri negoziati tra di noi. Qualsiasi altra generazione avrebbe pensato che sarebbe stato un'ambizione impossibile, anche se si è battuta una schiera infinita di antenati, portandoci al punto di poter provare.

Anche tra coloro che fanno giuramento di fedeltà a questa nuova speranza, c'è una lotta amara su come resistere meglio ai vecchi dei della collera, della bigotteria e dell'oppressione... tutti spiriti che non risiedono su un picco della montagna, ma nel cuore di ogni uomo e di ogni donna che cerca di ottenere potere alle spese degli altri. Forse i nostri discendenti saranno abbastanza maturi da poter frenare questi impulsi da se stessi. Nel frattempo dobbiamo fronteggiare coloro che razionalizzano il furto della libertà, dichiarando che è loro dovere, o che è per il nostro bene. In altre parole ci troviamo di fronte allo stesso problema che ha dovuto affrontare Akademos.

Secondo alcuni campioni di libertà, degli schermi di sicurezza porranno la gente comune sullo stesso piano dei potenti. La privacy deve essere definita da regole o strumenti che aumentino il mascheramento. Un'ala di questo movimento vorrebbe creare commissioni sulla privacy di stile europeo, approvare una miriade di leggi ed inviare impiegati per sorvegliare cosa potrebbe essere a conoscenza di dottori, multinazionali e infine individui. Un'altra ala di Forte Privacy preferisce tecnosistemi libertari: attrezzare gli individui di una anonimia crittografica e cibernetica. Entrambi le ali dichiarano che dovremmo costruire mura alte per salvaguardare ogni giardino privato, ogni santuario della mente.

Questo mito moderno ampiamente diffuso ha un richiamo intuitivo; e posso solo replicare che è stato provato con neanche un esempio di un patto basato su questo principio che funzioni.

C'è un modo migliore, un metodo che è largamente responsabile del rinascimento che stiamo vivendo. Invece di cercare di accecare i potenti (uno degli scopi più futili che esistano) abbiamo enfatizzato la potenza della franchezza, dando ai liberi cittadini conoscenza e capacità senza precedenti di sostenere élite giustificabili. Ogni giorno proviamo che funziona, chiedendo in modo rumoroso di sapere, piuttosto che cercando di fermare altri dal sapere (non è forse molto più facile verificare che uno sappia qualcosa piuttosto che verificare che qualcun altro sia ignorante?)

Viene chiamata responsabilità, una luce che può brillare anche sugli dei dell'autorità. Sia che si riuniscano sulle vette olimpiche del governo, o tra le correnti spumeggianti del commercio, o nell'ombra della criminalità, non potranno ferirci fintanto che saranno trafitti dal suo bagliore. La responsabilità è l'unica difesa che protegge veramente la libertà di parola, in un giardino che rimane orgogliosamente senza mura.

Quis custodient ipsos custodes?

Alcune riflessioni non convenzionali sulla privacy, la sicurezza e la sorveglianza nell'era informatica.

Il dibattito moderno sull'informazione e su chi la controlli inizia con un paradosso.

1. Ognuno di noi comprende che la conoscenza può essere potere. Vorremmo sapere il più possibile su persone e gruppi che vediamo come una minaccia... e vorremmo che i nostri oppositori sapessero poco di noi. Ciascuno di noi prescriverebbe armature per i buoni e la nudità per il proprio peggior nemico.

2. La critica è il miglior antidoto all'errore. Eppure molte persone, soprattutto le più potenti, cercano di evitarlo. I capi delle civiltà del passato sfuggivano dalla critica schiacciando la libertà di parola e l'accesso pubblico all'informazione. Questo a volte li aiutava a stare al potere, ma di solito portava anche orribili spropositi nella scienza politica.

3. La nostra potrebbe essere la prima civiltà ad evitare sistematicamente questo ciclo, le cui radici sprofondano nella natura umana. Abbiamo imparato che poche persone sono abbastanza mature da mantenersi responsabili. Ma in una società aperta dove scorre la critica, gli avversari si scagliano con furia sui reciproci errori. Ci facciamo l'un l'altro il favore della critica reciproca (anche se raramente viene sentito personalmente come un favore!)

Quattro grandi innovazioni sociali stimolano il nostro benessere e la nostra libertà senza precedenti: scienza, giustizia, democrazia e liberi mercati. Ognuna di queste arene di responsabilità funziona al meglio quando tutti i giocatori ottengono un libero accesso all'informazione. Ma il barare è sempre un problema per la (1) e la (2) più sopra. E' un paradosso, lo so.

Mentre nuova sorveglianza e tecnologie dei dati pongono sfide fastidiose, potremmo essere abbastanza saggi da fermarci a ripensare ciò che ha funzionato fino ad ora. La responsabilità reciproca (un potere ampiamente condiviso per far luce, anche sui potenti) è la meraviglia misconosciuta della nostra era, che fornisce anche agli eccentrici e alle minoranze di rafforzare la propria libertà. Dovremmo rottamare gli strumenti migliori della civiltà in favore di una moda passeggera sulla segretezza?

Trasversalmente allo spettro politico, un movimento per una "Privacy Forte" afferma che la libertà e la privacy personale sono difese in modo migliore dall'anonimato e dalla codifica, o elaborando leggi che restringano i gruppi o gli individui a cui sarebbe permesso di conoscere. Questo approccio potrebbe apparire allettante, ma non ci sono esempi storici che dimostrino che abbia funzionato.

La Privacy Forte porta un pesante onere della prova allorché si dichiara che un mondo di segreti proteggerebbe la libertà, ed anche la privacy, in modo migliore di ciò che ha funzionato fino ad ora, l'apertura totale.

Senza dubbio è un onere della prova che a volte si può sopportare! Di certo ci sono circostanza in cui la segretezza è la sola risorsa: nel nascondere la località di rifugio di mogli maltrattate per esempio, o nel difendere con forza i registri psichiatrici. Questi esempi si trovano ad una estremità di una scala scorrevole la cui misura primaria è la quantità di danno che un brano di informazione potrebbe con una certa plausibilità arrecare, se venisse diffuso in modo scorretto. All'altro capo della scala, sembra che le tecnologie richiedano dei cambiamenti nella nostra definizione di privacy. Quale condimento usi potrebbe essere di dominio pubblico così come che colore di maglietta usi quando esci... in un modo noiosamente innocuo.

La cosa importante da ricordare è che chiunque reclami un diritto a mantenere segreta qualcosa sta reclamando anche un diritto a negare la conoscenza agli altri. C'è un conflitto interno! Si deve usare un criterio per definire questo scambio e le persone più sensibili sembrano concordare che questo criterio dovrebbe essere un danno reale o plausibile, non il semplice fatto che qualcuno voglia o meno mantenere segreti i dati personali.


Titolo originale A Parable about Openness, followed by Some Thoughts on Privacy, Security and Surveillance in the Information Age

Traduzione italiana Danilo Santoni

(c) 2001 David Brin, non è permesso alcun utilizzo di questo testo senza l'autorizzazione dell'autore



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