Seguita da alcuni pensieri sulla privacy, la sicurezza e la sorveglianza
nell'era informatica
A Parable about Openness followed by Some Thoughts on Privacy, Security and
Surveillance in the Information Age
David Brin
Il giardino della franchezza
I miti
della Grecia antica narrano di un contadino, Akademos, che fece un favore al dio
del sole. In cambio, Apollo fornì al mortale un giardino in cui egli poteva dire
tutto ciò che gli pareva, anche riguardo ai potenti abitanti dell'Olimpo, senza
alcuna paura di conseguenze. Ispirati da questa storia, ina delle prime
allegorie sulla libertà di parola, i cittadini della Atene di Pericle erano
soliti riunirsi nell'Accademia per dibattere apertamente sui problemi del
giorno.
Ebbene, la favola di Akademos mi ha sempre lasciato interdetto per quanto
riguarda un aspetto particolare. Com'era possibile che un mortale si fidasse del
fatto che le divinità greche, notoriamente mutevoli, inaffidabili e vendicative,
mantenessero la promessa? Soprattutto dopo che qualche umano impudente aveva
iniziato a raccontare i colpi bassi di Zeus? Apollo avrebbe potuto porre
barriere impenetrabili attorno alla radura di modo che nessun dio si sarebbe
potuto sporgere. Ma Akademos avrebbe avuto ben pochi visitatori che si sarebbero
uniti a lui ad accucciarsi sotto le mura in ombra.
L'alternativa sarebbe stata di dotare Akademos di un equalizzatore, un qualche
modo di rafforzare la promessa degli dei: quell'equalizzatore sarebbe potuto
essere stato solo la conoscenza. Ma di questo ne parliamo tra un momento.
Come
se la cavarono gli ateniesi nel loro esperimento dal vivo con la libertà di
parola? Purtroppo la democrazia e la franchezza erano concetti nuovi e
difficili. Lo schietto Socrate alla fine pagò un duro prezzo per il suo candore
nell'Accademia. Al che Platone, il suo studente, ottenne una vendetta
paradossale denunciando la franchezza e reclamando invece un governo stretto di
una élite illuminata. Il consiglio di Platone servì a giustificare innumerevoli
tiranni nei millenni che seguirono.
Attualmente la visione democratica sta affrontando un nuovo giro di prova:
L'odierna accademia si estende ben al di là delle più importanti università
della terra. In tutto il mondo, a milioni hanno iniziato ad accettare il
concetto ardito che il disaccordo non è tossico. La libertà di parola è vista in
modo crescente come la fonte migliore per la critica, l'unico antidoto pratico
ed efficace all'errore.
Capiamoci bene; si tratta di una lezione difficile, soprattutto perché ognuno di
noi, potendo, sarebbe un tiranno (alcuni con le migliori intenzioni). Ben poche
cose nella storia, o nella natura umana, ci preparano per il compito che
dobbiamo affrontare, vivendo in una tribù di sei miliardi di cittadini eguali,
ognuno guidato dal proprio volere sovrano, amministrati in modo sciolto da capi
che abbiamo eletto, sotto regole giuste che abbiamo fatto dopo duri negoziati
tra di noi. Qualsiasi altra generazione avrebbe pensato che sarebbe stato
un'ambizione impossibile, anche se si è battuta una schiera infinita di
antenati, portandoci al punto di poter provare.
Anche
tra coloro che fanno giuramento di fedeltà a questa nuova speranza, c'è una
lotta amara su come resistere meglio ai vecchi dei della collera, della
bigotteria e dell'oppressione... tutti spiriti che non risiedono su un picco
della montagna, ma nel cuore di ogni uomo e di ogni donna che cerca di ottenere
potere alle spese degli altri. Forse i nostri discendenti saranno abbastanza
maturi da poter frenare questi impulsi da se stessi. Nel frattempo dobbiamo
fronteggiare coloro che razionalizzano il furto della libertà, dichiarando che è
loro dovere, o che è per il nostro bene. In altre parole ci troviamo di fronte
allo stesso problema che ha dovuto affrontare Akademos.
Secondo alcuni campioni di libertà, degli schermi di sicurezza porranno la gente
comune sullo stesso piano dei potenti. La privacy deve essere definita da regole
o strumenti che aumentino il mascheramento. Un'ala di questo movimento vorrebbe
creare commissioni sulla privacy di stile europeo, approvare una miriade di
leggi ed inviare impiegati per sorvegliare cosa potrebbe essere a conoscenza di
dottori, multinazionali e infine individui. Un'altra ala di Forte Privacy
preferisce tecnosistemi libertari: attrezzare gli individui di una anonimia
crittografica e cibernetica. Entrambi le ali dichiarano che dovremmo costruire
mura alte per salvaguardare ogni giardino privato, ogni santuario della mente.
Questo
mito moderno ampiamente diffuso ha un richiamo intuitivo; e posso solo replicare
che è stato provato con neanche un esempio di un patto basato su questo
principio che funzioni.
