recensione di Marco Mocchi
Richard K. Morgan, BAY CITY (Altered Carbon, 2002) Editrice Nord,
Milano, 2004 (pagine 514, € 17,59, trad. Vittorio Curtoni)
Bay City è una metropoli tecnologica e decadente del XXV secolo, centro
economico di una Terra che ha allargato i suoi confini nel sistema solare. La
coscienza di ogni umano, alla nascita, viene digitalizzata ed immagazzinata in
una “pila” corticale impiantata nel sistema neurologico dell’individuo, in modo
da continuare a registrarne emozioni, sensazioni ed esperienze. Il corpo non è
che un contenitore, un appendice non vincolante, una “custodia”, che può essere
sostituita da un altro corpo umano, da una copia dello stesso corpo clonato o
addirittura da una copia sintetica. Una “custodia” che può essere modificata,
alterata, potenziata biologicamente e chimicamente, per assecondare esigenze
particolari. Carbonio alterato, sintetizza efficacemente il titolo
originale del romanzo.
Takeshi Kovacs è un ex-soldato appartenente al Corpo di Spedizione,
un’organizzazione militare deputata a mantenere la pace nel sistema solare, che,
anziché ritrovarsi imprigionato digitalmente per scontare una pena secolare, si
ritrova a Bay City, a centottanta anni luce dalla sua colonia d’origine,
“reimmagazzinato” in un nuovo corpo. Il corpo “potenziato” di un ex poliziotto,
che a sua volta sta scontando una pena digitale in un carcere virtuale,
necessario per compiere una missione rischiosa e a prima vista paradossale, al
termine della quale avrà la libertà.
Kovacs è assunto da Laurence Bancroft, uno dei personaggi più potenti del
pianeta Terra, per scoprire la verità sulla sua “morte” (la morte del suo corpo,
subito sostituito da un clone), catalogata dalla polizia come suicidio. Suicidio
che non ha alcun senso per un Mat (un Matusalemme) come Bancroft, che
grazie alle proprie ricchezze ha la disponibilità di più corpi clonati e di una
copia di sicurezza della propria “pila”, tanto da aver potuto prolungare la
propria vita per secoli, arrivando a ritenersi immortale.
Kovacs si trova immerso immediatamente in una realtà difficile e tortuosa, in
cui si intrecciano pericolosamente le vicende private di Bancroft e di altri Mat
e losche coperture di giochi di potere oscuri quanto perversi. Kovacs si muove
nei meandri della corruzione, tra case di piacere altolocate e squallidi
bordelli di periferia, ostacolato da piccoli delinquenti e da malavitosi tanto
organizzati quanto potenti, in una città caotica dove la violenza fisica e
psicologica sono in contraddizione con la pacatezza innaturale degli incontri
con Intelligenze Artificiali a servizio degli umani.
Bay City ,
romanzo d’esordio del londinese Richard K. Morgan, fonde abilmente atmosfere
noir e ritmi da spy-story, ispirandosi dichiaratamente ai romanzi hard-boiled di
Chandler ed Ellroy, e le ambienta in uno scenario cyberpunk, di forte impatto
“visivo” (non è un caso che i diritti del libro siano stati opzionati da una
major hollywoodiana), che ricorda molto da vicino la Los Angeles di Blade
Runner: “future noir” è la definizione scelta da Morgan per descrivere
questo connubio.
E’ allo stesso tempo un romanzo violento e duro, in cui la trama complessa ed
intricata è sostenuta ed arricchita dalla profondità dei personaggi, che in tale
contesto sorprendono per l’umanità delle loro emozioni e delle loro passioni, e
dalle riflessioni inquietanti ed intense sul senso di una vita in cui la
sconfitta delle malattie e della morte è all’origine di turbamenti psicologici e
squilibri sociali di difficile comprensione. Come reagire nel trovarsi dentro ad
un corpo sconosciuto al risveglio da un reimmagazinamento? (Esemplificativa
l’alienazione del protagonista che si guarda allo specchio: “Per i primi momenti
vedi solo un estraneo che ti guarda da dietro la finestra”). E come reagire di
fronte ad un Mat che arriva a far assassinare un’altra persona per poter
reimmagazzinarsi nel suo bel corpo? In queste componenti il romanzo si rivela
debitore dell’influsso dickiano, e non è un caso se è risultato vincitore del
Premio Philip Dick 2003.
Bay City
è un romanzo di debutto davvero brillante, per il sostenuto ritmo narrativo, il
forte impatto visivo ed emotivo, e per l’efficace dipinto di un futuro
verosimile ed inquietante, ambientazione sicura di altri romanzi, il primo dei
quali, Broken Angels, è stato pubblicato in Gran Bretagna nel 2003.
Marco Mocchi
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