un racconto di Andrea Aroldi
ATMOSFERA BUIA? VIOLA O BLU SCURO? NEBBIA SCINTILLANTE DA UN PUNTO IMPRECISATO DEI FIANCHI
L’astronauta capita per caso in quella parte di spazio, atterra sul mondo roccioso alla ricerca di minerali. I suoi strumenti impazziscono dalla tensione quasi palpabile che regna nell’aria aliena.
Si leva il casco, assapora quell’atmosfera fresca, quasi profumata da odori noti, odori ormai lontani. Solamente la nebbia vagante rimane senza significato.
Si incammina verso il punto che aveva causato l’anomalia agli strumenti, troppo sofisticati per non dar loro credito.
Il mostro è tenebra, luce viola e nient’altro.
Le masse d’aria traslucida danzano turbinose senza rivelare quello che si cela dietro esse.
Il silenzio l’opprime, così statico innanzi a una natura così fluida, così agile come le mani di un prestidigitatore; o come danzatori così intenti nel loro ballo da dimenticare tutto quanto.
Lo spaziale è affascinato da ciò che vede, il casco, cadendo, non produce alcun suono.
Un raggio accecante perfora le masse in movimento, compare un collo gigantesco, mostruoso, ma come fatto d’aria, nebbia e fumo viola; mentre le lame di luce si moltiplicano sferzando all’intorno.
E’ femmina, indubbiamente femmina.
C’è della grazia in quella forma appena accennata, c’è tranquillità nelle sue membra stillanti vapore.
E’ reale? Quanto è grande? Cosa cerca?
I lampi aumentano, l’urgenza agita la nebbia, anch’essa alla ricerca di…
La tenebra avanza, non si può attendere oltre, inghiotte anche le poche forme intraviste; il viola si mischia al blu, il fumo al vapore, la solitudine con il silenzio, l’amore perduto con i sogni dell’astronauta.
Che mostro vide quella notte? Che figlio s’era allontanato? Che sposo se n’era fuggito?
Tornando alla navetta l’astronauta si rimette il casco, prepara i motori alla partenza e ripensa all’altro su quell’asteroide dov’era stato ritrovato.
Con un secco impulso mentale spinge la navetta oltre…, lontano dalle visioni viola e blu, ma con la morte nel… cuore?