C'è un
modo migliore, un metodo che è largamente responsabile del rinascimento che
stiamo vivendo. Invece di cercare di accecare i potenti (uno degli scopi più
futili che esistano) abbiamo enfatizzato la potenza della franchezza, dando ai
liberi cittadini conoscenza e capacità senza precedenti di sostenere élite
giustificabili. Ogni giorno proviamo che funziona, chiedendo in modo rumoroso di
sapere, piuttosto che cercando di fermare altri dal sapere (non è forse molto
più facile verificare che uno sappia qualcosa piuttosto che verificare che
qualcun altro sia ignorante?)
Viene
chiamata responsabilità, una luce che può brillare anche sugli dei
dell'autorità. Sia che si riuniscano sulle vette olimpiche del governo, o tra le
correnti spumeggianti del commercio, o nell'ombra della criminalità, non
potranno ferirci fintanto che saranno trafitti dal suo bagliore. La
responsabilità è l'unica difesa che protegge veramente la libertà di parola, in
un giardino che rimane orgogliosamente senza mura.
Quis
custodient ipsos custodes?
Alcune riflessioni non convenzionali sulla
privacy, la sicurezza e la sorveglianza nell'era informatica.
Il
dibattito moderno sull'informazione e su chi la controlli inizia con un
paradosso.
1.
Ognuno di noi comprende che la
conoscenza può essere potere.
Vorremmo sapere il più possibile su persone e gruppi che vediamo come una
minaccia... e vorremmo che i nostri oppositori sapessero poco di noi. Ciascuno
di noi prescriverebbe armature per i buoni e la nudità per il proprio peggior
nemico.
2.
La critica è il miglior antidoto
all'errore. Eppure molte
persone, soprattutto le più potenti, cercano di evitarlo. I capi delle civiltà
del passato sfuggivano dalla critica schiacciando la libertà di parola e
l'accesso pubblico all'informazione. Questo a volte li aiutava a stare al
potere, ma di solito portava anche orribili spropositi nella scienza politica.
3.
La nostra potrebbe essere la
prima civiltà ad evitare sistematicamente questo ciclo, le cui radici
sprofondano nella natura umana.
Abbiamo imparato che poche persone sono abbastanza mature da mantenersi
responsabili. Ma in una società aperta dove scorre la critica, gli avversari si
scagliano con furia sui reciproci errori. Ci facciamo l'un l'altro il favore
della critica reciproca (anche se raramente viene sentito personalmente come un
favore!)
Quattro grandi innovazioni sociali stimolano il nostro benessere e la nostra
libertà senza precedenti: scienza, giustizia, democrazia e liberi mercati.
Ognuna di queste arene di responsabilità funziona al meglio quando tutti i
giocatori ottengono un libero accesso all'informazione. Ma il barare è sempre un
problema per la (1) e la (2) più sopra. E' un paradosso, lo so.
Mentre
nuova sorveglianza e tecnologie dei dati pongono sfide fastidiose, potremmo
essere abbastanza saggi da fermarci a ripensare ciò che ha funzionato fino ad
ora. La responsabilità reciproca (un potere ampiamente condiviso per far luce,
anche sui potenti) è la meraviglia misconosciuta della nostra era, che fornisce
anche agli eccentrici e alle minoranze di rafforzare la propria libertà.
Dovremmo rottamare gli strumenti migliori della civiltà in favore di una moda
passeggera sulla segretezza?
Trasversalmente allo spettro politico, un movimento per una "Privacy Forte"
afferma che la libertà e la privacy personale sono difese in modo migliore
dall'anonimato e dalla codifica, o elaborando leggi che restringano i gruppi o
gli individui a cui sarebbe permesso di conoscere. Questo approccio potrebbe
apparire allettante, ma non ci sono esempi storici che dimostrino che abbia
funzionato.
La
Privacy Forte porta un pesante onere della prova allorché si dichiara che un
mondo di segreti proteggerebbe la libertà, ed anche la privacy, in modo migliore
di ciò che ha funzionato fino ad ora, l'apertura totale.
Senza
dubbio è un onere della prova che a volte si può sopportare! Di certo ci sono
circostanza in cui la segretezza è la sola risorsa: nel nascondere la località
di rifugio di mogli maltrattate per esempio, o nel difendere con forza i
registri psichiatrici. Questi esempi si trovano ad una estremità di una scala
scorrevole la cui misura primaria è la quantità di danno che un brano di
informazione potrebbe con una certa plausibilità arrecare, se venisse diffuso in
modo scorretto. All'altro capo della scala, sembra che le tecnologie richiedano
dei cambiamenti nella nostra definizione di privacy. Quale condimento usi
potrebbe essere di dominio pubblico così come che colore di maglietta usi quando
esci... in un modo noiosamente innocuo.
La
cosa importante da ricordare è che chiunque reclami un diritto a mantenere
segreta qualcosa sta reclamando anche un diritto a negare la conoscenza agli
altri. C'è un conflitto interno! Si deve usare un criterio per definire questo
scambio e le persone più sensibili sembrano concordare che questo criterio
dovrebbe essere un danno reale o plausibile, non il semplice fatto che qualcuno
voglia o meno mantenere segreti i dati personali.
Titolo originale
A Parable about Openness, followed by Some Thoughts on Privacy, Security and
Surveillance in the Information Age
Traduzione italiana Danilo Santoni
(c)
2001 David Brin, non è permesso alcun utilizzo di questo testo senza
l'autorizzazione dell'autore